Più che unirci alle tante rievocazioni storiche di questi giorni, ci piace ricordare che settant’anni fa coloro che avevano fondato la loro fede nel Messia attraverso l’ascolto della Parola di Dio si rallegrarono nel vedere la realizzazione di quanto più volte annunciato dai profeti dell’Antico Testamento. La fedeltà di Dio nei confronti del suo popolo terrestre (Israele) si manifestò, in modo del tutto inatteso, proprio nel momento in cui era stata pianificata la sua scomparsa dalla faccia della terra, come al tempo delle vicende narrate nel libro di Ester, ecco che Israele ritrova la sua terra: da popolo disperso fra le nazioni torna ad essere popolo unito, con una propria identità nazionale.
Le domande e le invocazioni con cui Geremia aveva concluso le sue Lamentazioni davanti al desolante spettacolo delle rovine della città di Gerusalemme, devastata e distrutta, trovarono settant’anni fa una risposta. No: Dio non aveva e non ha dimenticato, né abbandonato, né rigettato il suo popolo!
Anche se ancora non si sono realizzate le parole profetiche di Paolo (Ro 11:25-36), la nascita del moderno Stato di Israele apre lo scenario storico sugli avvenimenti che precederanno il ritorno di Cristo.
Ricordiamo il 14 maggio 1948 attraverso le parole pronunciate quel giorno da David Ben Gurion (1886-1973), primo presidente del neonato Stato d’Israele:
“In Eretz Israel è nato il popolo ebraico, qui si è formata la sua identità spirituale, religiosa e politica, qui ha vissuto una vita indipendente, qui ha creato valori culturali con portata nazionale e universale e ha dato al mondo l’eterno Libro dei Libri.
Dopo essere stato forzatamente esiliato dalla sua terra, il popolo le rimase fedele attraverso tutte le dispersioni e non cessò mai di pregare e di sperare nel ritorno alla sua terra e nel ripristino in essa della libertà politica (…).
… noi, membri del Consiglio del Popolo, rappresentanti della Comunità Ebraica in Eretz Israel e del Movimento Sionista , siamo qui riuniti nel giorno della fine del Mandato Britannico su Eretz Israel e, in virtù del nostro diritto naturale e storico e della risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dichiariamo la fondazione di uno Stato ebraico in Eretz Israel, che avrà il nome di Stato d’Israele (…).
Lo Stato d’Israele sarà aperto per l’immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, incrementerà lo sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace, come predetto dai profeti d’Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite (…).
Confidando nell’Onnipotente, noi firmiamo questa Dichiarazione in questa sessione del Consiglio di Stato provvisorio, sul suolo della patria, nella città di Tel Aviv, oggi, vigilia di sabato 5 Iyar 5708, 14 maggio 1948”.