Il sentiero verso la cima
Il libro di Sofonia, con le sue profezie, si può collocare intorno al 625 a.C. e anticipa, principalmente, quello che poi sarebbe successo nei successivi cinquant’anni. Non è un libro di facile comprensione e per questo, forse, se ne parla molto poco, ma è pieno di contenuti interessanti se non ci si limita ad una lettura veloce.
Un buon esercizio, per chi vuole affrontare questo libro, è quello di pensare ad un quadro, con elementi in primo piano ed altri sullo sfondo. Immaginiamo Sofonia che, nella sua narrazione passa dal descrivere gli elementi in primo piano a quelli sullo sfondo senza darci tanti preavvisi. Il primo sforzo da fare è quindi comprendere quando egli si riferisce allo sfondo e quando agli elementi in primo piano.
Questo per far capire che Sofonia nel suo libro parla del giudizio imminente su Giuda e Gerusalemme (primo piano), sfruttando come sfondo, quello che sarà invece il giudizio finale su tutta la terra.
In queste pagine mi limiterò a scoprire come un solo versetto di questo libro possa aiutarci nel nostro cammino con Dio. Questo è un invito ed un incoraggiamento per tutte le persone che già camminano con Dio a proseguire con dedizione il sentiero verso la cima, ma è anche un augurio affinché coloro che ancora non hanno fatto di Cristo Gesù la loro Guida, possano comprendere che il cammino che Dio chiede di fare è, sì, in salita e pieno di sfide, ma è l’unico che porta in vetta, alla vera mèta.
“Guai alla città che è ribelle e contaminata, alla città d’oppressione! Essa non ha ASCOLTATO la Sua voce, non ha ACCETTATO la correzione, non ha CONFIDATO nell’Eterno, non si è AVVICINATA al suo Dio” (So 3:1-2 – Nuova Diodati).
Dio, in questo versetto, spiega in che cosa avesse fallito il suo popolo, e lo fa usando in maniera molto precisa 4 verbi (“4V”). Personalmente mi ha colpito molto vedere la scelta di questi verbi e anche la loro disposizione.
Vi chiedo, a questo punto, di fare un piccolo sforzo e immaginare di essere impegnati in una bella passeggiata in montagna, visto che proprio da questo ambito trarrò alcuni spunti.
Ascoltare
Senza alcun dubbio per poter ascoltare, bisogna prima capire come comunica il nostro interlocutore.
Quindi, come parla Dio con noi?
La lettera agli Ebrei dà una risposta chiara:
“Dio, dopo aver anticamente parlato molte volte e in svariati modi ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo di suo Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, per mezzo del quale ha anche fatto l’universo” (Eb 1:1-2).
Da questo brano possiamo capire che Dio, nel corso della storia, ha scelto modi diversi per parlare agli uomini. All’inizio parlava direttamente con Adamo ed Eva, poi man mano che il peccato iniziò a produrre i suoi effetti, la comunicazione si è limitata a sempre meno persone e, alla fine, dopo un periodo di silenzio, successe qualcosa di inaspettato.
Nel meraviglioso piano di Dio, la Parola si è fatta carne. Gesù è stato la scelta eccelsa di Dio per comunicare con noi.
Gesù deve essere al centro e la base del nostro ascolto, egli è la giusta frequenza per sintonizzarci sulla voce di Dio. Se così non è, ascolteremo tutt’altre voci. Impegniamoci, quindi, a conoscerlo sempre meglio tramite i Vangeli e a seguirlo attraverso il suo spirito che abita in tutti coloro che l’hanno scelto come Signore delle loro vite.
Vorrei anche proporvi due esempi opposti che il popolo d’Israele ci offre sull’ascolto, il primo negativo e l’altro positivo, per poterne trarre degli insegnamenti concreti.
“Ma essi rifiutarono di fare attenzione, opposero una spalla ribelle, e si tapparono gli orecchi per non udire. Resero il loro cuore duro come il diamante, per non ascoltare la legge e le parole che il SIGNORE degli eserciti rivolgeva loro per mezzo del suo Spirito, per mezzo dei profeti del passato; perciò ci fu grande indignazione da parte del SIGNORE degli eserciti” (Za 7:11-12).
“«Ascoltate la mia voce;sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate in tutte le vie che io vi prescrivo affinché siate felici». Ma essi non ascoltarono, non prestarono orecchio, ma camminarono seguendo i consigli e la caparbietà del loro cuore malvagio, e invece di andare avanti si sono voltati indietro” (Gr 7:23-24).
Da questi brani possiamo trarre alcune indicazioni per capire come è la persona che non ascolta:
• Non sta attenta.
Spesso troviamo persone che pensano che Dio parli solo ad alcuni, e usano questo come scusa per non fare mai una scelta nei suoi confronti. Dio, invece, parla a tutti, ma dobbiamo stare attenti alla sua voce, abbassando tutte le altre voci che spesso teniamo a tutto volume.
