Tempo di lettura: 12 minuti

Sembianze e movimenti

 

Prima di tutto notiamo come, anche nel Nuovo Testamento come nell’Antico, gli angeli siano descritti quali esseri spirituali visibili all’occhio umano, ogniqualvolta essi appaiono o sono mandati da Dio. Ciò avviene, normalmente, durante un sogno oppure in veri e propri incontri o visioni, sperimentati da persone perfettamente sveglie.

Come esempi della prima modalità di rivelazione angelica, quella dei sogni, ricordiamo l’episodio del falegname Giuseppe, il quale aveva deciso di lasciare segretamente la sua fidanzata Maria, dopo aver saputo che era incinta (Mt 1:19), ma cambiò idea in ubbidienza a ciò che gli disse “un angelo del Signore (che) gli apparve in sogno” (v. 20).

La stessa scena si ripeté una decina di mesi più tardi, allorché Giuseppe e Maria, col piccolo Gesù appena nato, decisero di lasciare Betlemme e di tornare a Nazaret per una via diversa da quella fatta all’andata, perché “avvertiti in sogno”, con ogni probabilità da un angelo (Mt 2:12). Successivamente, si diressero verso l’Egitto (v. 13) perché in questo senso andavano le direttive di “un angelo del Signore (che) apparve in sogno”.

 

Già prima di questi episodi, il sacerdote Zaccaria, futuro papà di Giovanni Battista, ricevette una visione – questa volta da sveglio – allorché

“gli apparve un angelo del Signore, in piedi alla destra dell’altare dei profumi” (Lu 1:11).

L’anziano Zaccaria stava svolgendo il suo servizio sacerdotale nel Tempio, proprio per offrire il profumo previsto dalla Legge di Mosè (v. 9), e là Gabriele gli preannunciò la nascita di suo figlio Giovanni: le parole dell’angelo per Zaccaria furono comprensibili, anche se egli dubitò, pagandone le conseguenze perché rimase muto fino alla nascita del figlio (vv. 18-20).

 

Lo stesso angelo Gabriele fu il protagonista della “annunciazione”, alla vergine Maria, della nascita miracolosa di Gesù. Ciò avvenne quando la donna era perfettamente sveglia. Notiamo che, al saluto di Gabriele, ella non si chiese chi si trovasse davanti a lei, avendo ben compreso che si trattava di un angelo. Maria, piuttosto “fu turbata a queste parole, e si domandava cosa volesse dire un tale saluto” (Lu 1:29).

 

Un’altra famosa apparizione “dal vivo” ad opera di angeli, stavolta anche in gruppo ed in gran numero, fu quella verificatasi il giorno della nascita di Gesù, con destinatari dei semplici pastori: “un angelo del Signore si presentò loro, e la gloria del Signore risplendé intorno a loro” (Lu 2.13).

 

È significativo notare che, durante il ministero terreno del Figlio di Dio, gli angeli non compariranno quasi più, tranne il caso degli angeli che, dopo le tentazioni di Satana, si avvicinarono a Gesù e “lo servivano” (Mt 4:11). Dalla sua nascita bisogna passare alla sua passione per trovare ancora degli angeli che entrano nella scena della storia. Alcuni manoscritti antichi, infatti, riportano che, proprio al culmine dell’agonia di Gesù al Getsemani “gli apparve un angelo dal cielo per rafforzarlo” (Lu 22:43).

 

Altre apparizioni avvennero dopo la morte di Gesù. Si parla infatti dell’apparizione di “un angelo del Signore”, con una veste bianca sfolgorante, alle due donne che erano andate a vedere il sepolcro dove Gesù era stato sepolto (Mt 28:1-3). Poi viene narrato anche dell’apparizione di “due angeli” a Maria Maddalena (Gv 20:12): in entrambi i casi, lo scopo delle apparizioni fu quello di rivelare il mistero della resurrezione di Cristo, il cui corpo non era più nella tomba. Conferma di tali apparizioni ci viene data dai discepoli sulla strada di Emmaus i quali, tristi e delusi per la morte di Gesù, ricordano a quello strano viandante appena incontrato che, fra le altre cose, essi avevano ascoltato del racconto di alcune donne che affermavano “anche di aver avuto una visione di angeli, i quali dicono che egli è vivo” (Lu 24:23).

