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rapimento

pre-tribolazione o post-tribolazione?

Cosa dice la Scrittura?

Un dilemma da risolvere: esegesi di 2 Tessalonicesi 2:1-12

Ora, fratelli, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e il nostro incontro con lui, vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare sia da pretese ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche lettera data come nostra, come se il giorno del Signore fosse già presente.  Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio [come Dio], mostrando se stesso e proclamandosi Dio.

Non vi ricordate che quando ero ancora con voi vi dicevo queste cose? Ora voi sapete ciò che lo trattiene affinché sia manifestato a suo tempo. Infatti il mistero dell’empietà è già in atto, soltanto c’è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo. E allora sarà manifestato l’empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l’apparizione della sua venuta. La venuta di quell’empio avrà luogo, per l’azione efficace di Satana, con ogni sorta di opere potenti, di segni e di prodigi bugiardi, con ogni tipo d’inganno e d’iniquità a danno di quelli che periscono perché non hanno aperto il cuore all’amore della verità per essere salvati. Perciò Dio manda loro una potenza d’errore perché credano alla menzogna; affinché tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nell’iniquità, siano giudicati.

Ci troviamo di fronte ad un brano molto importante, soprattutto nel primo versetto. Comprendere correttamente questo brano è estremamente importante per quanto concerne il nostro studio. Rileggiamolo insieme:

Ora, fratelli, circa la venuta del Signore nostro Gesù Cristo e il nostro incontro con lui, vi preghiamo di non lasciarvi così presto sconvolgere la mente, né turbare sia da pretese ispirazioni, sia da discorsi, sia da qualche lettera data come nostra, come se il giorno del Signore fosse già presente.

Da una lettura anche superficiale ci rendiamo conto di come Paolo stia parlando di due eventi che sono distinti tra di loro. Infatti inizialmente egli parla della venuta del Signore Gesù (in un articolo precedente abbiamo potuto notare come questo termine abbia diverse valenze; vedi IL CRISTIANO n. 5/maggio 2017; pagg. 226-229). Tuttavia è chiaro come la “venuta” (parousia) di cui ci parla nel primo versetto sia abbinata alla successiva espressione, ovvero “il nostro incontro (o adunamento) con lui”. Con questa terminologia si vuole indicare con tutta probabilità, l’evento di cui Paolo aveva parlato nella prima lettera ai Tessalonicesi, ovvero il Rapimento (1Te 4:13-17).

Ora la domanda cruciale che dobbiamo porci è: “il giorno del Signore” di cui ci parla Paolo corrisponde al Rapimento della Chiesa?

La tesi post-tribolazionista avanza proprio questa spiegazione per poi affermare che quel giorno ovvero il giorno del Rapimento, non avverrà prima che sia manifestato l’uomo del peccato.

Personalmente non credo che le cose stiano così.

In che contesto i Tessalonicesi stavano vivendo? Essi stavano sperimentando una persecuzione estremamente feroce, pertanto essi potevano anche ritenere di trovarsi già nel periodo della grande tribolazione, magari identificando nell’imperatore “l’empio, il figlio del peccato”.

Non è assolutamente inverosimile una tale probabilità, se pensiamo che ai tempi di Hitler, molti credenti pensavano che fosse proprio lui l’Anticristo.

Ma il giorno del Signore corrisponde al Rapimento della Chiesa? Esiste un testo, un brano che suffraga una tale tesi? Personalmente non l’ho trovato. Nella Scrittura il giorno del Signore corrisponde in modo chiaro a quel periodo di tempo nel quale l’Eterno eserciterà il suo giusto giudizio nei confronti degli empi e del “figlio del peccato”. Naturalmente è chiaro che questo periodo è altresì contrassegnato da persecuzioni violente come mai ce ne furono nel passato. Vediamo qualche brano ancora che conferma quanto detto:

Lo sguardo altero dell’uomo sarà umiliato, e l’orgoglio di ognuno sarà abbassato; il SIGNORE solo sarà esaltato in quel giorno. Infatti il SIGNORE degli eserciti ha un giorno contro tutto ciò che è orgoglioso e altero, e contro chiunque s’innalza, per abbassarlo…

 

(Is 2:11-12)

Ecco il giorno del SIGNORE giunge: giorno crudele, d’indignazione e d’ira furente, che farà della terra un deserto e ne distruggerà i peccatori

(Is 13:9)

L’alterigia dell’uomo sarà umiliata, e l’orgoglio di ognuno sarà abbassato; il SIGNORE solo sarà esaltato in quel giorno

(Is 2:17)

In quel giorno il SIGNORE punirà nei luoghi eccelsi l’esercito di lassù, e giù sulla terra i re della terra…

(Is 24:21)

Poiché è il giorno della vendetta del SIGNORE, l’anno della retribuzione per la causa di Sion

(Is 34:8)

Nel giorno del sacrificio del SIGNORE io punirò tutti i prìncipi, i figli del re, e tutti quelli che si vestono di abiti stranieri

(So 1:8)

Il giorno del SIGNORE non è forse tenebre e non luce? Oscurissimo e senza splendore?

