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Un collegamento con il passato

Con questo intervento, in accordo con la direzione de IL CRISTIANO, si intende dare il via ad una rubrica che, da diverse angolazioni e con molteplici contributi, si occupi del tema degli stranieri, della loro accoglienza, della loro integrazione.

I più attenti lettori del nostro mensile ricorderanno che il titolo di questo articolo, che dà il nome alla rubrica stessa, non è un inedito. Dobbiamo tornare indietro di poco più di quattro anni e lo ritroviamo al numero 9/ottobre 2015, pagg. 420-430, dove il fratello Giacomo Carlo Di Gaetano intitolava così le sue considerazioni: Stranieri come noi. Tre ragioni bibliche per l’accoglienza.

A quell’articolo ne seguiva un secondo, sempre su quelle tematiche, dal titolo:

Fui straniero e mi accoglieste” (n.11/dicembre 2015, pagg. 546-554).

Condividendo la visione e l’approccio al tema di quegli articoli, che si concentravano per lo più sull’aspetto dell’accoglienza, ne riportiamo qualche stralcio, utile a gettare le basi delle riflessioni che seguiranno.

Dal primo dei due articoli citati (n.9/2015, pagg. 420-430), riportiamo le tre ragioni bibliche che ci incoraggiano ad accogliere:

I profughi hanno un messaggio per noi (ragione fenomenologica)”

La prima ragione perché i credenti si mobilitino, in ogni chiesa locale, per accogliere i profughi e i migranti è dunque una ragione fenomenologica: essa consiste nell’essere risvegliati, da ciò che sta accadendo nel Mediterraneo, verso la riscoperta della nostra più autentica natura. Noi siamo stranieri e pellegrini… praticamente profughi!

Ama il tuo prossimo come stesso (ragione etica)”

Nell’amare lo straniero e nell’accoglierlo noi dunque ubbidiamo e mettiamo in pratica il secondo Grande Comandamento (“Ama il tuo prossimo come te stesso”), rendendo anche una forte testimonianza ai nostri connazionali e assumendo una posizione anche pubblica senza necessariamente invischiarci nelle dinamiche politiche. Noi, come cristiani, dovremmo esercitare il dovere dell’accoglienza perché dovremmo desiderare di vivere il secondo Comandamento.

Questa è la seconda ragione biblica per l’accoglienza dei profughi. Potremmo prolungare l’applicazione considerando alcuni elementi della parabola, prestando cioè particolare attenzione ai gesti del Samaritano; ma ciò che mi preme sottolineare è che l’amore per lo straniero è il primo grande banco di prova per un amore del prossimo che non si limiti alla propria cerchia.

Imitatori di Dio (ragione teologica)”

Dunque un’autentica imitazione di Dio non può non esprimersi mediante l’annuncio del Vangelo… Dio stesso nel compimento di questa missione che oggi deve essere proseguita dal suo popolo, dalla Chiesa, ha vestito i panni dello straniero, di colui che ha lasciato la sua condizione originaria e si è calato in un mondo a lui ostile.

E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità” (Gv 1:14; cfr Fl 2).

Nel ministero del Figlio possiamo trovare dunque un’ulteriore radice per l’intervento a favore dei migranti che si pone il preciso obiettivo di imitare il Padre. Anzi, in questa imitazione gli stessi credenti, armati della volontà di condividere il Vangelo e di fare del bene al prossimo, scoprono spesso quello che fu il sentimento sperimentato dal Figlio stesso, la Parola fatta carne: «fui straniero e mi accoglieste/fui straniero e non m’accoglieste»” (Mt 25:35, 43).

Dal secondo articolo citato (n.11/2015, pagg. 546-554), riportiamo le tre facce che l’accoglienza dovrebbe presentare:

ACCOGLIERE con il Vangelo”.

ACCOGLIERE con l’azione pratica”.

ACCOGLIERE con la comunione”.

