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La vita cristiana è un cammino durante il quale dobbiamo prima scegliere e poi confermare con chi vogliamo camminare e come vogliamo camminare. Dalle nostre scelte dipenderanno la qualità della nostra vita e la conseguente valutazione di Dio. Ogni giorno dovremmo essere consapevoli che il Signore ci chiama a camminare avendo una buona coscienza, esprimendo azioni che siano in sintonia con la giustizia di Dio, alimentando la speranza per il nostro futuro e contemplando la gloria di Dio che per grazia un giorno sarà la nostra gloria.

Con chi e come camminare

“…non cessiamo di pregare per voi e di domandare che siate ricolmi della profonda conoscenza della volontà di Dio con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché camminiate in modo degno del Signore per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio” (Colossesi 1:9-10).

Jean Béliveau, canadese di Montreal, all’età di 45 anni decise di lasciare casa e famiglia e fare il giro del mondo. A piedi! Una storia davvero originale. Un’impresa non da ridere, e tanto più vera se si pensa al tempo compiuto per realizzarla: è infatti tornato a casa dopo 11 anni e all’età di 56. Il viaggio di Béliveau è iniziato dopo il fallimento della sua azienda di luci al neon e, nella sua camminata durata 11 anni, ha attraversato Stati Uniti, Messico, America Latina, Africa, Europa e Asia, percorrendo 31.000 km e utilizzando 53 paia di scarpe1.

Si racconta anche di una ragazza, partita all’età di 16 anni e che attraversò tutto il pianeta. Anche lei per compiere l’impresa impiegò 11 anni; infatti, tornò a casa all’età di 27 anni.

È stato detto che ogni persona nella vita media percorrerà quattro volte la circonferenza della terra. Senza dubbio ciò è veramente interessante, ma ciò che più conta nella vita non è quanto e dove si cammina, ma con chi e come si cammina. Perciò vogliamo vedere come è possibile camminare con fedeltà.

Paolo pregava perché i credenti della chiesa di Colosse fossero ricolmi di una profonda conoscenza della volontà di Dio, con ogni sapienza e intelligenza spirituale (v. 9).

Dio desidera rivelarci la sua volontà, anzi la sua profonda volontà e darci saggezza e intelligenza spirituale; lo scopo non è quello di soddisfare le nostre ambizioni; ma piuttosto quello di camminare in modo degno di lui e di piacergli in ogni cosa.

Nella Parola di Dio leggiamo di uomini che fecero del cammino con Dio uno scopo di vita, e una caratteristica di tutta la loro esistenza. Vedi ad esempio Noè. E che dire di Enoc! Non conobbe la morte, ma Dio lo rapì. Perché? L’autore della lettera agli Ebrei ricorda che “prima che fosse portato via ebbe la testimonianza di essere stato gradito a Dio” (Eb 11:5).

Quali sono le caratteristiche di chi cammina in modo degno del Signore? Vediamone almeno quattro.

Possiede una buona coscienza

Scrivendo a Timoteo, Paolo afferma che alcuni avevano rinunziato ad una buona coscienza, e così “naufragarono” nella fede (1Ti 1:19).

Non è sufficiente conoscere bene la Scrittura, avere una buona preparazione teologica e/o possedere la buona dottrina. È stato giustamente detto: “Si può essere sani nella conoscenza ma non possedere una buona coscienza”.

Ognuno di noi è esortato a vegliare su se stesso, perché il pericolo di mollare è sempre là in agguato. La vita oggi ci impone i suoi ritmi, i suoi criteri e i suoi valori, tantissime volte non corrispondenti a quelli che la Parola ci mette davanti. Perciò bisogna perseverare nelle cose che abbiamo imparate (2Ti 3:14).

Sovente i fratelli che conducono le chiese sono oberati da numerosissimi impegni di servizio. Bisogna sempre correre qua e là per svolgere visite pastorali, impegni evangelistici e altro ancora. Poi il lavoro, la predicazione della Parola, nella propria assemblea e anche in altre e le esigenze di famiglia: una vera lotta contro il tempo! Per tale ragione è sempre più complicato e difficile ritagliare un istante per raccogliersi nella meditazione della Parola e nella preghiera.

