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La chiesa che vogliamo prendere in esame è quella di Antiochia, in Siria. Definita “la città splendente/ammirabile”. Antiochia fu in epoca romana la terza città dell’impero dopo Roma e Alessandria (vedi “Appendice” per altre note storiche). La chiesa nasce grazie a quanto citato in Atti 11: Quelli che erano stati dispersi per la persecuzione avvenuta a causa di Stefano andarono sino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia, annunciando la Parola solo ai Giudei, e a nessun altro. Ma alcuni di loro, che erano Ciprioti e Cirenei, giunti ad Antiochia, si misero a parlare anche ai Greci, portando il lieto messaggio del Signore Gesù. La mano del Signore era con loro; e grande fu il numero di coloro che credettero e si convertirono al Signore (At 11:19-21).

Una chiesa nata dalla persecuzione

“Quelli che erano stati dispersi per la persecuzione avvenuta a causa di Stefano andarono sino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia…” (At 11:19a)

Che la persecuzione sia stato un mezzo usato di Dio per far uscire i primi credenti da Israele per raggiungere altri luoghi è ben evidenziato nel racconto degli Atti (vedi anche At 8:4). La storia della chiesa dei secoli successivi, come quella dei giorni d’oggi, ci insegna che la persecuzione, anche se sembra essere un freno alla diffusione del Vangelo, di fatto diventa un potente strumento che incoraggia i veri credenti a proseguire con più ardore quell’opera, proprio come avvenne per i Filippesi, incoraggiati e non frenati dalla prigionia subita da Paolo in seguito alla persecuzione: “e la maggioranza dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene, hanno avuto più ardire nell’annunciare senza paura la parola di Dio” (Fl 1:14).

Nella Lettera a Diogneto (testo cristiano di un autore anonimo del II secolo), troviamo un’altra interessante testimonianza: “Non vedi (i cristiani) che gettati alle fiere perché rinneghino il Signore, non si lasciano vincere? Non vedi, quanto più sono puniti, tanto più crescono gli altri? Questo non pare opera dell’uomo, ma è potenza di Dio, prova della sua presenza”.

Quando, nel 1956, cinque giovani missionari furono uccisi in Equador da membri della popolazione Auca (Waorani) che volevano raggiungere con il Vangelo, si poteva pensare che questo triste e drammatico evento avrebbe frenato la chiamata alla missione di molti. In realtà successe esattamente il contrario. Nel libro della moglie di Jim Elliot, una delle cinque vittime, leggiamo: “Dopo il massacro, diverse società missionarie vennero letteralmente inondate di candidati per rimpiazzare il posto lasciato dai cinque martiri. Una rivista evangelica calcolò che 600 persone si erano offerte per andare in territorio Auca”.

Ci fu grande stupore anche tra i missionari britannici delle Assemblee quando, nel 1993, tornarono in Etiopia dopo 15 anni, cioè da quando furono costretti dalla guerra e dalla persecuzione ad andarsene, nel vedere che la chiesa di Addis Abeba, che allora contava 30 membri, negli anni della persecuzione era cresciuta fino a decuplicare il numero dei membri.

Noi non dobbiamo cercare la persecuzione, ma se resistiamo quando essa arriva, se la vediamo come un’opportunità, vedremo i frutti che ne deriveranno, proprio come ifrutti che hanno fatto nascere la chiesa di Antiochia.

Una chiesa nata dalla predicazione a persone culturalmente vicine

“… annunciando la Parola solo ai Giudei, e a nessun altro…” (At 11:9b).

Come già visto per la nascita della prima chiesa di Gerusalemme, l’evangelizzazione viene fatta in un primo momento verso quelli più vicini (familiari, amici, colleghi) e, in questo caso, a persone originarie dello stesso posto, con la stessa base culturale, linguistica, con la stessa tradizione religiosa. Come era usanza anche di Paolo, prima si predicava ai Giudei presenti in un certo luogo (At 9:20; 13:5; 14:1; 16:13; 17:2 e seg.; 18:4; 19:8) e solo successivamente ci si rivolgeva ai gentili (At 13:46; ecc.).

