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Introduzione

“Parole di Geremia, figlio di Chilchia, uno dei sacerdoti che stavano ad Anatot, nel paese di Beniamino. La parola del SIGNORE gli fu rivolta al tempo di Giosia, figlio di Amon, re di Giuda, l’anno tredicesimo del suo regno, e al tempo di Ieoiachim, figlio di Giosia, re di Giuda, sino alla fine dell’anno undicesimo di Sedechia, figlio di Giosia, re di Giuda, fino a quando Gerusalemme fu deportata, il che avvenne nel quinto mese. La parola del SIGNORE mi fu rivolta in questi termini: «Prima che io ti avessi formato nel grembo di tua madre, io ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, io ti ho consacrato e ti ho costituito profeta delle nazioni». Io risposi: «Ahimè, Signore, DIO, io non so parlare, perché non sono che un ragazzo». Ma il SIGNORE mi disse: «Non dire: ‘Sono un ragazzo’, perché tu andrai da tutti quelli ai quali ti manderò, e dirai tutto quello che io ti comanderò. Non li temere, perché io sono con te per liberarti», dice il SIGNORE. Poi il SIGNORE stese la mano e mi toccò la bocca; e il SIGNORE mi disse: «Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca. Vedi, io ti stabilisco oggi sulle nazioni e sopra i regni, per sradicare, per demolire, per abbattere, per distruggere, per costruire e per piantare»” 

(Gr 1:1-10).

Abbiamo letto soltanto l’introduzione del libro di un grande uomo di Dio, chiamato ad essere profeta fin da giovane, ma non un profeta qualunque, bensì quello ritenuto il secondo grande profeta, dopo Isaia.

Da questa prima lettura che ci indica i dati anagrafici e storici del profeta, vediamo che Geremia (= Yahweh esalta), viene da una famiglia sacerdotale: un giovane cresciuto nel timore di Dio e, quindi, come molti dei giovani presenti, abituato a sentir parlare di Dio fin dalla nascita. Ma l’esperienza c’insegna che questo non basta per essere credenti! Il Signore si rivolge a lui, come faceva abitualmente a quei tempi e come fa oggi attraverso lo Spirito Santo. E, più spesso di quanto crediamo, se Dio decide di rivelarsi a noi in modo specifico, siamo spiazzati, impreparati.

Prima che Geremia fosse concepito da sua madre, come accadde con alcuni grandi servi di Dio, il Signore lo aveva “consacrato come profeta delle nazioni” (v. 5). Non dobbiamo pensare che questa sia una frase esagerata: Geremia avrebbe dovuto affrontare problemi internazionali, relativi ad Egitto e Babilonia, e nazionali per gli enormi conflitti interni del popolo di Dio, che aveva adottato idoli e statue nelle attività cultuali (con una sorta di sincretismo religioso). In questa situazione non facile il giovane e inesperto Geremia viene chiamato direttamente da Dio:

“Vedi, io ti stabilisco oggi sulle nazioni e sopra i regni, per sradicare, per demolire, per abbattere, per distruggere, per costruire e per piantare”.

Spesso, come credenti, abbiamo paura di affrontare in modo determinato le situazioni più scomode! Talvolta abbiamo paura di dire ai nostri amici quale sarà la loro fine se non accettano Gesù come Salvatore. Non diciamo chiaramente che la loro posizione conduce alla perdizione e questo succede perché noi stessi siamo insicuri o, peggio, viviamo con tanti compromessi.

Ora, Dio sta chiamando Geremia alla ricostruzione di nazioni e regni. Pensiamo a cosa avrebbero fatto i dominatori del passato dopo la conquista di un paese.

Avrebbero sradicato, demolito, abbattuto, distrutto, per costruire e per piantare qualcosa di nuovo: una nuova città! Non avrebbero mai accettato di vivere con la cultura e lo stile del paese vinto in guerra.

Chiamati da Dio a…

Il Signore usa un’illustrazione (demolire e ricostruire), per farci comprendere una verità spirituale, che altrimenti non capiremmo facilmente.

A Geremia non sarebbe mai venuto in mente di realizzare letteralmente le parole del Signore. Per questa enorme opera che Dio gli ha affidato, non gli ha fatto frequentare l’accademia militare delle “teste di cuoio”, né lo ha preparato alla conquista di una terra, come ha fatto con Giosuè. Gli mise semplicemente in bocca le sue parole:

 “Poi il SIGNORE stese la mano e mi toccò la bocca; e il SIGNORE mi disse: «Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca»”.

