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PANDEMIA COVID-19: VIVERE LA PROPRIA FRAGILITÀ COL SIGNORE

Mi chiamo Laura Falla e lavoro in ambito sanitario, sul territorio, in una provincia del Piemonte.

A fine dicembre 2019 apprendiamo di numerosi casi di polmonite da virus non identificati in Cina, a Wuhan nella provincia dell’Hubei.

Ci risiamo” penso. “Speriamo non sia come la SARS del 2003 o l’influenza A H1N1 del 2008”.

Non sapevo né immaginavo quale tempesta si stesse addensando sulla nostra testa. Nelle settimane successive gli aggiornamenti proseguono. Progressivamente e rapidamente i viaggi verso la Cina si interrompono. Quarantena prevista per chiunque rientri da quella nazione. I nostri connazionali, in Cina per lavoro, rientrano in Italia: anche per loro è prevista la quarantena. A fine gennaio scatta lo stato di emergenza in Italia per sei mesi. La tensione sale.

Si parla di un “nuovo coronavirus” dagli effetti poco noti ma molto gravi.

A fine febbraio il contagio si abbatte, improvviso, tumultuoso, come uno tsunami, dapprima in Lombardia e, dopo pochissimi giorni, si estende rapidamente in Piemonte e progressivamente in altre regioni d’Italia.

Presto è pandemia, nonostante si pensasse a una forma influenzale solamente un po’ più grave.

L’incubazione è breve: due-undici, massimo quattordici giorni. La diffusione del virus, facilitata dalle feste di carnevale, con le sue numerose e affollate manifestazioni in ambienti chiusi con la partecipazione di bimbi, di giovani, di anziani, con danze, musiche, concerti, e chi più ne ha più ne metta.

Sono coinvolta, sul territorio, in questa tempesta fuori controllo: telefonate, mail di medici e pazienti, ordinanze del Ministero della Salute e riorganizzazione dei servizi per far fronte a un’emergenza senza precedenti.

Iniziano giornate lunghe, pesanti, la tensione è alta. C’è la paura di ammalarsi, di essere portatori asintomatici. Si indossano gli opportuni D.P.I. (dispositivi di protezione individuale).

Lo scoraggiamento mi pervade, la rabbia cresce, e provo un senso di profondo disorientamento e impotenza. È logorante e impegnativo provare a confrontarsi con una certa calma per coordinarci nel lavoro.

Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno”(Isaia 43:2).

Mi domando cosa il Signore voglia insegnarmi, facendomi entrare in questo pantano insalubre dove mi sposto come se fossi sulle sabbie mobili. Rifletto, considerando il senso di smarrimento che provo nella mia professione. Analogo sentimento ci viene riferito dai pazienti e dai loro familiari in quarantena. Non voglio parlare di me: sono solo una minuscola pedina sballottata fra le onde delle ordinanze, lo spumeggiare delle numerosissime richieste di aiuto dei pazienti e loro familiari, con risorse a disposizione insufficienti per fornire una risposta esaustiva a tutti in tempo reale. Ma il Signore è stato con me.

Tu, non temere perché Io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo… (Isaia 41:10).

Sorelle in Italia e anche dall’estero mi hanno sostenuto con la preghiera, con messaggi di incoraggiamento, canti, riflessioni bibliche che ascolto nella mezz’ora di pausa pranzo.

Nonostante lo scoraggiamento e la stanchezza, mi sono sentita trasportata su ali d’aquila elevandomi ben oltre il basso orizzonte che percepisce l’occhio umano.

Ho sperimentato l’attesa silenziosa ben espressa dalle parole del canto “Mi rialzerai”:

Se dentro me ho perso la speranza
E sento che certezze più non ho
Non temerò, ma aspetterò in silenzio
Perché io so che sei vicino a me

Mi rialzerai se non avrò più forze
Mi rialzerai, con Te ce la farò
Sarai con me, nel buio della notte
Mi rialzerai e in alto volerò

Certi interventi competono a noi, ma non illudiamoci di svuotare l’oceano con un mestolo. Facciamo un passo per volta; il Signore è con noi e ci ripete: “Ho in mano la situazione; nulla mi prende alla sprovvista: conoscevo già il problema, ma non l’ho impedito. Sei strumento nelle mie mani: lasciati modellare. Il senso di smarrimento che provi… è solo a livello umano. Anche Io ho provato il pianto, il dolore, l’abbandono degli uomini e di Dio, persino la morte per darti la salvezza e la vita eterna”.

Gloria a Dio – eterna lode,

forza, onore, magnificenza.

A Gesù riconoscenza,

lode, amore, al Salvatore.

Gesù, mio meraviglioso Signore,

amico fedele per me.

Io sono al riparo del grande tuo amor,

di tutta la grazia che è in te.

Io sono al riparo del grande tuo amor,

nell’aspro e assolato cammin;

da te ogni giorno io prendo vigor,

Tu sempre mi resti vicin.

Consapevole dei miei limiti ho proseguito con nuove forze.