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Introduzione

Il libro dell’Apocalisse è stato nei secoli passati considerato da molti “ermetico, oscuro”. Ma, ora che gli avvenimenti profetizzati per i tempi della fine si fanno sempre più imminenti, è necessario ed utile conoscerli.

La fonte della rivelazione è Dio stesso che la diede al suo diletto Figlio per il beneficio, la gioia, dei “suoi servi”, dei credenti, per mostrar loro, mentre sono ancora nel corpo, la grandezza e la bellezza della gloriosa manifestazione del loro Salvatore e Signore.

Per questo la Scrittura dichiara “Beato chi legge e beati quelli che ascoltano le parole di questa profezia e fanno tesoro delle cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino!” (Ap 1:3).

Beato chi ascolta e mette in pratica, fa tesoro degli avvisi, delle lezioni scritte in questo libro perché il ritorno del Signore è vicino, anche se “quanto a quel giorno e a quell’ora nessuno lo sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo” (Mt 24:36).

Pur non spettando a noi di sapere i tempi ed i momenti che “il Padre ha riservato alla propria autorità” (At 1:7), egli ci ha fornito però numerose indicazioni profetiche riguardanti la sua venuta per rapire la sua Sposa, la Chiesa, e portarla con sé nella gloria. Il Signore Gesù afferma che il suo ritorno si verificherà in maniera improvvisa ed è pertanto necessario vivere una vita santa, vegliando in ogni tempo per non essere colti di sorpresa (Mr 13:32-33).

Ancora oggi Dio dà numerosi segni del ritorno di Cristo che solo la cecità del nostro cuore impedisce di comprendere. Egli chiama “ipocriti” (Lu 12:56) coloro che rifiutano tali segni e li invita nello stesso tempo al pentimento, alla confessione delle proprie colpe, alla riconciliazione, mentre sono ancora in cammino, prima che egli, come Giudice, pronunci la definitiva sentenza.

Ricordo a questo punto che la rivelazione del Signore di cui si parla all’inizio dell’Apocalisse (1:1), non riguarda il rapimento della Chiesa, dei credenti, sia quelli che si sono addormentati in Gesù che quelli ancora in vita al momento del suo ritorno, poiché come promesso verranno tutti “rapiti sulle nuvole a incontrare il Signore nell’aria e così saremo sempre con il Signore” (1Te 4:17), così come avvenne all’atto della sua ascensione quando fu tolto agli occhi dei suoi discepoli “mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola accogliendolo lo sottrasse ai loro sguardi” (At 1:9), mentre qui (Ap 1:7) è detto che “egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero e tutte le tribù della terra faranno lamenti per lui”. Egli viene per giudicare il mondo e per stabilire il suo regno su questa terra, ed è questa la stessa visione di Daniele (7:13) confermata da: “Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo; e allora tutte le tribù della Terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria” (Mt 24:30).

Questo mi riempie di gioia perché noi lo accompagneremo in questo viaggio perché saremo sempre con lui, ma nell’attesa, anche se queste cose non ci riguardano da vicino, siamo chiamati a predicare l’opera sua compiuta in croce e a predicare la sua venuta. Questa è la testimonianza che i credenti devono rendere.

Il Signore Gesù attribuisce a questo libro un grandissimo significato e benedice coloro che leggono le sue parole, che le ascoltano, le ricordano e le annunciano: “Queste parole sono fedeli e veritiere; e il Signore, il Dio degli spiriti dei profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra poco «Ecco io sto per venire –Beato chi custodisce le parole della profezia di questo libro»” (Ap 22:6-7).

Se i tempi del suo ritorno per giudicare questo mondo e stabilire il suo Regno di pace sono vicini, allora ancor più vicino è il giorno in cui egli tornerà per portarci a Casa: “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore… quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi, e del luogo dove io vado sapete anche la via” (Gv 14:3).

I segni del suo ritorno

I quattro leggendari cavalieri dell’Apocalisse (6:1-8) sono figure dei grandi e solenni avvenimenti che accadranno sulla terra ai tempi della fine, sono uno dei più grandi enigmi della Bibbia. Circa 2000 anni fa, l’apostolo Giovanni descrisse nei particolari il loro sinistro aspetto e, da allora, sia teologi che laici non hanno smesso di chiedersi che cosa essi rappresentino. Sono state avanzate molte ipotesi, ma oggi abbiamo migliori elementi per comprendere il senso.

