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Introduzione

 

Le parole “Del resto” con cui si apre l’ultima parte di Efesini (6:10-24) fanno sapere che Paolo sta per trattare qualcos’altro, senza il quale tutto ciò che ha insegnato rimarrebbe incompleto, forse incomprensibile.

 

Si tratta della battaglia che i santi devono affrontare nell’ambito spirituale. Di recente questa battaglia è stata l’oggetto di grande attenzione, tanto che quando ho inserito la voce “spiritual warfare” (guerra spirituale) nel motore di ricerca“Google” mi ha dato ben 5.370.000 risultati in solo 36 secondi! Da una ventina di anni anche coloro che si occupano della missione cristiana hanno preso più coscienza del fatto che “le potenze spirituali della malvagità” cercano di porre ostacoli al consolidamento della chiesa in varie parti del mondo.

 

La vittoria di Cristo, per mezzo della sua morte e risurrezione, non solo ha abbattuto il muro di separazione fra Giudei e Gentili, creando una nuova umanità; ha anche prodotto dei cambiamenti importanti nel mondo spirituale

La possibilità di essere vittoriosi su Satana e sulle “potenze spirituali della malvagità” dipende dal fatto che Gesù ha avuto la piena vittoria su queste forze quando ha spezzato il potere di Satana e del peccato che produce la morte (Eb 2:14-15; Cl 2:15; 1Co 15:54-57). Per questo motivo i santi non devono lottare per assicurarsi la vittoria sul maligno; devono semplicemente seguire le indicazioni fornite, contando sulla vittoria di Cristo.

 

Il Nuovo Testamento parla più volte dello scontro fra la predicazione del vangelo e le forze della malvagità.

Ai tempi di Gesù era talvolta il diavolo in persona, mentre i demòni si lamentarono a motivo del fatto che Gesù li stesse tormentando “prima del tempo” (Mt 4:1-11; 8:28-29). Seguì la vittoria definitiva di Cristo, ma le forze delle tenebre, nel tentativo di estendere nel tempo la loro influenza negativa sull’uomo e sul creato, si opposero alla diffusione della luce del Vangelo (At 19:13-41). Quanto alla scadenza del tempo in cui Satana e le forze delle tenebre sono lasciati liberi di agire, Romani 16:20 e Apocalisse capitoli 17-20 prevedono la loro totale eliminazione nel contesto del secondo avvento di Cristo.

 

Intanto i santi sono invitati a porvi resistenza con la loro testimonianza alla vittoria riportata dal Cristo crocifisso (Ap 12:10-12). A questo proposito Pietro scrive:

“Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, gira come un leone ruggente cercando chi possa divorare. Resistetegli stando fermi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze affliggono i vostri fratelli sparsi per il mondo” (1 P 5:8-9; cfr. Gm 4:7).

 

Anche il brano che ci accingiamo a studiare invita a porre resistenza alle “forze spirituali della malvagità”. Soltanto che, in questo caso, il brano insegna di più su come resistere.

 

 

Come porsi di fronte

alle potenze spirituali della malvagità

 

“Del resto, siate continuamente fortificati nel Signore e nella forza della sua potenza. Vestite la completa armatura di Dio, affinché possiate restar fermi contro le arti seduttrici del diavolo; perché la nostra lotta non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le autorità, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le [forze] spirituali della malvagità che sono nei luoghi celesti. Perciò prendete la completa armatura di Dio, affinché possiate resistere nel giorno cattivo, e dopo aver superato ogni cosa, rimanere in piedi” (6:10-13).

 

Per condurre la loro battaglia spirituale con efficacia, il primo imperativo che i santi devono osservare è: siate continuamente fortificati nel Signore”. Il verbo è al passivo, il che vuol dire: “lasciate che siate fortificati”.

Come osserva Foulkes non possiamo fortificarci da soli; l’unica cosa che possiamo fare è di seguire le indicazioni contenute nel seguito di questo brano per essere fortificati “nel Signore”.