Uno sguardo all’attualità

La premessa a quegli interventi, di cui abbiamo riportato degli stralci, era la constatazione delle massicce ondate migratorie in atto all’epoca, che incoraggiò alcune Assemblee ad iniziative concrete a favore dell’accoglienza (vedi n.9/2015, pagg. 468-471; n.11/2015, pagg. 586-588).

A distanza di quattro anni dalla stesura di quelle riflessioni, si può affermare che il fenomeno delle migrazioni non si è affatto arrestato anzi, è in crescita ed è uno degli argomenti più dibattuti dall’opinione pubblica. Se quattro anni fa non era difficile citare esempi di cronaca per evidenziare l’attualità del tema, anche oggi si possono individuare con facilità eventi legati ai flussi migratori e alla (difficile) integrazione multietnica.

Le ultime settimane hanno visto il ritorno in primo piano della situazione turco-siriana. La Turchia, con una operazione militare, ha costretto al riposizionamento i Curdi che popolano la Siria nord-orientale. Occorre poi ricordare un fatto che negli ultimi anni non è stato minimamente enfatizzato dall’informazione, cioè lo stazionamento in Turchia di circa 3,6 milioni di rifugiati siriani, ospitati nel paese della Mezzaluna sulla base di un accordo con l’Unione Europea che, pur di non gestire l’arrivo di questi profughi, versa ad Ankara 6 miliardi di euro. Si tratta di una scelta che può essere comprensibile da un punto di vista logistico, ma è riprovevole da un punto di vista morale. L’idea che, attraverso il denaro, si possano gestire i flussi migratori ed evitare un fastidio, passando sopra l’autoritarismo del governo a cui si delega l’incombenza dell’ospitalità, è certamente biasimevole ma è anche prova di assenza di lungimiranza. È il modo di posticipare un problema che resta dietro l’angolo mentre, per l’Europa, sarebbe auspicabile arrivare ad affrontarlo preparata.

Ma spostiamo ora la nostra attenzione a sud dell’Italia, verso la Libia. Gran parte degli sbarchi di migranti sulle coste dell’Italia meridionale (Lampedusa in primis) riguardano imbarcazioni che salpano proprio dalla Libia. Governi italiani di svariato colore politico hanno vantato la riduzione del numero di naufragi e quindi di morti in mare, tacendo però le condizioni disumane che molti africani, dopo aver attraversato il deserto, sperimentano nei campi di detenzione libici. Ed è proprio questa loro esperienza drammatica a convincerli a provare il tutto per tutto con una traversata del Mediterraneo su barconi insicuri e superaffollati. Questo perché il rischio di un naufragio appare meno spaventoso della permanenza in Libia!

Si potrebbe poi parlare di flussi migratori che avvengono in altre parti del pianeta: su tutti il fiume umano che dal Messico cerca di varcare il confine USA alla ricerca di un futuro migliore.

Ma oltre alle migrazioni come eventi, ci sono da osservare azioni e reazioni di governi ed opinione pubblica: sono prese di posizione che mettono in risalto tante contraddizioni. Soprattutto, il tema “immigrazione” fa emergere alcune tendenze di comportamento delle persone, con la manifestazione delle caratteristiche tipiche degli uomini “degli ultimi giorni” (2Ti 3:1-5), tra le quali spicca la “insensibilità”. Dato che sempre più spesso sono i social il veicolo comunemente in uso per esprimere le opinioni, dobbiamo seriamente riflettere sul linguaggio che in essi usiamo, la superficialità con cui si trattano questioni complesse, la spregiudicatezza delle osservazioni comunicate. Molte volte neppure la vista della sofferenza vissuta da altri esseri umani come noi, ci suscita un qualche sussulto di comprensione e compassione: questo silenzioso abituarsi alle tragedie umane ci deve allarmare.

Ancoràti alla Scrittura

Con questo articolo lanciamo qualche input per iniziare a riflettere su varie connessioni tra le vicende dello “straniero” e quello che dice la Scrittura. Ne elenchiamo qualcuna.