 

Le sembianze degli angeli vengono specificate raramente nel Nuovo Testamento, ma, anche quando la descrizione non è palese, è comunque lecito pensare che si trattasse sempre di sembianze umane. In questo modo, infatti, gli angeli vengono descritti nell’Antico Testamento e così presumibilmente se li aspettavano tutti coloro che nel Nuovo Testamento furono destinatari di tali apparizioni. D’altronde, non è forse vero che il viso di Stefano, poco prima della sua testimonianza al Sinedrio, era “simile a quello di un angelo” (At 6:15)?

In At 5:18, per esempio, troviamo gli apostoli in prigione a causa della loro fede e ai vv. 19-20 leggiamo di “un angelo del Signore” che aprì le porte della prigione e li condusse fuori, ordinando loro di tornare nel Tempio per predicare la Verità. Lo scrittore degli Atti, non ha alcun dubbio in merito all’identità di quest’essere straordinario: egli è un angelo e Luca lo riconosce come tale perché, evidentemente, aveva quelle sembianze umane con cui gli angeli erano sempre apparsi nell’Antico Testamento.

 

Un altro caso di intervento angelico a favore degli apostoli è quello narrato in Atti 12, dove ancora “un angelo del Signore” apparve, con tutto il suo splendore, in prigione a Pietro (v. 7), liberandolo dalle catene e dalla prigionia: si trattava di una realtà tangibile e non di una visione notturna (v. 9) e l’apostolo non ebbe difficoltà a riconoscere l’angelo come tale, con ogni probabilità anche per le sue sembianze umane. Pietro, alla fine, era “sicuro” e ben “consapevole” che il Signore avesse mandato il suo angelo a liberarlo, tanto che scomparve da lui ogni paura (v. 11-12).

 

All’apostolo Paolo, invece, “un angelo di Dio” era apparso di notte e lo aveva incoraggiato in merito al buon esito del viaggio che lo stava portando a Roma (At 27:23). Ancora un intervento consolatorio, dunque, visibile e riconoscibile all’occhio umano!

 

Altre volte, le apparizioni di angeli sono finalizzate all’evangelizzazione, come nel caso di Filippo, al quale “un angelo del Signore” apparve e comandò di andare in una certa strada deserta per incontrare un eunuco e proclamargli la Buona Notizia della salvezza in Cristo (At 8:26), cosa che poi portò alla conversione e al battesimo di questo ministro della regina d’Etiopia (vv. 37-38).

 

“Un angelo di Dio”, in pieno mezzogiorno, apparve chiaramente in visione al centurione romano Cornelio (At 10:1-3) per ordinargli di cercare un certo Simone, detto Pietro. Che l’angelo della visione avesse sembianze umane è dimostrato dal fatto che Cornelio riconobbe in quell’essere spirituale “un santo angelo”(v. 22) ma anche “un uomo, in una veste risplendente”

(v. 30) con caratteristiche davvero straordinarie, tant’è vero che Cornelio fu preso da spavento (v. 4).

 

Dai brani che abbiamo già menzionato ricaviamo anche alcuni elementi scritturali in relazione ai movimenti degli angeli nel Nuovo Testamento. Questi movimenti sono citati raramente e sono sempre vari. Di rado ci vengono rivelati i dettagli su come gli angeli siano apparsi, sia in sogno che “dal vivo”, ma in un caso ci viene narrato che uno di loro “scese dal cielo e si avvicinò” alle donne presenti al sepolcro di Gesù (Mt 28:2), e in un altro che un angelo “sopraggiunse e una luce risplendette nella cella” dove si trovava Pietro (At 12:7). Nell’Apocalisse, inoltre, viene descritto un angelo “che volava in mezzo al cielo” (Ap 14:6) ed altri che combattono e vincono contro Satana, utilizzando movimenti sicuramente straordinari (12:7-8). Infine, ci imbattiamo talvolta in angeli che si allontanano all’improvviso e che vanno via dal luogo dove erano apparsi, senza in alcun modo preavvertire o chiedere il permesso a nessuno (Lu 1:38; At 10:7; 12:10).

 

 

Nomi e compiti

 

Al contrario di quanto accade per l’Antico Testamento, nel Nuovo Testamento non vengono riferiti nomi comuni per gli angeli, ma abbiamo la conferma di alcuni loro nomi propri: Michele e a Gabriele.

