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Non Regno di Dio, ma regno di uomini!

L’11 febbraio 1929 veniva scritta una delle pagine più vergognose non soltanto per la storia del nostro Paese, ma per la storia della cosiddetta “cristianità”, purtroppo in perfetta linea con la deriva costantiniana che già dal IV secolo aveva portato la Chiesa al connubio con il potere politico trasformandosi essa stessa in struttura politica, in un “regno di questo mondo”, in un “regno di qui”. Un connubio spiritualmente mortale, perché una Chiesa che non solo ricerca il potere politico ma addirittura cerca protezione e privilegi scendendo a patti con altri poteri politici, contraddice l’insegnamento del suo Fondatore e, ricorrendo per il suo cammino agli stessi strumenti dei regni di questo mondo, cessa di essere testimone del Regno di Dio sulla terra.

La Chiesa che diventa “Stato”, la Chiesa che pretende di essere Regno di Dio nel mondo con un proprio territorio, proprie leggi, proprio esercito e propria autorità monarchica di governo (il papa), non è (perché NON PUÒ essere!) la Chiesa fondata da Gesù. Continua ad autoproclamarsi “Chiesa”, ma in realtà è tutt’altra cosa, perché è diventata uno fra i tanti regni degli uomini!

Illuminati da questa prospettiva storica e soprattutto dalle parole rivolte da Gesù a Pilato, dobbiamo ricordare quanto accaduto novant’anni fa.

I Patti Lateranensi

Dopo tre anni di trattative più o meno segrete fra il governo del Regno d’Italia e rappresentanti della cosiddetta Santa Sede, l’11 febbraio 1929 Benito Mussolini, capo del governo fascista, ed il cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato di papa Pio XI, si ritrovarono presso il palazzo di S. Giovanni in Laterano (da qui l’aggettivo “Lateranensi”) per firmare i Patti sui quali era stato precedentemente raggiunto un accordo.

I Patti erano formati da tre documenti fondamentali:

  1. IL TRATTATO, con il quale, da un lato la “Santa Sede” riconosceva il Regno d’Italia nato nel 1861 e Roma come capitale dal 1870; dall’altro lato lo Stato italiano riconosceva la nascita con piena sovranità dello Stato della Città del Vaticano e proclamava contestualmente il cattolicesimo come unica religione nazionale. Il trattato equiparava il papa al Re ed i cardinali ai prìncipi della casa reale (sic!!).
  2. IL CONCORDATO, con il quale venivano definite le relazioni fra Stato e Chiesa, concedendo a quest’ultima tutta una serie di privilegi e di vantaggi, fra i quali ricordiamo il riconoscimento giuridico del matrimonio religioso, l’esenzione dei preti dal servizio militare allora obbligatorio, l’introduzione dell’insegnamento della religione cattolica nei programmi e negli orari di tutte le scuole di ogni ordine e grado e una serie infinita di esenzioni fiscali.
  3. LA CONVENZIONE FINANZIARIA, con la quale il governo italiano si impegnava a versare una consistente somma come indennizzo per aver definitivamente espropriato lo Stato della Chiesa occupando Roma nel 1870. L’indennizzo fu davvero enorme per quel tempo: “Un miliardo e 750 milioni di lire e di ulteriori titoli di Stato consolidati al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire” per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito alla fine del potere temporale. Secondo una tabella di rivalutazione della moneta questa somma equivaleva ad oltre 23 miliardi di euro attuali.

Nel motivare il suo voto contrario all’approvazione dei Patti Lateranensi, Benedetto Croce osservò, nell’aula di Montecitorio, che la chiesa cattolica aveva “peccato contro lo Spirito, non rappresentando ormai nulla, se non un complesso di mire economiche e politiche”. Queste parole evidenziano che la sua non fu soltanto una valutazione politica.

D’altronde dobbiamo onestamente chiederci: quale corrispondenza può esservi fra la Chiesa del primo secolo, quella descritta nel libro degli Atti degli Apostoli e nelle lettere di Paolo, di Pietro, di Giacomo, di Giovanni, ed una chiesa che chiede di essere riconosciuta come Stato (come un regno di questo mondo!), che chiede privilegi e vantaggi e che pretende denaro e denaro e denaro? La risposta mi pare oggettivamente e storicamente scontata: nessuna corrispondenza!

Scandalizza soprattutto il fatto che si sia preteso un indennizzo per la fine del potere temporale, “fine” che, se vi fosse stato un benché minimo desiderio di ritorno al Vangelo, la chiesa cattolica avrebbe dovuto considerare non come una perdita, ma come un’autentica benedizione!

Nulla da celebrare, anzi…

Purtroppo la ricerca di privilegi e vantaggi è proseguita anche dopo la caduta del regime fascista e la nascita della Repubblica italiana, dal momento che la chiesa cattolica, usando lo strumento del “suo” partito politico (la Democrazia cristiana) e la connivenza colpevole del Partito comunista, ha ottenuto nel 1947 che i Patti lateranensi fossero inseriti nel testo della Costituzione (art. 7) e più tardi ha ottenuto una revisione degli stessi (1984), accettando che la religione cattolica non fosse più considerata “religione di Stato” ma ottenendo in cambio tutta un’altra serie di privilegi e di vantaggi, primo fra tutti il passaggio da una a due ore dell’insegnamento della religione nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria con circa 27.000 insegnanti, assunti non tramite concorso o graduatorie come tutti quelli delle altre materie, ma scelti e segnalati dalle varie diocesi, con un costo complessivo che ogni anno sfiora un miliardo e trecento milioni di euro. Questo privilegio sta tuttora provocando una grave discriminazione, palesemente anticostituzionale, nei confronti dei docenti non cattolici oltre a richiedere un impegno economico notevole ed assurdo in tempi di tagli al bilancio dello Stato.

I Patti lateranensi furono introdotti dalle parole “In nome della Santissima Trinità” con una formula a dir poco blasfema e furono di proposito firmati l’11 febbraio, ricorrenza della prima “apparizione” della madonna di Lourdes per cercarne “la protezione”, con una scelta che comprovava la persistente mariolatria della chiesa cattolica.

Ogni anno l’11 febbraio a Roma, normalmente a palazzo Borromeo, sede dell’ambasciata d’Italia presso lo Stato della Città del Vaticano, si festeggia in pompa magna la ricorrenza dell’11 febbraio. Quest’anno la ricorrenza del 90° anniversario renderà i festeggiamenti ancora più solenni.

Per quanto ci riguarda, la data dell’11 febbraio ci incoraggerà a ricordare un evento che ha contrassegnato una pagina triste della storia della nostra Italia, ma la nostra fede in Cristo e la nostra ricerca di essere sottomessi agli insegnamenti della sua Parola non ci permetteranno di celebrare alcunché, anzi ci incoraggeranno a testimoniare, come cittadini, che uno Stato davvero libero non ha “preferenze religiose” e, come cristiani, che la Chiesa vera, quella fondata da Cristo, non scende a patti con i regni di questo mondo né cerca da loro vantaggi, privilegi e ricchezza.