 

Ciò che fortificherà i santi è la forza della sua potenza (v. 19). Per facilitare questo bisogna ubbidire al secondo imperativo:Rivestitevi della completa armatura di Dio.

È da notare la parola completa.

Infatti mentre il termine greco hopla può significare “arma”, qui Paolo usa panoplia ovvero “tutta l’armatura” di Dio.

Sarebbe poco saggio metterne soltanto una parte, lasciando scoperta parte della vita fisica o spirituale. In quel caso Satana potrebbe insinuarsi nella nostra vita con le sue “arti seduttrici”. L’obiettivo non è di fare guerra bensì di “stare saldi”, ovvero fare di sé stessi una fortezza contro “le arti seduttrici del diavolo” (v. 11).

 

Abbiamo appreso dalle di parole di 4:14 che, per parare gli assalti macchinati dalle “arti seduttrici” del diavolo, è importante che la Chiesa sia ben istruita e ben collegata insieme.

Nel capitolo 4 le macchinazioni di Satana riguardano il modo in cui si serve dei rapporti difficili fra credenti e gli scatti d’ira (v. 27).

Nel capitolo 6 ci si sofferma sul bisogno, sia per la Chiesa nel suo insieme sia per ogni suo membro, di fortificarsi spiritualmente per poter parare gli attacchi del diavolo.

Se non siamo forti, il modo insidioso di operare di Satana potrà coglierci di sorpresa e quindi Satana potrà guadagnare qualche “vantaggio lieve”, indebolendo le nostre difese, sia sul livello del pensiero sia sul livello del comportamento.

 

Nel v. 12 Paolo passa a definire qui le potenze che si scagliano contro i santi. Nel loro insieme sono definite le forze spirituali della malvagità”, ovvero tutte le forze maligne che esistono nel mondo spirituale. Ma queste schiere possono essere divise in: i principatile autorità, e i dominatori di questo mondo di tenebre.

Sappiamo dal testo di 3:10 che le prime due di queste categorie corrispondono ad angeli, o meglio angeli che hanno seguito Satana nella sua ribellione a Dio.

Quanto alla terza categoria, “i dominatori di questo mondo” (gr. kosmokratoras), essa si riferiva originalmente ai pianeti che si credeva incidessero nella vita sul pianeta Terra e, in seguito alle principali deità romane, nonché all’imperatore stesso. Questo tipo di potenza spirituale della malvagità fa pensare allo “spirito territoriale” detto “il capo del regno di Persia” che, per ben tre settimane, riuscì a bloccare l’azione dell’angelo incaricato di portare la risposta alla preghiera di Daniele. Questi spiriti che dimorano nei bassi livelli dei “luoghi celesti” (cfr. Gv 12:31), cercano di smontare la testimonianza e la franchezza di coloro che sono stati perdonati per mezzo del sangue di Gesù (Ro 8; 1,31-39).

 

 

Le parti dell’armatura

 

“State dunque fermi, avendo cinti i vostri lombi della verità e avendo vestito la corazza della giustizia, e avendo i piedi calzati con la preparazione della buona notizia della pace; oltre a tutto, prendendo lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infocati del maligno. Prendete anche l’elmo della salvezza, e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni tempo pregando con ogni [sorta di] preghiera e suppliche per mezzo dello Spirito, e vegliando a ciò con ogni perseveranza e suppliche per tutti i santi; e per me, affinché mi sia data la parola con libera apertura di bocca, per far conoscere con franchezza il mistero del vangelo, per il quale sono ambasciatore in catene, affinché io usi franchezza in lui, come devo parlare” (6:14-20).

 

È possibile che l’idea di descrivere l’armatura, sia difensiva che offensiva, del cristiano sia venuta a Paolo in quanto si trovava in catene fra due soldati romani con addosso un’armatura analoga a quella descritta nel brano.

Non c’è dubbio che esistono delle forti analogie fra i vari pezzi dell’armatura portata dai membri della guardia pretoriana e ciò che Dio provvede affinché i santi possano restare in piedi nonostante i continui attacchi delle forze delle tenebre.