Proviamo a tracciare un quadro realistico del mondo attuale: oggi viviamo in una polveriera. Nel nostro pianeta esistono arsenali nucleari sufficienti a distruggere ogni forma di vita. Quello degli armamenti è oggi un grosso giro d’affari. I venditori di armi viaggiano per il mondo con la loro merce letale, che spesso finisce per essere venduta a capi di paesi che non sono in grado nemmeno di sfamare il proprio popolo. Si cerca di assicurare la pace con l’equilibrio del terrore, mediante il quale le superpotenze si tengono reciprocamente a bada, sforzandosi di conservare la parità nel campo degli armamenti. Ma nonostante questo “equilibrio” nel mondo si continua a fare la guerra. Il Signore Gesù aveva previsto questo stato di cose ed aveva avvertito l’umanità che un giorno sarebbero state realizzate delle armi sufficienti a distruggere ogni essere umano: “perché allora vi sarà una grande tribolazione, quale non v’è stata dal principio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. Se quei giorni non fossero stati abbreviati, nessuno (nessuna carne) scamperebbe; ma a motivo degli eletti, quei giorni saranno abbreviati” (Mt 24:21-22). Quando Gesù fece questa affermazione le armi in uso erano quelle romane: la spada, il pugnale, la lancia, le catapulte e le macchine d’assedio; armi efficaci, ma non in grado di distruggere ogni forma di vita. Questa drammatica realtà ci ricollega all’Apocalisse e ai quattro cavalieri descritti da Giovanni che trascrisse quanto gli fu rivelato riguardo ai tempi della fine.

L’apertura dei primi quattro sigilli

Esaminiamo ora il brano in cui vengono elencati gli eventi che accadranno ai tempi della fine e che stanno cominciando a realizzarsi sotto i nostri occhi. Sembra tutto molto strano ed ermetico, non è vero? Ricordiamoci però che l’Apocalisse è un libro di rivelazione e non di occultamento. Il suo scopo viene infatti enunciato al principio: Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che devono avvenire tra breve…”. Altra cosa da tener presente è che la Bibbia stessa interpreta i propri simboli, non procede da vedute particolari: “Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della scrittura proviene da una interpretazione personale; infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (2P 1:20-21). Non c’è quindi alcun bisogno di interpretare i simboli della Bibbia, perché si interpreta da sola. Infatti il Signore Gesù diede questa profezia a Giovanni e fornì anche la chiave, in altra parte della Scrittura, per comprendere il significato dei quattro cavalieri.

Questa chiave la troviamo nel discorso profetico di Gesù, riportato in Matteo 24:3 e segg. e in Luca 21:5-38. Gesù elencò una serie di cataclismi mondiali che si abbatteranno sull’umanità alla fine dell’era attuale e lo fece quando “i discepoli gli si avvicinarono in disparte dicendo: «Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della sua venuta e della fine dell’età presente?»”. La risposta di Gesù costituisce la chiave per comprendere il significato dei quattro cavalieri dell’Apocalisse.

Infatti, analizzando i due testi noi vediamo che Apocalisse 6 e Matteo 24 sono effettivamente brani paralleli che si riferiscono agli stessi avvenimenti e allo stesso periodo di tempo, ossia la fine dell’età presente di dominio dell’uomo, poco prima del ritorno di Cristo e dell’instaurazione del suo Regno. Confrontando attentamente i due brani, si comincia a comprendere che cosa rappresentino i simboli dell’Apocalisse. Se meditiamo la Parola profetica con semplicità, seguendo l’ordine apocalittico, noi vediamo che con il sesto capitolo inizia la storia degli ultimi tempi fornendo un riepilogo di quasi tutti gli avvenimenti dell’ultima settimana profetizzata da Daniele (7:13). Daniele, non comprendendo la visione, chiese: “Signore quando accadranno queste cose?”, la risposta fu: “Va’ Daniele; perché queste parole sono nascoste e sigillate sino al tempo della fine” (Da 12:9). Mentre a Daniele fu ordinato di custodire le parole rivelate, a Giovanni fu detto di “non sigillare le parole della profezia” (Ap. 22:10). Ancora una volta viene confermato il principio che la conoscenza dei piani di Dio si trova solo nell’ambito delle Scritture e non nella sapienza degli uomini (1Co 3:19).

Il Signore Gesù risponde sia alla domanda dei discepoli: “Dicci quando avverranno queste cose?”, che a quella lontana fatta da Daniele: “Guardate che nessuno vi seduca. Poiché molti verranno nel mio nome dicendo: «Io sono il Cristo». E ne sedurranno molti”.

