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Introduzione

Qualche anno fa ho riscoperto questo piccolo tesoro nella Bibbia e, da allora, è diventato uno dei miei libri preferiti sul quale ho basato anche molti dei miei messaggi.

Il libro di Ruth comincia con la disperazione di una famiglia e in particolare di una donna, Naomi, che aveva perso il marito e due figli. Cosa le restava?

La sua famiglia sembrava non avere futuro, tutto stava andando storto e Naomi pensava che Dio l’avesse presa di mira…

Ma Dio, dietro le quinte, stava agendo per dare a Naomi e alla sua famiglia un futuro grandioso. Infatti, da quella famiglia che sembrava non avere alcuna speranza discese addirittura il re Davide e, molti secoli dopo, sarebbe disceso il Salvatore del mondo, Gesù il Messia.

In questa serie di articoli ho raccolto i pensieri sul libro di Ruth pubblicati sul mio blog nell’autunno del 2016. Il mio desiderio è che, rileggendo insieme questo piccolo libro, possiamo trovare incoraggiamento e forza per affrontare le difficoltà, perché colui che, tanto tempo fa, ha ridato speranza a Naomi facendola passare dalla disperazione alla gioia, è il medesimo che in un attimo può cambiare anche la nostra vita proprio ora.

Quando la vita ti rema contro (1° parte)

“Al tempo dei giudici ci fu nel paese una carestia, e un uomo di Betlemme di Giuda andò a stare nelle campagne di Moab con la moglie e i suoi due figli. Quest’uomo si chiamava Elimelec, sua moglie, Naomi, e i suoi due figli, Malon e Chilion; erano efratei, di Betlemme di Giuda. Giunsero nelle campagne di Moab e si stabilirono là. Elimelec, marito di Naomi, morì, e lei rimase con i suoi due figli. Questi sposarono delle moabite, delle quali una si chiamava Orpa, e l’altra Rut; e abitarono là per circa dieci anni. Poi Malon e Chilion morirono anch’essi, e la donna restò priva dei suoi due figli e del marito”

(Rut 1:1-5).

La vita non è sempre una passeggiata. Tutti, prima o poi, passiamo dei momenti difficili e, a volte, dolorosi. Talvolta però sembra proprio che la vita ti remi contro, vero? Sono quei momenti in cui sembra che piova sul bagnato con i problemi che si accumulano l’uno sull’altro dandoti la sensazione che non ci sia una via d’uscita.

La protagonista di questo piccolo libro della Bibbia, Naomi, si è trovata proprio in una situazione di questo tipo.

Come abbiamo letto, Naomi e suo marito erano Israeliti della piccola cittadina di Betlemme in Giuda. Essi vissero durante il periodo dei Giudici, un periodo della storia d’Israele caratterizzato da instabilità sia dal punto di vista spirituale, sia dal punto di vista politico. A causa del declino spirituale del popolo d’Israele, durante quel periodo Dio lasciò molto spesso che Israele fosse in balia dei popoli circostanti e si trovasse in miseria (si legga a questo proposito la descrizione in Giudici 2:14-22). Non stupisce quindi che Naomi e suo marito Abimelec si siano trovati in un periodo di carestia. Nel tentativo di far fronte alla crisi, essi presero la decisione di recarsi in Moab, una scelta che può destare delle perplessità, se consideriamo che Moab era uno dei nemici storici di Israele.

C’è una sottile e amara ironia nel racconto se consideriamo che la parola “Betlemme” significa letteralmente “casa del pane”… Naomi e suo marito lasciarono infatti la “casa del pane” e la terra di Israele per andare a cercare pane altrove, in un
paese straniero e idolatra.

Naomi non poteva immaginare che in Moab, pochi anni dopo, invece della sicurezza economica avrebbe incontrato una vita molto dolorosa. Infatti la sua condizione di vedova, dopo la morte del marito, fu certamente più difficile in un paese straniero senza il conforto dei propri parenti. Grazie a Dio le erano rimasti due figli maschi che potevano provvedere al sostentamento della famiglia ma, trovandosi in Moab, essi finirono per sposare delle moabite. Per Naomi, una pia donna Israelita, non doveva essere il massimo trovarsi in un paese idolatra come Moab e rassegnarsi al fatto che i suoi figli sposassero delle donne moabite con la possibilità che l’idolatria entrasse nella sua famiglia.

