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Introduzione


Tutto iniziò un giorno di metà settembre 2015, quando avevo 35 anni. Una mattina mi svegliai con un fortissimo dolore al braccio destro e il giorno dopo, mentre mi lavavo, mi accorsi di avere una pallina abbastanza grande sotto l’ascella destra. Mi recai dal mio medico curante per farmi visitare. Iniziai la terapia per attenuare l’infiammazione, ma il giorno dopo iniziò anche la febbre, per una settimana o poco più provai ogni tipo di antibiotico ma senza alcun risultato. Io che non avevo quasi mai avuto febbre prima di allora, avevo costantemente giorno e notte la febbre alta ed eccessive sudorazioni notturne alle quali si aggiunse un nuovo gonfiore sotto la clavicola destra. Iniziai una girandola di medicinali, pronto soccorso, esami, ecografie; infine il medico decise che era meglio andare a Nuoro per farmi visitare dall’ematologo per un sospetto linfoma. Chiamai Samuele (mio marito) che era al lavoro e partimmo subito.

Mentre mi preparavo, mio fratello Fabrizio mi disse che il medico sospettava un linfoma. Mi sono subito ricordata che, poche settimane prima, proprio in quel punto dove adesso parlavo con lui, il Signore mi aveva fatto pensare che, per incoraggiare i miei familiari non ancora credenti di avvicinarsi a lui, avrebbe potuto permettere qualsiasi cosa nella mia vita. Al pronto soccorso di Nuoro mi accolsero e mi portarono nel reparto di Ematologia. Un dottore mi visitò, mi fece tante domande e mi disse che senza una biopsia per appurare di cosa effettivamente si trattasse, non poteva farmi niente.

Il mio primo ricovero

Grazie al Signore, mai in vita mia prima di quel momento ero stata ricoverata. I medici si occuparono subito di me, seguirono giorni di febbre, di flebo e di ecografie continue perché i linfonodi erano ingrossati in tutto il corpo. Sudavo in continuazione. Nel frattempo il reparto di chirurgia mi chiamò per fare la biopsia, che spedirono a Torino  per l’esame istologico. I giorni trascorsero senza che la febbre cessasse e io iniziai ad indebolirmi sempre di più. Dopo circa dieci giorni arrivò l’esito: tumore, più precisamente un linfoma non Hodgkin anaplastico (un linfoma estremamente raro ed aggressivo).

La mattina seguente mi sentii male, ebbi un’emorragia, dalla gastroscopia e dalla colonscopia risultarono ulcere nell’intestino causate dal Linfoma, che aveva interessato anche l’apparato digerente. Mi mi fecero l’aspirato midollare per valutare lo stato del midollo e risultò che anch’esso era stato “colpito” dalla malattia. Notarono una macchia sulla pelle, un dermatologo la asportò e confermò che il linfoma aveva interessato anche la cute.

Inizia la chemioterapia e mi trasferirono in isolamento. Mio marito, un grande dono di Dio, era sempre accanto a me. Subentrò in quei giorni una infezione potenzialmente letale ai polmoni, la “Klebsiella”. La prognosi era riservata, furono giorni molto critici, io non ricordo molto, ma quei giorni mi furono poi raccontati da Samuele e dal personale ospedaliero.

Trascorsi vari mesi chiusa in isolamento, non riuscivo a muovermi e persi tutte le forze delle braccia e soprattutto delle gambe. Non potevo mangiare niente per le ulcere e la continua emorragia all’intestino; in poche settimane persi oltre 20 kg. Le ulcere non riuscivano a cicatrizzarsi neanche con il digiuno. Respiravo sempre attaccata all’ossigeno ed avevo la saturazione sempre molto bassa. Una mattina i medici notarono un gonfiore all’occhio sinistro; l’ennesima risonanza confermò il loro sospetto: il linfoma aveva raggiunto il sistema nervoso centrale e la chiusura dell’occhio ne era un sintomo. Da quel momento, il primario iniziò a praticarmi quasi ogni giorno la rachicentesi medicata, una puntura lombare che è l’unico modo per poter controllare lo stato del liquor e contemporaneamente far superare alla chemioterapia la barriera del sistema nervoso centrale per poterlo curare. Iniziarono anche a praticarmi la chemio con dosi circa cento volte superiori al normale.

