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Pentimento e riabilitazione

Da un grande uomo di Dio che ha vissuto una intensa relazione con lui, abbiamo un patrimonio poetico dal quale attingiamo una piccola parte: le parole del Salmo 51.

Questo Salmo di Davide riveste una grande importanza per noi, perché contiene molti insegnamenti. Mentre facciamo queste brevi osservazioni dobbiamo però considerare che stiamo trattando un brano dell’Antico Testamento, di conseguenza alcuni dei suoi principi non hanno per noi il valore di allora, in quanto hanno bisogno di essere “riletti” alla luce dell’opera e del sacrificio del nostro Salvatore. Dobbiamo anche tenere conto che le parole del Salmo sono il risultato del ravvedimento di Davide che era stato rimproverato dal profeta Natan, con lo scopo di aiutarlo a capire di aver peccato contro Dio. Ma di quale peccato si tratta esattamente? Qui non lo dice! Ma, prima di scoprirlo, è bene aprire una piccola parentesi sulla persona dell’autore.

Molti credenti della seconda generazione, quelli nati da genitori convertitisi da adulti, sanno, in linea di massima, quello che hanno imparato alla Scuola Domenicale sin da bambini. Conoscono l’atto eroico che Davide ha compiuto sconfiggendo Goliat; sanno che ha preso il posto del primo re d’Israele, Saul, dopo che Dio lo ha detronizzato per essere caduto nel peccato d’idolatria. È dalla sua discendenza che è venuto nel mondo il Messia promesso. Inoltre, le Scritture ci dicono che Davide è “l’uomo secondo il cuore di Dio” (1Sa 13:14). Davide è stato un uomo pieno di virtù sin da giovane, con capacità poetiche e musicali: per questo è stato definito “il dolce cantore d’Israele” (2Sa 23:1). Ma ha avuto pure capacità di condottiero e sovrano e, oltre a queste, ha ricevuto da Dio anche la capacità di amare persino i nemici, così per due volte risparmiò la vita a Saul e divenne amico di suo figlio Gionatan.

Tutti hanno peccato!

Eppure, anche questo uomo ha peccato, come egli stesso riconobbe: “Non c’è nessuno che faccia il bene, neppure uno” (Sl 53:3). Tutto questo, tradotto, vuol dire che non c’è nessuno fra gli umani che non abbia peccato, ad esclusione dell’Agnello di Dio: Gesù Cristo incarnato, assolutamente unico, e in grado di compiere un sacrificio per la salvezza dell’uomo, perfetto e definitivo. Arrivando al punto fondamentale di questo Salmo, il peccato di Davide non fu proprio una bagattella; piuttosto, oserei dire: fu uno strascico di peccati, come avviene talvolta a chi trascura l’importanza di una relazione intima con Dio. 

Ora, pur senza entrare in tutti i dettagli del racconto biblico, ricordiamo che un giorno quest’uomo stava godendo le glorie delle guerre vinte e si trastullava nella sua terrazza di casa (mentre il suo esercito continuava la guerra). In questa situazione di inattività, commise un adulterio con Bat-Sceba, la donna che più tardi gli avrebbe dato il figlio Salomone. Per nascondere questo già grave peccato, che aveva provocato la gravidanza di Bat-Sceba, cercò di far ricadere la propria colpa sull’innocente marito Uria, che era in battaglia con il suo esercito, ma non riuscendo nel suo inganno, per l’incredibile zelo di questo soldato (2Sa 11:6-17), Davide lo fece mandare al fronte dove più infuriava la battaglia (v. 15), in modo che fosse ucciso combattendo. 

Un peccato spesso ne provoca degli altri. 

Adultero, omicida: ciò nonostante, pare che Davide fosse del tutto tranquillo, prima che Dio comunicasse al profeta Natan questi fatti in modo che il profeta potesse renderlo consapevole della gravità delle sue colpe.

