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Introduzione

 

Il capitolo 7 costituisce un punto “clou” del messaggio delle lettera agli Ebrei. Può sfuggire a un lettore non ebraico del ventunesimo secolo l’importanza fondamentale del raffronto fra l’ordine sacerdotale levitico e quello di Melchisedec.

A questo proposito, il fatto che molti trovano ostico questo capitolo, sia per l’argomento in sé sia per il modo in cui l’autore sviluppa il suo ragionamento, è una conferma che i destinatari erano Ebrei e che il tempio era ancora operativo quando la lettera è stata scritta, anche se figura in questo libro sempre come il “tabernacolo”.

Per i primi lettori di Ebrei era essenziale comprendere sia la legittimità del sacerdozio di Gesù, sia l’effettiva superiorità del nuovo ordine sacerdotale.

Soltanto così avrebbero avuto il coraggio di rinunciare ai servizi del “tabernacolo” e ubbidire all’esortazione:

“Usciamo… fuori dall’accampamento e andiamo a lui, portando il suo obbrobrio” (13:13).

Il termine “obbrobrio” si riferisce qui al modo di considerare la croce di Cristo da parte di coloro che non erano convinti che, con essa, il nuovo patto era entrato in vigore.

A partire da questo confronto fra i due ordini sacerdotali, quello levitico e quello di Melchisedec, l’autore presenta la dottrina superiore intorno a Cristo, elemento necessario affinché i lettori superino lo stadio di essere “bambini” (5:11; 6:3).

Nei primi cinque capitoli di Ebrei l’autore ha presentato la superiorità della persona del Messia, Figlio di Dio, rispetto ai principali protagonisti della storia veterotestamentaria: i profeti, gli angeli e, in particolare, Mosè, Giosuè e Aaronne.

Ora inizia il confronto fra il ministero sacerdotale affidato ad Aaronne e i suoi discendenti, inerente il patto levitico, e quello affidato a Cristo inerente il nuovo patto, detto anche “eterno” (13:20).

 

 

Perché Melchisedec è importante

 

La prima fonte di informazione riguardante la figura misteriosa del re-sacerdote Melchisedec è il libro della Genesi (14:18-20). Ma c’è anche una seconda fonte veterotestamentaria importante, che contiene un oracolo che ne parla. Si tratta di Salmo 110 i cui oracoli sono stati già rievocati una decina di volte nella lettera agli Ebrei.

 

Il primo motivo perché Melchisedec risulta importante per l’autore della lettera Ebrei ha a che fare con lo storico incontro di questo personaggio con il patriarca Abramo.

Il secondo motivo, ancora più cruciale per l’argomento sviluppato in questa lettera (si veda 8:1-2), si basa su Salmo 110:4, dove si parla dell’ordine sacerdotale di Melchisedec. Secondo questo Salmo l’ordine sacerdotale di Melchisedec adombra uno dei ministeri di Adonai, una persona divina al servizio di YHWH (Sl 110:1-4), un figlio di Davide che non era altro che “il nostro Signore” (Mt 22:41-46; Eb 7:14).

 

Come Stefano aveva usato l’Antico Testamento per notare che la costruzione del tempio risaliva a un momento relativamente recente della storia di Israele (At 7:1-50), il nostro autore fa sapere che gli Scritti sacri d’Israele prevedevano l’avvento di un sacerdozio diverso da quello legato al tempio. Tale sacerdozio, il cui prototipo precedeva il sacerdozio levitico, è ora operativo “alla destra del trono della Maestà nei cieli” (8:1-2).

 

 

Melchisedec e Abramo

(vv. 1-3; cfr. Ge 14:18-20)

 

L’incontro di Melchisedec con Abramo avvenne mentre questi tornava dalla sua vittoria sulla confederazione dei quattro re, guidata da Chedorlaomer, che aveva portato via prigioniera la gente di Sodoma. Il primo gesto di Melchisedec, nei confronti di Abramo, fu di fargli portare del pane e del vino, evidentemente per dargli refrigerio e anche come segno di amicizia (Ge 14:18; cfr. De 23:3-4).

Ma Melchisedec non si limita a dare refrigerio ad Abramo. Anzi questo particolare non viene neanche ricordato nella lettera Ebrei, evidentemente perché giudicato dettaglio poco insignificante. L’autore della lettera si sofferma sul fatto che Melchisedec benedisse Abramo.

Questo gesto e la reazione di Abramo, di dargli “la decima di ogni cosa” (Ge 14:19-20), dimostrano da una parte che Melchisedec riconobbe in Abramo un fedele servitore del Dio Altissimo che lui stesso serviva e, dall’altra parte, che Abramo riconobbe nel re-sacerdote Melchisedec un fedele rappresentante dello stesso Dio.