Ma Naomi non aveva ancora toccato il fondo.

Le cose andarono di male in peggio. Infatti nel giro di dieci anni anche i due figli di Naomi, Malon e Chilion, morirono. Così Naomi si trovò improvvisamente in un paese straniero a piangere il marito e i suoi due figli, con la sola compagnia delle nuore moabite. Ella era lontana dalla sua terra natìa, lontana dal suo popolo, circondata da persone che avevano tradizioni diverse dalle sue, senza alcun uomo in casa e senza una discendenza perché entrambi i figli erano morti senza una prole.

Come pensate che si sentisse questa donna? Non è difficile comprendere quanto potesse essere disperata. Ella non vedeva alcun futuro per la sua famiglia e, come leggeremo nel seguito, pensava che Dio si fosse accanito contro di lei. Potete immaginare un stato d’animo peggiore?

Nonostante un inizio così tragico, vedremo che il libro di Rut è molto incoraggiante. Infatti, leggendo questo libro, vedremo proprio il modo in cui Dio intervenne nella vita di Naomi, il modo in cui utilizzò le persone intorno a lei per trasformare un futuro senza speranza in un futuro radioso. Voglio meditare questo piccolo libro della Bibbia proprio perché, quando la vita dovesse remarci contro, quando dovessimo trovarci ad avere uno stato d’animo simile a quello di Naomi, possiamo ricordarci che il Dio creatore dei cieli e della terra può far nascere un fiore anche dove sembrano esserci solo rovine.

Il bicchiere è vuoto? (2° parte)

“Allora si alzò con le sue nuore per tornarsene dalle campagne di Moab, perché nelle campagne di Moab aveva sentito dire che il SIGNORE aveva visitato il suo popolo, dandogli del pane. Partì dunque con le sue due nuore dal luogo dov’era stata, e si mise in cammino per tornare nel paese di Giuda. E Naomi disse alle sue due nuore: «Andate, tornate ciascuna a casa di sua madre; il SIGNORE sia buono con voi, come voi siete state con quelli che sono morti, e con me! Il SIGNORE dia a ciascuna di voi di trovare riposo in casa di un marito!» Le baciò; e quelle si misero a piangere ad alta voce, e le dissero: «No, torneremo con te al tuo popolo». E Naomi rispose: «Tornate indietro, figlie mie! Perché verreste con me? Ho forse ancora dei figli nel mio grembo che possano diventare vostri mariti? Ritornate, figlie mie, andate! Io sono troppo vecchia per risposarmi; e anche se dicessi: “Ne ho speranza”, e anche se avessi stanotte un marito, e partorissi dei figli, aspettereste voi finché fossero grandi? Rinuncereste a sposarvi? No, figlie mie! Io ho tristezza molto più di voi, perché la mano del SIGNORE si è stesa contro di me». Allora esse piansero ad alta voce di nuovo; e Orpa baciò la suocera, ma Rut non si staccò da lei”

(Rut 1:6-14)

Naomi era vedova e aveva perso entrambi i figli. Inoltre viveva in un paese straniero e idolatra. Quali prospettive poteva avere per il futuro? Avendo sentito che nel suo paese natìo la carestia era finita, pensò che la cosa migliore fosse tornare in Giuda.

Ma come poteva sistemare le sue due nuore moabite?

Secondo la legge che Dio aveva dato ad Israele (vedi Deuteronomio 25), se una donna fosse rimasta vedova e senza figli, avrebbe potuto avvalersi dell’opportunità di divenire sposa di un fratello del defunto in modo che il primogenito nato dalla nuova unione portasse il nome del fratello defunto e il nome della famiglia non fosse estinto in Israele.

Ma Naomi non aveva altri figli da dare alle sue nuore ed ormai era troppo vecchia per risposarsi ed avere figli, quindi quella possibilità era da escludersi.

Naomi immaginava che in Giuda nessuno si sarebbe occupato di loro.