Risulta senz’altro più facile l’approccio con persone a noi più affini, anche se questo non vuol dire avere risultati migliori (“Nessun profeta è disprezzato se non nella sua patria, fra i suoi parenti e in casa sua” – Mr 6:4). Ma sarà da lì che comunque partiremo, ed è così che è iniziata l’opera ad Antiochia.

Una chiesa nata da una vocazione missionaria

“… Ma alcuni di loro, che erano Ciprioti e Cirenei, giunti ad Antiochia, si misero a parlare anche ai Greci, portando il lieto messaggio del Signore Gesù…” (At 11:20)

La Chiesa cristiana non è però nata per essere un’entità monoetnica o monoculturale. La Chiesa sulla terra è un’immagine di quello che sarà la popolazione salvata del cielo, dove ci sarà “gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione” (Ap 5:9). I primi cristiani ebrei ellenisti lo avevano capito bene e non si astennero dal portare “il lieto messaggio del Signore Gesù” a tutti coloro che il Signore metteva sulla loro strada.

Antiochia è una chiesa locale che, oltre che da Ebrei convertiti, nasce da un’attività missionaria, diventando la prima chiesa a maggioranza gentile della storia della chiesa mondiale. Se questa comunione di fratelli e sorelle di diverse estrazioni, può in un primo momento creare qualche problema di coesione (vedremo più avanti i problemi nati in seno alla stessa comunità di Antiochia), essa può diventare però un mezzo potente per raggiungere molte altre persone, di diverse culture, lingue e classi sociali.

Anche noi dovremmo cogliere l’occasione che il Signore ci dà di testimoniare a tutti, indistintamente. Personalmente non vedo molto bene le chiese costituite solo da un’unica nazionalità, anche se ne posso certamente comprendere le motivazioni linguistiche e culturali. Credo che le chiese, soprattutto quelle che sono nate da un’attività missionaria di stranieri, debbano conservare questa caratteristica, anche come testimonianza al mondo, per dimostrare che la comunione tra fratelli e sorelle della stessa fede può essere vera e concreta, anche al di là di tutte le differenze che possono esistere tra le persone che la compongono. Senza contare che un italiano difficilmente sarà attratto da una chiesa formata solo da Cinesi, Africani o quant’altro, chiudendo così le porte del Vangelo a quanti potrebbero invece avvicinarsi. In questo, Antiochia è stato un primo, importantissimo esempio.

Una chiesa nata con il sostegno di Dio

“… La mano del Signore era con loro…” (At 11:21a)

Sembra scontato dire che una chiesa locale nasca con l’aiuto di Dio, ma ci sono purtroppo tante opere fatte nel nome del Signore, che portano il nome di “chiesa”, che non sono opera di Dio, ma realtà esclusivamente umane. Il risultato evidente dell’approvazione di Dio sulla nascente chiesa di Antiochia fu anche nella immediata crescita numerica: “… e grande fu il numero di coloro che credettero e si convertirono al Signore” (At 11:21b). Anche se sappiamo che non è dal numero dei suoi membri che si misura la fedeltà di una chiesa, è però naturale che una chiesa cresca e accolga nuove persone al suo interno. E noi? Riconosciamo nel nostro mezzo che la mano del Signore è con noi? 

Una chiesa che è esempio per altri

La notizia giunse alle orecchie della chiesa che era in Gerusalemme, la quale mandò Barnaba fino ad Antiochia” (At 11:22).

L’eco di quello che stava succedendo ad Antiochia arrivò fino alla chiesa di Gerusalemme. Di fatto ad Antiochia era in atto una rivoluzione epocale: la prima chiesa composta in buona parte da Gentili convertiti! La grazia di Dio, attraverso l’opera di Gesù, aveva superato ogni barriera. Dio stesso lo aveva fatto capire per primo a Pietro, nell’episodio che precede quello che stiamo esaminando, nel quale gli mostra in una visione che ora quello che per gli Ebrei era impuro era stato reso puro da Dio (At 10:44-11:9), fatto confermato dalla discesa dello Spirito Santo anche sugli stranieri. Dopo le perplessità iniziali tutti si convinsero che “Dio dunque ha concesso il ravvedimento anche agli stranieri affinché abbiano la vita” (At 11:18). Ma quello che poteva sembrare un fatto episodico, limitato a Gerusalemme, ora diventa realtà compiuta con la nascita di una nuova chiesa a maggioranza di stranieri ad Antiochia, in Siria. E dalla “chiesa madre” di Gerusalemme mandano Barnaba a vedere tutto questo.

