Ricordo con riconoscenza e commozione le tante occasioni che ho vissuto in passato e nelle quali, dopo l’ascolto della Parola di Dio, vi era uno spontaneo tempo di preghiera da parte dei presenti: preghiere di ringraziamento per la Parola, ma anche preghiere attraverso la quali i pensieri scaturiti da un cuore sensibile e compunto salivano fino alle labbra per essere pubblicamente espressi. Sono stati per me momenti preziosi, dai quali ho imparato quanto sia importante vivere un tempo di silenzio e preghiera per interiorizzare ulteriormente, attraverso una riflessione personale, le parole ascoltate da parte del Signore. Oltre alla riflessione silenziosa e alla preghiera mi è stato di grande incoraggiamento ascoltare a volte la testimonianza di chi, a seguito del messaggio udito, riconosceva di non aver vissuto in modo tale da piacere a Dio ed esprimeva il desiderio di rinnovare, sotto la sua guida, il proprio cammino nel servizio e nella santificazione.
Nella Scrittura troviamo diversi esempi di come all’ascolto della Parola abbia fatto seguito una reazione provocata da una profonda riflessione interiore. “Tutto il popolo piangeva ascoltando le parole della legge” (Ne 8:9): la consapevolezza, ricevuta attraverso la Parola, dei peccati commessi e delle proprie colpe aveva provocato dei profondi sentimenti di tristezza espressi fino al pianto. La stessa reazione ebbe il giovane re Giosia dopo aver ascoltato la lettura della Parola che il Signore aveva permesso che fosse ritrovata durante i lavori di ristrutturazione del tempio: “si stracciò le vesti dopo aver ascoltato la parola del Signore” (2Cr 34:19).
E che dire delle tremila persone che, dopo aver ascoltato la lunga predicazione di Pietro e il primo annuncio pubblico dell’Evangelo, “furono compunte nel cuore” (At 2:37)? Cioè il loro cuore fu come trafitto e tormentato davanti all’evidenza delle proprie colpe. Mosse da un sincero pentimento, si fecero avanti per chiedere a Pietro: “Che dobbiamo fare?”, cioè: come possiamo applicare alla nostra vita quanto abbiamo ascoltato?
Preghiera, silenzio, riflessione e desiderio di vivere concretamente gli avvertimenti e gli insegnamenti ricevuti dal Signore: questo è quanto ci viene richiesto e indicato dalla Parola: “Fa’ silenzio e ascolta, Israele” (De 27:9); “Sta’ in silenzio davanti al Signore e aspettalo” (Sl 37:7); “Ogni creatura faccia silenzio in presenza del Signore” (Za 3:13).
Queste parole ci ricordano come il silenzio e la preghiera, dopo l’ascolto della Parola e dopo aver realizzato la presenza del Signore, favoriscano un suo ulteriore messaggio intimo e personale. È nel silenzio che dobbiamo attendere di vederlo operare ancora in noi, per il nostro bene e per la sua gloria.
Davanti a tutto questo, non posso non esprimere la tristezza che ho provato in diverse occasioni vedendo come, a conclusione di un messaggio anche efficace e compungente, si sia subito passati ad altro oppure ci si sia lasciati andare ad applausi, rivolti probabilmente più al predicatore che ai contenuti del messaggio, ma in entrambi i casi decisamente inopportuni. Agendo in questo modo si è perso il necessario momento di riflessione, offrendo al Nemico l’opportunità di distrarci e di portare via quello che è stato seminato, come fecero gli uccelli della parabola del seminatore. I nostri pensieri dovrebbero essere concentrati su quanto ascoltato, invece finiscono per essere trascinati altrove, ad altri argomenti, oppure per essere cancellati dal rumore degli applausi.
Dopo che abbiamo ascoltato la Parola, evitiamo ogni distrazione e riflettiamo in modo tale che, dopo averci già parlato, il Signore possa parlarci ancora.