 

Gabriele.

Il più famoso degli angeli citati per nome nella Parola di Dio è sicuramente l’angelo Gabriele. Nel Nuovo Testamento, il suo ministerio viene racchiuso nel primo capitolo del vangelo di Luca, ma ha caratteristiche davvero straordinarie. Si tratta di due apparizioni con le rispettive annunciazioni, entrambe ben conosciute.

La prima è quella concernente la futura nascita di Giovanni. Luca (1:5-10) ci racconta di un anziano sacerdote, di nome Zaccaria, che non aveva avuto figli ma continuava a servire il Signore ed a vivere in ubbidienza a lui. Proprio mentre era nel Tempio per offrire il profumo prescritto da Dio “gli apparve un angelo del Signore, in piedi, alla destra dell’altare dei profumi” (v. 11). Quest’angelo si qualificherà come “Gabriele” (v. 19). Sono degne di nota le parole con cui egli rassicura Zaccaria, che davanti a lui era tutto tremante e spaventato: “Non temere, Zaccaria, perché la tua preghiera è stata esaudita; tua moglie Elisabetta ti partorirà un figlio e tu gli porrai nome Giovanni. Tu ne avrai gioia ed esultanza…” (vv. 13-14).

Più avanti Gabriele rivela quali fossero i suoi compiti straordinari: “Io sto davanti a Dio, e sono stato mandato a parlarti e annunziarti queste liete notizie” (v. 19).

 

La seconda annunciazione, delegata da Dio all’angelo Gabriele, è ancora più famosa e importante- Quando Elisabetta, moglie di Zaccaria, raggiunse il sesto mese di gravidanza, Gabriele “fu mandato da Dio in una città della Galilea chiamata Nazaret, a una vergine fidanzata ad un uomo chiamato Giuseppe” (Lu 1:26-27).

Naturalmente si tratta della annunciazione della nascita miracolosa del Signore Gesù dal corpo di una donna vergine, per virtù ed opera dello Spirito Santo. È bene sottolineare come l’angelo Gabriele avesse ricevuto questo preciso compito da Dio e lo stesse svolgendo in ubbidienza a lui: egli doveva annunciare a Maria che lo Spirito di Dio stesso sarebbe venuto su di lei e che lei avrebbe avuto in grembo e poi partorito che il Figlio di Dio, il Salvatore (v. 31-35).

Al contrario di Zaccaria, Maria accolse con piena sottomissione e fiducia la promessa fatta dall’angelo.

 

Michele.

Il secondo angelo che la Bibbia menziona per nome è Michele, del quale il Nuovo Testamento sembra riprendere la descrizione già presentata nell’Antico, arricchendola di importanti particolari.

Il primo brano neotestamentario, che parla di Michele, è quello di Giuda v. 9 : nel contesto di una polemica contro dei falsi fratelli che avevano anche la cattiva abitudine di disprezzare le autorità volute da Dio (v. 8), troviamo scritto che “l’arcangelo Michele, invece, quando contendeva con il diavolo disputando per il corpo di Mosè, non osò pronunziare contro di lui un giudizio ingiurioso, ma disse: «Ti sgridi il Signore!»”.

In questo versetto, che riprende in parte il passo di 2Pietro 2:10-11, notiamo innanzitutto l’esistenza di una battaglia spirituale tra le forze spirituali della malvagità (in questo caso il diavolo, che ne è al vertice) e quelle fedeli a Dio, qui rappresentate da Michele. Quest’ultimo viene descritto come assolutamente non intenzionato a prendere il posto di Dio, perché lascia a lui ogni giudizio, persino sul diavolo e sui demoni.

L’episodio in questione è contenuto in uno scritto apocrifo di stile midrash apocalittico, chiamato: “L’assunzione di Mosè”, nel quale Satana pretende da Dio il corpo del condottiero d’Israele per portarlo all’inferno, in quanto Mosè aveva ucciso un egiziano (Es 2:12) e pertanto era da considerarsi un assassino, degno di castigo eterno.

Nel nostro brano, inoltre, Michele viene chiamato “arcangelo”, cioè “angelo principale o superiore”. Questa è una designazione più forte di “angelo” in genere, sta ad indicare un’importanza maggiore data a Michele e, probabilmente, anche l’esistenza di una gerarchia fra gli esseri spirituali fedeli a Dio. Questo titolo, però, in tutta la Scrittura, è presente ancora soltanto in 1Tessalonicesi 4:16, senza riferimento ad angeli specifici.

