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Apparire senza essere?

Apparenza. Parola molto conosciuta. Valore estremamente ricercato nella società in cui viviamo, elemento caratterizzante la cultura attuale.

Questa parola significa aspetto, sembianza, figura; forma esterna di qualcosa o qualcuno.

All’interno della definizione che abbiamo appena letto c’è un termine sul quale vogliamo soffermarci.

Si tratta dell’aggettivo “esterna”. Del resto l’apparenza è qualcosa di esteriore, di formale, di non sostanziale.

Si può apparire senza essere, si può sembrare qualcosa o qualcuno senza necessariamente possederne interiormente l’essenza.

Mentre ci troviamo a vivere in un contesto culturale dove la forma è tutto e l’apparire diviene mezzo per realizzarsi ci sono delle parole che risuonano in profondo disaccordo con tutto ciò. Quali?

Queste: “Il Signore non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell’uomo: l’uomo guarda all’apparenza, il Signore guarda al cuore” (1Sa 16:7).

Queste parole le pronunciò il Signore rivolgendosi ad un profeta di nome Samuele.

La circostanza in cui furono pronunciate è estremamente significativa per la comprensione del messaggio che il Signore vuole, ancora oggi, comunicarci.

Siamo intorno al 1046 a.C. e deve essere unto un nuovo re di Israele. Quello che era in carica in quel momento, Saul, durante la sua vita, purtroppo, aveva assunto una condotta tale da essere disapprovato da Dio. Disapprovato, al punto di essere “rigettato perché non” regnasse “più sopra Israele” (1Sa 16:1). Eppure, non a caso, era uno che all’apparenza ispirava tutt’altri pensieri. Di lui viene detto che era “giovane e bello” e che “tra i figli d’Israele non ce n’era uno più bello di lui; era più alto di tutta la gente, dalle spalle in su” (1Sa 9:2).

Quello che si vedeva nel suo esteriore ben presto si rivelò essere assente nel suo interiore. Dicevamo che doveva essere scelto un nuovo re.

Samuele fu l’incaricato da Dio per svolgere tale compito. Il Signore gli fornì delle indicazioni precise riguardo al come e dove andare a cercare. Il nuovo re si sarebbe trovato tra i figli di Isai di Betlemme (1Sa 16:1). Fu così che quando il profeta si trovò davanti a loro fece, inizialmente, una valutazione del tutto basatapredono, sull’apparenza.

Come del resto avremmo fatto tutti noi. Quando i figli di Isai entrarono alla sua presenza “egli pensò vedendo Eliab: certo l’unto del Signore è qui davanti a lui” (1Sa 16:6).

Samuele formulò un proprio pensiero basato su quello che vide, su quello che colpì il suo sguardo. Costruito solo sull’apparenza. Molto probabilmente, vide un aspetto esteriore di un determinato tipo, una forma tale da arrivare a pensare che l’unto del Signore non poteva non essere che lui.

Attenti a non lasciarci condizionare

Samuele si era sbagliato! Infatti le parole citate in precedenza, “l’uomo guarda all’apparenza, il Signore guarda al cuore”, furono espresse dal Signore proprio in tale circostanza.

La scelta di Dio era fondata su parametri diversi da quelli dell’apparenza al punto tale che colui che sarebbe divenuto re d’Israele in quella “parata” dei sette figli d’Isai nemmeno c’era.

Era a pascolare le pecore (1Sa 16:11). Era il più giovane, il meno indicato dal punto di vista umano. Le probabilità che egli divenisse il re di Israele erano così poche al punto tale che non gli venne riservata nemmeno la possibilità di comparire davanti al profeta. Eppure il Signore scelse “lui” (1Sa 16:12). Scelse “Davide” (1Sa 16:13).

Che in un mondo dominato dall’apparenza possa ricordarmi che questa apparenza non deve dominare me!

Che in una società dove la forma viene considerato “tutto” io possa realizzare che questa forma non è “nulla”!

Che in una cultura condizionata dall’esteriorità io possa tenere ben presente che questa esteriorità non deve condizionare me!sostanza

Gesù rivolgendosi a persone che dell’apparire senza essere ne avevano fatto il loro stile di vita, disse: “Voi vi proclamate giusti davanti agli uomini; ma Dio conosce i vostri cuori; perché quello che è eccelso tra gli uomini, è abominevole davanti a Dio” (Lu 16:15).

Viviamo, scegliamo, valutiamo, serviamo, operiamo non seguendo quello che colpisce il nostro sguardo ma piuttosto ricercando quello a cui guarda il Signore.

Che i valori dell’autenticità, della sostanza, dell’interiorità, della veridicità siano quelli che ci conducono in ogni passo che compiamo.

Un’ultima considerazione la vogliamo riservare a quel ragazzo: mentre i suoi fratelli “sfilavano” davanti al profeta Samuele, lui si trovava a “pascolare le pecore” in ubbidienza a quanto indicato dal padre.

Quando nel resto della sua vita rimase legato a questa “sostanza”, realizzò cose grandi per il suo Dio.

La sua storia narrata nella Bibbia ne è la più grande illustrazione.