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Preoccupati per la Chiesa

Forse succederà a tanti di non trovare la pace interiore necessaria per compiere il difficile incarico ricevuto dal Signore. Osservando la situazione della Chiesa di oggi questa pace subisce talvolta degli scossoni perché – se ci confrontiamo con la Chiesa descritta nel libro degli Atti e nelle lettere di Paolo e con la quale ci vantiamo di identificarci – siamo ulteriormente aggravati costatando gli stessi problemi nella “nostra” Chiesa. Ad esempio, la Chiesa di oggi sembra essere sempre più “chiesa” soltanto la domenica mattina e anche la “nostra chiesa” pare crescere in sintonia con tante altre anziché con la Bibbia… e non siamo più da tempo la realtà che faceva la differenza, se davvero l’ha mai fatta!

Per molto tempo non sono riuscito più di tanto a capire l’apostolo Paolo, quando – prendendosi uno spazio per raccontare dei suoi patimenti personali nel servizio del vangelo – conclude con una nota d’amarezza davvero significativa, dicendo:

Oltre a tutto il resto, sono assillato ogni giorno dalle preoccupazioni che mi vengono da tutte le chiese” (2Co 11:28).

Forse qualcuno penserà che non sia il caso di parlare di Chiesa sofferente qui da noi mentre preghiamo per la Chiesa Perseguitata nel resto mondo, afflitta dal terrorismo religioso e anche dagli infelici regimi totalitari. Ma, per quanto questa situazione sia allarmante, dovremmo pensare piuttosto alla sofferenza provata da Gesù mentre guarda alla sua Chiesa (tutta) per la quale è morto sulla croce e la considera sconfortato (“Ma se voi non date ascolto, io piangerò in segreto, a causa del vostro orgoglio; gli occhi miei piangeranno a dirotto, si scioglieranno in lacrime….”, Gr 13:17)! Sia chiaro, non sto parlando della sofferenza di Gesù per il mondo perduto, il che sarebbe già plausibile, ma di quella per la sua Chiesa, per le donne e gli uomini che hanno creduto nel suo sangue versato per la salvezza dell’umanità!

Amare Gesù!

Con questi pensieri nella testa, sono stato folgorato personalmente con una domanda: “AMI TU GESÙ?”. E questa domanda ha dato luogo ad un esame introspettivo quanto mai urgente e tale da occupare tutti i miei pensieri; così mi sono ricordato di un vecchio missionario che ha “insaporito” alcuni anni della mia vita prima del mio matrimonio e molti altri anche insieme alla donna che ho sposato.

Quest’uomo – Hans Magany, della zona di Coira, in Svizzera – aveva una passione per Gesù di quelle rare da trovare… bruciava letteralmente per il Signore e doveva dirlo assolutamente a tutti quelli che incontrava. Ma non si limitava agli incontri occasionali, lui se li andava a cercare… Quest’uomo, andato col Signore a oltre novant’anni, ha evangelizzato praticamente in tutti i Paesi d’Europa e anche dell’ex-Unione Sovietica, senza conoscere le lingue… andando perfino nei locali malfamati, dove è stato perfino malmenato da gente poco raccomandabile, perché doveva parlar loro di Gesù!

Una volta, mentre trascorreva qualche giorno da me a Milano, mi anticipò all’uscita di casa, per andare diritto da un gruppo di ragazzini che discorrevano sul marciapiede e, puntando il suo indice scarno su di loro chiese, nel suo italiano incerto: “Ama tu Gesù?”. Assistere ai suoi approcci con la gente mi ha insegnato tanto!

I ragazzi erano colti di sorpresa, ma non lo evitavano, anzi gli andavano incontro, lo circondavano, perché ne erano attratti!

Questi non avevano mai pensato che si potesse amare Gesù… Infatti cosa vogliamo che ne sappia di Gesù chi non ha mai ricevuto un insegnamento in merito?

“Amare Gesù, boh… – dirà qualcuno – sentiamo parlare di lui almeno una volta all’anno, quando andiamo a prendere i nostri regali sotto l’albero. Qualcuno va perfino in chiesa a sentire il racconto della sua nascita; e a Pasqua si parla della sua crocifissione e della risurrezione dai morti – dicono – ma, in fondo, ciò che interessa davvero è la sorpresa nell’uovo e il pranzo appetitoso atteso da settimane. Ma parlare di «amore per Gesù», sembra una cosa impegnativa e fuori dalla nostra portata e del nostro linguaggio di tutti i giorni!”.

