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Introduzione

 

La 2 e la 3Giovanni non contengono alcuna verità che non sia insegnata già nella 1Giovanni. Ma questo non significa che non insegnino nulla di importante.

Queste lettere sono dei buoni esempi di applicazione pratica delle verità già imparate dalla lettura della 1Giovanni. Se manchiamo di applicare le verità imparate non possiamo dire di averle apprese bene. Anzi rischiamo di assomigliare agli gnostici che credevano che tutto si risolvesse con l’acquisizione di una buona conoscenza.

 

A questo proposito non dimenticherò mai la risposta del Prof. F. F. Bruce alla domanda di un anziano, nel contesto delle sue conferenze tenute in Nuova Zelanda nel 1966. La domanda era: “Da quale punto bisogna partire per elaborare un programma di insegnamento per la chiesa locale?”

La risposta del fratello Bruce fu:

“Innanzitutto bisogna assicurarsi che tutto ciò che è stato insegnato in precedenza venga messo in pratica”.

 

 

La lettera

 

A differenza della 1Giovanni, la 2Giovanni ricalca più la forma di una lettera tipica dell’epoca. Innanzitutto perché tutto il testo poteva essere scritto su un solo foglio di papiro.

 

In secondo luogo perché l’autore fa precedere allo scopo principale della lettera dei temi secondari ma non privi di significato, come la gioia che l’autore prova nel sapere che alcuni figli della “signora eletta… camminano nella verità” (v. 4).

 

In terzo luogo perché si tratta di una lettera piuttosto personale, come quella che Paolo scrisse a Filemone.

Da questo carattere piuttosto personale dipende il fatto che alcune questioni vengono soltanto accennate, essendo le due parti – chi scrive e chi legge – al corrente delle situazioni.

Addirittura la conoscenza di alcune problematiche, importante per comprendere il messaggio della lettera, è data per scontata.

 

In particolare il problema di dove alloggiare nel mondo greco-romano.

Infatti spesso gli unici alloggi che un viaggiatore poteva trovare erano locande che facevano anche da case di prostituzione ed erano sporche e infestate di pulci.

Da ciò apprendiamo che l’attenzione e l’importanza attribuita all’ospitalità nel Nuovo Testamento, oltre a essere un’espressione dell’amore fraterno (si veda Ro 12:13; 1Ti 3:2; 5:9-10; Tt 1:8; Eb 13:2; 1P 4:9), è anche circostanziata.

Quindi, quando Giovanni parla di chi non bisogna “ricevere” (v. 10), non dobbiamo pensare semplicemente all’accoglienza in un momento di culto, bensì alla questione di aprire la propria casa a qualcuno, pensando di rendere un servizio ai santi, quando in realtà tale persona è un “seduttore”.

 

 

Ecco il testo della lettera:

 

“L’anziano alla signora eletta e ai suoi figli che io amo nella verità (e non solo io ma anche tutti quelli che hanno conosciuto la verità) a motivo della verità che dimora in noi e sarà con noi in eterno: grazia, misericordia e pace saranno con noi da parte di Dio Padre e di Gesù Cristo, il Figlio del Padre, nella verità e nell’amore.

 

Mi sono molto rallegrato di aver trovato fra i tuoi figli alcuni che camminano nella verità, secondo il comandamento che abbiamo ricevuto dal Padre. E ora ti prego, signora, non come se ti scrivessi un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo avuto fin da principio: amiamoci gli uni gli altri. In questo è l’amore: che camminiamo secondo i suoi comandamenti. Questo è il comandamento in cui dovete camminare come avete imparato fin da principio.

 

Poiché molti seduttori sono usciti per il mondo, i quali non riconoscono pubblicamente che Gesù Cristo è venuto in carne. Quello è il seduttore e l’anticristo.

Badate a voi stessi affinché non perdiate il frutto delle opere compiute, ma riceviate piena ricompensa. Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non ha Dio. Chi rimane nella dottrina, ha il Padre e il Figlio.

Se qualcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo. Chi lo saluta, partecipa alle sue opere malvagie.

 

Avrei molte altre cose da scrivervi, ma non ho voluto farlo con carta e inchiostro perché spero di venir da voi e di parlarvi a voce, affinché la nostra gioia sia completa. I figli della tua eletta sorella ti salutano”.

 

 

L’indirizzo e saluti (vv. 1-3)

 

L’autore della lettera, che si presenta come “l’anziano”, è chiaramente lo stesso che ha scritto la 1Giovanni.

Ce lo dimostrano sia il linguaggio adoperato sia i temi toccati. L’autore si presenta come “l’anziano” in 2 e 3Giovanni, forse perché i temi toccati hanno a che fare con la vita di chiesa, mentre la tematica trattata nella 1Giovanni aveva a che fare con la testimonianza apostolica (1 Gv 1:1-3).

 

Se, per qualcuno il titolo “anziano” appare troppo riduttivo per indicare un apostolo, forse ciò dipende dalla poca importanza che talvolta viene attribuita alla figura di anziano nelle chiese di oggi.