Un giorno, in un diario in cima ad una montagna, trovai una pagina dove qualcuno aveva lasciato queste parole: “Dio si può trovare ovunque, ma qui si ascolta meglio”. Questo ovviamente non è perché Dio in montagna grida, ma semplicemente perché ci sono minori distrazioni, meno voci che ci impediscono di ascoltare la sua.
• Ha il cuore indurito.
Spesso nella Bibbia il cuore indurito è collegato alla superbia, al pensare di potercela fare con le proprie forze, con i propri ragionamenti. Facendo così mettiamo al centro noi stessi creando un grande ostacolo all’ascolto. Questo concetto è ben sintetizzato da un cartellone che girava tempo fa nelle nostre città, nel quale la scritta “DIO” aveva la D barrata in modo che rimanesse solo IO.
• Non trova la vera felicità.
Seguire e ascoltare Dio ci dà la possibilità di esperimentare la più profonda e autentica felicità.
• Non progredisce nel cammino con Dio, ma si allontana.
Il buon esempio lo troviamo invece nel libro di Aggeo:
“…ascoltarono la voce del SIGNORE, loro Dio, e le parole del profeta Aggeo che portavano il messaggio che il SIGNORE, loro Dio, gli aveva affidato. Il popolo ebbe timore del SIGNORE. Aggeo, inviato dal SIGNORE, trasmise al popolo questo messaggio del SIGNORE: «Io sono con voi», dice il SIGNORE»… essi vennero e cominciarono a lavorare nella casa del SIGNORE degli eserciti, loro Dio” (Ag 1:12-14).
Da questo brano vediamo che un buon ascolto è seguito dall’azione ed è qualcosa di dinamico.
Spesso Gesù nei Vangeli ripete la frase “chi ha orecchi per udire oda”, per invitarci non solo ad udire, ma ad approfondire, a comprendere e a mettere in pratica ciò che ci è stato detto.
Sempre Gesù afferma che chi mette in pratica ciò che ha ascoltato è simile ad un uomo che costruisce la sua casa su delle buone fondamenta.
Se ascoltare Dio ci lascia nella stessa condizione di prima, probabilmente nell’ascolto qualcosa non ha funzionato.
L’ascolto è quindi tra gli aspetti fondamentali nella nostra relazione e nel nostro cammino con Dio e come base e fondamento ci deve essere Gesù.
Accettare
Accettare la correzione della guida è importantissimo per un buon camminatore, poiché ignorarla può portare a conseguenze spesso molto gravi.
La lettera agli Ebrei ci viene in aiuto anche per esaminare questo verbo:
“Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d’animo quando sei da lui ripreso; perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli. Sopportate queste cose per la vostra correzione. Dio vi tratta come figli; infatti, qual è il figlio che il padre non corregga? Ma se siete esclusi da quella correzione di cui tutti hanno avuto la loro parte, allora siete bastardi e non figli. Inoltre abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo forse molto di più al Padre degli spiriti per avere la vita? Essi infatti ci correggevano per pochi giorni come sembrava loro opportuno; ma egli lo fa per il nostro bene, affinché siamo partecipi della sua santità. È vero che qualunque correzione sul momento non sembra recar gioia, ma tristezza; in seguito tuttavia produce un frutto di pace e di giustizia in coloro che sono stati addestrati per mezzo di essa” (Eb 12:5-11).
E ancora nel libro dei Proverbi leggiamo:
“Chi tiene conto della correzione, segue il cammino della vita; ma chi non fa caso alla riprensione, si smarrisce” (Pr 10:17).
L’esempio che vorrei proporvi sul tema della correzione lo traggo dal mio profeta minore preferito: Giona.
In questo libro vediamo che la correzione può essere anche molto forte, ma è bello vedere che Dio, per correggerci, cambia le situazioni intorno a noi e ci mette nella condizione di arrivare da soli al nocciolo del problema.
Consideriamo che Giona, all’inizio, pensava di essere in grado di decidere chi fosse meritevole della grazia di Dio e chi no. Solo dopo essere stato tre giorni nel ventre di un grosso pesce (cosa che non auguro a nessuno!) riconosce che la salvezza appartiene all’Eterno (Gn 2:10).
Alla fine del libro di Giona Dio dimostrò anche di essere continuativo e originale nei modi di correggerci e di non stancarsi nel farlo.
Quella volta, tramite una pianta di ricino, Dio cercò ancora una volta di far capire a Giona che il suo modo di pensare era sbagliato (Gn 4:10-11).
Nei momenti di sfida ricordiamoci che Dio attraverso la correzione:
• Dimostra che siamo suoi figli.
• Mostra il cammino della vita.
• Ci rende partecipi della sua santità (splendido!)
Vediamo quindi che accettare e vivere la correzione nella giusta prospettiva è fondamentale per non addentrarsi in strade sbagliate.
Confidare nell’Eterno
Avere completa fiducia nella guida semplificherà molto il nostro cammino, in quanto potremo liberarci delle nostre ansie e paure. Un bel proverbio dice:
“La paura degli uomini è una trappola, ma chi confida nel SIGNORE è al sicuro” (Pr 29:25).