Se oggi facessimo questa domanda nelle scuole elementari della nostra bella nazione di tradizione “cristiana”, potremmo essere sorpresi dalla varietà di risposte che riceveremmo. Ormai sono tanti i bambini che ne sanno di più su Maometto, su Buddha o su altre religioni orientali piuttosto che sul Salvatore dell’umanità. Addirittura in Germania – paese a tradizione protestante – non sono pochi i bambini che ignorano chi sia Gesù. Figuriamoci se dovessimo porre loro la domanda:

“Ami tu Gesù?”.

Amare Gesù: cosa significa?

Ma adesso ritorniamo alla Chiesa, quella che porta il meraviglioso nome di Gesù. Quella che è libera di incontrarsi ancora senza persecuzione! Forse la domanda relativa all’amore per Gesù lascia alcuni del tutto indifferenti; altri potrebbero trovarla interessante; altri ancora, più ferventi, potrebbero essere scandalizzati considerando il poco interesse per Gesù!

Se adesso mi trovassi davanti a un uditorio e chiedessi: “Chi di voi ama Gesù?”, penso che tutti alzerebbero la mano, almeno una!

Ma, siamo sinceri, quanti lo farebbero perché hanno capito il significato di questa frase in tutta la sua ampiezza e profondità? Non è mia intenzione offendere nessuno, ma la situazione generale delle chiese dimostra che non si ama Gesù come lui vorrebbe e senza eccezioni (non illudiamoci di essere migliori degli altri!).

Cosa vuol dire amare? Non siamo in tanti a sapere cosa ciò significhi veramente.

Non credo che sia necessario fare uno studio sul significato della parola stessa che è presente nella Bibbia una infinità di volte.

Cosa significa davvero amare Gesù? Possiamo osservare che la maggioranza degli italiani – pur non conoscendo le Scritture – convergono (quasi soltanto per obbligo) alla “chiesa ufficiale” convinti di amare Gesù, ma nella realtà lo rinnegano ogni giorno col loro pensiero e con il loro comportamento.

Ma sono convinto che se andiamo più a fondo, portando un esempio concreto ci accorgeremo che anche noi non amiamo davvero Gesù.

Mi spiego:

Noi amiamo il nostro coniuge?

Amiamo nostri figli?

Amiamo i nostri hobby?

Vedremo soltanto tre degli aspetti che sembrano toccare maggiormente la nostra vita e mi prendo la libertà di considerarli brevemente, tralasciandone altri anch’essi molto importanti.

  • Cosa facciamo per la persona che amiamo? Non soltanto tutto ciò che è necessario, ma anche di più di ciò che si aspetterebbe!
  • Cosa facciamo per esprimere l’amore per i nostri figli? Non soltanto tutto ciò che è necessario, ma molto di più e anche a costo di tanti sacrifici!
  • Cosa facciamo per soddisfare i nostri hobby? Molto di più di quanto sia lecito, usando spesso tanto tempo e spendendo tanti soldi per soddisfare questo “amore”!

Credo che saremo d’accordo che questa è una concreta descrizione delle realtà che amiamo. Questo si può chiamare vero amore – e perfino passione –e riusciamo a farlo al meglio delle nostre capacità umane e intellettuali.

Ora ritorniamo alla domanda iniziale: “Ami tu Gesù?”. Chiediamoci cosa facciamo di concreto – al pari dell’esempio precedente – per soddisfare questo bisogno interiore che – secondo la Bibbia – dovrebbe occupare il primo posto della nostra vita.

Infatti Gesù disse:

Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me” (Mt 10:37).

Queste poche parole di Gesù ci richiamano ad una seria applicazione personale, perché, di fatto, sono in tanti coloro che le contraddicono con la loro vita e le considerano di fatto quasi come una pazzia irrealizzabile.

“Ami tu Gesù?”, è una domanda che dovrebbe coinvolgerci catturandoci e persino possedendoci nello spirito, perché diversamente è impossibile fare nostra la considerazione su Gesù che stiamo vedendo. In questo contesto è opportuno ricordare che uno dei comandamenti più conosciuti di Gesù credo che sia:

Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama” (Gv 14:21).