 

Vale la pena ricordare che Pietro, che si descrive come “anziano” in 1 Pietro 5:1, ritiene gli anziani direttamente responsabili di fronte al supremo Pastore per la vita delle chiese (vv. 2-4). Il bene del gregge dipende in gran parte da loro.

Quindi non è un caso se tanto Pietro quanto Giovanni si identificano in questo ruolo nella chiesa di cui facevano parte nel momento in cui hanno scritto queste lettere.

 

Quanto ai destinatari, “la signora eletta e ai suoi figli che io amo nella verità”, ci si domanda se si tratti di una credente vedova dimostratasi molto degna di rispetto, insieme con dei figli credenti, oppure di un linguaggio in codice che indichi una chiesa locale.

 

Dal momento che le assemblee dei santi abitualmente si radunavano nelle case, potrebbe darsi che si intendano sia la famiglia di una sorella particolare sia tutta la chiesa che si radunava nella sua casa.

Il saluto al termine della lettera, “i figli della tua eletta sorella ti salutano”, privilegia l’idea che si trattasse di un linguaggio in codice che indica due chiese locali, una delle quali, quella di Efeso, di cui Giovanni faceva parte.

Dal momento che una decisione al riguardo non influisce sulla comprensione del messaggio della lettera, non ci soffermeremo ulteriormente su tale questione.

 

Ciò che unisce l’autore e i destinatari è l’amore per la verità che hanno in comune.

Lo stesso amore nella verità che è entrata nella loro vita e che caratterizzerà la loro vita “in eterno” li unisce a “tutti quelli che hanno conosciuto la verità”.

 

Come gli apostoli Pietro e Paolo, Giovanni trasforma il saluto epistolare in qualcosa che si ispira alla fede cristiana.

Mentre Pietro e Paolo abitualmente esprimono un desiderio che riguarda i lettori, Giovanni fa la seguente affermazione:

 

“Grazia, misericordia e pace saranno con noi da parte di Dio Padre e di Gesù Cristo, il Figlio del Padre, nella verità e nell’amore”.

 

Come nelle lettere di Paolo, si può cogliere da questa affermazione qualcosa dei temi che l’autore affronterà nel corpo della lettera:

1. il prodotto del vero amore (grazia, misericordia e pace),

2. l’importanza della verità inerente alla persona del Figlio di Dio e

3. il bisogno di rapporti autentici basati sulla verità e sull’amore.

 

 

Il cammino nella verità (vv. 4-6)

 

Le parole “mi sono molto rallegrato di aver trovato fra i tuoi figli alcuni che camminano nella verità…”suggeriscono che nelle zone che ricevevano le visite dell’apostolo, e in cui si trovavano i destinatari della lettera, idee non ortodosse avevano già esercitato una certa influenza su persone che, tempo indietro, frequentavano incontri di credenti.

Questo avrebbe reso urgente la lettera di Giovanni, anche se i “seduttori” contro i quali mette in guardia i suoi lettori più avanti nella lettera non si erano ancora presentati (si veda vv. 7,10).

“figli” che camminavano nella verità, secondo il comandamento del Padre, sono quelli che avevano creduto“nel nome del Figlio suo, Gesù Cristo” (1 Gv 3:23).

 

Il vero amore per il Padre e per i fratelli si manifesta nell’ubbidienza ai suoi comandamenti, sia quello di amarsi gli uni gli altri a fatti e in verità, sia gli altri comandamenti di Cristo (si veda Mt 28:20).

 

“Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. Da questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato” (1Gv 3:24).

 

Nella sua seconda lettera Giovanni ribadisce il fatto che l’etica di un sedicente credente, il suo modo di“camminare”, dà la conferma oppure la negazione della sua confessione di fede.

 

 

L’avvertimento (vv. 7-11)

 

Questi versetti costituiscono la parte centrale del messaggio di Giovanni.

In questi versetti egli innanzitutto informa i suoi lettori che “molti seduttori” erano usciti per il mondo.

 

Si tratta di persone che, pur presentandosi in qualche modo come seguaci di Cristo, non confessavano la verità dell’incarnazione (v. 7).

Evitare di dire la verità ha lo stesso valore della negazione, soltanto che è un approccio più subdolo che può facilitare l’intento di indurre uditori disarmati ad accettare dei ragionamenti che, nella sostanza, sono contrari alla verità taciuta.

L’attività di simili persone che giravano liberamente nell’Asia antica sulla fine del primo secolo conferma che il regno millenario descritto in Apocalisse 20:1-6 rimane realtà futura.

Lo conferma pure la dichiarazione di Giovanni “sappiamo … che tutto il mondo giace sotto il potere del maligno”(1 Gv 5:19).

Infatti nella visione che Giovanni ebbe dei mille anni, vide che Satana fu legato “perché non seducesse più le nazioni finché fossero compiuti i mille anni” (Ap 20:2-3).

 

A motivo dell’agire subdolo dei seduttori, era necessario essere allertati al riguardo.

