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Introduzione

In ogni epoca il popolo di Dio ha avuto qualche problema con il tema dell’autorità a cui sottostare. Il popolo d’Israele che, diversamente dagli altri popoli, era una teocrazia (vale a dire un ambito in cui il governo viene esercitato da Dio), non fece seguire alle promesse di sottomissione del Sinai (Es 24:3, 7) la loro coerente applicazione. Ne sono esempi evidenti il periodo oscuro dei Giudici, quando

“ognuno faceva quello che gli pareva meglio”

(Gc 17:6; 21:25)

come pure la richiesta di un re indirizzata al vecchio Samuele (1Sa 8:4-5). L’assenza di autorità, con il diventare ciascuno legge a se stesso, o la ricerca di uomini forti che esercitino una autorità ben visibile, sono entrambi sintomi di una teocrazia che ha ceduto il posto al governo dell’uomo.

Anche la Chiesa, benché sia un corpo ben distinto da Israele sotto molti punti di vista, ne condivide il tipo di autorità che Dio le prepone. Anche nel caso della Chiesa si tratta di una autorità non umana e non visibile, distintamente indicata dalle parole di Gesù quando sottolineava la diversità tra la comunità dei suoi discepoli e le nazioni che hanno nei loro “grandi” dei dominatori: “ma non è così tra di voi” (Mt 20:25-26).

Il mondo di oggi oscilla tra l’eccesso del rifiuto di ogni autorità e quello opposto della ricerca di uomini forti che mettano ordine alla confusione sociale e morale conseguenti al primo eccesso. La parola profetica (2P 1:19) ci informa del progressivo acuirsi di queste due tendenze apparentemente contraddittorie, in effetti segnali di un unico problema di fondo: il rifiuto dell’autorità divina (2Ti 3:1-5; 2Te 2:3-12).

Ne saremo anche noi condizionati? Quale atteggiamento deve avere la Chiesa? A quale autorità deve sottostare?

Gesù, unico Capo della Chiesa

Riporto questi due passaggi basilari:

“Ogni cosa egli (il Padre) ha posta sotto i suoi piedi (di Cristo) e lo ha dato per capo supremo alla Chiesa, che è il corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti”

(Ef 1:22-23)

“Egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa”

(Cl 1:18)

Dunque, il Capo della Chiesa è il Signore Gesù e questo ruolo di autorità gli è stato assegnato dal Padre che lo ha glorificato a seguito della sua morte e della sua risurrezione.

La Chiesa deve riscoprire e riconoscere oggi di essere l’organismo vivente (il corpo) di cui Gesù (e lui solo!) è il Capo. Nel termine “capo” si fondono sia l’idea della parte del corpo che lo coordina interamente, sia la figura di colui che ha il diritto di comandare, fusione di concetti che esprimiamo anche quando parliamo di chi ha un ruolo di preminenza in una comunità qualsiasi come di “colui che è alla testa” di quel gruppo.

Gesù condivide con la Chiesa la sua stessa vita di risurrezione, si identifica con lei (vedi le parole dette a Saulo: “Io sono Gesù, che tu perseguiti”, At 9:3-5), ma il diritto di essere il capo è esclusivamente suo e non viene conferito a nessun uomo.

Tutto questo mentre Gesù non è oggi fisicamente sulla terra, a fianco della sua Sposa: Gesù è nel cielo.

E quando affermò, davanti a Pilato, che “ora il mio regno non è di qui (di questo mondo)” (Gv 18:36), non stava solamente escludendo l’instaurazione immediata del regno messianico che gli avrebbe certamente fatto evitare la morte. Anche dopo la risurrezione Gesù dimostrò di non essere intenzionato a regnare immediatamente e ascese al Padre (At 1:6-9).

Perciò la Chiesa nasce e viene edificata senza la presenza fisica e visibile del suo Capo, quindi ritrovandosi ad avere in Gesù una autorità divina e indiscutibile ma invisibile. Nonostante questa “assenza”, nessun uomo è stato delegato a esercitare nella Chiesa l’autorità di Gesù; vi è però lo Spirito Santo, inviato dal Padre per guidare i credenti (Gv 14:16-17, 26; 16:12-15).

Osservando la descrizione fatta da Gesù dell’opera dello Spirito in favore dei discepoli, leggiamo che: “insegnerà, ricorderà, guiderà, parlerà, dirà, annuncerà”. Sono tutti verbi che si riferiscono ad un’opera di comunicazione. Ovviamente non si tratta di una casualità. I discepoli avevano conosciuto in Gesù il Signore ed il Maestro (Gv 13:13-14), colui che si proponeva tra loro mediante l’annuncio della Parola da ascoltare e ubbidire, non attraverso una imposizione da subire.