 

Ma ci sono anche dei precedenti biblici a questi abbinamenti analogici. Ad esempio, parlando di Dio il profeta Isaia lo descrisse così: “egli si è vestito di giustizia come di una corazza, si è messo in capo l’elmo della salvezza” (Is 59:17; cfr. 52:7 con Ef 6:15).

Ciò che è importante è di essere convinti che, al di là del valore metaforico della “cintura”, della “corazza”, della “calzatura”,dello “scudo”, dell’“elmo” e della “spada”, queste immagini rappresentano elementi concreti dell’equipaggiamento e dell’esperienza dei santi.

Esaminiamoli, uno a uno.

 

• La cintura.

Innanzitutto ciò che tiene insieme la difesa del credente contro le opere delle tenebre come la funzione di una cintura, è la verità.

Il diavolo è il padre della menzogna (Gv 8:44). Ne consegue che il primo cambiamento menzionato in Efesini, in chi si spoglia del vecchio uomo per rivestirsi di Cristo, avviene nel campo del linguaggio (Ef 4:22-25). Le tenebre menzognere vengono rimpiazzate dalla luce della verità.

Tutti devono potersi fidare di un discepolo di Cristo proprio perché il suo parlare è semplice e privo di ogni tentativo di ingannare. Gesù disse: “Ma il vostro parlare sia: «Sì, sì; no, no», poiché il di più viene dal maligno” (Mt 5:37).

Dopo che il diavolo disse una bugia nel giardino di Eden, i nostri progenitori e i loro discendenti dopo di loro hanno pervertito il dono della parola per dire il contrario della verità. I discepoli di Cristo, santificati dallo Spirito Santo, tornano a usare questo dono prezioso per proferire parole di verità che permettono di edificare anziché distruggere. Il diavolo non li può cogliere nel proferire parole false.

 

• La corazza.

Il secondo valore etico che caratterizza i santi è il loro attaccamento alla giustizia.

“L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia” (Ro 1:18).

Come la giustizia di Dio è rassomigliata a una corazza in Isaia 59:17, così qui i santi sono invitati ad indossare la “corazza”della giustizia per rimanere fermi contro ogni tentativo da parte delle tenebre di farli cadere.

• I calzari.

Il terzo elemento dell’armatura descritta da Paolo è un particolare tipo di calzatura “avendo i piedi calzati con la preparazione della buona notizia della pace”.

Questo pezzo dell’armatura rievoca Isaia 52:7, dove leggiamo, a proposito della futura liberazione di Gerusalemme:

“Quanto sono belli, sui monti, i piedi del messaggero di buone notizie, che annuncia la pace, che è araldo di notizie liete, che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «il tuo Dio regna»”.

In Efesini, la precisazione vangelo della pace” acquisisce un significato particolare, in quanto il vangelo di Gesù, il Messia d’Israele, annunciava pace fra i Giudei e i Gentili che vi avevano creduto (2:14-16).

Quanto alla parola “prontezza”, Bruce osserva: “Coloro che desiderano a tutti i costi rimanere fermi hanno bisogno di avere un punto d’appoggio sicuro; nel conflitto spirituale questo viene fornito dal Vangelo, appropriato e proclamato”.

L’esperienza conferma che, quando un credente viene attaccato a motivo della sua fede, il modo migliore di rispondere all’attacco è di annunciare il Vangelo, il che non solo consolida la propria posizione come fedele testimone di Cristo, ma fa brillare la luce del Vangelo che illumina le tenebre che desiderano soffocarlo.

 

• Lo scudo.

Il pezzo dell’armatura descritto nel v. 16 è particolarmente interessante.

Paolo scrive come segue: “oltre a tutto, prendendo lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infocati del maligno”.

L’efficacia unica della fede è resa dal verbo “spegnere”. Infatti lo scudo romano che Paolo trova analogico della fede, sebbene fosse capace di parare i dardi infocati, rischiava di prendere fuoco. La fede in Dio, invece, è capace di spegnere i dardi infocati del maligno.