Quale “fama” ha la nostra chiesa? Siamo di esempio per altri fratelli, per altre chiese (vedi 1Te 1:8)?

Una chiesa che è fonte di gioia anche per altri

“Quando egli giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò…” (At 11:23a).

Che meraviglia! Barnaba, arrivando, non poté che constatare come la grazia di Dio avesse fatto tutto questo e gioirne pienamente. È bello vedere che una chiesa può costituire anche un motivo di gioia e, quindi, essere non soltanto un esempio, che dovrebbe essere imitato, anche se talvolta, purtroppo, può essere oggetto di invidia. Ogni fratello e sorella, ogni chiesa locale dovrebbe gioire dei successi di altre chiese. Perché è per la grazia di Dio che tutto succede, perché siamo tutti membra dello stesso corpo. Nello stesso modo in cui dovremmo rattristarci quando sentiamo di una chiesa in difficoltà, pregando per essa, così dovremmo essere felici che una parte del nostro corpo spirituale stia progredendo per grazia di Dio. Quello che stava succedendo ad Antiochia era quindi fonte di felicità, perché la grazia di Dio all’opera deve rendere felici, ovunque si manifesti.

Una chiesa aperta, che beneficia dell’aiuto altrui

“… e li esortò tutti ad attenersi al Signore con cuore risoluto (At 11:23b).

La chiesa di Antiochia, come tutte le chiese, rischiava comunque di vedere affievolire quel suo fervore iniziale. Persecuzioni, problemi interni avrebbero potuto smorzare l’entusiasmo e quindi Barnaba (“figlio di consolazione”) svolse il suo compito ed esortò i fratelli e le sorelle ad andare avanti in ubbidienza e perseveranza verso il Signore e l’opera per lui. La chiesa accettò l’incoraggiamento, l’esortazione, non si chiuse dentro un suo senso di autosufficienza. 

Pur rimanendo autonome, le chiese locali devono saper ascoltare le esortazioni che fratelli esterni, di altre chiese, le rivolgono. Dio usa i suoi figli, anche quelli lontani da noi, pure per questo.

Appendice

Antiochia di Siria era la capitale della provincia romana della Siria e della Fenicia. Conosciuta come Antiochia dell’Oronte o Antiochia siriana, era proprio sul fiume Oronte un importante porto, fondato nel 350 a. C. da Seleuco I Nicatore, uno dei generali più importanti di Alessandro Magno. Nel 281 a. C. Antiochia divenne la capitale del regno dei Seleucidi, per più di due secoli. Prenderà il suo nome da Antioco, padre di Seleuco.

Ai tempi di Paolo era la terza città più grande dell’impero romano (dopo Roma e Alessandria) e aveva una grande colonia di Ebrei espatriati che vivevano lì tra la popolazione prevalentemente “greca” (che significa non ebrea o gentile). Infatti, lo storico ebreo Giuseppe Flavio riporta che c’erano più Ebrei che vivevano ad Antiochia in quel periodo che in qualsiasi altra città del mondo al di fuori della Giudea. 

Antiochia era una fiorente città dove Erode il Grande aveva pavimentato oltre 3 km di strade con marmo e aveva eretto un colonnato da un capo all’altro. Era la residenza di Nicola, un gentiluomo convertito al giudaismo, che era uno dei sette uomini pieni di Spirito scelti dai discepoli per distribuire cibo ai credenti più poveri di Gerusalemme (vedi At 6:5). Nicola potrebbe essere tornato ad Antiochia dopo la lapidazione di Stefano e la persecuzione dei credenti a Gerusalemme (vedi At 8: 1). Antiochia divenne successivamente uno dei quattro grandi centri della fede cristiana prima del Concilio di Nicea nel 325 d.C. (gli altri tre erano Roma, Alessandria e Gerusalemme). 