Presa di coscienza

“Il SIGNORE mandò Natan da Davide e Natan andò da lui e gli disse: “C’erano due uomini nella stessa città; uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva pecore e buoi in grandissimo numero; ma il povero non aveva nulla, se non una piccola agnellina che egli aveva comprata e allevata; gli era cresciuta in casa insieme ai figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Essa era per lui come una figlia. Un giorno arrivò un viaggiatore a casa dell’uomo ricco. Questi, risparmiando le sue pecore e i suoi buoi, non ne prese per preparare un pasto al viaggiatore che era capitato da lui; prese invece l’agnellina dell’uomo povero e la cucinò per colui che gli era venuto in casa”. Davide si adirò moltissimo contro quell’uomo e disse a Natan: «Com’è vero che il SIGNORE vive, colui che ha fatto questo merita la morte; e pagherà quattro volte il valore dell’agnellina, per aver fatto una cosa simile e non aver avuto pietà». Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell’uomo! (…) Tu hai fatto uccidere Uria, l’Ittita, hai preso per te sua moglie e hai ucciso lui con la spada dei figli di Ammon (…)». Allora Davide disse a Natan: “Ho peccato contro il Signore”. Natan rispose a Davide: “Il SIGNORE ha perdonato il tuo peccato; tu non morrai. Tuttavia, siccome facendo così tu hai dato ai nemici del SIGNORE ampia occasione di bestemmiare, il figlio che ti è nato dovrà morire”. Natan tornò a casa sua. Il SIGNORE colpì il bambino che la moglie di Uria aveva partorito a Davide, ed esso cadde gravemente ammalato” (2Sa 12:1-15). 

Davide cadde in una crisi profonda per il dolore prodotto da questa perdita ed ecco che proprio in questo momento di crisi compose il il Salmo 51: una preghiera che potremmo prendere come modello e che lo riabilitò completamente davanti a Dio. 

Davide non andò direttamente e spontaneamente da Dio, come si dovrebbe fare quando pecchiamo (speriamo davvero che lo facciamo!), ma fu Dio stesso a smascherare il suo peccato (come fece con Caino), mandandogli Natan per accusarlo.

Che cosa vuole farci capire questo fatto? Davide, dopo aver nascosto il suo peccato, imparò pagando un prezzo molto alto che non possiamo nascondere al Signore la nostra mano che ha peccato (come fanno i bambini quando ne compiono una delle loro). Dobbiamo essere noi a confessarlo subito al Signore, facendo richiesta di perdono, per ottenere il perdono sulla base della giustizia e della misericordia che procedono Dio. Certo, è opportuno ricordare che Davide non conosceva ancora il Signore come noi lo conosciamo, perché lo Spirito Santo non era ancora stato dato (Ez 11:9; 36:26) come promesso poi da Gesù (Gv 14:15-16:15). Cioè non avvertiva il peso del peccato come succede a noi.

Fu proprio nella peggiore crisi della sua vita, per la perdita di quel bambino che Davide compose un Salmo di rara bellezza, nelle cui parole leggiamo il suo sincero pentimento.

Richiesta di perdono

“Abbi pietà di me, o Dio, per la tua bontà; nella tua grande misericordia cancella i miei misfatti. Lavami da tutte le mie iniquità e purificami dal mio peccato; poiché riconosco le mie colpe, il mio peccato è sempre davanti a me” (Sl 51:1b-2).

Come ci sentiamo noi quando pecchiamo davanti al Signore? Non sono pochi quelli che lo fanno abusando della sua bontà e versando, come suol dirsi, “lacrime di coccodrillo”! Invece qui vediamo che le parole di Davide esprimono il più profondo senso di pentimento e di cordoglio, facendo totale affidamento sulla misericordia di Dio, aspetto del suo carattere che egli conosceva molto bene.

Consapevolezza del peccato

Il suo dolore è così profondo che non può più dormire a causa del peccato, che non lo fa più sentire libero di relazionarsi con Dio. Ha urgente bisogno di assicurarsi di avere ricevuto il Suo perdono.

“Ho peccato contro te, contro te solo, ho fatto ciò ch’è male agli occhi tuoi. Perciò sei giusto quando parli, e irreprensibile quando giudichi” (Sl 51:4): abbiamo già fatto al Signore una preghiera di questo genere quando abbiamo riconosciuto il nostro peccato? Siamo sempre capaci di riconoscere il nostro peccato? Siamo davvero consapevoli che Dio ci osserva dovunque e sempre?

Lo stesso Davide rispose a questa domanda:

“Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito, dove fuggirò dalla tua presenza? Se salgo in cielo tu vi sei; se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là. Se prendo le ali dell’alba e vado ad abitare all’estremità del mare, anche là mi condurrà la tua mano e mi afferrerà la tua destra. Se dico: «Certo le tenebre mi nasconderanno e la luce diventerà notte intorno a me», le tenebre stesse non possono nasconderti nulla e la notte per te è chiara come il giorno; le tenebre e la luce ti sono uguali” (Sl 139:7-12). 