Come sarebbero sopravvissute? Nessun giudeo si sarebbe preso quelle moabite come mogli ed esse avrebbero vissuto di elemosina… Insomma, Naomi avrebbe avuto già i suoi problemi nel ritornare in Giuda e quelle due giovani moabite potevano essere un ulteriore peso per lei. Lei voleva bene alle sue nuore ed esse ricambiavano il suo affetto ma in quel momento Naomi non vedeva alcun futuro né per sé né per loro, quindi la soluzione più logica sembrava quella di separarsi da loro perché le sue nuore si rifacessero una vita e una famiglia tra i loro connazionali in Moab.

Nelle parole di Naomi in questi dialoghi percepiamo una totale assenza di speranza e fiducia. Ella vedeva solo nero, vedeva solo un bicchiere quasi vuoto e non riusciva ad immaginare alcun futuro possibile per lei e le sue nuore in Israele.

Naomi era triste perché si sentiva giudicata da Dio, sentiva che Dio si era accanito contro di lei:

“Io ho tristezza molto più di voi, perché la mano del SIGNORE si è stesa contro di me”.

Sì, le sue nuore erano rimaste vedove come lei ma lei aveva perso anche i figli e si sentiva quindi il bersaglio principale di Dio in quella situazione.

Da una parte Naomi credeva che Dio fosse potente e potesse benedire le sue nuore:

“il SIGNORE sia buono con voi, come voi siete state con quelli che sono morti, e con me! Il SIGNORE dia a ciascuna di voi di trovare riposo in casa di un marito!”.

D’altra parte ella sembrava non avere alcuna speranza che tale benedizione potesse giungere alle sue nuore se fossero restate con lei. In qualche modo è come se Naomi pensasse che, dal momento che lei era quella presa di mira da Dio, le sue nuore non avrebbero avuto futuro restando al suo fianco.

Il pessimismo di Naomi convinse Orpa a tornare in Moab. Ella amava la suocera ma, con ogni probabilità, le argomentazioni di Naomi le fecero intuire che non c’era speranza per lei in Israele. La prospettiva di non sposarsi più, rimanendo povera, vedova e senza figli, dovette sembrarle un prezzo troppo alto da pagare.

In fondo la scelta di Orpa fu una scelta logica dal punto di vista umano.

Anche Rut avrebbe potuto fare la stessa scelta ma, se così fosse stato, questa storia sarebbe finita qui, anzi questo libro della Bibbia non esisterebbe affatto! Come vedremo, ci fu qualcosa in Rut che la spinse a continuare il viaggio con Naomi, incurante del suo futuro e dei rischi che correva. Nao-
mi pensava di essere oggetto del giudizio di Dio ma, da come si erano messe le cose, intuiamo che il Signore stava invece operando per dare un futuro a lei e alla sua famiglia.

Era forse un caso che proprio in quel periodo

“il SIGNORE aveva visitato il suo popolo, dandogli del pane”?

Il Signore voleva che Naomi tornasse a casa in Betlemme di Giuda perché era lì che il suo piano avrebbe preso corpo. Lei aveva cercato pane in Moab, ma sarebbe dovuta tornare alla “casa del pane”, a Betlemme, dove Dio si sarebbe preso cura di lei.

Era forse un caso che, contro ogni logica, la moabita Rut stava scegliendo di affrontare una vita difficile e piena di incognite per stare con Naomi? Dio sarebbe rimasto indifferente al coraggio che quella giovane moabita stava mostrando?

Naomi era concentrata sul suo dolore e questo le impediva di vedere la mano di Dio all’opera. Forse in quel momento Naomi vedeva Rut come un peso e non come un aiuto. Eppure Dio avrebbe usato quella moabita per benedire Naomi in una maniera straordinaria.

Non è così anche per noi?

Talvolta siamo così concentrati sui nostri problemi che consideriamo negativi anche i pochi segnali positivi che Dio mette sul nostro cammino…

Talvolta, come Naomi, vediamo il bicchiere quasi vuoto e non nutriamo alcuna speranza per il nostro futuro.

Talvolta potrebbe sembrarci che Dio stia stendendo la sua mano contro di noi. Se guardassimo quel bicchiere dal punto di vista di Dio, potremmo accorgerci che egli non è nostro nemico ma ha già cominciato a riempire di nuovo quel bicchiere.

Può sembrare pazzesco, ma dal punto di vista di Dio, come stava accadendo per Naomi, quel bicchiere potrebbe essere già mezzo pieno. 

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