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Dieci milioni di telespettatori, venti milioni di orecchie tese verso la televisione non per seguire il solito show e la consueta trasmissione di dibattiti inconcludenti, ma per ascoltare la presentazione dei dieci comandamenti fatta da un comico (e la novità è già in sé tutta una programma!). L’esordio è felice: Benigni parla della libertà che Dio dona all’uomo e delle responsabilità che ne conseguono; parla dell’amore che pervade tutta la legge (l’amore di Dio per l’uomo e l’amore che Dio richiede all’uomo per sé stesso e per il suo prossimo); parla di indiscutibilità dell’esistenza di Dio e del valore della sua rivelazione che proprio nella legge trova una delle sue massime espressioni. Non parla (e non parlerà mai) dell’obbiettivo primo e ultimo della legge che è quello di portare l’uomo a riconoscere la sua condizione di peccato davanti alla giustizia di Dio e, di conseguenza, di condanna e di morte. C’è quindi un evidente squilibrio fra la presentazione della giustizia divina e la non presentazione delle sue conseguenze per la vita dell’uomo peccatore. Manca la presentazione della legge come “precettore” che conduce “a Cristo affinché noi fossimo giustificati per fede” (Ga 3:24). Senza questa mancanza (ma sarebbe stato pretendere troppo!), le due trasmissioni sarebbero state davvero messaggi di evangelizzazione, come ha detto frettolosamente qualcuno. Ma così purtroppo non è stato. Dobbiamo però segnalare un grande merito di Benigni, quello di aver messo a nudo la manomissione della legge che la chiesa cattolica ha fatto e continua a fare, disattendendo colpevolmente l’avvertimento divino: “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla, ma osserverete i comandamenti del Signore vostro Dio, che io vi prescrivo” (De 4:2). Questa manomissione è emersa con chiarezza quando Benigni ha denunciato l’omissione del secondo comandamento, relativo al divieto divino di farsi sculture e immagini e di prostrarsi davanti ad esse (“Dio non vuole essere rappresentato – ha detto – vuole essere pensato!”) e l’artifizio tutto cattolico che ha costretto, per far quadrare i conti e per non trasformare il decalogo in un “nonalogo”, a ricavare arbitrariamente due comandamenti dal decimo. Ma Benigni è andato oltre, denunciando come il “ricordati del giorno del riposo per santificarlo” sia diventato un “ricordati di santificare le feste” e come il “non commettere adulterio” sia diventato “non commettere atti impuri”, esprimendo riflessioni condivisibili sul valore del riposo come “compimento” dell’opera di Dio (Ge 2:2) e togliendo al sesso la demonizzazione prodotta dal cattolicesimo (mai si era udita in TV l’affermazione secondo la quale “il settimo comandamento significa semplicemente che Dio vuole che il dono della sessualità sia goduto solo nell’ambito del matrimonio”). “Chi ha orecchie da udire oda” ha ripetuto spesso Gesù ai suoi ascoltatori. Mi sto chiedendo: cosa hanno ascoltato e cosa hanno capito i ventimilioni di orecchie che hanno seguito le due trasmissioni? Un esempio per tutte sono le due orecchie più “illustri”: quelle di papa Bergoglio che non ha esitato a telefonare a Benigni per congratularsi. Poco tempo fa ho letto su un webside: “Bergoglio ha una grande devozione per san Giuseppe e appena fuori della porta della stanza 201 della Casa Santa Marta, in uno dei due cassettoni di legno, c’è una statua del santo sotto la quale il Papa infila dei biglietti con le richieste di grazie scritte da lui stesso. Quando i biglietti sotto il piedistallo diventano numerosi, perché Bergoglio fa lavorare tanto san Giuseppe, la statua poco a poco si alza”. Che tristezza! Il capo della chiesa che ha manomesso la Bibbia continua ad ignorare il secondo comandamento e trova il coraggio di congratularsi con chi ha denunciato la manomissione. Incredibile!! Rallegriamoci perché la Parola è stata comunque annunciata, ma non lasciamoci sedurre: è soltanto rispettando quella Parola che si dimostra di averla ascoltata!!