Quanto alle qualità a cui fa riferimento il nome Melchisedec e la sfera del suo regno: “re di giustizia” e “re di Salem (pace)”, esse anticipano delle qualità essenziali del futuro Messia di cui Melchisedec risulta un tipo, sia per Davide sia per l’autore di Ebrei (Sl 110:4; cfr. Is 32:1,17; 42:1-4; Sl 85:10; Eb. 2:14-17)).

È stato spesso notato che l’autore di Ebrei attribuisce significato tipologico tanto ai fatti storici descritti in Genesi 14, quanto ai silenzi di questo brano (Eb 7:1-4). In particolare la totale assenza di dati genealogici in Genesi viene utilizzato dal nostro autore come emblematico della natura permanente del sacerdozio “secondo l’ordine di Melchisedec” (Eb 7:3).

Questo modo di interpretare il testo della Genesi, in cui storia e simbolo si confondono, va oltre il normale uso della tipologia, sfiorando l’interpretazione allegorica. Però la differenza fra il significato che il nostro autore ricava dal primo libro della Bibbia e una classica interpretazione allegorica, sta nel fatto che, per il nostro autore, la storia continua a essere il punto di partenza dell’interpretazione.

 

 

Abramo e Levi a confronto con Melchisedec (vv. 4-10)

 

Il fatto che Abramo, da cui discende Levi, diede la decima di ogni cosa a Melchisedec, implica la superiorità di Melchisedec e il suo sacerdozio rispetto a quello di Aaronne. Infatti:

“In un certo senso, nella persona d’Abramo, Levi stesso, che riceve le decime, ha pagato la decima [a Melchisedec]; perché egli era ancora nei lombi di suo padre, quando Melchisedec incontrò Abramo” (vv. 9-10).

Questa logica utilizza il concetto di solidarietà corporativa, secondo cui uno rappresenta tutti. Si tratta di un concetto abbastanza comune nell’Antico Testamento (si veda Is capp. 40:55; cfr. Ga 3:16).

Se per il lettore del ventunesimo secolo tale ragionamento sembra troppo ricercato, avrebbe aiutato invece un giudeo del primo secolo a comprendere la superiorità del sacerdozio di Cristo (“secondo l’ordine di Melchisedec”), rispetto a quello levitico.

 

 

Gesù, re-sacerdote

secondo l’ordine di Melchisedec

(vv. 11-18)

 

Il sacerdozio levitico non offriva all’adoratore la possibilità di raggiungere la perfezione. Le ragioni di questa sua incapacità vengono spiegate più completamente nei vv. 26-28 e in 10:1-14. Il punto che l’autore vuole stabilire qui è il fatto in sé dei limiti posti dal sacerdozio levitico e che, avendo tali limiti, non poteva perpetuarsi in eterno come ordine sacerdotale. Occorreva, prima o poi, un sacerdote che appartenesse a un ordine sacerdotale diverso e che avesse in sé la capacità di far raggiungere la perfezione.

Per chi fosse attaccato alla forma del culto levitico, andava sottolineato che un cambiamento di ordine sacerdotale comportava necessariamente anche nuove norme per l’approccio a Dio (v. 12).

L’autore insisterà molto su questo punto, descrivendo in dettaglio il nuovo approccio a Dio (si veda in particolare 10:19-23) e con ragione! Infatti, nonostante la chiarezza della sua esposizione la cristianità sarebbe comunque tornata a proporre un approccio a Dio che segue le norme dettate dal sacerdozio levitico.

La dichiarazione dei vv. 13-14 porta avanti i temi dei vv. 11 e 12. Quanto all’ordine sacerdotale di Melchisedec, Gesù, in quanto discendente di re Davide della tribù di Giuda, rassomiglia Melchisedec anche nel fatto di essere re (cfr. Mt 2:2; 22:41-46).

Per un giudeo che non tenesse conto dell’oracolo di Salmo 110:4, l’appartenenza di Gesù alla tribù Giuda avrebbe escluso ogni accostamento fra Gesù e il sacerdozio; alla luce di tale oracolo, invece, l’appartenenza alla tribù di Giuda conferma la superiorità del suo sacerdozio rispetto a quello di Aaronne.

Quanto al bisogno di una nuova legge (v. 12), non essendo Gesù della tribù di Levi, le norme che regolavano le funzioni dei sacerdoti levitici non potevano trovare applicazione nel suo ministero sacerdotale.

