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Introduzione

Considerare le verità “assolute” è onore e onere della vita spirituale. La prassi quotidiana è fatta di scelte dettate da ciò che appare più opportuno fare… “poiché tutti dipendono dal tempo e dalle circostanze” (Ec 9:11), le quali mutano il nostro orientamento di volta in volta. 

Questa realtà viene descritta con termini di accezione positiva, di volta in volta si parla ad esempio di “capacità di adattamento” con la quale si può sopravvivere a un ambiente difficile, oppure di “intelligenza emotiva” che ci fa intuire l’umore e gli intenti del nostro prossimo per relazionarci al meglio.

Ma esistono altre terminologie per descrivere queste nostre inclinazioni naturali in modo negativo: così la “capacità di adattamento” diventa “trasformismo” e la “intelligenza emotiva” appare piuttosto come “capacità manipolativa”. Vediamo perciò che, non solo esistono comportamenti diversi relativamente a situazioni diverse, ma che c’è anche un diverso modo di vedere lo stesso comportamento relativo a una stessa, ben definita, circostanza.

I termini “relativamente” e “relativo” evidenziano che, se a guidarci nelle varie situazioni non è l’assoluto, inevitabilmente saremo guidati dal relativismo, secondo cui non è possibile stabilire se un argomento è oggettivamente valido, giusto o vero per tutti, ma tutto dipende dalla sensibilità del singolo individuo, che si schiera per una visione o per l’altra, e si riserva di cambiarla ancora in base della convenienza del momento. Questo schierarsi da una parte o dall’altra determina fazioni differenti ma tutte con un obiettivo comune: quello di “assolutizzare” le proprie visioni individuali o di gruppo. Ovviamente tale scopo comune anziché portare armonia non può che portare allo scontro: più una visione relativa raccoglie consensi, più viene accreditata e più la si invoca per differenziarsi dagli altri, in un crescendo di toni aspri e divisivi, sulla bocca di persone vinte dalla propria (presunta) verità, ormai diventata ingiustificatamente un dogma, o meglio, un falso assoluto.

Ritroviamo la stessa dinamica peccaminosa descritta da Paolo: “Benché si dichiarino sapienti, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili” (Ro 1:22-23).

I sapienti del mondo rifiutando il vero Dio, hanno finito per crearsi delle false divinità, così oggi i cercatori di consensi, rifiutando la Verità assoluta, finiscono per crearsi dei falsi dogmi. In entrambi i casi, siamo di fronte allo stesso tipo di assurdo logico e spirituale che oggi rivediamo nei dibattiti su diritti dell’individuo, matrimonio, libertà di genere, politica vaccinale, etc…

Qua e là, si vuol vedere accettata la propria opinione, mentre di fatto la si vuole imporre. Da una parte si vorrebbero vedere tollerate le proprie individualità invocando intolleranza su quelle altrui. Dall’altra si diffonde sempre più un’idea di libertà personale che converge con la negazione di quella altrui.  Indipendentemente dai temi specifici, si assiste allo stesso schema:

  • La Verità assoluta (rivelata da Dio) viene rifiutata in nome di un’alternativa.
  • Un’opinione umana (fabbricata dall’uomo) viene diffusa perché ottenga consensi.
  • La presunta nuova “verità” è in contraddizione con le motivazioni stesse che l’hanno fatta nascere, mettendo in evidenza l’assurdità di una tale operazione.

Scopo di quest’articolo non è perorare posizioni specifiche a scapito di altre su questo o quell’argomento specifico, ma è quello, più generale e coerente col tema, di mettere in luce che è in atto una seduzione delle nostre menti per piegarle alla logica del “Padrone Consenso” piuttosto che lasciarle al servizio della Verità.  Anche i credenti, infatti appaiono sempre più a loro agio con questa prassi del mondo. Ciò è un segnale che il relativismo sa passare facilmente dal pensiero del mondo a quello della Chiesa. Dovremmo chiederci se il popolo di Dio stia confondendo la chiamata alla VERITA’ con il convergere intorno ad opinioni umane. 

Togliere “carburante” al relativismo

Cosa fa penetrare il relativismo sempre più profondamente nel campo dell’assoluto? Perché è così tanto presente nella vita delle persone, credenti compresi? 

Cercheremo di svelare questo elemento fondamentale nell’avanzata del relativismo ricorrendo a un esempio. 