Un fratello, predicando, raccontava che la sua meditazione personale e preghiera, dato la mancanza di tempo, riusciva a farle solamente fermo al passaggio a livello o ai semafori!

È sempre possibile, per le ragioni appena dette, trascurare la vita nel segreto, nella propria “cameretta”, con la conseguente e triste perdita della pietà, davanti a Dio.

Paolo ci ammonisce (1Co 13) dicendo che è possibile predicare con tutta l’eloquenza degli uomini e degli angeli e tuttavia non essere nulla! Infatti, ciò che per Dio ha valore, e che avrà la sua ricompensa nella casa del Padre, è la vita di pietà, che sta all’origine di ogni servizio e ne costituisce la base.

Era nota al tempo di Gesù la condotta dei farisei: facevano tanto davanti agli uomini, e ci mettevano zelo e passione (vedi ad esempio Matteo 23:15) ma non curavano la vita di pietà davanti a Dio! Perciò Gesù disse: “Non li rassomigliate!”.

Paolo era a conoscenza di alcuni che avevano RINUNCIATO a una buona coscienza, e così avevano fatto naufragio quanto alla fede. Di se stesso, invece, dichiara di servire Dio in buona coscienza (2Ti 1:3).

Vediamo un altro aspetto importante sulla coscienza. “Essi, avendo perduto ogni sentimento, si sono abbandonati alla dissolutezza…” (Ef 4:19). Paolo si riferisce a una determinata categoria: i pagani, ma nello stesso tempo esorta noi a non comportarci più come loro! Un tempo ci comportavamo così, prima di conoscere Cristo, oggi però siamo ammaestrati alla sua scuola.

Supponiamo che un tale stia per commettere un peccato, e la sua coscienza urli: “Nooo!!”, ma egli non le dia ascolto e pecchi. Dopo un po’ di tempo si trova dinanzi ad un’altra occasione di peccato e di nuovo la coscienza grida: “Noo!”, ma non gli dà ascolto e pecca. Un’altra occasione ancora, e la coscienza dice: “No!”, niente, lui continua a peccare. E poi, ancora un’altra occasione, e un’altra ancora, e la coscienza pronuncia il suo “no”, ma silenzioso ormai. Troppe volte la coscienza ha detto “no” e non è stata ascoltata, alla prossima occasione di peccato la coscienza rinuncerà a gridare il suo “no”, poiché sa bene che non sarà ascoltata. È stata messa a tacere, con la conseguente perdita di ogni sentimento.

Di determinate persone è stato detto:

Quando suona il campanello
della loro coscienza, fingono
di non essere in casa2.

In effetti, la perdita di “ogni sentimento” è uno stadio a cui si giunge dopo aver finto per troppo tempo di “non essere in casa”, come recita l’aforisma citato sopra.

È stato giustamente detto: “Preoccupati più della tua coscienza che della reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te”3. Tanti cosiddetti cristiani hanno solo “l’apparenza della pietà…” (2Ti 3:5). La Parola del Signore ci invita a conservare la fede e una buona coscienza.

Comprende la giustizia di Dio

1Corinzi 1:30

Cos’è questa giustizia? Non è un’opera umana. L’apostolo Paolo affermò che sul piano dell’opera umana avrebbe avuto molto di che vantarsi
(Fl 3:4ss). Realizzò, invece, il bisogno della giustizia che si ha “mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede” (Fl 3:9), poiché tutta la sua giustizia era come un vestito sporco
(Is 64:6). L’esperienza sulla via di Damasco, infatti, lo condusse a prendere coscienza che aveva bisogno della grazia di Dio (At 22:16), quindi essere rivestito della giustizia di Cristo.

Ecco due aspetti della giustizia di Dio in Cristo.

1.La giustizia di Dio viene accordata solamente e interamente per mezzo della fede (Ro 1:17).

