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L’amarezza: cosa è

La parola “amarezza” e i termini collegati (“amaro”, “amaramente”, “amareggiare”) si trovano 15 volte nel Nuovo Testamento e vengono di volta in volta tradotti con “amaro”, “amarezza”, “amaramente”, “velenoso”, “ribellione”, “inasprire/amareggiare”.

Gli stessi termini li troviamo nella versione greca dell’Antico Testamento complessivamente circa 120 volte.

Nel suo significato originale ha a che fare con qualcosa di appuntito, affilato, penetrante (come una freccia o una spina, vedi Ezechiele 28:24), quindi viene usato poi per qualcosa dall’odore o sapore penetrante e pungente, cioè amaro o anche velenoso. Infine, se ne fa un ampio uso figurato per indicare l’amarezza di certi sentimenti sgradevoli, sia provati che provocati (delusione, risentimento, rabbia, provocazione, ribellione). Si contrappone a ciò che è dolce, piacevole, gentile, conciliante.

Guardando all’uso che se ne fa nel Nuovo Testamento, ricaviamo che: l’amarezza è qualcosa che nasce di nascosto e non si vede subito.

Infatti:

UNA RADICE

“… vigilando bene che nessuno resti privo della grazia di Dio, che nessuna radice velenosa (lett. “amara”, ‘”di amarezza”) venga fuori a darvi molestia e molti di voi ne siano contagiati”

(Eb 12:15)

 

STA NEL CUORE

“… il tuo cuore non è retto davanti a Dio. Ravvediti dunque di questa tua malvagità; e prega il Signore affinché, se è possibile, ti perdoni il pensiero del tuo cuore. Vedo infatti che tu sei pieno di amarezza e prigioniero d’iniquità”

(At 8:21-23)

L’amarezza nasce quindi nel nostro cuore, è una radice che, come tale, non è immediatamente visibile, ma cresce piano piano per poi arrivare a germogliare e manifestarsi per quello che è.

Il Signore ci ricorda che è dal cuore che nascono le cose che poi si manifestano come cattive:

“Diceva inoltre: «È quello che esce dall’uomo che contamina l’uomo; perché è dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono cattivi pensieri, fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, frode, lascivia, sguardo maligno, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive escono dal di dentro e contaminano l’uomo»”

(Mr 7:20-23)

Ecco che, come abbiamo detto, essendo una radice nascosta sottoterra, un pensiero o un atteggiamento del cuore, per molto tempo può anche rimanere nascosto. Un seme viene gettato e, se trova un terreno pronto ad accoglierlo, fa radice e poi, piano piano si ramifica, germoglia, cresce e porta frutto. Un seme può essere fatto di risentimento, di rabbia, di frustrazione, di odio, di ribellione.

Più tempo si lascia questa radice agire, più si ramificherà, più difficile sarà sradicarla e più frutti negativi porterà.

L’amarezza: come si manifesta

L’amarezza si manifesta:

  • NELLE PAROLE

“Non c’è nessun giusto, neppure uno. Non c’è nessuno che capisca, non c’è nessuno che cerchi Dio. Tutti si sono sviati, tutti quanti si sono corrotti. Non c’è nessuno che pratichi la bontà, (no!) neppure uno”. La loro gola è un sepolcro aperto; con le loro lingue hanno tramato frode». «Sotto le loro labbra c’è un veleno di serpenti. La loro bocca è piena di maledizione e di amarezza”

(Ro 3:10-14)

In un famoso passaggio del film Palombella rossa di Nanni Moretti, il protagonista si lamenta di chi parlava in un certo modo, dicendo:

“Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste. Le parole sono importanti”.