Agli occhi del Dio Creatore, ogni essere umano ha la dignità di una creatura fatta “a somiglianza di Dio” (Gm 3:9). Questo valore della persona deve essere riconosciuto a prescindere dalle distinzioni tra popoli, lingue, culture e confini politici.

Quando Dio ha scelto Israele, un popolo terreno, come strumento per portare avanti il suo piano di rivelazione e di redenzione a favore di tutti i popoli, ha dato precisi ordini finalizzati ad accogliere e ad integrare lo straniero (Le 19:10, 33-34).

L’amore di Dio ed il suo progetto salvifico realizzato attraverso l’opera di Gesù sono rivolti a tutti gli esseri umani (Gv 3:16; 1Ti 2:1-6).

Nel tempo presente – l’epoca della Chiesa nel mondo – Dio si serve della Chiesa stessa, il popolo celeste di Dio, affinché il Vangelo venga annunciato “ad ogni creatura” (Mr 16:15). È sulla base di questo incarico che la testimonianza cristiana, iniziata a Gerusalemme, ha come orizzonte geografico “l’estremità della terra” (At 1:8) e quindi tutti i popoli.

La Chiesa incarna nella sua natura stessa accoglienza e integrazione. Eravamo “stranieri” e ora non siamo più “né stranieri né ospiti” ma “concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio (Ef 2:11, 19); veniamo quindi esortati così: “Accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo vi ha accolti per la gloria di Dio” (Ro 14:7).

La Chiesa è contraddistinta anche dalla caratteristica dell’estraneità e del pellegrinaggio in quanto, diventati popolo di Dio, siamo ora “stranieri e pellegrini rispetto al mondo (1P 2:11).

La testimonianza della Chiesa avviene attraverso l’annuncio della Parola ma anche attraverso la pratica di buone opere (Ef 2:10) che perseguono il rispetto del comandamento mai abrogato di amare il prossimo (Ro 13:8-10) e quindi il fare “del bene a tutti” (Ga 6:10). Lo Spirito Santo assegna ai credenti dei doni spirituali che possono trovare un ambito di esercizio proprio nell’accoglienza e nell’integrazione degli stranieri: “opere di misericordia” (Ro 12:8), “assistenze” (1Co 12:28), oltre al contributo di tutti gli altri doni spirituali.

Proposte e incoraggiamenti per il futuro

Attraverso la rubrica STRANIERI COME NOI”, IL CRISTIANO cercherà, come sempre, di edificare e informare. L’invito è quello di farlo grazie al contributo di tanti lettori, che potranno essere utili strumenti di arricchimento.

Segnaliamo tre aree specifiche su cui riflettere e inviare contributi:

Le indicazioni della Scrittura. Essa è la fonte da cui attingere istruzione e direttive. Il tema è ampiamente contenuto nella Parola di Dio, per cui è più che mai utile esaminare e approfondire quello che, direttamente e indirettamente, insegna in relazione allo straniero, alla sua accoglienza e alla sua integrazione.

Testimonianze di accoglienza ricevuta.
Sarà sicuramente edificante conoscere le esperienze di stranieri accolti e integrati nelle Assemblee in Italia (e ce ne sono molti!), come anche le esperienze di fratelli italiani emigrati all’estero e là accolti ed integrati nelle realtà delle chiese del Paese ospitante, oppure a volte usati dal Signore per la nascita di nuovi radunamenti e testimonianze.

Testimonianze di accoglienza esercitata.
Si può trattare di credenti che hanno accolto persone straniere nella loro chiesa o nella loro casa, oppure che hanno esperienza di inclusione in quanto impegnati in iniziative di accoglienza e di servizio che svolgono con la condivisione della propria chiesa locale, o ancora di fratelli e sorelle che, per la propria attività professionale, sono impegnati in questo settore.

Ogni contributo dovrà essere inviato a: redazione@ilcristiano.it

poichè il Signore, il vostro Dio… ama lo straniero e gli dà pane e vestito. Amate dunque lo straniero, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto” (De 10:18-19).