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“Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è grande, ma pochi sono gli operai. Pregate dunque il Signore della messe che mandi degli operai nella sua messe»”

            Matteo 9:35-38

Anime bisognose

Un giovane vive nella completa solitudine. Non ha amici. Non è amabile. Il suo carattere non attira l’attenzione dei suoi coetanei. Troppo complesso e introverso. Chi potrà capirlo?

Una donna di mezza età si converte al Signore. All’inizio del suo cammino di fede le sorelle e i fratelli della chiesa la circondano d’affetto e di attenzioni. Passano soli pochi anni e la “povera” donna si ritrova ad essere sola, immersa nei suoi problemi: un marito dal carattere difficile e scontroso, il pensiero opprimente che la sola fede nel Signore possa non bastare più. C’è qualcuno che prenderà a cuore la sua storia?

Un uomo sposato viene abbandonato da sua moglie. Il mondo gli è crollato addosso. I suoi nervi sono a pezzi. Chi lo consolerà?

Tre brevi storie che aprono uno scenario immenso, incalcolabile. Ti fermi a pensare e presto scopri con un velo di tristezza che il mondo è pieno di storie simili a queste. Mentre rifletti su queste cose, i tre casi menzionati, improvvisamente, sembrano moltiplicarsi a dismisura.

Viviamo in una cultura popolata da anime bisognose: poveri, gente che ha subito abusi di ogni genere, sofferenti e malati, persone emotivamente fragili e mentalmente disturbate, delusi, disperati.

“Ok! – potrebbe ribattere un ipotetico interlocutore – Cosa posso farci? Di sicuro non posso accollarmi il peso di tutto il mondo!”.

È vero! C’è qualcuno che ha già fatto questo e non è stato certamente un uomo, ma il Signore Gesù attraverso la croce. E se ti dicessi che il Signore vuole che tu vada oltre i limiti d’amore che hai fissato verso il tuo prossimo perché questo è lo scopo primario per cui Egli ti lascia ancora quaggiù, come si metterebbero le cose? Saresti disposto a spostare i “paletti” che inopportunamente hai stabilito per mostrare più attenzione ai bisogni di un mondo perduto e sofferente?

Sintesi evangeliche

Il Vangelo di Matteo presenta al suo interno tre splendide sintesi riguardanti il ministero di Gesù in Galilea: Matteo 4:23-25; 9:35-38 e 15:29-31.

Le sintesi sono sempre molto utili. Ci fanno considerare un preciso disegno che va da una veduta generale ad una particolare. Mettono a fuoco il servizio di Gesù Cristo.

In Matteo 4:23-25 e 15:29-31 l’enfasi viene posta soprattutto sulle persone raggiunte dal servizio del Figlio di Dio e sulla estensione del suo ministero. Ci viene detto che Gesù insegnava e guariva i malati di ogni tipo. La sua fama cresceva sempre di più. Le folle lo seguivano stupite.

La sintesi contenuta in Matteo 9:35-38 ci dice qualcosa in più. L’evangelista sembra voler condurre il lettore a comprendere ciò che realmente spingeva il Signore a prodigarsi con intensità per il prossimo. In parole povere, in questo passo evangelico emerge in tutta la sua bellezza la forza del ministero di Gesù, ovvero la sua straordinaria e, per certi versi, incomprensibile compassione.

L’efficacia di tale sintesi sta proprio nell’esaltazione dell’amore del Figlio di Dio.

La visione di Gesù Cristo

Il passo in questione ci fa entrare nelle stanze segrete del Signore Gesù. Egli ci rende partecipi dei suoi sentimenti più profondi. Ci presenta un modello d’amore ineguagliabile. Il genere di compassione espressa dal Figlio di Dio per le folle è il frutto di ore e ore passate in preghiera.

È interessante considerare ciò che il Signore vedeva nella gente e come si poneva nei loro confronti:

“Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”.

Il suo sguardo era sulla gente. Egli riusciva a percepire e a capire qualunque sofferenza, disturbo o disagio. Gli studiosi ci fanno sapere che l’espressione “… ne ebbe compassione” implica una reazione di tipo viscerale. Gesù vede le folle e succede qualcosa in lui, prima che negli altri. Manifesta un genere di attenzione, di amore e di premura per i bisogni altrui che lo scuote fin nel profondo del cuore.