 

Il secondo brano del Nuovo Testamento nel quale si parla esplicitamente di Michele è Apocalisse 12:7-8, dove viene descritta una grande battaglia spirituale che si verifica nel cielo, nella quale “Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone. Il dragone e i suoi angeli combatterono, ma non vinsero, e per loro non vi fu più posto nel cielo…”.

A seguito di questa schiacciante vittoria, riportata da Michele e dai suoi angeli, sta scritto che il diavolo “fu gettato giù… sulla terra, e con lui furono gettati i suoi angeli” (v. 9). Comprendiamo, allora, che Michele ha senz’altro una posizione di particolare importanza all’interno degli eserciti di Dio e che egli ha il particolare compito di condurre battaglie spirituali contro le forze diaboliche della malvagità.

 

 

Gli “angeli” senza nome

 

Oltre a Gabriele e a Michele, ve ne sono altri, dei quali non sono indicati i nomi. Possiamo però conoscere i loro compiti e mansioni, che ho diviso in sei gruppi.

 

• Sono al servizio di Dio.

Alla fine delle tentazioni nel deserto, dopo che Satana si era allontanato dal Figlio di Dio sta scritto che “degli angeli si avvicinarono a lui e lo servivano” (Mt 4:11).

In un altro momento di bisogno del Signore, troviamo ancora degli angeli al suo servizio: nell’orto del Getsemani, infatti, al Cristo, proprio nei momenti più angosciosi della sua esistenza terrena, nei quali si stava preparando alla Croce e stava combattendo una terribile spirituale “apparve un angelo dal cielo per rafforzarlo” (Lu 22:43). Solo Dio Padre avrebbe potuto incoraggiare e consolare il Figlio, e lo ha fatto per mezzo dei suoi meravigliosi angeli…

 

• Lodano e benedicono Dio.

Un altro compito degli angeli è quello di lodare ed adorare il Signore dei signori.

Il primo, stupendo episodio è quello relativo all’annuncio ai pastori della nascita del Messia. Dopo le parole di “un angelo del Signore”, leggiamo che al suo fianco apparve “una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini che Egli gradisce»” (Lu 2.13-14).

Quanti erano questi angeli? E quali erano i loro nomi? Non lo sappiamo, ma possiamo rimanere estasiati nell’immaginare la scena di miriadi di esseri spirituali che lodano Dio a gran voce, con parole e con canti ineffabili…

Più tardi, citando il Sl 97:7, lo scrittore agli Ebrei applica al Cristo una caratteristica che è degna solo del Creatore. Si tratta della peculiarità di essere adorato dalle sue creature. Infatti sta scritto che, introducendo il Figlio nel mondo, Dio Padre afferma: “Tutti gli angeli di Dio lo adorino!” (Eb 1:6).

Ma è nel libro dell’Apocalisse che troviamo un’esplosione di lode per Dio, anche e soprattutto da parte dei suoi angeli, che “erano in piedi davanti al trono… si prostravano con la faccia a terra davanti al trono e adorano Dio dicendo: «Amen! Al nostro Dio la lode, la gloria, la sapienza, il ringraziamento, l’onore, la potenza e la forza nei secoli dei secoli, amen!»” (Ap 7:11).

Se è vero che gli angeli sono dei perfetti adoratori, è anche vero che essi sanno molto bene che solo Dio dev’essere adorato! Così, in un paio di occasioni, in Apocalisse troviamo degli angeli che rimproverano l’apostolo Giovanni, il quale si è prostrato ai loro piedi per adorarli, e gli ricordano che essi sono solo dei suoi“conservi” (Ap 19:10; 22:9).

 

• Liberano e proteggono.

Due episodi, nel libro degli Atti, testimoniano le capacità di liberazione e di protezione che Dio spesso delega ai suoi angeli.

Alcuni apostoli incarcerati nella prigione pubblica furono liberati da “un angelo del Signore, nella notte, aprì le porte della prigione” (At 5:19).

