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Identità deviante

Chi sono io? Quanti sono coloro che si pongono questa domanda?… Se dovessi rivolgere a te stesso la domanda «Chi sei?», che cosa risponderesti? Dalla risposta si può vedere in che cosa ti identifichi. Sono un lavoratore, sono una casalinga, sono una mamma a tempo pieno, sono il papà di Mirko, sono il figlio di Mario, sono italiano, oppure potresti dire: «Sono un malato».

Bene, mentre riflettevo su questo tema posi a me stesso questa domanda e la prima cosa che mi venne in mente fu: ahimè, sono un malato… Siccome sono un malato, allora sono debole, sono uno che non ha le forze per lavorare, sono uno che ha portato in casa una malattia con le sue conseguenze, sono un padre che non può più giocare come prima con la figlia, sono un uomo che avrà bisogno di più ore di sonno per recuperare le forze, sono un uomo che avrà una vita sociale difficile perché non potrà uscire, sono un uomo che ha bisogno di essere assistito nel quotidiano, in poche parole, sono un buono a nulla.

Questi furono alcuni dei pensieri che ruotavano nella mia testa e mi abbattevano. La mia identità in passato, quando ero sano, forte e muscoloso, era completamente diversa. Ma ora mi etichettavo come malato. D’altronde come non farlo se ero realmente in questo stato pietoso? 

I pensieri sono qualcosa di veramente potente e controllarli è fondamentale. E in quel letto d’ospedale faticai a controllarli, e dopo essermi identificato come malato iniziai a cadere nell’errore del gioco «Che cosa sarebbe successo se?…». Così chiesi a me stesso come sarebbe stata la mia vita se non mi fossi mai ammalato, o ancora meglio, chi sarei stato, quale sarebbe stata la mia identità? 

Il primo pensiero mi fece sorridere. Se non mi fossi ammalato, sicuramente avrei avuto un fisico bello e muscoloso, da sogno; sarei stato atletico, con tanta energia e forza da vendere e penso che non sarebbe dispiaciuto a mia moglie.

Il secondo pensiero cadde sulla mia vitalità…

Poi pensai che se fossi stato ancora sano avrei aperto la mia palestra…

Tutti questi pensieri mi stavano facendo del male… Mentre facevo queste riflessioni lo scoraggiamento prendeva sempre più piede e iniziavo a vedere la mia vita come una serie di catastrofi. 

La vera identità

Fu in quel momento che Dio mi ricordò di una predicazione che avevo sentito tanto tempo prima, che parlava proprio di identità e diceva che noi prima di essere altre cose, come ad esempio un lavoratore, o un malato, siamo figli di Dio e dobbiamo vedere tutto il resto in quest’ottica. Vedendo tutto in quest’ottica la nostra visione del mondo cambia. Come è possibile questo? E soprattutto chi sono secondo Dio?

Per lui non ero un malato ma molto di più: egli mi vedeva in primis come un suo figlio, e decisi che mi volevo vedere nello stesso modo.

Sono un figlio di Dio, ed essendo figlio di Dio godo di tanti vantaggi e diritti così come afferma la Bibbia. Per prima cosa meditai sul fatto che ero un peccatore ravveduto…

Poi passai a considerare di essere amato da Dio… di essere speciale e prezioso per lui, nonostante tutto, nonostante fossi in un letto d’ospedale… Ero amato da Dio e il suo amore è talmente grande da aver mandato suo Figlio a morire in croce per me. Anche se io non lo meritavo. Che gioia che mi diede questo pensiero…

Come terzo pensiero riflettei sulla mia identità su questa terra. Nella lettera di Pietro (1P 2:11) e nella lettera agli Ebrei (Eb 11:13) è scritto che su questa terra siamo stranieri e pellegrini e che nello stesso tempo siamo cittadini del Regno di Dio (Ef 2:19). 

Il quarto pensiero che fortificò il mio animo fu quello di riflettere sulla mia eredità. La parola di Dio parla molto del futuro ed è meraviglioso leggere ciò che ci attende. Noi vivremo l’eternità nel regno dei cieli e il regno dei cieli sarà un posto meraviglioso. Per prima cosa sarà il luogo in cui ci sarà Dio che “cammina” tra noi. Penso che lo riempirò di domande.

La mia identità è dunque definita da queste promesse. Sono molto più di un malato, sono un erede del regno dei cieli: paradossalmente, sono ricco, e questa condizione niente e nessuno può cambiarla. 

Questi pensieri sulla mia identità trasformarono l’espressione del mio viso, mi diedero nuove forze ed energie. La mia identità di Cristiano non potrà mai togliermela niente e nessuno, perché si può essere cristiani in ogni circostanza, sia nei momenti belli sia in quelli brutti, sia nei momenti felici sia in quelli tristi, sia in salute sia in malattia, sia in ricchezza sia in povertà. Non ci sono scusanti per non seguire Cristo. Da allora iniziai sempre di più a identificarmi in primo luogo come cristiano, poi veniva tutto il resto.

Avere questa visione della vita e ripetersela ogni mattina, o quasi, è qualcosa che dona tanta forza perché nella parola cristiano è incluso Cristo, poiché il significato è «seguace di Cristo» e come seguaci di Cristo il nostro pensiero inevitabilmente va a lui mentre il nostro cuore riceve automaticamente tutto ciò di cui ha bisogno.

Essere cristiani malati significa essere delle persone che affrontano la malattia da cristiani ovvero mettendo come priorità le promesse che Dio fa riguardo alla malattia e accettando la sua guida in ogni sfera della vita. Ciò non è sempre facile: le difficoltà spesso tendono ad allontanarci dalla fede ed è inutile far finta di nulla. Ma ho imparato che in ogni circostanza della vita rimanere ancorati a Dio porta solo grandi benefici.

L’identità migliore

Parlando di identità scoprii di come io stesso ero diventato una fonte di consolazione: mentre venivo consolato dal Signore diventavo una fonte di consolazione per il prossimo che stava soffrendo… Io sono sempre felicissimo quando riesco a dare agli altri quello che ricevo e devo dire che da Dio ho ricevuto talmente tanto che mi servirebbero dieci vite per ridare tutto. Ma nel mio piccolo sono al settimo cielo se con le mie azioni e con le mie parole riesco ancora a dare qualcosa. Spesso mi scoraggio perché la malattia mi ha tolto tantissime possibilità di fare del bene al prossimo. Sono molto limitato e penso che stia scrivendo questo libro semplicemente perché non riuscirei a fare nient’altro per il bene o per la consolazione del prossimo. Ma spero che nel mio piccolo questo scritto sia un beneficio per chi lo leggerà. Che possa essere di consolazione nel buio della notte o dare forza nel giorno sereno.

Ognuno di noi si è trovato o si troverà di fronte a questa domanda: “Chi sono?”. Io ho trovato la risposta dopo un lungo “viaggio”, dopo aver messo molte cose in discussione. Oggi posso dire che sono un cristiano, e non perché l’hanno voluto i miei o perché me lo hanno insegnato a scuola ma semplicemente perché ho compreso che questa è l’identità migliore ed essa viene prima di ogni cosa. Non sono un malato terminale, non sono uno in fin di vita ma sono un cristiano che sta nelle mani del Signore, del Sovrano a cui appartiene ogni cosa e, invece di pensare a quello che non posso più fare o alle complicazioni che porta la malattia, desidero solo pensare alle promesse che Dio mi ha fatto, a quello che sta adempiendo e a quello che dovrà ancora compiere.

Estratto dal libro di prossima pubblicazione
di Stefano Grifa (1988-2024)