Ecco la rivelazione straordinaria dell’onnipresenza e dell’onniveggenza di Dio, che costringe il peccatore – in ogni attimo di chiara lucidità – a riconoscere la propria debolezza: senza risparmiarsi nulla, come fece Davide.

“Ecco, io sono stato generato nell’iniquità, mia madre mi ha concepito nel peccato” (Sl 51:5). 

Davide non voleva certo dire che sua madre fosse una peccatrice accanita, o una poco di buono, ma voleva ricordare che il peccato compiuto dai progenitori di noi tutti in Eden, si è esteso come un virus a tutta l’umanità (peggio del Coronavirus non ancora debellato!) e ci avvolge come una piovra.

Ma qual è il pensiero di Dio per noi? Cosa desidera da noi?

“Ma tu desideri che la verità risieda nell’intimo: insegnami dunque la sapienza nel segreto del cuore. Purificami con issopo, e sarò puro; lavami, e sarò più bianco della neve” (Sl 51:6-7). 

Dio desidera che le nostre azioni siano la conseguenza della verità che ci è stata rivelata e che abbiamo riconosciuto in lui. Dobbiamo riconoscere questa fondamentale verità: non potremo mai nasconderci davanti a Dio! Dobbiamo perciò imparare a usare la sapienza che viene dalla sua Parola e che ci rende consapevoli che Dio ha già visto tutto e sa tutto, ma proprio tutto: anche quello che ci illudiamo di nascondere, come se Lui non esistesse.

Necessità della purificazione

Davide implora Dio di purificarlo, in modo da poter di nuovo avere accesso a lui, al Dio che lo aveva così tanto innalzato, promuovendolo da pastore di pecore a re d’Israele: “Fammi di nuovo udire canti di gioia e letizia, ed esulteranno quelle ossa che hai spezzate. Distogli lo sguardo dai miei peccati, e cancella tutte le mie colpe. O Dio, crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non togliermi il tuo Santo Spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza e uno spirito volenteroso mi sostenga” (Sl 51:8-12). 

Le parole di Davide esprimono la realtà del proprio ravvedimento e il desiderio commovente di essere purificato. Egli aveva conosciuto la ricchezza dell’essere stato un uomo tanto apprezzato da Dio e ora gli chiede di non togliergli lo Spirito come aveva fatto con Saul quando quest’ultimo aveva peccato di idolatria.

Questo non potrà mai succedere a noi – se davvero siamo convertiti – perché lo Spirito Santo viene a vivere in noi e non più su di noi come a quel tempo!

Davide prova poi un forte desiderio di ritornare a servire il Signore ed è quello che succede, attraverso la consacrazione, a tutti i sinceri pentiti, una volta certi di aver ottenuto il perdono divino. 

Consacrazione 

“Insegnerò le tue vie ai colpevoli, e i peccatori si convertiranno a te. Liberami dal sangue versato, o Dio, Dio della mia salvezza, e la mia lingua celebrerà la tua giustizia. Signore, apri tu le mie labbra, e la mia bocca proclamerà la tua lode” (Sl 51:13-15). 

Che parole straordinarie!

Chi ha ricevuto la pace del Signore per davvero, desidera servirlo, affinché altri possano venire alla stupenda conoscenza di Dio, scoprendo la sua luce meravigliosa. Dopo essere caduto nel peccato, il credente ha bisogno che il suo spirito sia liberato dalle catene che con cui si è legato da solo, per poter tornare ad esprimere la gioia di appartenere al Signore di poter di nuovo testimoniare il suo amore.

Ritrovata questa condizione di pace con Dio, Davide riconobbe tutto il resto come privo di valore: “Tu infatti non desideri sacrifici, altrimenti li offrirei, né gradisci olocausto. Il sacrificio gradito a Dio è uno spirito afflitto; tu, Dio, non disprezzi un cuore abbattuto e umiliato” (Sl 51:16-17). 

Ecco l’atteggiamento fondamentale di ogni consacrazione:

“Un cuore puro davanti a Dio è il sacrificio che Egli gradisce”.

