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Una delle preoccupazioni che Dio rivelò in relazione al cammino del suo popolo e che incaricò Mosè di esternare in modo quanto mai chiaro nel secondo dei suoi discorsi riassuntivi della legge, riguardava l’educazione e la formazione delle generazioni future. Dopo l’invito solenne “Ascolta, Israele!”, che stava ad indicare l’estrema importanza di quanto il Signore stava per dire al suo popolo, leggiamo le parole: “Questi comandamenti che oggi ti do ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli…” (De 6:6). Attraverso Mosè Dio cercò di far capire al popolo che il suo futuro lo avrebbe costruito nel presente, perché i figli sarebbero stati frutto dell’esempio e dell’educazione dei genitori. Questa educazione avrebbe dovuto avere come base e come programma la sua Parola. Ciò che colpisce è che il momento dell’insegnamento, il momento cioè della comunicazione ai figli dei contenuti di questa Parola (“questi comandamenti che oggi ti do li inculcherai”) doveva essere preceduto da un costante esempio di vita (“ti staranno nel cuore”). Questo è il segreto del successo di ogni azione educativa:l’esempio che precede ed accompagna l’insegnamento. Se tanti padri, tanti insegnanti, tante “autorità” falliscono nel loro compito è perché o non sono disponibili ad un’azione educativa perseverante e globale come quella richiesta da Dio (“ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai…”) oppure – realtà purtroppo più frequente – non sanno coerentemente accompagnare con il loro esempio di vita quanto vanno insegnando. Dopo diversi anni da questo avvertimento il popolo d’Israele conobbe, al tempo dei Giudici, uno dei periodi più critici della sua storia (da ogni punto di vista: spirituale, morale, politico, economico, di sicurezza nazionale), l’autore biblico non esitò ad indicarne la causa: “…dopo quella vi fu un’altra generazione che non conosceva il Signore né le opere che egli aveva compiute in favore d’Israele” (Gd 2:10). In quel tempo cioè le famiglie e la società d’Israele furono composte da persone nei confronti delle quali i genitori erano clamorosamente venuti meno alle loro responsabilità ed al loro impegno. Questa mancanza di insegnamento e di esempio provocò tutti i guasti e le sofferenze di cui troviamo ampia testimonianza storica nel libro dei Giudici. Il richiamo di Dio, attraverso la sua Parola, ci porta ad interrogarci e a riflettere – mi auguro con uno spirito critico e costruttivo – sulla situazione delle nostre famiglie, delle nostre chiese e della società in cui viviamo. A proposito di quest’ultima, è indubbiamente facile puntare l’indice, ad esempio, verso una vecchia classe politica per descrivere la quale occorre far ricorso ad “edificanti” parole, quali: arricchimento personale, sperpero del denaro pubblico, corruzione, collusione con mafia e criminalità varie, prostituzione, disprezzo per gli immigrati stranieri ecc… E che dire della nuova classe politica che sbandiera le proprie proposte di rinnovamento con un linguaggio scurrile, volgare, offensivo nei confronti di tutti e di tutto? Se questo è il presente in cui si costruisce la società italiana, cosa possiamo aspettarci dal futuro? Certamente: nulla di buono! Ma occorre puntare l’indice anche verso di noi: quale esempio riceveranno le future generazioni dal numero purtroppo crescente di famiglie che si disgregano? Quale esempio dalle chiese locali in cui tensioni, litigi, divisioni si sprecano? Quale esempio da quelle in cui si tollera con indifferenza il peccato?Quale esempio da genitori che, pur dicendosi credenti, non mostrano più di avere una fede operante, non dando più, nelle loro quotidiane scelte di vita priorità al Signore e alla sua Parola? Domandiamoci: su queste basi, quale futuro possiamo attenderci? Se altri hanno mancato nei nostri confronti, venendo meno nell’insegnamento e nell’esempio, impegnamoci, noi, a non mancare verso i nostri figli!!