Con la sua separazione fisica dai suoi, questo ruolo sarebbe stato esercitato dallo Spirito Santo che, in assoluta coerenza con Gesù, avrebbe continuato a istruire i discepoli di Cristo per condurli nella giusta direzione.

Riconoscere l’autorità della Parola

Possiamo quindi dire con certezza che l’esercizio del ruolo di Gesù di Capo della Chiesa viene attuato dallo Spirito Santo mediante l’autorevole Parola che dallo Spirito viene comunicata. Quest’opera “didattica” (l’opera dello Spirito Santo nella Chiesa) non va intesa e ricercata in modo soggettivo e approssimativo. Essa viene sempre svolta in modo fedele alla Parola scritta. Per questo possiamo dire a ragione che ci sono un’armoniosa sintonia e un’interazione perfetta tra il Signore Gesù, lo Spirito Santo e la Parola.

Del resto, il parallelo e la comunanza di qualità tra Gesù (Parola eterna e incarnata) e la Scrittura (Parola scritta e annunciata) è attestata da numerosi passaggi biblici dai quali desumiamo i punti seguenti.

Elemento comune Parola eterna e incarnata

GESÙ

Parola scritta e annunciata

LA SCRITTURA

 

1. Sono chiamati “Parola di Dio”

 

Apocalisse 19:13

 

Ebrei 4:12

 

 2. Hanno un’origine divina

 

Giovanni 1:1

 

2 Timoteo 3:16

 

3. Sono privi di imperfezioni

 

Ebrei 4:15

 

Salmo 19:7

Salmo 119:140

4. Sono definiti “la verità”

 

Giovanni 14:6

 

Salmo 119:160

Giovanni 17:17

5. Non passeranno mai

 

Ebrei 1:8-12

 

Matteo 24:35

1 Pietro 1:25

 

 6. Sono immutabili

 

Ebrei 13:8

 

Salmo 119:89

7. Sono potenza di Dio

 

1 Corinzi 1:24

 

Romani 1:16

 

 8. Spada a due tagli

 

Apocalisse 1:16

 

Ebrei 4:12

9. Sono luce

 

Giovanni 8:12

 

Salmo 119:105

 

10. Sono nutrimento spirituale

 

Giovanni 6:35

 

Matteo 4:4

Ebrei 5:12-14

 

11. Trasmettono vita

 

Giovanni 5:21, 40

 

1 Pietro 1:23

 

La Scrittura testimonia di Cristo (Gv 5:39) e Cristo ha onorato le Scrittura (Gv 10:35).

In parole semplici, ne consegue che se vogliamo davvero sottometterci all’autorità del nostro unico Capo, dobbiamo necessariamente sottometterci alla Bibbia, che è la sua Parola.

Questa autorità deve essere onorata da chi è chiamato dal Signore ad esercitare nella Chiesa ruoli di conduzione e di insegnamento.

Questi servitori del Signore (nella Chiesa non c’è alcuno spazio legittimo per dominatori – vedi Mt 20:26-27!), non saranno mai essi stessi l’autorità della comunità cristiana; essi hanno piuttosto il compito di orientare il popolo del Signore a sottomettersi all’unica autorità divina! E questo compito verrà assolto fedelmente annunciando la Parola e facendo dipendere ogni loro decisione dalla Parola stessa.

Nessun anziano dovrà mai dire: “Qui si fa come dico io!”, nessun predicatore dovrebbe intrattenere l’uditorio con i suoi: “Io penso che…”.

Osserviamo questi elementi riscontrabili da passi biblici:

  • una caratteristica che l’anziano deve avere, è l’essere “attaccato alla parola sicura, così come è stata insegnata, per essere in grado di esortare secondo la sana dottrina e di convincere quelli che contraddicono” (Tt 1:9);
  • a Timoteo, che aveva l’incarico di prendersi cura della chiesa di Efeso, l’esortazione di Paolo era: “predica la parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza” (2Ti 4:2);
  • proprio agli anziani della chiesa di Efeso, a proposito del suo servizio tra loro, Paolo poté dire “non mi sono tirato indietro dall’annunziarvi tutto il consiglio di Dio” (At 20:27);
  • ai medesimi, accomiatandosi da loro, disse poi: “E ora, vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia, la quale può edificarvi e darvi l’eredità di tutti i santificati”;
  • il ricordo dei conduttori che hanno concluso il loro servizio sulla terra, evidenzia il loro impegno nell’ammaestramento: “Ricordatevi dei vostri conduttori, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio…”.

