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All’alba del 24 ottobre 1918 fu sferrato un massiccio attacco contro l’esercito austro-ungarico da parte di 41 divisioni dell’esercito italiano, più una dell’esercito francese ed una di quello britannico. Passata alla storia come “battaglia di Vittorio Veneto”, fu l’ultima grande battaglia della prima guerra mondiale. Di fatto si concluse soltanto undici giorni dopo, alle ore 15 del 4 novembre con la firma dell’armistizio di Villa Giusti. Si cominciò a parlare di “Grande Guerra” quando ci si rese conto che il computo totale delle perdite umane sfiorava i 40 milioni e che quindi ci si trovava davanti ad uno dei più sanguinosi conflitti della storia umana, che sarebbe stato poi drammaticamente superato soltanto dai circa 66 milioni di perdite della seconda guerra mondiale.

Mai più la guerra!è lo slogan che si sente spesso ripetere. Ma purtroppo altro non è che uno slogan. Possiamo considerarlo come un desiderio, forse anche come un’invocazione, ma esistono concrete possibilità che il desiderio sia esaudito e l’invocazione ascoltata? Sono trascorsi 73 anni dalla conclusione dell’ultimo conflitto mondiale, ma, pur in assenza di guerre che abbiano coinvolto l’intero pianeta, purtroppo superano di gran lunga i 66 milioni le persone morte a causa di conflitti locali avvenuti in questo periodo (Palestina e medio oriente, Corea, Vietnam, Ruanda, Congo, isole Farkland, Gulag, Iraq, Siria, Turchia, Tibet sono alcuni dei nomi che ci ricordano tragedie provocate dalla scelleratezza degli uomini). È la storia a ricordarci che quel “Mai più la guerra” altro non è che un desiderio irrealizzabile!

Dobbiamo allora perdere ogni speranza di pace? Come mai fra le beatitudini evocate da Gesù c’è anche un “Beati quelli che si adoperano per la pace”? Che senso avrebbe “adoperarsi per la pace” se sappiamo già in partenza che è un obiettivo irrealizzabile?

È vero: non dobbiamo mai cessare di essere costruttori di pace, ma dobbiamo avere ben chiaro qual è il fondamento su cui costruire. Quando l’apostolo scrive che Cristo è la nostra pace(Ef 2:14) lo fa non soltanto pensando ad un futuro nel quale Cristo rivelerà di essere “il Principe della pace” e donerà “una pace senza fine al trono di Davide e al suo regno” (Is 9:6-7), ma anche pensando al presente.

Infatti la pace non è solo una speranza legata all’avvento del regno di Dio sulla terra, ma è anche un impegno. E l’impegno dei veri costruttori di pace consiste soprattutto nell’annunciare che Cristo ha rimosso la causa di ogni guerra, riconciliando gli uomini con Dio “mediante la sua croce sulla quale fece morire l’inimicizia” (Ef 2:16). Consiste nell’annunciare che la vera “grande guerra”, madre di ogni altro tipo di guerra, è quella fra gli uomini e Dio. È la guerra provocata dal peccato la vera causa di ogni “inimicizia”! È individualmente che va rimossa questa causa e la pace ritrovata nella relazione personale con Dio potrà mostrare i suoi frutti nelle nostre relazioni interpersonali, a partire da quelle più immediate vissute nella nostra famiglia. La vera pace si può costruire quindi soltanto dopo aver rimosso la causa dell’inimicizia. Per questo motivo solo Cristo è fondamento della vera pace.