Il Signore indica, come primo segno della fine, l’apparizione di falsi profeti ed inizia ad ammonire contro gli inganni religiosi, precisando che prima del suo ritorno, sorgeranno falsi annunziatori che sedurranno molte persone. Ci sarà cioè l’apostasia, l’abbandono della vera fede. Il mondo crede più facilmente alla menzogna che alla verità, molte persone si rifiuteranno di credere alla verità (Gv 18:37), e insegneranno cose non contenute nella Parola di Dio.

Confrontiamo ora questo primo segno con la descrizione del primo dei quattro cavalieri. Il passo inizia col presentarci un agnello, che il capitolo precedente (Ap. 5:13) afferma essere degno di “lode, onore, gloria e potenza”. Chiaramente non può che essere il Signore Gesù, l’unico ad avere il diritto di aprire i sigilli antichi e svelare i piani segreti di Dio. Subito dopo vediamo apparire “una delle quattro creature viventi” che ordina “con voce di tuono”, con voce potente a Giovanni di avvicinarsi al Trono “Vieni!”, vieni a vedere l’apertura dei primi quattro sigilli.

Il cavallo BIANCO

Ecco apparire all’apostolo Giovanni “un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco; e gli fu data una corona ed egli venne fuori da vincitore e per vincere”. Alcuni commentatori biblici dicono che questo cavaliere vincente sia Cristo e fanno rife-
rimento alla descrizione di Apocalisse 19:11-16. Ma costui non può essere Cristo, il fedele e veritiero che appare dal cielo “Vestito di una veste tinta di sangue”, il cui nome è la Parola di Dio, che appare dal cielo per combattere e giudicare con giustizia.

Infatti non è detto che il cavaliere sul cavallo bianco esca dal cielo; inoltre sul capo ha una sola corona, diversamente dal cavaliere di Apocalisse 19, che è Cristo, il quale ha sul “suo capo molti diademi”, cioè molte corone. Il diadema era una corona reale, con la quale gli antichi cingevano la testa. Solo Cristo ha molte corone perché è il “il Re dei Re il Signore dei Signori (1Ti 6:15; Ap 19:16). Infine vediamo che il cavaliere sul cavallo bianco ha tra le mani un arco, ma è privo di frecce. Si tratta dunque di un conquistatore che non verrà dal cielo, ma sorgerà da questa convulsa e tempestosa umanità, a cui fu data una corona di vittoria come pegno di un breve trionfo. L’arco che porta al posto della spada ci fa comprendere che questa conquista non l’otterrà con battaglie sanguinose, ma con inganni, raggiri, intrighi, artifici… Con tutta probabilità rappresenta simbolicamente il falso, diabolico profeta ammantato, camuffato di bianco, simbolo di purezza, con “due corna simili a quelle di un agnello, ma parlava come un dragone” (Ap 13:11), sembra un agnello ma in realtà è pieno di errori ed inganni.

Gli uomini si sono troppo spesso appropriati del nome di Cristo, servendosene per far apparire rispettabili le loro attività, esercitando la religione per mascherare la loro riprovevole condotta. Cristo avvertì che le false religioni avrebbero avuto un ruolo di primo piano negli sviluppi che tra breve porteranno l’umanità sull’orlo del baratro: “sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile anche gli eletti” (Mt 24:24; Ap. 13; 14).

Il cavallo ROSSO

Gesù avvertì: “Voi udrete parlare di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, infatti bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine” (Mt 24:6). Notiamo l’esatta corrispondenza di queste parole con il simbolismo del secondo cavaliere: “Quando l’Agnello aprì il secondo sigillo, udii la seconda creatura vivente che diceva: «Vieni!», e venne fuori un altro cavallo, rosso; e a colui che lo cavalcava fu dato di togliere la pace della terra affinché gli uomini si uccidessero gli uni gli altri, e gli fu dato una grande spada”. Il cavallo rosso color sangue, è simbolo di stragi e colui che lo cavalca personifica la guerra. Molto probabilmente rappresenta la bestia di Apocalisse 13:1-9. Costui toglierà la pace dalla terra e gli uomini impazziti si uccideranno gli uni gli altri. In questi ultimi tempi la guerra sarà la principale preoccupazione dell’uomo.

Pensiamo alle due tremende guerre mondiali e ai duecento conflitti minori che negli ultimi cento anni hanno sconvolto l’umanità. Fanno la guerra – dicono – per portare la pace ma, al contrario, i conflitti aumentano sempre più e sono più generali e micidiali.