Con questo atto, Dio ha fornito Geremia della potenza dello Spirito Santo, facendolo diventare un araldo, portatore della sua Parola, un uomo spiritualmente forte. Ma ora mettiamoci nei suoi panni e pensiamo all’opera che anche noi abbiamo da compiere dopo aver accettato la salvezza. Infatti, dall’avvento della grazia, ognuno di noi è chiamato ad agire nel suo piccolo, come Geremia, con una vita spirituale attiva.

Purtroppo ci sono persone che tendono ad essere come era Geremia prima dell’intervento di Dio; credenti che non vorrebbero essere disturbati nella loro quiete e che non vorrebbero essere coinvolti come Mosè che non voleva parlare in nome di Dio al faraone d’Egitto.

Anche Geremia, pur essendo stato prescelto da Dio come profeta, inizialmente ha avuto delle difficoltà nell’accettare il privilegio di portare la Parola di Dio. Parlare di Dio a quei tempi non era come farlo oggi da un pulpito, circondato da persone che ci amano.

A quel tempo i sacerdoti e i profeti operavano fianco a fianco coi re e, di conseguenza, avevano influenza anche sulle autorità in visita da altre nazioni (vedi Salomone con la regina di Seba). Visto che quest’uomo fu profeta sotto cinque re di Giuda per un periodo di oltre quarant’anni, possiamo immaginare quali possibilità abbia avuto e quale influenza, parlando da parte di Dio. Non è a caso che Geremia ha avuto paura in mezzo alle avversità incontrate e non soltanto perché era un ragazzo. Infatti sapeva bene cosa volesse dire annunciare la Parola del Signore senza lisciare troppo quelli che lo avrebbero ascoltato.

Anche noi abbiamo già sperimentato che i nostri amici sono molto gentili finché non osiamo parlare troppo della loro “fede”, mettendone in dubbio l’efficacia, perché non hanno una relazione personale con Dio. Quando parliamo della volontà di Dio, secondo la Bibbia, essi cambiano espressione e diventano aggressivi nei nostri confronti. Giovanni Battista fu decapitato perché accusò Erode del peccato di adulterio commesso con la moglie di suo fratello (Mr 6: 17-28). Oggi ci sono molti Erode intorno a noi, ma pochi Giovanni Battista, che hanno il coraggio di dire la verità.

Così, anche Geremia, avendo ubbidito a Dio dopo che gli aveva messo le sue parole nella bocca, fu perseguitato perché annunciava con franchezza la Parola del Signore, fino a ricevere minacce di morte al pari di altri profeti. Geremia fu un uomo di grande sofferenza per il peccato d’Israele e a questo dedicò un altro libro, “Le Lamentazioni”, scritto davanti al desolante spettacolo delle rovine di Gerusalemme.

Ma, veniamo a noi!

Come può essere efficace l’annuncio della Parola di Dio nel mondo perduto che ci circonda? Siamo anche noi in grado di compiere l’opera di Geremia? Siamo chiamati da Dio per questo?

Certo che lo siamo! Gesù lo ha reso possibile; infatti Il Signore si aspetta da noi che per raccogliere le sue benedizioni e per portare frutto, ci lasciamo trasformare dallo Spirito Santo! Quell’opera che Dio vuol compiere per il mondo perduto, la vuole effettuare innanzitutto nella nostra persona, perché soltanto così potrà usarci davvero.

Egli ci chiama quindi a:

Sradicare

 

Il Signore ci dà un’opera da compiere. Diciamo che all’origine ci ha dato un terreno (il nostro corpo, con un’anima e lo spirito). Ma questo terreno non porta frutto o quello che porta è cattivo. Allo stato naturale siamo selvatici, peccatori. Per il peccato compiuto in Eden, conserviamo in noi lo stato adamitico. Se siamo davvero suoi, il Signore ci ordina di  sradicare ciò che del nostro terreno non è buono e che  impedisce a Dio di seminare il buon seme della sua Parola, a beneficio della nostra salvezza e santificazione.

Demolire

 

Nel nostro vecchio terreno c’è una costruzione, che però abbiamo eretto senza il consiglio di Dio. Quindi dovremmo demolire delle mura malsane o non adatte allo scopo che Dio ha stabilito per noi. Attraverso la Parola possiamo capire cosa c’è da demolire nella nostra vita, se vogliamo che Dio possa incominciare a benedirci. Talvolta è necessaria la demolizione di diversi templi di adorazione (ognuno di noi li ha), che ci portano ad innalzare il diavolo anziché il nostro Salvatore. Spesso si tratta di templi costruiti per ignoranza (Paolo; cfr. 1Ti 1:13). Anche il nostro “io”, il nostro orgoglio e quant’altro di troppo radicato può essere un impedimento all’opera di ricostruzione di Dio.