Ricordando queste parole di Gesù, lo stesso Giovanni scriverà alcuni anni più tardi:

… chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente completo. Da questo conosciamo che siamo in lui” (1 Gv 2:5).

Per una migliore comprensione del testo, dobbiamo considerare che osservare non significa semplicemente guardare (perché, in fondo, possiamo anche guardare senza vedere, Mt 13:13), ma guardare con attenzione, e farlo con lo scopo di agire verso l’oggetto della nostra osservazione, con un obiettivo da raggiungere. Mi piace pensare all’uso che facciamo del microscopio. Noi non guardiamo l’oggetto ingrandito privi d’interesse, ma lo osserviamo spinti da un profondo coinvolgimento che provocherà una o più reazioni.

L’ubbidienza rivela l’amore

Ora dovremmo chiederci come rispondiamo a questo comandamento del Signore, dal momento che non vediamo adempiere molti dei tanti comandamenti (“scomodi”!) di Gesù e che – sia ben chiaro – sono ben distinti dal semplice frequentare una riunione: c’è molto di più. Succede la stessa cosa quando una persona, un coniuge o un figlio, frequentano la stessa casa senza farne davvero parte, senza vero coinvolgimento e non sempre si capisce perché lo facciano (magari solo perché trovano del cibo pronto, dei vestiti puliti o quant’altro…).

Per quanto non piacerà sentirselo dire, questo modo di fare è frequente anche nelle chiese e molto di più di quanto si pensi!

Con una sola frase (espressa al Convegno Nazionale degli Anziani a Poggio Ubertini lo scorso mese di aprile), il fratello Giuliano Palma – uno dei tre relatori – ha messo in guardia contro comportamenti del genere: “La Chiesa NON si frequenta, si vive, come si fa nella casa dei genitori!”.

Giacomo, fratello di Gesù, ci esorta a non essere soltanto ascoltatori della Parola:

“… ricevete con dolcezza la parola che è stata piantata in voi, e che può salvare le anime vostre. Ma mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi. Perché, se uno è ascoltatore della parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia naturale in uno specchio; e quando si è guardato se ne va, e subito dimentica com’era” (Gm 1:21-24).

Certo che per ottenere il risultato auspicato dall’apostolo (ubbidire e vivere la Parola!), è necessario conoscerla a fondo e non accontentarsi soltanto di quel poco che di essa sentiamo in una riunione settimanale…

Quante volte abbiamo ascoltato queste esortazioni? Penso che qualcuno potrebbe esserne esasperato, sentirne la nausea, ma mi preoccupa ancora di più il pensiero di Dio, il quale ricorda per bocca del profeta Isaia, a quel popolo dal cuore e il collo induriti dalla superbia:

“Quando venite a presentarvi davanti a me, chi vi ha chiesto di contaminare i miei cortili? Smettete di portare offerte inutili; l’incenso io lo detesto; e quanto ai noviluni, ai sabati, al convocare riunioni, io non posso sopportare l’iniquità unita all’assemblea solenne. L’anima mia odia i vostri noviluni e le vostre feste stabilite; mi sono un peso che sono stanco di portare. Quando stendete le mani, distolgo gli occhi da voi; anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto; le vostre mani sono piene di sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male; imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova! «Poi venite, e discutiamo – dice il SIGNORE – anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana. Se siete disposti a ubbidire, mangerete i frutti migliori del paese»” (Is 1:12-19).

Sono parole di estrema durezza e c’è da chiedersi come le esprimerebbe il Signore Gesù alla Chiesa moderna.

Se ritorniamo alla domanda “Ami tu Gesù?”, non possiamo dimenticare che il Signore stesso la pose a Pietro; una domanda quanto mai necessaria in un momento così cruciale nella vita dell’apostolo, il quale aveva da poco rinnegato tre volte Gesù: erano passati pochi giorni dal fattaccio.

Quindi adesso non sarò più io a chiedere: “Ami tu Gesù?”, ma è Gesù stesso che pone la domanda, sulla quale faremmo bene a porre il nostro nome:

“Mi ami tu Pietro?”