L’unica speranza per il mondo è la venuta del Principe di pace per installare il suo regno di “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Ro 14:17).

Ma tale regno della durata di 1000 anni (Ap 20:1-6) non avverrà sulla terra se non dopo che Cristo avrà rapito la sua Chiesa e dopo i sette anni della grande tribolazione, durante la quale avverrà un’ultima tremenda battaglia ad Harmaghedon (Ap 16:14), che raccoglierà armate dalla terra intera e la devasterà. Sino a quando non sarà ristabilita la comunione con Dio, unica sorgente di bene e di pace, il mondo non avrà mai pace.

Il cavallo NERO

Guardiamo ora al terzo grande segno, predetto da Gesù: “Ci saranno carestie e terremoti in vari luoghi” (Mt 24:7). Mettiamo questo passo in relazione con la visione del terzo cavallo: “Quando l’Agnello aprì il terzo sigillo, udii la terza creatura vivente che diceva: «VIENI!». Guardai e vidi un cavallo nero; e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii come una voce in mezzo alle quattro creature viventi; che diceva: «Una misura di frumento per un denaro e tre misure d’orzo per un denaro, ma non danneggiare né l’olio né il vino!”. Il cavallo nero personifica la carestia, la fame. La bilancia che il cavaliere sul cavallo nero ha tra le mani dà l’idea della scarsità, della penuria di cibo. La carestia sarà così grande che l’uomo con il suo lavoro potrà a stento sfamarsi. Occorrerà un denaro, paga giornaliera di un operaio, per acquistare una misura (equivalente a circa un litro) di frumento, oppure tre misure d’orzo (3 kg), considerato il cibo dei poveri, mentre non mancheranno l’olio e il vino, in quanto non necessari. Le profezie bibliche non lasciano dubbi sul fatto che la situazione alla fine dei tempi si aggraverà enormemente. Le carestie occasionali ci sono sempre state in varie parti, ma mai con l’intensità di oggi.

La principale causa di queste crisi è la corsa agli armamenti oltre che il desiderio di conquista dello spazio. Quanti miliardi spesi inutilmente! Gli esperti dicono che chi dominerà lo spazio dominerà la terra ed il fatto “ironico” è che il vero Sovrano dello spazio presto dominerà la terra. Non è un caso che, nella sequenza degli avvenimenti della fine, le carestie seguono il tempo in cui “Insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno” (Mt 24:7). Altre cause di queste molteplici carestie sono la siccità, le alluvioni ma, alla base di queste calamità, ci sono altri fattori come l’eccessivo sfruttamento della terra, in particolare il disboscamento, le errate tecniche di coltivazione, oltre la cattiva amministrazione da parte di molti governi che trascurano l’agricoltura spesso in favore di forme inadatte di sviluppo industriale, cementificazioni del territorio e che poco fanno per fermare l’inquinamento dell’atmosfera e il conseguente surriscaldamento della terra.

Questi flagelli mondiali causano lo spostamento di masse di popolazioni da un continente all’altro per mancanza di cibo, creando molti conflitti sociali e culturali. Milioni di persone soffrono la fame, migliaia di bambini, donne, anziani muoiono giornalmente, nonostante la terra sia in grado di nutrire tutti i suoi abitanti, come afferma il Salmo 104, in una bellissima lode a Dio per la bellezza del creato.

I conflitti religiosi, politici ed economici continueranno ad essere sempre più devastanti e numerosi; ci attendono pertanto giorni drammatici, ma, con l’aiuto del Signore, potremo affrontarli con speranza e fiducia, infatti al popolo di Dio sono promesse protezioni (Ap. 3:10), perché “l’occhio del Signore è su quelli che lo temono, su quelli che sperano nella sua benevolenza, per liberarli dalla morte e conservarli in vita in tempo di fame” (Sl 33:18-19).

“Il Signore proibisce ai suoi discepoli di vivere nell’ansietà, assicurandoli che i terribili avvenimenti ch’egli ha loro preannunciati non saranno seguiti immediatamente dalla catastrofe finale, ma gradualmente la prepareranno” [1].

Anche se il giudizio deve cominciare “dalla casa di Dio” (1P 4:17), il Signore metterà la sua amata sposa al riparo da questi ultimi terribili giudizi, come promesso alla chiesa di Filadelfia, immagine della Chiesa fedele degli ultimi giorni: “Siccome – dice il Signore – hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch’io ti preserverò dall’ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero (testo originale significa: ti terrò fuori dall’ora della prova)… Io vengo presto; tieni fermamente quello che hai, perché nessuno ti tolga la tua corona” (Ap 3:10).