Come molte altre città chiamate Antiochia (ad esempio Antiochia di Pisidia), la città prese il nome dal re Antioco I, un re seleucide (greco) discendente da Seleuco – uno dei generali di Alessandro Magno che aveva diviso l’impero greco alla morte di Alessandro nel 323 a. C. 

I visitatori della moderna Antakya (Antiochia) in Turchia troveranno poche prove della fiorente comunità cristiana che si è sviluppata qui ai tempi di Paolo. La chiesa di San Pietro si trova in una grotta che si ritiene sia il punto d’incontro in cui Pietro ha insegnato ai primi credenti cristiani in una delle sue visite ad Antiochia (vedi Ga 2:11). Ricostruita dai crociati dopo che la città divenne la capitale del principato di Antiochia nel 1098, fu abbandonata quando i crociati se ne andarono, ma fu riparata dai frati cappuccini nel 19° secolo. Poco altro rimane dai tempi di Paolo, a parte un’imponente collezione di mosaici e manufatti romani ospitati nel locale Museo Archeologico di Hatay (Antakya).

Oggi, oltre alle varie chiese cattoliche e ortodosse, ad Antiochia esiste anche una presenza evangelico-protestante (vedi per esempio http://antakyaprotestankilisesi.com). 

Cronologia degli avvenimenti riguardanti la chiesa di Antiochia

Atti 11:19 – Dopo la lapidazione di Stefano nel 35 d. C., alcuni credenti ebrei di lingua greca si recarono ad Antiochia in Siria per diffondere la Buona Novella agli Ebrei che vivevano lì (n. 1 sulla mappa). 

Atti 11: 20-21 – Arrivarono anche altri credenti di Cipro e Cirene (nell’odierna Libia) e predicarono ai Gentili di lingua greca che vivevano lì (n. 2 sulla mappa).

Atti 11: 22-24 – Barnaba, originario di Cipro (At 4:36), venne inviato per indagare sui nuovi credenti Gentili di Antiochia (n. 3 sulla mappa). Fu lieto di vedere le prove della grazia di Dio riversate sui Gentili e li incoraggia.

Atti 11:25-26 – Barnaba si recò a Tarso nel 43 d. C. e riportò Paolo ad Antiochia (n.3 e 4 sulla mappa). Si fermarono lì, insegnando ai nuovi credenti, per un anno.

Atti 11:26 – I seguaci di Cristo sono chiamati “cristiani” per la prima volta ad Antiochia. Questo potrebbe essere stato originariamente inteso come un termine offensivo verso coloro che credevano che Gesù fosse il Cristo, il Messia.

Atti 11:27-30 – Durante il loro anno ad Antiochia, Barnaba e Paolo si recarono a Gerusalemme (n. 5 sulla mappa), prendendo un dono dai credenti di Antiochia per i membri della chiesa di Gerusalemme che soffrivano a causa di una carestia. Il re Erode Agrippa morì mentre erano a Gerusalemme nel 44 d. C. (vedi At 12:19-23).

Atti 12:25 – Barnaba e Paolo ritornarono ad Antiochia con Giovanni Marco (vedi At 12:12) (n.6 sulla mappa).

Atti 13:1-4 – Barnaba e Paolo, accompagnati da Giovanni Marco, vennero inviati dalla chiesa di Antiochia a Cipro nel 46 d. C. (n. 7 sulla mappa). Sono i primi missionari cristiani inviati oltremare.

Atti 14:26-28 – Paolo e Barnaba tornarono ad Antiochia dopo il primo viaggio missionario nel 48 d. C.

Atti 15 – Barnaba e Paolo e altri fratelli della chiesa di Antiochia andarono a Gerusalemme, nel 49-50 d. C., per discutere le questioni sollevate dai credenti giudaizzanti della Giudea.

Galati 2:11 – Pietro si recò in visita a Antiochia (non possiamo sapere se prima o dopo l’incontro a Gerusalemme descritto in Atti 15).

Atti 18:22 – Paolo tornò ad Antiochia dopo la fine del secondo viaggio missionario, nel 54 d. C. Da qui poi partì per il suo terzo viaggio.

N. B.: Alcune date possono essere approssimative, anche se certamente non molto lontane da quelle reali.