Io, al posto di Gesù – dopo ciò che è successo – sarei stato molto severo, oppure non avrei più rivolto la parola a questo vigliacco, ma Gesù è Gesù e non ci tratta come meriteremmo. A nessuno di noi; e gloria a Dio che è così!

Nondimeno, osserviamo la dinamica di questa relazione, e capiremo un tantino di più che cosa significa amare per davvero.

La risposta dell’apostolo – che era ancora paralizzato dalla vergogna provocata dall’aver rinnegato il tanto amato Maestro – comportava l’ubbidienza all’ordine di Gesù: “Chi mi ama osserva i miei comandamenti”.

E questo, come abbiamo visto, è tutto da verificare.

Quando Pietro risponde affermativamente a Gesù, per ben tre volte, così come lo rinnegò tre volte. Gesù gli dà un ordine formulato in tre diversi modi (Gv 21:15-17):

  • “Pasci i miei agnelli”.
  • “Pastura le mie pecore”.
  • “Pasci le mie pecore”.

Come possiamo notare, la misericordia, la compassione e il perdono del Signore provocano la riabilitazione del peccatore, dandogli un incarico preciso che intende l’azione!

Si tratta di uno dei più importanti incontri con Gesù (il più importante prima del Grande Mandato); qui c’è un ordine che comporta l’ubbidienza al Donatore della vita e al Salvatore dalla morte. Con Gesù non ci sono mezzi termini: se sei suo, se gli appartieni, DEVI servire; un giorno non potrai dire: “Non avevo capito, non credevo ti rivolgessi anche a me!”. Se egli ha posto gli occhi su di te per salvarti, devi servire e anche molto attivamente; devi produrre frutti degni di ravvedimento, non giacere su di una poltrona ben imbottita, ma rispondere come fece il piccolo Samuele:

Parla, perché il tuo servo ascolta” (1Sa 3:10).

Se amiamo Gesù, egli merita molto di più della nostra semplice presenza ad ogni riunione.

Noi dovremmo ricordarci che siamo seduti in modo provvisorio, per poco tempo, e dovremmo di conseguenza partecipare ad ogni incontro con la consapevolezza che siamo dei missionari chiamati a vivere e a testimoniare l’amore per Gesù. senza dimenticare che le prime persone alle quali Dio ci manderà saranno il nostro vicino di casa, il nostro collega di lavoro, il nostro compagno di scuola, il nostro povero concittadino che non ha avuto il privilegio di incontrare il bel volto di Gesù, ma anche il “nostro” stesso gregge, verso il quale abbiamo tutti, senza eccezioni, il grande dovere di amare: “Pasci le mie pecore”. Ricordiamo l’esortazione di Paolo a Timoteo:

… e le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale a uomini fedeli, che siano capaci di insegnarle anche ad altri” (2Ti 2:2).

Questo significa che ogni membro di Chiesa dovrebbe discepolare un altro più giovane nella fede: essere impegnato nel compiacere Gesù nelle istruzioni ricevute (Mt 28:19, 20).

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi” (Gv 15:12).

Se riuscissimo ad adempiere questo comandamento come lo facciamo per il nostro coniuge, per i nostri figli e per il nostro hobby, saremo grandi davanti a Dio e a Gesù! Concludiamo con le parole di incoraggiamento che Paolo fece ai Corinzi, dopo averli parecchio ammoniti:

Io do, a questo proposito, un consiglio utile a voi che, dall’anno scorso, avete cominciato per primi non solo ad agire ma anche ad avere il desiderio di fare: fate ora in modo di portare a termine il vostro agire; come foste pronti nel volere, siate tali anche nel realizzarlo secondo le vostre possibilità” (2Co 8:10, 11).

Progredire è nell’indole dell’uomo! Fa parte della natura che gli è stata data, ma sotto l’aspetto spirituale questo principio ha una valenza di gran lunga più grande; la nostra salvezza ha un valore così grande che non possiamo permetterci di tenerla soltanto per noi: non siamo stati salvati con questo scopo!

Occupati di queste cose e dedicati interamente ad esse perché il tuo progresso sia manifesto a tutti. Bada a te stesso e all’insegnamento; persevera in queste cose perché, facendo così, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano” (1Ti 4:14-16).

“Ami tu Gesù?”: questa domanda è anche e soprattutto per noi!