Mai abbandonata da Dio!

Avevo continuamente nausea e l’occhio sinistro era sempre chiuso mentre dall’altro vedevo doppio, ma sapevo che il Signore era sempre accanto a me e mi dava la forza ogni giorno. Non riuscivo a leggere ma potevo pregare e ogni volta Dio mi dava serenità. Samuele mi leggeva la Parola o mi faceva ascoltare i messaggi della domenica, ma non riuscivo a seguirli, perché mi addormentavo sempre a causa delle terapie e della debolezza.

Il Signore mi ha sempre dato la forza di pregarlo e ringraziarlo per il suo amore e per il suo sostegno, non mi ha permesso mai di dubitare, mi ha sempre dato una serenità che a parole non riesco a descrivere, mi ha permesso di essere sempre sorridente, mi ha circondato di amore e mi ha messo accanto, sia a livello familiare e di fratellanza che di personale medico, persone meravigliose. Avevo sempre in stanza sia la Bibbia che il libro delle meditazioni giornaliere, anche se onestamente non riuscivo a leggere, ma comunque erano sempre lì e grazie al Signore sono stati di conforto per varie persone; in particolare ricordo che una mattina un’infermiera si sedette accanto a me chiedendomi se poteva leggerlo e quando terminò, le sue parole furono: “Mi ha rigenerato e cambiato la giornata”. In tanti mesi il Signore mi ha dato modo tante volte di parlare di lui alle persone.

Una sera mentre eravamo in stanza come sempre, entrò il primario e ci disse che dal prelievo del liquor risultavano zero cellule malate, ovvero la malattia era regredita e non vi erano cellule malate nel sistema nervoso centrale. Una gioia immensa! Grazie al Signore anche l’infezione da Klebsiella fu debellata. Iniziò a venire la fisioterapista, per insegnarmi a mettermi seduta nel letto, ma ci riuscivo solo per pochi minuti perché non avevo più equilibrio. Provò a farmi poggiare i piedi per terra, ma le gambe non reggevano; con pazienza iniziai a muovere i primi passi con il deambulatore, con l’aiuto di Samuele e della fisioterapista: ero felicissima come una bambina, anche se si trattava di pochi passi.

Dall’ennesima colonscopia, grazie al Signore, risultò che avevo “l’intestino di una persona sana”. Dopo ciò la nutrizionista iniziò a farmi assumere del thè e intanto aumentavano anche il numero dei passi che riuscivo a fare. Ricordo che per la prima volta uscii dalla stanza e andai nel corridoio: ero molto emozionata, perché i medici e gli infermieri gioivano nel vedermi in piedi e perché io quel corridoio non l’avevo mai percorso, se non in barella. Iniziarono ad integrare la mia alimentazione per abituare lo stomaco gradualmente, ma la paura era tanta perché le ulcere avrebbero potuto riaprirsi. Ogni giorno dovevo bendare in maniera alternata gli occhi in maniera da sollecitare la riapertura dell’occhio sinistro e pian piano il Signore mi permise di vedere miglioramenti anche in questo. Vedevo sì doppio, ma l’occhio pian piano si stava riaprendo, quindi questo era un ottimo segno a livello neurologico.