Quindi Giovanni esorta:

 

“Badate a voi stessi affinché non perdiate il frutto delle opere compiute, ma riceviate piena ricompensa” (v. 8).

 

Chi si fosse lasciato abbindolare dai seduttori avrebbe perso parte della ricompensa (gr. mithos) prevista per le opere compiute nel passato. Infatti errori commessi più avanti nella vita possono compromettere, non già il dono della vita eterna (1Gv 5:13) perché tale dono dipende dalla grazia di Dio, ma possono compromettere il valore di ciò che si è fatto in precedenza con tanto zelo che era in conformità con la verità.

Gli esempi non mancano (si veda 2Ti 4:9, 14).

 

Nel v. 9 Giovanni torna a parlare dei seduttori, mettendo in guardia i suoi lettori con queste parole:

 

“Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non ha Dio” (v. 9a).

 

Credo che Stott colga nel segno il senso di queste parole quando scrive:

 

“Giovanni quasi certamente sta prendendo in prestito la parola [proagōn] dal vocabolario degli eretici. Essi proclamavano di avere punti di vista «progressisti», una gnōsis superiore che li aveva resi capaci di andare oltre i rudimenti della fede nei quali il gregge comune si contentava di «dimorare». Giovanni si riferisce alla loro pretesa con sarcasmo. Essi erano davvero «andati oltre». Erano andati talmente lontano che avevano lasciato Dio dietro di loro!”

 

Invece, “chi rimane nella dottrina, ha il Padre e il Figlio” (v. 9b).

Non si può andare “oltre la verità” senza sacrificare la verità stessa.

La nostra fede e il nostro cammino devono essere condizionati dalla verità che è stata rivelata una volta per sempre e di cui i testimoni rimangono per sempre quelli preposti da Gesù, ovvero gli apostoli.

Chi vi aggiunge qualcosa, illudendosi che andare oltre sia desiderabile, confonde la verità di Dio con le speculazioni umane.

 

Ora veniamo alla questione dell’ospitalità (vv. 10-11).

Qui Giovanni sta mettendo in guardia i suoi lettori prima che i seduttori arrivino nella loro città.

La sua direttiva è di non trattarli come insegnanti itineranti fedeli alla dottrina di Cristo. Questo significa, in pratica, non offrire loro ospitalità e non salutarli come fratelli in Cristo. Piuttosto bisogna trattarli per quello che sono, seduttori, il che potrebbe anche farli riflettere in vista di ravvedersi (si veda 1 Gv 5:16-17).

 

È importante comprendere che il divieto dell’accoglienza riguarda persone che vengono con l’intenzione di diffondere delle eresie.

Non sono contemplate qui delle differenze di opinione su aspetti secondari della dottrina, bensì ciò che attiene al fondamento della fede cristiana.

Le persone da non accogliere possono essere definiti addirittura “anticristi” (1Gv 2:18-19; 2Gv 7). Qualora qualcuno accogliesse queste persone darebbe l’impressione di approvare, almeno in modo tacito, la loro dottrina e quindi diventerebbe partecipe delle loro “opere malvagie.” Rischierebbe pure di rimanere influenzato dai loro discorsi.

 

I “seduttori” devono trovare alloggio fuori dell’ambito della chiesa e così sentire il peso del fatto di essersi tagliati fuori dalla comunione dei santi (vv. 10-11).

Per il resto, l’ospitalità che è una delle espressioni più concrete dell’amore per i fratelli, rimane la norma.

 

 

I viaggi di Giovanni (v. 12; cfr. v. 4)

 

Se non avessimo la 2 e 3 Giovanni sapremmo poco sugli spostamenti dell’apostolo Giovanni, a parte quello forzato sull’isola di Patmos di cui parla in Apocalisse 1:9.

 

Invece sappiamo da queste lettere che anche lui, come Pietro, si spostava per compiere il suo ministero.

Forse era proprio a motivo della grande influenza di Giovanni come insegnante itinerante d’eccezione che egli fu preso di mira dalle autorità ai tempi dell’imperatore Domiziano ed esiliato nonostante la sua veneranda età.

 

Il fatto che Giovanni abbia comunque scritto la lettera, pur avendo in programma di visitare “la signora eletta” e i suoi figli, dà la misura dell’urgenza della questione.

 

Sarebbe bello avere a disposizione il proseguimento “a voce” del suo intervento iniziato con questa lettera e sentire le “molte altre cose” che l’apostolo non ha reso note “con carta e inchiostro”, ma evidentemente ciò non era necessario.

 

Questo breve scritto, insieme con la 1Giovanni, ci danno tutta l’informazione di cui abbiamo bisogno per affrontare situazioni simili nel nostro tempo.

 

Per la riflessione personale

e lo studio di gruppo

 

1. Ci sono oggi dei “seduttori” analoghi a quelli di cui Giovanni parla in questa lettera?

Nel caso affermativo, chi sono?

 

2. Come si può conciliare il comandamento di “amarsi gli uni gli altri” con la delimitazione dell’ospitalità che Giovanni insegna in questa lettera?