In una delle sue lettere alla mamma, Lutero scrisse: “Giorno e notte ho meditato e ho visto che il giusto vivrà per fede. Poi ho afferrato che la giustizia di Dio è quella giustizia che attraverso la grazia ci giustifica mediante la fede [in Cristo]. Mi sono sentito rinato e ho avuto le porte aperte in paradiso!”. L’uomo di Wittenberg aveva cercato, vivendo una vita “pura”, fino a quel momento di “placare Dio”, ma nonostante i suoi sforzi, i digiuni, nonostante le auto-mortificazioni della carne, la sua coscienza diventava sempre più pesante e la sua condizione spirituale non cambiava affatto. Solamente la fede fu la via di uscita dalla sua triste condizione: dalla sua distanza da Dio! “Dio ti salva per fede, tu vivi per fede, sei seduto in cielo per fede, muori per fede e sarai in cielo per fede”4.

Il giusto per la sua fede vivrà”. Questo significa che siamo giustificati per la fede; per la fede non siamo più sotto condanna; siamo liberi dalla schiavitù del peccato per la fede; siamo stati accolti da Dio per la fede; la nostra salvezza è certa per la fede. Lutero comprese che le sue opere e i suoi sforzi, anche se sinceri, non erano assolutamente sufficienti!

2.La morte di Cristo manifesta la giustizia di Dio (Ro 3:25-26).

Egli è giusto perché ha preteso che fosse scontata l’intera pena del peccato. Soltanto così egli può giustificare i peccatori: senza fingere di ignorare i loro peccati o scendere a compromessi con la propria giustizia, ma solamente in virtù del fatto che un perfetto Sostituto è morto e risuscitato.

Si racconta che delle pecore di un gregge, piuttosto numeroso, partorirono lo stesso giorno. Tra queste, una partorì un agnellino che morì subito dopo il parto; un’altra partorì, ma essa stessa morì durante il parto. Il pastore pensò bene di avvicinare l’agnellino orfano alla pecora che aveva perso il suo, ma non funzionò: dopo averlo annusato per bene lo respinse! Dopo vari tentativi, il pastore rifletté e ricorse a questa soluzione: scorticò l’agnellino morto, e con quella pelliccia ricoprì l’agnellino orfanello; quindi lo avvicinò alla pecora che, dopo averlo annusato, prese ad allattarlo come se fosse suo figlio.

Così si legge in Isaia 61:10: “… poiché egli mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto nel mantello della giustizia, come uno sposo che si adorna di un diadema, come una sposa che si adorna dei suoi gioielli”.

È così che Dio ci riceve. Oh, immensità dell’amore di Dio!

Conosce la propria speranza

Romani 15:13

Il Dio della speranza”. Qui abbiamo un titolo che Paolo attribuisce a Dio. Dio è la Rocca dei secoli, è il nostro rifugio nella tempesta: la nostra speranza è in lui!

Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quand’egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com’egli è” (1Gv 3:2).

La nostra vita qui su questa terra la viviamo nella grazia del Signore, ed essa cresce, con la grazia e la pace moltiplicate in noi, nella conoscenza… (2P 1:1) ; tuttavia non ancora abbiamo realizzato tutti i privilegi che questa grazia ci concede. La conoscenza che abbiamo oggi è parziale, ma verrà il momento in cui saremo come lui e, in quello stadio di perfezione, conosceremo appieno (cfr. 1Co 13:12).

Vederlo come egli è ci farà diventare come lui! Diventare come Gesù, oggi è un processo, un cammino (2Co 3:18), nel cielo saremo simili a lui in un istante (1Gv 3:2).

Le persone vivono “senza Dio nel mondo”, senza speranza. Le speranze degli uomini hanno come riferimento le cose terrene, uno spazio e un tempo dove tutto passa ed è limitato al tempo presente. La speranza del credente, invece, ha un riferimento celeste (cfr. Cl 1:5) al di là della morte. Le speranze terrene lasciano in balia del dubbio, la speranza celeste riempie il cuore di certezze, di pace e di gioia.

Questa speranza la teniamo come un’àncora dell’anima, sicura e ferma, che penetra oltre la cortina, dove Gesù è entrato per noi quale precursore, essendo diventato sommo sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec” (Eb 6:19-20).