Immaginiamo di fare interviste telefoniche casuali a persone diverse. Alcune si direbbero felici, altre tristi o indaffarate, etc etc. Fin qui niente di strano, perché si tratta di stati soggettivi. Ma cosa sarebbe se qualcuno dicesse che è notte, mentre altri che è pieno giorno? Forse penseremmo che, telefonando casualmente, si sono contattate persone che vivono sulle due diverse facce della terra. Ma se non fosse così? Se colui che afferma “luce” e colui che afferma “buio” rispondessero dalla stessa località e nel medesimo momento? Sorgerebbe un problema, perché quello su cui ci si esprime non sarebbe più qualcosa di soggettivo, ma di oggettivo e che, come tale, non potrebbe ammettere opinioni a tal punto divergenti! Se ciò accadesse, uno dei due starebbe mentendo o sbagliandosi di grosso (perché influenzato negativamente da una visione nemica della verità)! 

Questo è un esempio di ciò che accade quando si giudicano le cose senza curarsi di adottare un “punto di riferimento comune”.

Magari chi pensa che sia buio è una persona con sonno arretrato cui non è suonata la sveglia e che ci risponde dalla sua stanza da letto con le finestre serrate, immaginando di essere ancora in piena notte mentre è già mattina inoltrata. Diversamente, l’altra persona è già sveglia da ore e quindi nelle condizioni favorevoli per descrivere correttamente la realtà.

Chi si è sbagliato ottiene tutta la nostra comprensione, ma di sicuro non possiamo considerare corretta la sua visione della realtà, dato che semplicemente non corrisponde a verità! Entrambi possono aver risposto convintamente, ma uno dei due si è sbagliato di grosso, mettendo in evidenza che il carburante di cui si alimenta il relativismo è la mancanza di punti di riferimento comuni, di un assoluto che faccia da fondamento comune. Ecco perché non ci possiamo accontentare di una visione relativistica delle cose: per il semplice fatto che esiste una Verità indipendente dalle visioni del singolo, le quali sono influenzabili e variabili a seconda delle circostanze!

Perciò, adottando un “riferimento comune” (accertarsi di aver puntato la “sveglia”) e distinguendo le visioni personali (soggette a errore e transitorie) dalla Verità assoluta (opposto dell’errore ed eterna) sottrarremo carburante utile all’avanzata del relativismo:

“La somma della tua parola è verità; e tutti i tuoi giusti decreti durano in eterno” (Sl 119:160).

Relativismo e divisioni nella chiesa!?

Dovrebbe dunque essere evidente che, se non ci si fonda sulla Verità assoluta, la realtà viene sostituita da opinioni personali che possono arrecare grave danno. I credenti hanno un punto di vista privilegiato da cui partire per avere una visione conforme alla Verità e trarre deduzioni utili per la propria vita: la Rivelazione divina che troviamo nella comprensione della Scrittura sotto la luce dello Spirito Santo, Dio vivente nei credenti.

Ma allora come mai, anche nel popolo di Dio esistono così tanti differenti punti di vista dottrinali ma anche sulla vita pratica e sull’etica? Non parliamo qui di “sfumature” di secondo piano, con cui conviveremo fino ai tempi della perfezione che si compirà solo nei cieli, ma di “visioni” grossolanamente contrapposte, tali da minare l’unità.

L’attuale pandemia e i suoi impatti sulla società sembrano accentuare nella chiesa antiche divisioni e accenderne di nuove. Ne sono esempi il contrasto tra credenti “filo negazionisti” ed altri più “aperturisti”, ma anche gli schieramenti che si stanno delineando sul fatto che, nel dopo pandemia, qualcosa debba essere rivisto nel modo stesso di essere Chiesa e di vivere la Chiesa. In questo caso le fazioni sono credenti “filo conservatori” da un lato e “filo progressisti” dall’altro. Tali etichette, grazie a Dio, sono finora ancora soltanto prese a prestito dalla terminologia mondana, non identificando (ancora?) ufficialmente raggruppamenti o “partiti” di credenti; dovremmo però rammaricarci del fatto che, assai tristemente, esse già ben descrivono il multiforme popolo di Dio.

Dove arriveremo di questo passo? Pensiamo forse che il nemico relativismo voglia perdere la ghiotta occasione offerta da questo sconvolgimento mondiale, mentre è all’opera nel Popolo di Dio attraendo i fratelli mediante le lusinghe di un’intesa carnale condita di reciproche ammirazioni travestite da spirito comunitario, che tale non è se mette i credenti gli uni contro gli altri! 

Ci preoccupiamo a seconda dei casi, più del virus o più del vaccino, più della nostra libertà di opinione o più dell’autorevolezza delle fonti di informazione da cui attingiamo; mentre potremmo terribilmente perdere di vista il nostro Supremo Pastore:

“Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada. Perché sono venuto a dividere il figlio da suo padre, la figlia da sua madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell’uomo saranno quelli stessi di casa sua. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di m Chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà” (Mt 10:34-39).