Ci sono molti esempi di questo tipo di fede in Dio nella storia biblica, come quelli menzionati nel capitolo 11 della lettera agli Ebrei, una fede secondo cui Dio risuscita i morti e giudicherà con giustizia.

Inoltre, nel tempo del nuovo patto, questa fede in Dio si basa sui fatti del Vangelo, ovvero l’incarnazione, la morte e la risurrezione di Cristo, e sul fatto che egli è il garante di quanto questo patto promette (Eb 7:22).

Questa fede permette di affrontare il martirio, oltre che la vita, in un contesto di persecuzione.

 

• L’elmo.

L’elmo è un distintivo del soldato. I santi, per rimanere fermi contro le insidie del diavolo, non devono equivocare il valore dell’opera sufficiente e definitiva che Cristo ha compiuto per la salvezza dell’umanità. Portare questo elmo significa andare fieri del principio della grazia, il che sembra folle a coloro che non conoscono Dio.

Al tempo di Paolo poteva sembrare un segno di debolezza (per uno stoico come Tacito e forse anche per il carceriere di Filippi, At 16:29-30, l’uomo doveva essere in grado di farcela da solo).

Invece, nel mondo pluralistico in cui noi viviamo, portare l’elmo della salvezza, ovvero testimoniare di essere stati “salvati per grazia mediante le fede” (Ef 2:10), è percepito come frutto di orgoglio, oppure un’offesa a chi la pensa diversamente.

Non dobbiamo lasciarci intimidire. Dobbiamo portare il distintivo a nome di Dio. Il Vangelo è un messaggio esclusivista; soltanto l’amore di Dio, rivelato nel sacrificio propiziatorio di Gesù può salvare (1Gv 4:10) e tutti devono saperlo.

 

• La spada.

Infine c’è l’arma offensiva: è chiamata “una spada” (gr. machaira) con riferimento alla Parola di Dio. Qui “parola” rende il termine greco rhēma, un termine che si riferisce alle parole potenti e autorevoli che escono dalla bocca di Dio, come indica la premessa “Così dice il SIGNORE” trovata ripetutamente nei pronunciamenti dei profeti (cfr. 2P 1:20-21).

Questa parola potente, paragonabile a una spada, determina l’ubbidienza della fede in coloro che ricevono l’annuncio del Vangelo (Ro 10:17).

Nel clima pluralistico del mondo in cui viviamo, bisogna sapere che la Parola di Dio, ormai in forma scritta, mantiene tutta la sua efficacia. Quando non si sa come rispondere a chi cerca di smontare la veridicità del Vangelo, la strategia migliore è di citare brani appropriati della Parola di Dio per mettere in luce la vera natura dei discorsi di coloro che Pietro chiama“schernitori beffardi” (si veda 2P 3:3-7). Forti della Parola di Dio, i santi possono penetrare efficacemente il mondo dominato dalle “forze spirituali della malvagità” i cui discorsi sono ingannevoli.

Spesso sarebbe utile, al posto di controbattere con la propria saggezza, dire: “ma la Parola di Dio dice …”.

 

• Un’altra dimensione della battaglia spirituale che siamo chiamati a combattere è quella della preghiera. Non è qui primariamente in vista la preghiera intesa come lode, ringraziamento e adorazione, bensì come mezzo di lotta contro le forze spirituali della malvagità.

Alla domanda su come fare questo, Paolo risponde con due istruzioni precise.

Innanzitutto bisogna pregare “nello Spirito”. Paolo spiega in Romani 8:26 che lo Spirito supplisce alla nostra debolezza in questo campo: “lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili”.

La seconda indicazione importante è il bisogno di pregare “con perseveranza”. In altre parole, si tratta di una battaglia che va avanti nel tempo, non una semplice registrazione di un elenco di soggetti per cui pregare.

 

Quanto alla varietà di circostanze in cui pregare e alla rosa di soggetti per cui pregare, l’apostolo esorta a pregare in ogni tempo con ogni [sorta di] preghiera e suppliche e con ogni perseveranza e suppliche per tutti i santi.