Il 12 gennaio 2016 mi dimisero per la prima volta dall’ospedale anche se dopo sei giorni sarei dovuta ritornare. Eravamo preoccupati, ma allo stesso tempo ero felice di poter uscire. Ero esausta e senza forza, ma finalmente ero nella nostra casetta. Siamo rimasti a casa un solo giorno, perché ritornò subito la febbre alta e quindi fui di nuovo ricoverata. La mattina seguente ricoverarono d’urgenza nella mia camera una signora di nome Margherita, molto spaventata che non capiva il perché di questo suo improvviso ricovero. Cercai subito un approccio con lei perché nel mio piccolo volevo provare a rasserenarla e ci riuscii. Ci trovammo subito bene come se ci conoscessimo da sempre. Mentre parlavamo entrò il medico per comunicarle che aveva una leucemia acuta: non la prese bene.

Provai a tirarla su e permetterle di affrontare questo difficile percorso con uno stato d’animo più sereno e ci riuscii parlandole del Signore e raccontandole il mio percorso di malattia e la forza che avevo trovato in lui. La mia febbre intanto continuava e la sera Samuele notò un gonfiore alla mandibola. Preoccupati chiamammo subito il medico; mi trasferirono nel reparto “malattie infettive” perché appurarono che si trattava di varicella, parotite ed herpes zoster. Mi tennero in quel reparto tre settimane e poi, passata la febbre e diminuito il gonfiore, mi riportano in Ematologia. Nel frattempo continuai il rapporto con Margherita. Ci eravamo scambiate i numeri di telefono e le mandavo il testo di inni cristiani, di versetti o semplicemente il buongiorno e la buonanotte; mi diceva che riceveva tanta forza da questa amicizia e soprattutto nel parlare del Signore. Faceva comunque molta fatica ad affrontare e ad accettare la malattia. Purtroppo non è riuscita a “vincere la sua battaglia”, ma ho la speranza che abbia accettato Cristo nel suo cuore.

Verso il trapianto di midollo

Iniziai il terzo ciclo di chemioterapia e una volta finito mi mandarono a casa per la normale aplasia (abbassamento dei valori). Ero molto debole ma ero a casa e con l’aiuto del mio meraviglioso marito riuscivo a fare qualche passo in più. Per un paio di mesi ebbi un decorso sereno senza intoppi, andavo a Nuoro ogni settimana per fare il controllo e i cicli di chemio. Una volta passata la solita aplasia mi ricoverarono di nuovo per fare la raccolta delle cellule che poi sarebbero servite per l’eventuale trapianto di midollo, non erano sicuri che il mio midollo fosse in grado di produrne abbastanza, in quanto era stato severamente attaccato dalla malattia, invece la raccolta riuscì: il Signore è stato buono anche stavolta con me.

A fine aprile feci il sesto ed ultimo ciclo di chemio ad alte dosi. A maggio iniziai i controlli per la preparazione al trapianto. Ma da qualche giorno avevo un forte dolore all’altezza della scapola destra e del seno. Era fine maggio quando ritornò la febbre accompagnata dai “simpaticissimi” brividi iniziali.

La malattia si era ripresentata aggressiva come sempre: febbre e sudorazioni notturne. Tentarono di tenere a bada i sintomi e la febbre, ma con scarso successo. Il primario spiegò che il mio era il caso più complicato e grave che fosse capitato a lui e alla sua équipe.

Decisero di iniziare una nuova terapia sperimentale con “anticorpi monoclonali”: non sapevano come il mio corpo avrebbe risposto. Dopo due giorni dalla prima infusione iniziai a stare già meglio.

Cosa ho imparato dal Signore

Ogni 21 giorni mi recai a Nuoro per fare l’infusione di questa nuova terapia, meno aggressiva della chemioterapia e pian piano iniziai a stare meglio e recuperare forze ed energie. A settembre, dopo quattro cicli di anticorpi monoclonali, ripetei l’esame per valutare la ristadiazione della malattia e l’esito fu negativo. Non risultò accumulo di tracciante riconducibile a malattia. Gioia infinita: grazie a Dio, la malattia era regredita e nel mio corpo non erano presenti cellule tumorali.

