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Un modello da seguire

“Se non diventate come i bambini non entrerete nel Regno dei cieli”

(Mt 18:3)

Al tempo di Gesù i bambini non erano tenuti in gran considerazione: erano visti come creature incomplete, bisognose di tutto, inesperte, incapaci. Dovevano essere plasmati ben bene perché passassero dallo stato grezzo a quello di adulti. Appare quindi tanto più notevole l’atteggiamento di Gesù verso di loro. Egli stesso, in fondo, ha accettato di diventare come uno di loro, di sottoporsi alle leggi della fragilità, della debolezza, della necessità di crescere, ed è quindi comprensibile che accogliesse i bambini con particolare tenerezza.

Gli presentavano dei bambini perché li toccasse; ma i discepoli sgridavano coloro che glieli presentavano”.

Gesù ammonisce:

Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo vietate perché il regno di Dio è per chi assomiglia a loro. Chiunque non avrà ricevuto il regno di Dio come un bambino non vi entrerà affatto. E, presili in braccio, li benediceva ponendo le mani su di loro

(Mr 10:14-16)

Non solo, ma indica nei bambini un modello da seguire: se i discepoli non diventeranno come piccoli fanciulli non entreranno nel regno dei cieli; chi si abbasserà come un fanciullo sarà il maggiore nel regno dei cieli (Mt 18:3-6).

Gesù non invita a essere come bambini, ma a diventare come bambini. Questo verbo presuppone infatti un cambiamento, richiede uno sforzo da parte di ciascuno di noi, sforzo necessario, se vogliamo entrare nel regno dei cieli.

Ma cosa significa diventare bambini? In che cosa dobbiamo diventare come bambini?

I bambini sono sprovveduti, ignari di molte cose, e apparentemente non hanno niente da insegnarci. Ma non è così. In realtà, contrariamente agli adulti, sono consapevoli della loro pochezza e vogliono imparare, cosa che fanno anche i discepoli quando chiedono al Signore di insegnar loro a pregare. Dobbiamo essere come i bambini anche nella semplicità, come la vedova che dà i pochi spiccioli che possiede senza troppo almanaccarci sopra.

Vivere con un orientamento diverso

I bambini, sapendo di non essere forti, sono anche prudenti e dotati di una certa astuzia per istinto e attenti ai pericoli (Mt 10:15). Hanno bisogno di riporre la loro fiducia in qualcuno che dia loro sicurezza: lo fanno i discepoli stessi, tanto da andare a predicare a mani vuote, sapendo che il Signore provvederà loro il necessario.

I bambini prendono e danno gioia: stanno intorno a Gesù volentieri. Ed egli li vuole vicini, li benedice, fa festa con loro. Li considera amici.

Diventare bambini significa dunque accettare il regno di Dio come i bambini accettano un dono, farsi piccoli come loro, addirittura nascere dall’alto o di nuovo (Gv 3:3). Occorre cioè respingere le speculazioni di tanta letteratura moraleggiante e pseudo-devozionale che ha ridotto il concetto alla dimensione dell’ingenuità, mentre si tratta della semplicità evangelica (Mt 10:16) che è ben altra cosa…

Diventare come bambini significa quindi considerarli nella loro debolezza, nel fatto di essere indifesi, bisognosi di aiuto, nel non avere mezzi per aspirare alla sicurezza nella vita, ed essere perciò costretti a dipendere dagli adulti in tutto e per tutto.

Proprio la loro piccolezza, la loro incompletezza, la loro debolezza fanno sì che Dio intervenga con la sua onnipotenza in loro favore.

La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza. Perciò molto volentieri mi glorierò piuttosto delle mie debolezze onde la potenza di Cristo riposi su me. Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiustizie, in necessità in persecuzione, in angustie per amor di Cristo: perché quando son debole, allora sono forte” (2Co 12:9-10).

Come i bambini nei confronti dei genitori, occorre quindi avere la più totale fiducia nell’amore e nella misericordia di Dio. Sembra tutto molto facile, ma, almeno per noi adulti, in realtà è molto più comodo e immediato porre la fiducia in noi stessi che in Dio.

Gesù è venuto per i poveri, i malati, i peccatori, per coloro che non stanno bene nei propri panni, che si sentono inadeguati, deboli, incapaci, come i bambini. Del resto, se non ci sentissimo così, non avremmo bisogno della misericordia di Dio!

Aver fiducia in Dio significa appunto abbandonarsi nelle sue braccia come un bambino si abbandona in quelle della sua mamma. Sono braccia misericordiose e fedeli, capaci di dare tenerezza e sostegno.

Come un uomo cui sua madre consola così io consolerò voi” (Is 66:13)

Una donna dimentica forse il bimbo che allatta?… Quand’anche le madri dimenticassero io non dimenticherò te” (Isa 49:15).

Accogliamo quindi l’invito evangelico a orientare diversamente la nostra vita, facendo come i bambini, che non pongono affatto la loro fiducia in sé stessi e nelle loro forze, nelle loro proprie capacità. Sono così scarse! E loro lo sanno benissimo!

Poniamo invece la nostra fiducia in Dio, che conosce addirittura già quello di cui abbiamo bisogno prima ancora che glielo chiediamo (Lu 12:22-31)!