Il senso di chi mostra compassione è questo: piegarsi verso chi si trova in una condizione di bisogno disperato.

Il compassionevole è colui che si fa carico delle miserie altrui, sopportandole.

È esattamente ciò che faceva il Signore. Aveva compassione a motivo dello stato spirituale delle folle:

“… erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore”.

Ogni singolo individuo appartenente a quelle folle si trovava in una condizione di necessità. Ma c’è di più. Gesù Cristo aveva il potere e la grazia di controllare e cambiare la storia di chi gli stava di fronte.

L’espressione “ne ebbe compassione”, dunque, offre una speranza concreta a chi riconosce di non avere una speranza.

In precedenza, infatti, il Signore aveva elogiato tali persone con una dichiarazione molto forte:

“Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli”

(Mt 5:3)

Se sei stanco e sfinito, se hai perso il tuo orientamento, se ti senti oppresso, solo e abbandonato da tutti, allora ti trovi nella condizione di chi è povero in spirito, sei nella posizione di chi può incrociare lo sguardo compassionevole del Dio incarnato.

Ho spesso verificato – sia personalmente, sia in diversi colloqui pastorali – che la soluzione di certe questioni difficili riguardanti la sfera delle emozioni e delle relazioni avviene solo quando la persona riesce a percepire spiritualmente lo sguardo misericordioso di Gesù. In quel preciso istante l’incompreso avvertirà forte nella sua anima che c’è qualcuno che può finalmente comprenderlo.

Non è suggestione, ma è Dio che opera in modo tangibile e amorevole.

La visione di Gesù Cristo, dunque, si concentra particolarmente verso quelli che sono stanchi e sfiniti. In realtà, dal punto di vista spirituale, tutti gli esseri umani si trovano nella oggettiva condizione di chi ha bisogno d’aiuto, ma non tutti se ne rendono conto e questo è un problema.

Per questa ragione la Scrittura dichiara:

“… Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, perché nessuno si vanti di fronte a Dio”

(1Co 1:27-29)

Gesù lodava il Padre per aver nascosto le verità divine ai sapienti e agli intelligenti e per averle rivelate ai piccoli.

Aveva un’attenzione particolare per quelli che non avevano forze:

“Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo”

(Mt 11:25, 28)

Ma allora qual è il valore di un’anima?

Bella domanda!

Il Salmo 49:7-9 ci dice che una sola anima ha per Dio un valore immenso:

“… nessun uomo può riscattare il fratello, né pagare a Dio il prezzo del suo riscatto. Il riscatto dell’anima sua è troppo alto e il denaro sarà sempre insufficiente, perché essa viva in eterno ed eviti di vedere la tomba”.

Il valore di una singola anima è altissimo. Il potere umano non è in grado di riscattare nessuno e neppure il denaro può farlo, come a dire:

“Niente e nessuno potranno salvare spiritualmente un’altra persona!”.

Ma il Pastore può riscattare gli stanchi e gli sfiniti. La compassione che scaturisce verso il bisogno delle folle e delle singole anime mette a fuoco in modo eccellente la visione di Gesù Cristo.

La stessa, mirabile, compassione la troviamo esplicitamente illustrata nelle tre parabole contenute in Luca 15: la pecora smarrita che viene ritrovata, la dramma perduta che viene anch’essa ritrovata e il figlio prodigo che ritorna da suo padre. Nella parabola del figlio prodigo la compassione di Gesù Cristo emerge in modo palpabile dall’atteggiamento e dai comportamenti di quel padre che vede tornare a sé il figlio ribelle:

“… mentre egli era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò”

(Lu 15:20)

Questa è la visione di Gesù Cristo! Ma non è tutto. C’è qualcosa che rende ancor più preziosa l’incomprensibile compassione del Figlio di Dio.