Intercessione 

Davide concluse il suo canto per mezzo dell’intercessione, come soltanto lui poteva fare. Chi conosce la sua storia sa bene quanto il suo nome fosse legato al popolo di Israele, quanto egli avesse dedicato tutte le sue forze per onorare Dio attraverso questo popolo ribelle e per niente facile da governare. Così le ultime parole di questa preghiera non ci presentano più un uomo che sta pensando a sé stesso, ma un uomo che, dopo essersi sentito riabilitato da Dio, rimise ancora l’intera nazione al primo posto, un posto che le spettava per la promessa fatta ad Abraamo e lo fece – potremmo dire – come un anziano o pastore dovrebbe fare con la Chiesa che gli è stata affidata: “Fa’ del bene a Sion, nella tua grazia; edifica le mura di Gerusalemme” (Sl 51:18).  Mi si conceda di parafrasare un pensiero: “Quelle mura che hanno corso il rischio di crollare a causa del mio peccato!”.

Infatti nella sua condizione di peccato Davide aveva messo in grave pericolo tutto il popolo, perché a causa sua Dio non avrebbe più potuto benedire Israele, come era accaduto durante il peccato con Bat-Sceba, quando il suo esercito uscì sconfitto in battaglia. 

Rimozione dell’interdetto

Alla fine del canto, Davide riconobbe l’urgenza di ottenere la riabilitazione di Dio, come succede quando è presente l’interdetto nella Chiesa. Soltanto quando esprimeremo, come fece Davide, il desiderio di essere liberati da una triste realtà di peccato che ostacola il nostro cammino, potremo conoscere il perdono totale: “Allora gradirai sacrifici di giustizia, olocausti e vittime arse per intero; allora si offriranno tori sul tuo altare” (Sl 51:19).

Dopo il ripristino della sua relazione col Signore, anche il sacrificio è gradito da Dio. Ora che l’interdetto è stato tolto, tutto è possibile. Ora Davide è nelle condizioni di purezza iniziali nelle quali tutti noi vorremmo e dovremmo essere. E questo perché con Dio non c’è peccato che non possa essere perdonato; infatti, se siamo pronti ad ammettere con sincerità le nostre debolezze e le cadute, egli è pronto a perdonare ogni colpa.

Ho accennato brevemente alle tante virtù di Davide, ma su di lui potremmo parlare molto a lungo; infatti il suo nome è quello citato più nelle Scritture (1102 volte) dopo quello di Dio e del Signore Gesù.

Una delle cose che colpisce di più della sua personalità è la capacità di amare, come non troviamo in altri che in Gesù: la sofferenza da lui provata per la morte di Saul, nonostante questi avesse cercato di ucciderlo più volte, è una delle tante prove commoventi. Ma una cosa che colpisce un lettore più attento è che il nome di Uria l’Ittita, marito di Bat-Sceba, compare nell’elenco dei 37 eroi dell’esercito d’Israele (1Sa 23:39) e, se indaghiamo più a fondo, scoprireremo che questo lo volle Davide!

Conclusione

In conclusione, quali lezioni possiamo trarre da questa vicenda e da questo Salmo

Se abbiamo peccato e lo Spirito Santo ce lo attesta attraverso la Parola, dobbiamo avere il coraggio e l’onestà di non nasconderlo come se non fossimo nati di nuovo.

Dobbiamo anche avere il coraggio di confessarlo a Dio, al fine di ottenere il perdono.

Mi ritorna in mente un aneddoto di molti anni fa. Un missionario svizzero, un grande uomo di Dio, Hans Magany (Giovanni) frequentava l’Italia ed ebbi il privilegio di conoscerlo ed essere suo amico (ora, dopo oltre novant’anni di vita, è da tempo alla presenza del Signore). Un giorno mi disse, a proposito del peccato, che Satana è sempre davanti a Dio per accusarci (Ap 12:10). In uno di questi casi, si presentò davanti a Dio e gli disse in atteggiamento di beffarda sfida e già assaporando il gusto della vittoria: “Hai visto quante ne ha combinate oggi Giovanni?”. Ma il Signore gli rispose: “Arrivi troppo tardi: Giovanni mi ha già chiesto perdono subito dopo aver peccato!”. Fine della discussione!

Questo fatto ci dimostra ancora in modo piuttosto lampante che il Signore è sempre pronto a riabilitarci perché vuole che siamo pietre viventi, da usare alla sua gloria.

Soltanto cosi – pur con tutti i nostri limiti – potremo essere uomini e donne “secondo il cuore di Dio”, proprio come Davide.