(Am 5:20)

Cercate il SIGNORE, voi tutti umili della terra, che mettete in pratica i suoi precetti! Cercate la giustizia, cercate l’umiltà! Forse sarete messi al sicuro nel giorno dell’ira del SIGNORE

(So 2:3)

Da questi testi, ma ce ne sarebbero anche molti altri, possiamo osservare come caratteristica determinante del giorno del Signore proprio il suo giudizio sulla violenza e sull’orgoglio degli empi. Si parla di “giorno crudele”, di “indignazione” e di “ira di Dio”.

Allora, tornando al nostro testo, cosa stava dicendo Paolo ai Tessalonicesi?

Stava dicendo che il giorno del Signore, ovvero questo periodo così tremendo di giudizio divino da una parte e di persecuzione e violenza dall’altra parte soprattutto per opera dell’empio, non era ancora giunto, né era imminente, come si legge in altre versioni.

Lo scopo di Paolo era quindi quello di rassicurare i Tessalonicesi che ancora non si trovavano nel giorno del Signore che però non corrisponde al Rapimento della Chiesa.

Nessuno vi inganni in alcun modo; poiché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e non sia stato manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione (v. 3).

Innanzitutto ci viene presentata “l’apocalisse” dell’uomo del peccato e del figlio della perdizione. Non si tratta di due personaggi ma di un unico essere umano che mostrerà il culmine della malvagità di cui un uomo, dominato da Satana, può essere capace. Naturalmente non ci può essere il giudizio di Dio, prima che si sia manifestato questo personaggio:Dopo aver compreso a quale evento corrisponda il giorno del Signore, ora la comprensione della parte successiva di questo brano è più chiara. Paolo sta avvertendo i Tessalonicesi che non dovevano essere ingannati da lettere pseudo-apostoliche, in quanto “quel giorno”, ovvero il giorno del Signore non sarebbe sopraggiunto, prima che si fosse verificata tutta una serie di eventi.

l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando se stesso e proclamandosi Dio (v. 4)

Naturalmente non del tempio che vi era ai tempi del Signore Gesù, in quanto questo venne distrutto nel 70 d.C. dal generale Tito e dalle sue truppe romane.
Rileggendo con attenzione questo testo, una domanda sorge spontanea. Di quale
“tempio di Dio” si sta qui parlando?In questo brano possiamo osservare come l’uomo del peccato venga anche definito “avversario”, un termine che descrive molto bene tutto il suo odio nei confronti di Dio e di coloro che hanno posto fede in lui. Egli si innalzerà sopra tutto e tutti, mostrando se stesso come Dio. Il “giorno del Signore” non potrà venire fino a quando non vi sarà la manifestazione di questo terribile personaggio.

Non si parla nemmeno del tempio descritto in Ezechiele 40-48, tempio che sarà in auge quando vi sarà il periodo milleniale.

Credo che il tempio di cui si parla qui, sia lo stesso che viene spesso menzionato nei siti internet concernenti Israele, ovvero di quel tempio del quale sono già pronti tutti i materiali per la sua costruzione. Il figlio del peccato entrerà in questo tempio profanandolo, come fece anticamente Antioco IV Epifane al tempo dei Maccabei.

Non vi ricordate che quand’ero ancora con voi vi dicevo queste cose? Ora voi sapete ciò che lo trattiene affinché sia manifestato a suo tempo (vv. 5-6).

Ora dobbiamo rispondere ad un’altra domanda? Quale realtà trattiene il figlio del peccato? Sono state avanzate molte ipotesi. Ad esempio l’imperatore romano, alcune nazioni o qualche altro personaggio. Da notare però che in questo brano non si parla di una guerra ma di un personaggio o di una forza, che “trattiene”. Il senso del testo originale è che, quando vi sarà questo personaggio, non potrà dominare subito, in quanto dominato da qualcuno superiore di lui.

Ora se leggiamo in Apocalisse, soprattutto il cap. 13 scopriamo che nessun essere umano può reggere il confronto con l’Anticristo. Infatti tutto il mondo dirà: “Chi è simile alla bestia e chi potrà guerreggiare con lei?”. Pertanto chi può avere il potere di trattenere l’uomo malvagio più potente della storia dell’umanità? Non dimentichiamoci che a lui, Satana darà tutto il suo potere (Ap 13:2). Pertanto l’unica forza che può trattenere il dominio di questo personaggio la ravviso solo nel Signore.

Inoltre la potenza di Dio che è in azione ancora oggi sulla terra è quella derivata dalla presenza dello Spirito Santo, che si manifesta ed opera attraverso la Chiesa del Signore Gesù Cristo. Quindi è la Chiesa del Signore Gesù che può essere identificata e riconosciuta nell’espressione “ciò che lo trattiene”.

Infatti il mistero dell’empietà è già in atto, soltanto c’è chi ora lo trattiene, finché sia tolto di mezzo… (v. 7).

Paolo precisa che il mistero dell’empietà è già in atto e ribadisce che esiste non solo una realtà, ma anche un personaggio che trattiene la forza dell’empio, che come ho detto in precedenza, può essere solo il Signore.

Inoltre il mistero dell’empietà, ovvero il mistero del peccato e già in atto, ovvero è sempre presente.

E allora sarà manifestato l’empio, che il Signore Gesù distruggerà con il soffio della sua bocca, e annienterà con l’apparizione della sua venuta (v. 8).

Con questa espressione, si vuole evidenziare la solenne sconfitta di questo personaggio così terribile.

Quando il Signore Gesù tornerà in gloria, lo distruggerà, solo con l’apparizione della sua venuta.

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