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Il 23 agosto nacque ad Amsterdam il Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), noto anche con il nome di Consiglio Mondiale delle Chiese (CMC) dalla sua denominazione inglese World Council of Churches (WCC).

I rappresentanti di varie chiese cristiane protestanti, anglicane e ortodosse si erano già trovati d’accordo nel 1937 nello stabilire un Consiglio mondiale di Chiese, basato su di una fusione delle precedenti organizzazioni Fede e Costituzione (Faith and Order) e Vita e Lavoro (Life and Work), nate dopo la Conferenza missionaria di Edimburgo del 1910. La seconda guerra mondiale li costrinse però a posticipare, appunto fino al 23 agosto 1948, la nascita di questo nuovo organismo alla quale parteciparono i delegati di 147 “chiese”. Secondo l’articolo 1° della sua costituzione il CEC dovrebbe essere una “comunità fraterna di Chiese che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore, secondo le Scritture, e si sforzano di rispondere insieme alla loro vocazione comune per la gloria di un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo”. Attualmente la sua sede è a Ginevra, dove qualche settimana fa si è recato l’attuale pontefice romano per suggellare nuove aperture da parte della chiesa cattolica, che attualmente vi ha solo un ruolo di “osservatrice”. Fra le iniziative del CEC la più nota e diffusa è sicuramente la cosiddetta SUC (Settimana per l’Unità dei Cristiani) che si svolge di solito nel mese di gennaio.

La preghiera di Gesù, spesso chiamata impropriamente in causa (“che siano tutti uno”, Gv 17:21), secondo gli apostoli si era pienamente realizzata dopo la Pentecoste (At 2:42-47). Per questo Paolo non esorta a ricercare l’unità ma a conservarla, ritenendola un dono dello Spirito e non il risultato di sforzi umani e di iniziative umane come oggi si vorrebbe far credere. Chi aveva ricevuto il dono dell’unità ed era quindi chiamato a conservarla?

Coloro che erano stati benedetti, eletti, riscattati, redenti, suggellati dallo Spirito Santo per la fede nell’Evangelo e che erano diventati eredi (Efesini 1).

Coloro che era stati vivificati in Cristo, salvati per grazia mediante la fede, liberati dall’influenza del mondo e dalla signoria di Satana e che avevano conosciuto l’accesso al Padre attraverso un medesimo Spirito (Efesini 2).

L’unità è quindi la conseguenza dell’aver accettato il piano di salvezza di Dio nella nostra vita; l’unità è riservata a coloro che sono “in Cristo”, cioè inseriti nel suo corpo che è la SUA chiesa.

Si tratta di una unità organica del tutto simile a quella di un organismo vivente, un’unità che noi non possiamo né dobbiamo realizzare perché ci è stata donata al momento della nostra nuova nascita. Un’unità, quindi, che dobbiamo manifestare concretamente nella nostra vita di ogni giorno e che dobbiamo non disperdere e conservare.

Le strutture ecclesiali che ricercano l’unità con iniziative come quella della SUC contraddicono, quindi, quanto Dio desidera da noi e quanto ci insegna nella sua Parola.