La squadra del Maestro

Negli sport di squadra per essere competitivi è necessario che il gruppo sia compatto nel raggiungere determinati obiettivi. La squadra vincente è fatta da gente unita nel seguire le indicazioni del suo coach (allenatore). La sintesi fatta dall’evangelista ci mostra il Maestro intento a mettere su la sua squadra per quella che può essere definita “la competizione più importante”.

La posta in gioco è alta. In palio non c’è un titolo, un trofeo o un cospicuo premio in denaro, ma la salvezza e il benessere spirituale delle anime. Per realizzare questo glorioso obiettivo il Signore ha voluto che i discepoli lavorassero con lui in squadra.

I suoi “schemi” vengono assimilati al meglio attraverso la preghiera responsabile:

“… allora disse ai suoi discepoli: «La messe è grande, ma pochi sono gli operai. Pregate dunque il Signore della messe che mandi degli operai nella sua messe»” (v. 38).

In questa comunione di intenti, d’amore e di preghiera i discepoli del Salvatore impareranno a conoscere un po’ di quella compassione unica e speciale che motivava il ministero di Gesù.

In altri termini, la visione del Signore viene trasmessa ai discepoli e a noi.

E noi, saremo sufficientemente diligenti nell’imparare la compassione, l’amore viscerale, quella empatia che ci porterà a familiarizzare e a simpatizzare con i problemi e le miserie del nostro prossimo? Subito dopo, il Signore mandò “in campo” i suoi discepoli per il compito più importante: l’opera missionaria (cfr. Mt 10:1-42). Questo è il fine ultimo della visione di Gesù Cristo per noi.

Riassumendo: affermiamo che il senso di questo passo del Vangelo consiste nella forza persuasiva dell’amore compassionevole del Figlio di Dio per le anime, un amore che arriva ai perduti e ai bisognosi, ma consiste anche nella condivisione, affinché l’amore venga vissuto intensamente nella vita di quelli che hanno scelto di seguirlo.

Osservazioni finali

Era il 1970 quando il filosofo cristiano Francis Schaeffer fece una dichiarazione che si dimostrò ancor più vera nei decenni successivi: viviamo

“… in mezzo ad una cultura sradicata … da Dio e dalla rivelazione, ma anche dalla ragione”.

I tempi che stiamo vivendo sono difficili. Mancano i punti di riferimento e i valori spirituali e morali che nel passato frenavano il dilagare del male.

Solo qualche anno prima (era il 1963) lo psichiatra cristiano Paul Tournier fece una descrizione accurata dei cambiamenti sociali del suo tempo. La sua analisi è attuale, visionaria:

I grandi flagelli epidemici: colera, peste, vaiolo, febbre puerperale erano il terrore dei secoli passati. In questo campo, e cito solamente alcuni esempi tipici, il successo della medicina è veramente trionfale. Sventuratamente un nuovo spettro minaccia oggi l’umanità, ed è quello del suo stato nervoso. Il numero delle piccole psicopatie, dei disturbi funzionali, delle nevrosi e delle psicosi è aumentato da un secolo con una proporzione catastrofica”.

 

Un’analisi terribile, ma Gesù

“… vedendo le folle, ne ebbe compassione …”.

I tempi cambiano, peggiorano, ma il Signore non cambia. Egli è l’immutabile. Il suo amore compassionevole raggiunge tutti: dall’incredulo più ribelle al credente provato dal dolore e dalle infermità.

Gesù Cristo, dunque, saprà capire le emozioni di quel giovane che vive solo e che non è amabile. Prenderà a cuore la storia di quella donna di mezza età con tanti problemi e un’infinità di pensieri oppressivi. Consolerà, misteriosamente e in modo soprannaturale, l’uomo sposato che è stato abbandonato dalla moglie. Nessun problema, di qualsiasi natura, potrà fermare, rallentare o offuscare l’amore viscerale del Signore per le anime. Per Gesù, una sola anima ha un valore immenso.

L’uomo della parabola che lasciò le novantanove pecore per andare dietro a quella perduta, dopo averla ritrovata

“… se la mette sulle spalle; e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora perduta»”

 (Cfr. Lu 15:1-7).

Riesci a vedere quanto vale un’anima per Gesù?