A fine settembre ripetei i controlli di routine e i controlli delle funzioni respiratorie per stabilire se fossi idonea al trapianto. Grazie a Dio risultò tutto nella norma, così il giorno dopo mi ricoverarono in isolamento per la preparazione al tanto atteso trapianto: per poter trapiantare le cellule del midollo nuovo bisognava azzerare completamente il vecchio e questo avveniva attraverso dosi di chemio talmente alte da distruggere tutto il vecchio midollo. Il 4 ottobre il giorno tanto atteso arrivò, un misto di gioia, ansia ed emozione. La notte precedente non riuscii a chiudere occhio, fu una giornata molto emozionante.

È passato più di un anno dal trapianto e per la grazia di Dio la malattia non si è più ripresentata: vivo una vita normale e, dopo alcuni mesi di prevenzione, sono potuta ritornare finalmente a frequentare gli incontri della chiesa.

Non mi sono mai chiesta il perché di questa prova, la fiducia in Dio non ha mai vacillato per la sua grazia, e tante cose mi ha permesso di capire e imparare. Questa prova mi è servita per capire le vere priorità nella vita, apprezzare la vita appieno come dono di Dio, mi ha insegnato ad affidarmi completamente a lui e ad accettare in ogni cosa la sua volontà, perché anche se lì per lì non lo capiamo, egli fa ogni cosa giusta e per il nostro bene. Mi ha insegnato a confidare completamente in lui. Dio ha operato per me un miracolo liberandomi da una malattia grave ed aggressiva. Gli stessi medici hanno dovuto riconoscere che la mia guarigione è stata un miracolo.

Dio mi ha dato forza e sicurezza attraverso la sua Parola; dei testi biblici hanno avuto per me un nuovo valore e un nuovo vero significato. Ne ricordo alcuni:

“In pace mi coricherò e in pace dormirò, perché tu solo, o SIGNORE, mi fai abitare al sicuro” (Sl 4:8) – “Quand’ho detto: «Il mio piede vacilla» la tua bontà, o SIGNORE, m’ha sostenuto. Quand’ero turbato da grandi preoccupazioni, il tuo conforto ha alleviato l’anima mia” (Sl 94:18-19) – “Beato l’uomo che sopporta la prova; perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promessa a quelli che lo amano” (Gm 1:12) – “In ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Te 5:18) – “Siate sempre gioiosi, non cessate mai di pregare, in ogni cosa rendete grazie perché questa è la volontà di DIO in cristo Gesù verso di voi. Siate allegri nella speranza, pazienti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera” (1Te 5:16-18; Ro 12:12) – “Il SIGNORE sarà un rifugio sicuro per l’oppresso, un rifugio sicuro in tempo d’angoscia; quelli che conoscono il tuo nome confideranno in te, perché, o SIGNORE, tu non abbandoni quelli che ti cercano”
(Sl 9:9-10) – “Quanto a me, io confido nella tua bontà; il mio cuore gioirà per la tua salvezza, io canterò al SIGNORE perché m’ha fatto del bene”
(Sl 13:5) – “Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù” (Fl 4:6-7) – “E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita?” (Mt 6:27) – “Ecco, Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia, e non avrò paura di nulla; poiché il SIGNORE, il SIGNORE è la mia forza e il mio cantico; egli è stato la mia salvezza” (Is 12:2) – “Figlio mio, non disprezzare la correzione del SIGNORE, non ti ripugni la sua riprensione; perché il SIGNORE riprende colui che egli ama, come un padre il figlio che gradisce” (Pr 3:11-12) – “…gettando su di lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi” (1P 5:7) – “A colui che è fermo nei suoi sentimenti tu conservi la pace, la pace, perché in te confida. Confidate per sempre nel SIGNORE, perché il SIGNORE, sì il SIGNORE, è la roccia dei secoli” (Is 26:3-4).

GRAZIE SIGNORE PER LA TUA BONTÀ!