La speranza del credente è paragonata all’àn-
cora di una nave; essa si àncora nel cielo “fin dentro la cortina”, nel cielo dove Cristo “è entrato come precursore per noi”. La roccia su cui l’àncora è afferrata è Cristo glorificato, la fede può essere paragonata alla corda che tiene l’àncora.

Dio ci ha dato una speranza basata sulla sua Parola, sulle sue promesse. Una “àncora dell’anima”, nelle tempeste e nelle prove di questa vita. Un’àncora non gettata nei mari e nelle sabbie mobili di questo mondo, ma afferrata saldamente nel santuario celeste, aggrappata, come dicevo sopra, alla Roccia che è Cristo. Perciò è certo che noi saremo là, nel cielo, dov’è la “nostra” àncora.

“… entrato per noi quale precursore”. Questa parola, “precursore” non compare altrove nel Nuovo Testamento. Nell’economia veterotestamentaria il sommo sacerdote entrava nel luogo santissimo come rappresentante. Entrava dove nessuno poteva seguirlo. Gesù, invece, è entrato nel santuario celeste, “fin dentro la cortina”, come nostro PRECURSORE. Questo vuol dire che dove è lui, là saremo noi.

Ci troviamo davanti ad uno dei brani del Nuovo Testamento più incisivi sulla certezza della salvezza.

Siamo, “in speranza, eredi della vita eterna” (Tito 3,7).

La grande speranza del credente è la venuta di Cristo per rapire i suoi e portarli nella casa dalle molte dimore.

Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me! Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi” (Gv 14:1-3).

L’apostolo Paolo su questo tema scrisse ai Filippesi e, in contrapposizione all’aspettativa di coloro la cui speranza è “la terra”, disse: “Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa” (Fl 3:20-21).

Dunque, il sostantivo “speranza”, nell’accezione biblica, non ha il significato vago di “desiderio” (è pure un desiderio) bensì di certezza. Noi speriamo in Dio che non può mentire (cfr. Tt 1:2) e che ha promesso la vita eterna a chi crede.

Conosce la sua gloria

Molti sono gli obiettivi che gli uomini rincorrono oggi: gioie passeggere, ricchezze, piaceri, ecc., ma il cuore dell’uomo non potrà mai essere appagato dal perseguimento di questi obiettivi. È impossibile! Noi che abbiamo creduto siamo, invece, partecipi di una nuova vita. Una vita che possiede altri valori, altri pensieri, altre aspirazioni, altri interessi, altri obiettivi da perseguire. La fede ci ha introdotto in una sfera completamente nuova: la percezione del Cristo vivente, perché risorto dai morti. Ciò è tutto! Egli è la nostra vita, egli è l’oggetto dei nostri pensieri e dei nostri interessi. Infatti, Paolo scrive: “Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio. Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra; poiché voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio” (Cl 3:1-3).

E ancora: “Ma ciò che per me era un guadagno, l’ho considerato come un danno, a causa di Cristo. Anzi, a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo” (Fl 3:7-8).

Ogni conversione è una rivoluzione, perché le cose che erano un guadagno diventano una perdita e quelle che erano una perdita diventano un guadagno. Essa ti capovolge e ti mette in una posizione totalmente differente. Questa è la conversione.

Paolo (Saulo da Tarso) era partito per una missione contro i cristiani e ora si trovava in una prigione a Roma.

La conversione di Paolo non è stata solo l’esperienza di un momento. La conversione, infatti, non è inginocchiarti da qualche parte, avere una visione, essere trasportato su certe “altezze” e… tutto è a posto. È, piuttosto, qualcosa che resta con te; non è una cosa di un momento, anche se accade in un determinato istante, è qualcosa che ti accompagna per tutta la vita.

Similmente la santificazione: non è il risultato dell’esperienza emotiva di una serata di testimonianze (riconosco la validità di certe riunioni), oppure dell’atmosfera creatosi in un campo biblico o ancora della riuscita di una iniziativa evangelistica. È, invece, un cammino quotidiano di dipendenza da Dio, da ricercare ogni giorno e accettare come “volontà di Dio”. Infatti sta scritto: “Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate…” (1Te 4:3).

