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“Recessione”: che brutta parola per iniziare un nuovo anno! È la parola che, in questo momento, più ci fa temere e tremare, pensando a noi stessi, alle nuove generazioni e, in particolare, ai nostri figli. Riusciremo a mantenere per noi e a garantire loro il tenore di vita che a fatica abbiamo raggiunto? Oppure ci aspetta un tempo di rinunce, di sacrifici, di vita grama? Dopo aver vissuto fra sperperi incoscienti il tempo delle “vacche grasse” e delle “spighe piene e belle”, saremo in grado di affrontare quello delle “vacche magre” e delle “spighe vuote”, che ci ha colti del tutto impreparati? Dopo aver ascoltato (e in troppi, ahimé, creduto!) “le visioni vane e illusorie” di profeti politici che ci assicuravano che tutto andava bene, che “ a differenza delle altre nazioni l’Italia non aveva problemi” e che anzi aveva “un’economia forte, stabile e inattaccabile”, riusciremo a reagire e a superare lo smarrimento provato davanti a chi ci ha ricordato che invece “eravamo sull’orlo del baratro”? E da questo “baratro” ci salveremo o finiremo per caderci dentro?

Non sono sicuramente visioni e pensieri sereni quelli che ci accompagnano in questi primi giorni del 2012. Certo, come figli di Dio che hanno la convinzione che nulla della nostra condizione e della nostra situazione sfugge allo sguardo amorevole del nostro Padre celeste, siamo sereni non soltanto perché sappiamo che la parte migliore della nostra esistenza è quella che ci attende nel futuro ma anche perché siamo certi che la presenza e le cure divine le avvertiremo pur nel fondo di un eventuale “baratro”. Ma, al di là di queste importanti certezze basate sulle sue promesse, c’è un’altra riflessione che il Signore ci chiama a fare. Abbiamo mai pensato che esiste anche una recessione positiva? In molti sono infatti convinti che l’attuale recessione economica è figlia di un sistema economico, gestito dal capitalismo dei grandi potentati finanziari e bancari, delle multinazionali industriali ed economiche. Scopriamo così che, per poter risalire la china, il primo provvedimento da prendere è quello di vivere un’altra recessione, questa volta positiva e cioè la recessione da un sistema profondamente iniquo ed immorale perché corrotto e prevaricatore. Un sistema che, basato su politiche ingiuste, sullo sfruttamento dell’altro e sull’indifferenza nei confronti dei veri bisogni dell’uomo ha finito per affamare gli uomini, creando l’assurda contraddizione di far vivere quasi l’80% della popolazione mondiale in un tempo di “vacche magre” mentre contemporaneamente il rimanente 20% viveva un’epoca di “vacche grasse”: di abbondanza di cibo e di beni senza precedenti nella storia. Ma… è una recessione possibile?

Geremia, dopo aver parlato delle “visioni vane e illusorie” da sempre offerte ai popoli da chi si propone loro come autorità e come guida, ricorda anche: “non hanno messo a nudo la tua iniquità” (La 2:14). Scopriamo allora che la vera recessione in grado di operare un reale cambiamento nella vita individuale e sociale degli uomini è la recessione dal peccato, la recessione dall’iniquità, cioè da ogni forma di ingiustizia e di sfruttamento. Finché gli uomini non permett­eranno che sia messa a nudo la loro iniquità e non vivranno il desiderio di essere rivestiti “di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza… di amore” (Cl 3:12, 14), qualsiasi tentativo di cambiamento si risolverà in una missione impossibile. Cosa possiamo fare come figli di Dio in questo contesto, in attesa che vengano “i nuovi cieli e la nuova terra” dove per certo abiterà la giustizia? Viviamo la recessione dal peccato, vinciamo l’indolenza e l’indifferenza e mostriamo il vestito più bello donatoci da Cristo: quello dell’Amore!