Ma anche se questa è solo una battuta ironica di un film, racchiude però una verità ben espressa dal nostro Signore Gesù, che sottolinea ancora quello che abbiamo già detto riguardo il cuore umano:

“L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore tira fuori il bene, e l’uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore tira fuori il male; perché dall’abbondanza del cuore parla la sua bocca”

(Lu 6:45)

Potremmo qui aprire una parentesi lunghissima per dimostrare come la Parola di Dio ci metta costantemente in guardia riguardo le nostre parole, argomento su cui si sofferma molto, per esempio, il libro dei Proverbi. E se il testo di Romani si riferisce all’amarezza delle parole degli increduli, abbiamo nel NT gravi ammonimenti riguardo anche alle parole amare che noi credenti possiamo dire:

“Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità. Posta com’è fra le nostre membra, contamina tutto il corpo e, infiammata dalla geenna, dà fuoco al ciclo della vita. Ogni specie di bestie, uccelli, rettili e animali marini si può domare, ed è stata domata dalla razza umana; ma la lingua, nessun uomo la può domare; è un male continuo, è piena di veleno mortale. Con essa benediciamo il Signore e Padre; e con essa malediciamo gli uomini che sono fatti a somiglianza di Dio. Dalla medesima bocca escono benedizioni e maledizioni. Fratelli miei, non deve essere così. La sorgente getta forse dalla medesima apertura il dolce e l’amaro? Può forse, fratelli miei, un fico produrre olive, o una vite fichi? Neppure una sorgente salata può dare acqua dolce”

 (Gm 3:6-12, ma vedi dal v. 1)

Qui l’amarezza delle parole del credente, che con la stessa bocca loda Dio (l’acqua dolce) e maledice il fratello (l’acqua amara), viene visto come un assurdo spirituale, una contraddizione che non si deve trovare in noi.

  • NELLA RIBELLIONE E NELLA PROVOCAZIONE

“Non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, come nel giorno della tentazione nel deserto… mentre ci viene detto: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori, come nel giorno della ribellione». Infatti, chi furono quelli che dopo averlo udito si ribellarono? Non furono forse tutti quelli che erano usciti dall’Egitto, sotto la guida di Mosè?”

(Eb 3:8, 15, 16)

I termini utilizzati in questi versetti, sono un rafforzativo della parola “amarezza” e stanno ad indicare un atteggiamento provocatorio e ribelle. Il riferimento diretto è al popolo di Israele nel deserto che, ribellandosi a Mosè e Aaronne e disprezzando quello che Dio stava facendo per loro, furono pieni di amarezza verso i due fratelli e verso Dio, provocandolo e ribellandosi alle sue indicazioni, indurendo il proprio cuore. È assolutamente chiaro da questi e dagli altri brani, che l’amarezza è un peccato e come tale deve essere visto (vedi Salmo 78:17 dove abbiamo un parallelo tra il peccare e la ribellione/amarezza e Ebrei 3:16-18 dove abbiamo dei paralleli chiari: ribellione/amarezza = peccato = disubbidienza = incredulità).

Un altro esempio di amarezza ribelle, anche se ben diversa nell’origine e sviluppo è quella di Giobbe. Giobbe era amareggiato nel suo cuore perché pensava di aver subìto un’ingiustizia (e in parte era senz’altro vero), ma invece di accettarla e considerare la cosa dal punto di vista di Dio, si ribellava ad essa, lasciando che questo brutto sentimento si radicasse nel suo cuore:

“Io, perciò, non terrò chiusa la bocca; nell’angoscia del mio spirito io parlerò, mi lamenterò nell’amarezza dell’anima mia… Io provo disgusto della mia vita; voglio dare libero sfogo al mio lamento, voglio parlare nell’amarezza dell’anima mia!”

(Gb 7:11; 10:1)

  • NELLE CONTESE

“Chi fra voi è saggio e intelligente? Mostri con la buona condotta le sue opere compiute con mansuetudine e saggezza. Ma se avete nel vostro cuore amara gelosia e spirito di contesa, non vi vantate e non mentite contro la verità. Questa non è la saggezza che scende dall’alto; ma è terrena, naturale e diabolica. Infatti, dove c’è invidia e contesa, c’è disordine e ogni cattiva azione”

(Gm 3:13-16)

 

“Mariti, amate le vostre mogli, e non v’inasprite contro di loro [lett. “non amareggiatele”]

(Cl 3:19)

Una volta germogliata, questa radice inizia a manifestarsi. Le principali sfere di azione dell’amarezza sono, come abbiamo già visto, le parole, e poi le azioni ribelli e provocatorie che portano liti, contese e divisioni tra le persone (nella chiesa e anche tra marito e moglie). Quindi la Parola ci fa un pressante invito:

“Via da voi ogni amarezza, ogni cruccio e ira e clamore e parola offensiva con ogni sorta di cattiveria!”

