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Varietà di problemi!

C’è una vasta gamma di problemi che ci coinvolgono e che riguardano: 

  • Il lavoro: non ho un lavoro, ho troppo lavoro, ho un lavoro che non mi soddisfa, lavoro troppo per quello che prendo…
  • Le questioni finanziarie: ho la rata del mutuo a fine mese, i libri dei figli, il conto dal dentista…
  • Lo stress: mi addormento stressato, mi sveglio stressato, vivo stressato, mangio perché sono stressato, sono stressato perché mangio…
  • Le relazioni: mio figlio non mi saluta più come prima, ogni volta che entro in ufficio la mia collega cambia argomento, i fratelli della chiesa non mi chiedono mai come sto…
  • La salute: le mie analisi sono un disastro, niente di grave dice il medico, ma la pressione non va bene, il colesterolo è al limite, i trigliceridi poi…
  • Il futuro: mi dicono che sono sempre uguale, ma uguale a chi? La mia schiena fa i capricci, se cammino troppo a lungo mi stanco, se sto seduto a lungo è anche peggio. Che farò quando dovrò dipendere dagli altri?

E potremmo continuare ancora per molto: la varietà di preoccupazioni è infinita…

Eppure il Signore ci ricorda spesso che “basta a ciascun giorno il suo affanno” (Mt 6:34) e che è lui “il nostro riposo”. Che illusione ricercare il riposo con i nostri sforzi. 

Gesù va verso l’uomo!

“Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi,zoppi e paralitici” (Gv 5:1-3).

La Piscina di Betesda (in ebraico: בית‭-‬חסדא, letteralmente: “casa della misericordia”), si trovava a Gerusalemme  e la credenza popolare affermava che un angelo scendesse a volte dal cielo per agitare l’acqua e che chi fosse entrato per primo ne sarebbe uscito guarito.

Giovanni racconta che c’era un gran numero di persone bisognose. Forse non erano tutte linde e profumate, forse erano cenciose e malvestite, forse aspettavano lì da giorni per essere i primi a entrare nella vasca, forse era l’ultima speranza per molti di loro… Gesù va verso di loro, non è intimidito dalla folla, non è intimidito dalla persona “spezzata”, è lui che prende l’iniziativa, che va a cercare chi è nel bisogno. 

Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato” (v. 5). Non sappiamo quanti anni avesse, non sappiamo se fosse malato perché la fragilità del suo corpo oppure se si fosse ammalato a causa dei suoi eccessi, forse dei suoi peccati? Il Vangelo non ce lo dice.

Ma Gesù non si fa tanti scrupoli, va verso di lui che aspettava da tanto perché egli vuole redimere, ristorare, riscrivere la nostra storia. Egli non guarda al colore della pelle, non guarda alla nostra intelligenza, al posto che occupiamo in società, da quanto tempo “lo sporco” ci sta attaccato addosso, quanto è grande il nostro peccato e quanto è profonda la voragine in cui siamo caduti.

L’uomo diventa il centro del suo interesse in mezzo a tanta gente.

Vi è mai successo di dovervi fermare al semaforo perché è rosso e intanto un barbone si avvicina alla vostra auto per chiedere l’elemosina? Avete provato anche voi quel senso di disagio e non vedete l’ora che scatti il verde? Gesù non è così. Lui inizierebbe una conversazione con quella persona perché gli sta a cuore. Egli pone una domanda curiosa al paralitico: “vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse «Vuoi guarire?»”

“Vuoi guarire?!?”. Ma certo che voglio guarire, sono in queste condizioni da trentotto anni!! La risposta sembrerebbe scontata, ma davvero lo è?

Quante volte Gesù ci chiede se siamo pronti a lasciare i nostri idoli e noi non lo siamo. Sì voglio guarire, ma potrei tenermi quella certa abitudine? Vogliamo cambiare? Vogliamo lasciare l’amarezza, l’ansia, la paura, il dolore?

E noi? Vogliamo davvero guarire?

Quell’uomo infermo poteva pensare: se guarisco non potrò più chiedere l’elemosina, ma dovrò lavorare, non avrò più la scusa di bivaccare sotto i portici, ma dovrò trovarmi una casa! Gesù non parla per informare, ma per trasformare e il paralitico decide di credere in quell’uomo che gli sta davanti. Se ascolti, ma non credi, non serve a niente. 

Trentotto anni passati in un attimo perché è il Signore che sistema le cose; l’uomo guarda alla piscina, all’acqua che si muove, ma Gesù sa come agire. E l’invalido si alza guarito. Da noi non siamo capaci ma il Signore può tutto.

Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo guarito: «È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina»”.

Al Signore non importa se è sabato, il sabato l’ha creato per noi, per il nostro conforto e riposo. Lui non ne ha bisogno e non è legato ai nostri standard umani. Ora quell’uomo è libero, non solo perché può camminare, ma perché ha creduto ed è stato perdonato. La Parola di Dio fa la differenza. Ora lui è libero perché chi è stato liberato dal Signore è “veramente libero” per sempre ed entra nel suo riposo.

La sua storia è stata riscritta. Anche oggi fra milioni di persone il Signore viene a vedere me, viene a vedere te. La domanda che rivolge è sempre la stessa: “TU VUOI GUARIRE?”.