Paolo affermò che, dal momento della sua conversione, lui viveva per Cristo; egli che aveva perso ogni cosa per amore di Cristo. Il Figlio di Dio ora occupava il primo posto nei suoi pensieri. Le cose che un tempo considerava come le più preziose, ora le considerava come spazzatura. Persino la sua religione: spazzatura! Persino tutte le cose che gli procuravano onore e fama: spazzatura! Egli cestina tutte le cose di cui si fidava: ora confida nel Signore Gesù, e solamente in lui!

Una persona disse: “Quando mi sono convertito, ho perso la mia religione”. E in effetti molta gente deve perdere la propria religione per trovare Gesù Cristo, come fece Paolo. Era stato così sconvolto nei suoi principi, nelle sue priorità, che quello che considerava essere la cosa più preziosa che aveva, andò a finire nel cassonetto della spazzatura!

Infine, conoscere la sua gloria significa essere trasformati dal suo Spirito per diventare come lui ci vuole. “E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione del Signore, che è lo Spirito” (2Co 3:18).

Come si può contemplare la sua gloria? Leggendo la Bibbia, la sua Parola.

A viso scoperto: senza più alcun ostacolo. I nostri peccati sono stati perdonati e non si frappongono più fra noi e il Signore.

Siamo trasformati nella sua stessa immagine: quanto più ci nutriamo di lui, meditando la sua Parola, più diventiamo come lui.

Di gloria in gloria: non all’improvviso o immediatamente, perché si tratta di un processo che avviene proseguendo nell’azione di contemplare lui. Ossia nutrendoci della Parola, veniamo trasformati ad immagine di Gesù. Non bisogna mai dire: “Ho finito di leggere la Bibbia”, sarebbe come asserire di non avere più bisogno di conoscere per crescere nella fede. Possiamo affermare di non avere più bisogno di mangiare?

Secondo lazione del Signore, che è Spirito: una trasformazione che opera lo Spirito Santo di Dio, la terza persona della Trinità, che abita in chiunque abbia creduto.

Uno scultore di talento fu visitato da un suo caro amico. Questi rimase incantato nell’ammirare le varie sculture depositate nel cortile della bottega dell’artista. In un angolo del cortile faceva bella mostra per terra un masso di marmo pregiato. Incuriosito, l’amico chiese cosa volesse scolpire con quel marmo. Lo scultore rispose: “Un leone, un bel leone sfoggiante tutta la sua gloria di re della foresta”. “Sei indubbiamente bravo – replicò l’amico – ma non credo, perdonami, che da quel marmo verrà fuori un leone!”.

Passò del tempo, e lo scultore mentre sta effettuando le ultime finiture alla sua scultura, ricevette nuovamente la visita dell’amico, tornato in città per ragioni di lavoro. Il lavoro elaborato dalle mani dello scultore mostrava un leone. L’amico guardò nell’angolo dove, tempo addietro, aveva visto riposto un masso di marmo e notò che il masso non c’era più.

Dove sarà mai finito? Tuttavia esitò a chiedere: “Mmhh, vuoi dirmi che questo leone lo hai scolpito da quel famoso marmo?”. “Sì!”, rispose lo scultore. “Ma come hai fatto? Dai, dimmelo!!”. Lo scultore rispose: “È stato semplice; molto semplice: ho tolto dal marmo tutto ciò che non era leone”.

È così che Dio vuole operare nella nostra vita, attraverso la sua Parola e il suo Spirito.

Conoscere Cristo deve essere la nostra più grande (e santa) ambizione, abbandonando tutto ciò che fino ad oggi ci ha distratto da lui. Tutto il nostro desiderio sia: conoscere la sua gloria! Camminiamo secondo il modello che abbiamo in Gesù.

Concludo tornando al “cammino” di Enoc. Quest’uomo era gradito a Dio. Cioè, Dio diceva di lui: “Mi piace!”. “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale”.

Paolo dice, in pratica, proprio questo: “La tua vita sia gradita a Dio”.

1 Giovedì 20 ottobre 2011, 15:18 in “Curiosità” di Massimiliano Bordignon.

2 Leo Longanesi.

3 Charlie Chaplin.

4 RC, Il libro più letto.