Non confondiamoci: Cristo divide la Chiesa dal Mondo in nome della Verità della croce, non semina discordie all’interno della sua Chiesa in nome di umane preferenze.

Siamo chiamati a condividere le verità assolute, non ad assolutizzare le visioni personali, quand’anche queste ultime risultassero “maggioritarie”. Non siamo forti se la nostra opinione è condivisa, ma solo se abbracciamo la visione di Dio, anche se è “minoritaria”! 

“Sono piccolo e disprezzato, ma non dimentico i tuoi comandamenti” (Sl 119:141)

La nostra parte è portare la nostra propria croce, dichiararci morti a noi stessi e viventi in Cristo. Il nostro posto è nelle file compatte di coloro che sono al seguito di Cristo. Quanto lontano da questo è l’affermarsi di coloro che, autoeleggendosi guide o seguaci di esse, attraggono consensi in nome di “una parola” che anziché compattare il popolo di Dio lo disgrega. Credenti diventati autoreferenziali e senza umiltà, propagandano questa o quella posizione su qualsiasi tema, prescindendo da una specifica preparazione che li renda veramente autorevoli e in grado di discernere con sano spirito critico. Personalità “esperte di tutto e capaci di niente”, misurano il proprio successo con i “like/mi piace” o il numero di “followers/seguaci”, tra i quali, ad una sincera ma disorientata fratellanza, si mescolano pericolosamente gli accoliti raccogliticci delle piazze virtuali del nuovo modello di socializzazione e intrattenimento, profusamente messe a disposizione dalle piattaforme “social”.

Conclusione 

Termino considerando due episodi nella Parola:

  • Anania e Saffira (At 5:1.-11) elaborarono e acconsentirono reciprocamente a una versione di comodo, così una menzogna diventò la loro “verità”. Il loro esempio ci insegna che:
    • Il consenso che prescinde da Verità porta conseguenze nefaste.
    • L’unione potrà anche fare la forza, ma non può fare la Verità.
  • Condanna dello spirito settario (Mr 9:38-40):
    “Giovanni gli disse: «Maestro, noi abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo vietate, perché non c’è nessuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e subito dopo possa parlar male di me. Chi non è contro di noi, è per noi”.

Il brano ci insegna che non è necessario il consenso a tutti i costi! I discepoli si ritenevano nella posizione di poter accreditare o no l’altrui esperienza. L’enfasi nel loro dire è erroneamente non tanto sul “Gesù, quell’uomo non TI segue” quanto sul “con NOI” (in Luca 9:49) e sul “non CI seguiva” (in Marco 9:38). 

Sono le nostre convergenze a doversi fondare sulla Verità, non l’inverso. La Verità di Dio deve diventare la nostra opinione, non la nostra visione diventare verità! 

Non è l’uomo che deve essere seguito, ma la Verità (Gesù Cristo). Accumulare consenso non fa delle nostre opinioni delle verità, ma alimenta le divisioni.

A tale stortura il Signore risponde: “Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde” (Mt 12:30 ; Lu 11:23). 

La domanda che ciascuno deve porsi non è quindi: chi mi segue su questa visione, ma dev’essere: sono io con Gesù? Sto seguendo lui o qualcun altro? 

Il mondo anziché ricercare prima la Verità, ricerca prima il “consenso” per poi fabbricare una verità! Ma noi come discepoli di Cristo non dobbiamo usare opinioni condivise per farne una verità, ma riconoscere la Verità che è in Cristo per condividerla con tutti! 

Sono due cose estremamente diverse: il consenso intorno a visioni personali, genera schiavi che vorranno a loro volta diventare ideologi, nuovi “guru” o guide improvvisate, evidentemente indifferenti al richiamo biblico: “Non vi fate chiamare guide, perché una sola è la vostra Guida, il Cristo” (Mt 23:10). 

La nostra chiamata di credenti è invece in verso opposto: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8:32).

 Dio ci chiama ad indirizzare le persone agli assoluti divini, alla Verità che permetterà loro di essere (veramente) libere.

Che il Signore ci illumini e ci equipaggi del discernimento spirituale necessario per saper riconoscere ogni forma di seduzione volta a sviarci dal seguire le verità assolute rivelateci da Dio, preservandoci da ogni forma di schiavitù d’opinione che, al di là di ogni ombra di dubbio, non sia il servizio a Gesù Cristo e alla sua causa.

In un periodo storico in cui anche le opinioni più scellerate godono della visibilità e della risonanza offerta dai moderni mezzi di comunicazione, ci lasceremo travolgere dalla corrente o resteremo osservatori fedeli della Parola di Dio? Continueremo a seguire da vicino la Verità e l’approvazione di Dio o inseguiremo il consenso degli uomini?