Colpiscono le parole ogni e tutti.

La preghiera non può essere ridotta a una formula unica o ristretta a certi momenti. Si tratta del modo di mantenere il contatto con Dio, la fonte di ogni risorsa spirituale.

 

Paolo mette se stesso fra i “tutti” che hanno bisogno di essere sostenuti in preghiera. In quel momento si trovava “in catene” a motivo della sua fedeltà come ambasciatore di Cristo. Non chiede ai suoi lettori di pregare per la sua scarcerazione o per la rimozione di altri disagi legati alla sua prigionia, bensì “affinché mi sia dato di parlare apertamente per far conoscere con franchezza il mistero del vangelo … perché io annunzi lo francamente, come conviene che ne parli” (vv. 19-20).

La sua unica preoccupazione è di non tradire il suo ruolo di “ambasciatore” del Vangelo.

Questo fatto ricorda il modo di pregare della prima Chiesa, dopo che a Gerusalemme i capi religiosi avevano avviato una campagna di persecuzione contro i testimoni del Cristo risorto (At 4:13-22). Ecco la richiesta di questa chiesa: “Adesso Signore, considera le loro minacce, e concedi ai tuoi servi di annunziare la tua Parola in tutta franchezza…” (v. 29).

 

Possiamo imparare molto da questa preoccupazione che accomunava i testimoni di Gesù del primo secolo: non i loro interessi personali bensì il progresso del Vangelo di cui, loro sapevano, i loro nemici avevano assoluto bisogno. Quindi non volevano mancare nel ruolo di ambasciatori di Cristo.

La grazia è per tutti

 

“Affinché anche voi sappiate come sto e quello che faccio, Tichico, il caro fratello e fedele servitore nel Signore, vi informerà di tutto. Ve l’ho mandato apposta perché abbiate conoscenza del nostro stato ed egli consoli i vostri cuori. Pace ai fratelli e amore con fede, da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo. La grazia sia con tutti quelli che amano il nostro Signore Gesù con amore inalterabile” (6:21-24).

 

La chiusa di questa lettera ci ricorda una delle caratteristiche del genere epistolare: alcune notizie che riguardavano chi scrive e chi riceve la lettera.

Da questi versetti apprendiamo qualcosa in più riguardo la persona di Tichico, definito “il caro fratello e fedele servitore nel Signore” (v. 21). Del resto il saluto finale ritorna su alcuni temi che hanno caratterizzato Efesini, in particolare il desiderio che i lettori abbiano: pace che proviene da Dio Padre e che era diventata una realtà per tutti coloro che avevano posto la loro fede in Gesù Cristo, e amore. Forse la nota più significativa è l’enfasi posta sulla grazia; Paolo desidera che questa sia sperimentata da “tutti quelli che amano il nostro Signore Gesù Cristo con amore inalterabile” (v. 24). Qui “tutti” si riferisce in primo luogo a Giudei e Gentili, ma credo che la sua portata comprenda tutti coloro, di tutti i tempi, a prescindere dalla denominazione o tradizione, che amano Gesù Cristo il Signore con “amore inalterabile”.

 

 

Per la riflessione personale

o lo studio di gruppo

 

1. ‑Quali sono le principali “insidie del diavolo” contro cui dobbiamo sostenere una battaglia spirituale oggi?

 

2. ‑Dei vari pezzi dell’armatura, soltanto la spada permette di avanzare nel territorio del nemico ma per fare questo il soldato deve sapere maneggiarla in maniera esperta.

Che cosa suggerisce questo fatto per quanto concerne l’uso che facciamo della Parola di Dio?

 

3. ‑Che cosa impariamo dal breve discorso che Paolo fa sulla preghiera?

Si conclude con questo numero, la serie di
quattordici articoli di Rinaldo Diprose sulla lettera scritta da Paolo ai
cristiani della chiesa di Efeso.

Gli articoli sono apparsi negli undici
numeri dell’anno 2014 e nei primi tre numeri del corrente anno.