Si tratta di chiare indicazioni ad essere fedeli alla Parola, conoscendola, amandola, difendendola e insegnandola nella Chiesa. E si tratta di un atteggiamento che non accentra mai l’attenzione sul servo, ma sul Signore che della Chiesa è la sola autorità e che la esercita mediante la sua vivente Parola.

Ricercare l’autorità della Parola

La sottomissione all’autorità della Parola è riscontrabile nelle scelte che la chiesa locale intraprende.

A volte, o spesso, i criteri delle posizioni che si assumono non sono determinati dal “Che dice la Scrittura?” ma dai “Conviene fare così”, “Se non facciamo così perderemo dei membri”, “Facciamo quello su cui siamo tutti d’accordo”. Ora, benché le conseguenze immediate a scelte non biblicamente fondate possano anche essere in apparenza positive, se non sono conformi alla Parola non determineranno frutti veramente buoni e duraturi.

Ovviamente non sono i soli momenti delle decisioni particolari quelli in cui la chiesa si deve interrogare su quale sia il pensiero di Dio espresso nella Bibbia. Anzi, è fondamentale che nella chiesa ci sia un costante insegnamento della Parola

“fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore; ma seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo”

(Ef 4:13-15)

Solo l’applicazione delle direttive bibliche farà in modo che la chiesa si raduni, interagisca e renda testimonianza con l’approvazione divina, così da essere di fatto “colonna e sostegno della verità” (1Ti 3:15).

Solo un sano e regolare nutrimento per mezzo della Parola permetterà ai membri della chiesa di essere rinforzati e preparati a fronteggiare ogni genere di sfide che riceveranno dall’interno e dall’esterno.

Ma anche le modalità in cui avviene la trasmissione della Parola manifestano se ad essa viene riconosciuto rispetto oppure no.

L’autorità della Parola non deve essere messa in secondo piano dalle abilità comunicative di chi parla.

Chi annuncia la Parola non deve intrattenere, ma istruire! In vista di realizzare questo abbiamo da applicare alcune precise indicazioni, di cui riporto tre punti salienti.

■   Chi insegna deve essere coerente. “Bada a te stesso e all’insegnamento…” (1Ti 4:16). Prima ancora di prestare attenzione ai contenuti che avrebbe trasmesso, Timoteo doveva prestare attenzione alla sua vita personale, alla sua condotta, per non rischiare di non avere alcuna credibilità. Non a caso egli doveva anche essere “di esempio ai credenti” (1Ti 4:12).

■   Chi insegna deve essere capace: “le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale a uomini fedeli, che siano capaci di insegnarle anche ad altri” (2Ti2:2).   
Questo significa in primo luogo che si esercita il dono spirituale ricevuto dall’Alto, infatti i doni sono proprio le “capacità spirituali” (1Co 14:12) che concorrono ad edificare la Chiesa. E l’apostolo Paolo, che certo non era mancante di doni spirituali, ci trasmette un esempio di sobria umiltà quando dice: “… la nostra capacità viene da Dio” (2Co 3:5). “Capace” significa anche equipaggiato di un “deposito” di conoscenza adeguato, che può venire soltanto dallo studio delle “Sacre Scritture”, così da essere “ben preparato” (2Ti 3:14-17).

■   E ancora, chi predica deve essere convinto. “Il nostro vangelo non vi è stato annunziato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo e con piena convinzione” (1Te 1:5).       
Si trasmette ad altri qualcosa che si è prima meditato e di cui ci si è appropriati personalmente, assimilando per fede la Parola (Eb 4:2).      
È evidente che l’annuncio di chi è convinto di quel che afferma ha ben più forza di un annuncio di cose poco conosciute e senza motivazione.

Chi parlerà alla chiesa ottemperando a questi presupposti potrà farlo con l’autorità che viene da Dio e dalla sua Parola:

“Parla di queste cose, esorta e riprendi con piena autorità”

(Ti 2:15)

 

Sarebbe un parlare simile a quello del Maestro, il quale “insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi” (Mt 7:29).

Solo quando il popolo di Dio dirà:

Andiamo alla Scrittura! Alla Parola di Dio!”,

realizzerà una vera aurora di risveglio (Is 8:20)!