Abbattere

 

Tante volte è necessario abbattere delle barriere costruite erroneamente o secondo il nostro modo di vivere senza Dio e che gli impediscono di abitare  nella nostra casa. Anche qui si tratta spesso di barriere di protezione e di ideologie fasulle e senza alcuna utilità concreta. Ma la Parola di Dio ci dice di non fermarci qui; infatti, non basta sradicare, demolire e abbattere e così via. Nel nostro lavoro di ristrutturazione, potremmo essere tentati di lasciare le mura della cantina, perché ancora robuste (anche solo apparentemente), oppure un pezzo di intonaco antico, con dipinto un affresco (una icona).

No, la Parola di Dio non usa mezzi termini e ci dice di:

Distruggere

 

Per poter pianificare la nuova costruzione, dove – secondo le Scritture – dimora lo Spirito Santo, deve essere distrutto ogni ricordo di ciò che lo contrista (così come si faceva nei campi dei lebbrosi: bruciando tutto).

Dobbiamo distruggere ogni testimonianza che ricordi l’idolatria nella quale un tempo vivevamo (o viviamo ancora…) e che toglie a Dio la gloria che gli spetta. Dobbiamo quindi ristrutturare completamente ciò che Dio vuole preparare per vivere a suo agio dentro di noi!

Soltanto a questo punto possiamo pensare di:

Costruire

 

Un terreno deve essere libero da qualsiasi impedimento, che metterebbe dei limiti alla nuova costruzione. Così è dell’uomo che, rendendosi conto di aver costruito male sulla propria vita, decide di abbandonarsi completamente nelle mani del Signore e di lasciar fare a lui quello che è giusto, affinché possiamo vivere una vita sana e gioiosa! Per essere, cioè, uno strumento utile usato da Dio alla sua gloria: il tempio dello Spirito Santo costruito in ognuno di noi!

Piantare

 

In un terreno rifatto a nuovo, con la casa ricostruita, ci va a pennello un giardino fiorito, alberato e lussureggiante, con un viale coperto dai rami, che conduce all’ingresso di casa.

Così è della Parola di Dio, che viene piantata nei cuori rigenerati dallo Spirito Santo e che trovano finalmente il giusto riposo e il ristoro fornito da Dio.

 

Per riflettere

Il Signore non dà altre indicazioni. La nostra opera finisce col piantare, col seminare il seme della vita nei cuori, nostri e dei perduti. La Bibbia ci ricorda che sarà il Signore a raccogliere il frutto di questo debole servizio.

Ma, quale è la nostra condizione personale rispetto a questo insegnamento?

Ci sono persone che hanno deciso di seguire il Signore non molto tempo fa ed altre che lo hanno fatto da molti anni. In questo tempo abbiamo sradicato in noi ogni erba cattiva? Demolito i nostri templi pagani? Abbattuto le barriere che impediscono allo Spirito Santo di riempirci completamente? Abbiamo distrutto veramente ogni residuo del vecchio essere peccaminoso o abbiamo ancora qualche angolino dove non vogliamo che Dio entri? Stiamo costruendo la nostra vita con gli strumenti forniti dallo Spirito? Stiamo permettendo al Signore di seminare in noi abbondantemente il seme della sua Parola, affinché possiamo crescere seguendo Gesù?

Se non prendiamo seriamente queste indicazioni, non potremo avere i risultati che si aspetta il Signore, ma ciò che è più grave, è che non saremo benedetti nel modo in cui lui vuole benedirci!

Egli vuole liberarci (v. 8) dai nostri limiti umani. Lasciamoci mettere in bocca le parole di Dio.

“Io vigilo sulla mia Parola per mandarla ad effetto” (v. 12).

Noi non dobbiamo parlare ai regni e alle nazioni come Geremia, ma il nostro compito è ugualmente importante:

“Così parla DIO, il Signore: «Il giorno che io vi purificherò di tutte le vostre iniquità, farò in modo che le città saranno abitate e le rovine saranno ricostruite; la terra desolata sarà coltivata, invece d’essere una desolazione agli occhi di tutti i passanti. Si dirà: “Questa terra che era desolata, è diventata come il giardino d’Eden; e queste città che erano deserte, desolate, rovinate, sono fortificate e abitate»” (Ez 36:33-35).

Concludendo, leggiamo l’ultimo brano del Nuovo Testamento, che ci dà le stesse indicazioni:

Ma voi, carissimi, edificando voi stessi nella vostra santissima fede, pregando mediante lo Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, aspettando la misericordia del nostro Signore Gesù Cristo, a vita eterna”.

(Giuda v. 20)