Infatti l’approccio a Dio nell’ambito del nuovo patto, descritto in Ebrei 10:19-23, è notevolmente diverso dall’approccio richiesto nel culto levitico.

A questo proposito vale la pena notare che l’interesse primario dell’autore della lettera agli Ebrei è il modo di accedere alla presenza di Dio e come questo cambia con il passaggio dal patto levitico al nuovo patto. L’interesse principale di Paolo mentre scrive ai Romani, invece, è forense: spiegare in quale modo la giustizia di Dio è stata soddisfatta da Cristo per tutti coloro che credono.

Il v. 16 del nostro brano indica la caratteristica principale che rende il sacerdozio di Cristo superiore a quello di Aaronne: Cristo è sacerdote“in virtù della potenza di una vita indistruttibile” (v. 16).

A questo riguardo il valore tipologico che il Salmista Davide attribuì all’ordine sacerdotale di Melchisedec calza perfettamente. Si tratta di un sacerdozio “senza termine” (cfr. v. 24).

 

L’oracolo contenuto nel Salmo 110:4 è un esempio straordinario della natura sovrannaturale della Bibbia: un particolare che apparteneva ai tempi di Abramo, ossia 2000 anni circa a.C., riportato nella Bibbia circa 500 anni più tardi da Mosè, costituisce la base di un oracolo di tipo predittivo messo per iscritto intorno a 1000 anni a.C. e che trova il suo perfetto adempimento 1000 anni più tardi, grazie al trionfo del crocifisso e il suo ritorno alla destra del Padre!

Non è possibile spiegare la corrispondenza fra due eventi (il tipo e l’antitipo) che distano 2000 anni l’uno dall’altro, tanto meno l’assegnazione di un preciso significato di carattere tipologico al primo di questi eventi ben 1000 anni prima della apparizione dell’antitipo, se non riconoscendo che dietro lo scrivere di Mosè, Davide e l’autore di Ebrei c’è un’unica intelligenza divina, non condizionata dal tempo, ovvero il vero Dio, Creatore e Redentore.

L’introduzione del nuovo sacerdozio comporta logicamente l’abrogazione del sacerdozio levitico con il relativo ordine di culto e norme per l’approccio a Dio (v. 18). Infatti paragonato con ciò che Cristo ha compiuto perfettamente, l’ordine levitico appare imperfetto, in quanto dipendeva da uomini imperfetti, e, tutto sommato, inutile in quanto, in definitiva, soltanto “figura” dell’opera che Cristo avrebbe compiuto (9:9).

All’abrogazione del “comandamento precedente” corrisponde “l’introduzione di una migliore speranza, mediante la quale ci accostiamo a Dio” (v. 19). A questo proposito è bene ricordare che, sotto la legge i singoli Israeliti non potevano accostarsi a Dio; soltanto il sommo sacerdote poteva entrare nel luogo santissimo una volta all’anno e non senza sangue.

Questo ci ricorda che quando abbiamo a che fare con Dio dobbiamo essere consapevoli che stiamo in un “luogo santo” (cfr. Gs 5:15). Il fatto che in Cristo possiamo accostarci a Dio fa comprendere che la “speranza” resa possibile da Cristo è incredibilmente “migliore”: non la si può paragonare con l’approccio a Dio che vigeva fin quando era in vigore il patto levitico.

Prima di passare all’approfondimento della natura unica del ministero sacerdotale di Cristo (vv. 22-28), l’autore della lettera agli Ebrei menziona un altro modo in cui la sua istituzione si distingue dal sacerdozio levitico.

Essendo il ruolo dei sacerdoti levitici temporaneo e transitorio, la loro consacrazione veniva fatta senza giuramento; invece il giuramento riguardante Cristo, costituendolo “sommo sacerdote in eterno” sottolinea il carattere inviolabile di questo ruolo (cfr. vv. 22-28).

 

 

Per la riflessione personale

o lo studio di gruppo

 

1. Su quali basi Melchisedec è considerato superiore ad Abramo e di conseguenza l’ordine sacerdotale di Melchisedec superiore a quello di Aaronne (Eb 7:1-10)?

 

2. Perché è un errore pensare che Melchisedec fosse in realtà una “cristofania”, ossia un’apparizione temporanea di Cristo prima del tempo dell’incarnazione, e non realmente il “re di Salem” e “sacerdote del Dio altissimo” al tempo di Abramo?

 

3. Perché era necessario che, cambiato il sacerdozio con l’avvento del nuovo patto, venisse cambiata anche le norme dell’approccio a Dio (Eb 7:12, 19)?