Ricordo che, subito dopo i primi tre capitoli di questo libro profetico, nei quali la Chiesa è ricordata trenta volte e nei quali alla fine di ogni lettera sta scritto: “Chi ha orecchie ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese”, inizia la visione di Giovanni con la descrizione del trono di Dio (Ap 4:1-2) e dei sette sigilli in cui viene annunciato ciò che accadrà alla fine dei tempi. Da questo momento in poi la Chiesa brilla per la sua assenza, non è più menzionata come testimonianza sulla terra. Ecco perché, anche se non possiamo fare di questo punto un dogma assoluto, da cui dipenderebbe la nostra salvezza, io credo che la Chiesa non sarà più su questa terra, ma sarà in cielo con il suo Sposo.

La Parola di Dio, attraverso esempi del passato, sembra confermare quanto sto dicendo.

Enoc “fu rapito perché non vedesse la morte” (Eb 11:5). Elia, in un periodo di apostasia simile al nostro “fu rapito al cielo da Dio stesso” (2Re 2:1-12).

Giovanni ebbe la visione di tutti i credenti riuniti al sicuro nel cielo: “E vidi e udii voci di molti angeli intorno al trono, alle creature viventi e agli angeli, e il loro numero era di miriadi, e migliaia di miriadi. Essi dicevano a gran voce: «Degno è l’Agnello, che è stato immolato di ricevere la potenza, l’onore, la gloria e la lode»” (Ap 5:11-12).

L’annuncio dei giudizi inizia proprio con il racconto che abbiamo preso in considerazione; tuttavia vi saranno persone che si convertiranno al Salvatore dopo il rapimento della Chiesa, che saranno presenti sulla terra durante il regno dell’anticristo perché il Signore non si lascia mai senza testimoni. Costoro saranno odiati, perseguitati a motivo della loro fede, ma chi: “avrà perseverato sino alla fine sarà salvato” (Mt 24:13).

 Il cavallo GIALLASTRO

Il quarto cavallo rappresenta la morte stessa: “Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce della quarta creatura vivente che diceva: «Vieni!». Guardai e vidi un cavallo giallastro e colui che lo cavalcava si chiamava Morte; e gli veniva dietro l’Ades. Fu loro dato potere sulla quarta parte della terra, per uccidere con la spada, con la fame, con la mortalità e con le belve della terra” (Ap 6:8).

Alla fine, un quarto dell’intero pianeta e della sua popolazione verrà colpito. Analizzando questo capitolo dell’Apocalisse, congiuntamente a Matteo 24 e lasciando che la Bibbia interpreti i propri simboli, vediamo che questi cavalieri rappresentano i segni che Gesù definì: “principio di dolori” (Mt 24:8).

Dopo questi ultimi drammatici eventi “… apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo, e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria” (Mt 24:30). “Ecco, egli viene con le nuvole ed ogni occhio lo vedrà…” (Ap 1:7).

È urgente essere consapevoli dell’enorme importanza dei tempi in cui viviamo, infatti Gesù disse che dobbiamo ravvederci per scampare a quanto sta per accadere: “Vegliate dunque, pregando in ogni momento, affinché siate in grado di scampare a tutte queste cose che stano per venire, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lu 21:36).

Stiamo all’erta, seguiamo attentamente gli sviluppi della situazione mondiale per non essere colti di sorpresa: “Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà…” (Mt 24:42-44).

Non esistono indicazioni precise da permetterci di fissare la data del rapimento, ma possiamo affrettarne il momento lavorando per la conversione di tutti coloro che il Signore mette sulla nostra strada poiché, quando il numero dei salvati sarà completato, il tempo della grazia finirà e la Chiesa sarà rapita (“… mentre attendete e affrettate la venuta del giorno di Dio”; 2P 2:12).

È tempo, dunque, di prendere serie decisioni riguardo il nostro rapporto con Dio, cominciando subito, camminando vicini a lui ogni giorno, perseverando nel pregare, nello studiare la sua Parola ed ubbidendogli, così da poter andare incontro al futuro con coraggio, fiducia ed ottimismo.

“A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire irreprensibili e con gioia davanti alla sua gloria, al Dio unico, nostro Salvatore per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, siano gloria, maestà, forza e potere prima di tutti i tempi, ora e per tutti i secoli. Amen!”

(Giuda v. 24)

[1] Commentario Esegetico-Pratico del N. T. di Robert G. Stewart, pag. 257.