(Ef 4:31)

Dobbiamo mandare via da noi (lett. “sbarazzarci”, “buttare via” e quindi “non avere niente a che fare”) con ogni (“tutta”, “ogni traccia di”) amarezza. Quando questo sentimento si radica nel cuore, chi ne è contagiato agisce con una saggezza che non è certo quella che viene da Dio e deve assolutamente sbarazzarsene. Chi, con le sue parole e le sue azioni, porta la propria amarezza (che è ribellione e provocazione) a causare liti, contese e divisioni, non deve illudersi di essere nella verità: sta mentendo e agendo in maniera terrena e diabolica, provocando disordine e ogni cattiva azione.

L’amarezza: cosa provoca

L’amarezza provoca:

  • AVVELENAMENTO, MOLESTIA, CONTAGIO

“…vigilando bene che nessuno resti privo della grazia di Dio, che nessuna radice velenosa venga fuori a darvi molestia e molti di voi ne siano contagiati”

(Eb 12:15)

L’amarezza provoca qualcosa di velenoso, e il veleno può anche uccidere. Il brano di Ebrei richiama Deuteronomio 29:17 dove si parla di idolatria e di persone che sono definite “radice che produce veleno e assenzio”. Persone che camminano “secondo la caparbietà del loro cuore” illudendosi di avere pace. Queste radici amare non solo andranno in perdizione, allontanate dal popolo d’Israele, ma purtroppo avvelenano anche quelli che hanno sete e si abbeverano alla loro sorgente amara (De 29:18-20). Se si viene avvelenati, abbiamo bisogno di un antidoto, che riduca e cancelli gli effetti di tale avvelenamento.

La molestia di cui si parla qui è un’azione che “interferisce o infastidisce al punto di causare disagio, problemi, disturbo”[1]. Ritroviamo lo stesso termine solo in Luca 6:18, dove viene tradotto con “tormentare”.

Ma l’azione forse più pericolosa è quella del contagio. Tutti sappiamo bene che quando c’è una grave malattia infettiva, la cosa più importante è evitare il contagio. Ogni contatto, se non siamo preventivamente protetti o vaccinati, può essere pericoloso, talvolta letale (vedi ancora Deuteronomio 29:19).

Anche Mosè è stato vittima di un popolo provocatore che lo ha “inasprito” (lett. “amareggiato”) e questo lo ha portato a peccare contro Dio (Sl 106:32-33).

Stiamo attenti quindi non solo a non essere di coloro che amareggiano gli altri e Dio, ma a non lasciarci vincere dall’amarezza per quello che abbiamo dovuto subire, magari ingiustamente o verso chi riteniamo colpevole del nostro soffrire, uomini o addirittura Dio.

  • TOTALE COINVOLGIMENTO, SCHIAVITÙ

“Vedo infatti che tu sei pieno di amarezza e prigioniero d’iniquità”

(At 8:23)

Sia chi avvelena, molesta e contagia, sia chi è stato avvelenato, molestato e contagiato, cioè lungamente esposto a questa azione di amarezza, si può trovare in una condizione che pervade totalmente la sua anima e che lo rende prigioniero di questa stessa amarezza. Non si riesce a perdonare, a dimenticare, ma nemmeno a liberarsi del pensiero fisso e del dolore che tutta questa amarezza ha provocato. In alcuni (principalmente nei provocatori) si manifesta in uno stato continuo di rabbia, di rancore, di desiderio, di rivalsa ad ogni costo. In altri (principalmente nei provocati) un senso di frustrazione, di delusione, dolore, di perdita della gioia, dell’incapacità di reagire e uscire da quella situazione.

In ogni caso c’è un velo nero che impedisce di apprezzare le cose buone, di vedere la vita cristiana nel modo giusto, pieno e gioioso, nonostante le difficoltà, con cui andrebbe vissuta. Ci può fare ammalare, anche seriamente e, cosa ancora più grave, allontanare da Dio.