Spesso in montagna si affida la propria vita alla guida che stiamo seguendo, quindi è fondamentale fidarsi. Chiaramente il confidare in qualcuno non è qualcosa di automatico, ma è un processo che si basa sulla conoscenza che abbiamo di quella persona.
Il personaggio biblico che più di tutti invita a confidarsi in Dio è il re Davide nei Salmi, seguito da Salomone nei Proverbi.
Un esempio significativo di fede lo troviamo nel libro di Daniele, quando i suoi amici vengono gettati nella fornace. I tre amici si affidano completamente a Dio, consapevoli che non potranno contare sulle loro capacità o sulla loro forza. Alla fine la loro fede sarà di testimonianza al re stesso: “Nabucodonosor prese a dire: «Benedetto sia il Dio di Sadrac, di Mesac, e di Abed-Nego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i suoi servi che hanno confidato in lui, hanno trasgredito l’ordine del re, hanno esposto i loro corpi per non servire né adorare alcun altro Dio che il loro”(Da 3:28).
Nel nostro cammino in montagna potremo trovarci anche di fronte a delle pareti rocciose molto ripide, per essere affrontate, non avremo altra scelta se non quella di affidarci totalmente alla nostra guida.
In queste pareti, quando si sale possiamo fare affidamento sulle nostre forze, sul fatto che comunque se la persona di sotto (che è quella che tiene la corda) si distrae possiamo sempre tenerci alla roccia, ma quando si scende, tutto cambia, dobbiamo distaccarci dalla roccia e l’unico che ci separa dalla morte è la persona a terra, colui che tiene la corda. Se la tiene in una certa posizione la corda si blocca, se la tiene in un’altra la corda scorre.
Inoltre risulterà dannoso, per paura o perché non ci fidiamo, voler comunque rimanere vicini alla roccia e alle nostre sicurezze senza distaccarci completamente da esse.
Così anche nel nostro cammino cristiano, Dio potrebbe chiedere di staccarci da certe sicurezze, per farci comprendere se stiamo confidando in lui o in noi stessi. Una fede sicura in Dio sarà anche una grande testimonianza per le persone che ci guardano e che ancora non sanno se affidare a Cristo la propria vita.
I principali motivi che la Parola offre per incoraggiarci a confidare in Dio sono i seguenti:
• Egli agirà
• Sarai saziato
• Ti soccorrerà
• Non sarai confuso
• Non avrai paura
• Egli ti mostrerà la via da seguire
Vediamo quindi come il confidare in Dio eviterà ansie e paure e renderà il nostro cammino più spedito e sicuro.
Avvicinarsi a Dio
Se abbiamo la possibilità di avvicinarci a Dio non è per merito nostro, per qualcosa che possiamo aver fatto o meno. Solo grazie a Gesù abbiamo questo privilegio.
In Efesini 2:13 è spiegato bene questo concetto:
“Ma ora, in Cristo Gesù, voi che allora eravate lontani siete stati avvicinati mediante il sangue di Cristo”.
Grazie all’opera di Gesù abbiamo accesso al Padre. Cristo ha mostrato di essere la via, il sentiero che porta in vetta, fino a Dio.
Rimane una nostra responsabilità, durante il cammino con Dio, continuare ad avere il desiderio di essere sempre più vicini a lui, dicendo un no deciso al peccato che spesso ci tende agguati, ci tenta per farci seguire strade alternative.
Impegnamoci ad ascoltare la sua voce, accettando la sua correzione e confidando completamente in lui.
L’avvicinamento è un processo dinamico che non può essere fatto stando fermi.
Bisogna camminare.
Può essere senza dubbio faticoso tenere un buon ritmo nel cammino, ma più ci avvicineremo alla nostra guida, più il nostro cammino sarà sicuro e riusciremo anche meglio ad ascoltare i suoi consigli.
In montagna capita, a volte, di trovarsi in alcuni sentieri piuttosto ripidi fatti sul brecciolino, ovvero su rocce molto piccole che ad ogni passo fanno sprofondare leggermente il piede all’indietro.
Questo, ovviamente, provoca una maggior fatica nella salita, a meno che non si sia talmente vicini alla guida, da poter vedere esattamente dove si fermano i suoi piedi.
Se li posizioneremo esattamente dove prima c’erano i suoi, vedremo che i nostri non sprofonderanno e la nostra salita risulterà più piacevole.
In conclusione, comprendiamo che il cammino con Dio è un cammino in salita, a volte faticoso, ma solo salendo la nostra visuale si farà sempre più ampia e riusciremo meglio a comprendere cosa ci sta intorno.
In questo cammino possiamo avere la certezza di poter contare sulla nostra Guida per eccellenza, Gesù Cristo, colui che è morto e risorto affinché potessimo arrivare in vetta.
Così il mio augurio e la mia preghiera è che Dio un giorno possa dire di ognuno di noi:
“Servo buono e fedele, tu hai ascoltato la mia voce, hai accettato la correzione, ti sei confidato in Dio, ti sei avvicinato all’Eterno, entra nella gioia del tuo Signore”.