L’amarezza: come combatterla e vincerla

Ricaviamo molte indicazioni su come agire dai contesti dei brani che abbiamo citati e in cui si parla di amarezza. Possiamo distinguere, in sintesi, delle azioni preventive e altre di intervento e cura:

L’AZIONE PREVENTIVA, partendo da noi stessi, prevede:

  • Mettere un freno alla nostra bocca (Ef 4:29; Gm 3:2-3; vedi Pr 15:1; 16:24; 27:9).
  • Avere una buona condotta con mansuetudine e saggezza (Gm 3:13).
  • Non avere uno spirito di contesa (Gm 3:14).
  • Evitare le provocazioni e le ribellioni (Eb 3:8, 15, 16).

L’AZIONE PREVENTIVA nei confronti degli altri prevede:

  • Vigilare, in modo che nessuno resti privo della grazia di Dio (Eb 12:15).
  • SopportareEssere benevoli e misericordiosi = imitare Dio (Ef 4:2, 32-5:2).
  • Perdonare.
  • Amare.

L’AZIONE D’INTERVENTO, nel caso in cui l’amarezza abbia preso il sopravvento, prevede verso chi l’ha provocata :

  • Preghiera (sempre e comunque!).
  • Allontanamento (Ef 4:31).

L’AZIONE DI CURA prevede:

  • Riempire la nostra mente e il nostro cuore di pensieri, parole e azioni positive (Ef. 4:29; Fl 4:8).
  • Lodare e ringraziare Dio (Ef 5:4, 20; vedi Sl 147:1).
  • Confessare, porre la propria fiducia in Dio e aspettare i suoi tempi di guarigione delle nostre ferite (Gm 5:16; Eb 12:13; La 3:19-26).
  • Lasciare che Dio sostituisca l’amarezza con la dolcezza: “Perciò, deposta ogni impurità e residuo di malizia, ricevete con dolcezza la parola che è stata piantata in voi, e che può salvare le anime vostre” (Gm 1:21).

Dobbiamo lasciarci contagiare dalla dolcezza di Dio, permettere a Dio di trasformare le nostre acque amare in acque dolci. Il popolo d’Israele nel deserto si trovò in una situazione di questo genere:

“Quando giunsero a Mara, non potevano bere l’acqua di Mara, perché era amara[2]; perciò quel luogo fu chiamato Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè, dicendo: «Che berremo?»”

(Es 15:23-24)

L’unica acqua a disposizione era un’acqua amara, velenosa. Sembrava non ci fosse più alternativa. Ma Dio trasforma quell’amarezza in dolcezza, dando loro anche un prezioso consiglio e una grande consolazione:

“Egli gridò al SIGNORE; e il SIGNORE gli mostrò un legno. Mosè lo gettò nell’acqua, e l’acqua divenne dolce. È lì che il SIGNORE diede al popolo una legge e una prescrizione, e lo mise alla prova, dicendo: «Se tu ascolti attentamente la voce del SIGNORE che è il tuo Dio, e fai ciò che è giusto agli occhi suoi, porgi orecchio ai suoi comandamenti e osservi tutte le sue leggi, io non ti infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitte agli Egiziani, perché io sono il SIGNORE, colui che ti guarisce»”

(Es 15:25-26)

Lasciamoci anche noi liberare e guarire dall’amarezza tramite la consolazione della sua Parola e con l’ubbidienza ad essa, facendoci poi condurre lì dove ci sono solo sorgenti di acque dolci per riposarci e accamparci nella sua presenza, come ha fatto con Israele:

“Poi giunsero a Elim, dove c’erano dodici sorgenti d’acqua e settanta palme; e si accamparono lì presso le acque”

[1] Definizione del dizionario di greco A Greek-English Lexicon of the New Testament and other Early Christian Literature.

[2] È, questa, la prima citazione di “amaro, amarezza” nella Bibbia (nella versione greca dei Settanta le parole sono le stesse usate nel Nuovo Testamento per “amaro” e “amarezza”).