Qualcosa del genere avvenne, qualche tempo dopo, durante una delle prime persecuzioni contro i cristiani. Per la liberazione di Pietro dal carcere, Dio guidò l’intervento prodigioso di un angelo che, nella notte “sopraggiunse e una luce risplendette nella cella… L’angelo lo svegliò… e le catene gli caddero dalle mani… Ed egli (Pietro), uscito, lo seguiva… Com’ebbero oltrepassato la prima e la seconda guardia, giunsero alla porta di ferro che immette in città, la quale si aprì da sé davanti a loro…” (At 12:7, 9, 10).

Nessuna difficoltà… nessun problema… catene che cadono come burro, guardie che non si svegliano, porte di ferro che si aprono da sole… questo è il potere di liberazione che il Signore degli eserciti concede ai suoi angeli!

Una conferma indiretta di questa capacità di liberare e di proteggere, la troviamo nelle parole di Gesù nel Getsemani, quando rimproverò il solito Pietro, che aveva tentato di difenderlo sguainando una spada e recidendo l’orecchio del servo del Sommo Sacerdote. Il Signore gli disse: “Credi forse che Io non potrei pregare il Padre mio, che non mi manderebbe in questo istante più di dodici legioni d’angeli?” (Mt 26:53).

Gesù non pregò il Padre, perché doveva e voleva realizzare la sua missione di salvezza, ma gli angeli erano comunque a sua disposizione per liberarlo in maniera completa e sovrannaturale, se solo egli lo avesse voluto.

 

• Sono strumenti del giudizio di Dio.

Più volte, nei Vangeli, troviamo delle allusioni fatte dal Signore Gesù Cristo in merito ai compiti degli angeli in qualità di strumenti del giudizio divino.

Nella parabola delle zizzanie, per esempio, si parla di una mietitura spirituale che avverrà negli ultimi tempi, nella quale gli angeli saranno proprio “i mietitori” (Mt 13:39). In particolare, questi angeli saranno mandati da Cristo sulla terra con un preciso scopo (v. 41-42): “…raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente” (vv. 41-42).

Nella parabola della rete sta scritto che, alla fine dell’età presente “…verranno gli angeli e separeranno i malvagi dai giusti, e li getteranno nella fornace ardente” (Mt 13:49-50).

Ma è soprattutto nell’Apocalisse che troviamo i riferimenti più numerosi e precisi alle creature angeliche come agenti del giudizio divino. Per esempio, vengono presentati quattro angeli che sono in piedi e “trattenevano i quattro venti della terra perché non soffiassero sulla terra, né sopra il mare né sugli alberi” (Ap 7:1).

Questi angeli sono servi di Dio e vengono da Lui utilizzati per i suoi giusti giudizi, nel senso che “tratterranno” tali giudizi finché non siano segnati sulla fronte i 144.000 uomini d’Israele, fedeli a Dio nella Grande Tribolazione (vv. 3-4).

Nel successivo capitolo 8 dell’Apocalisse, dopo l’apertura del settimo sigillo compaiono “…i sette angeli che stanno in piedi davanti a Dio e furono date loro sette trombe” (vv. 1-2).

I sigilli del “libro scritto di dentro e di fuori” potranno essere sciolti solo dall’Agnello di Dio (5:1, 5), mentre i successivi giudizi, preannunciati dal suono delle sette trombe, verranno introdotti da creature angeliche (8:6, 7, 8, 10, 12; 9:1,13): ad ogni suono di tromba seguiranno catastrofi e calamità di vario genere, che si abbatteranno disastrosamente sulla terra.

 

La descrizione delle catastrofi naturali, segnali dei giudizi divini che precederanno i giudizi finali, non cessa neanche nel capitolo 9 di Apocalisse allorché, dopo il suono della sesta tromba, si udì “una voce dai quattro corni dell’altare d’oro che era davanti a Dio” (v. 13), la quale comandò all’angelo della sesta tromba di liberare (vv. 14-15) “i quattro angeli che sono legati sul gran fiume Eufrate…che erano stati preparati per quell’ora… per uccidere la terza parte degli uomini”

Ancora. In Apocalisse 14, oltre che in un “angelo evangelista” (v. 6), che preannuncia l’im-
minente giudizio di Dio (v. 7), ci imbattiamo anche in un altro angelo, che invece profetizza la caduta di Babilonia la grande (v. 8). Viene descritta anche un’ulteriore creatura spirituale, che annuncia la futura punizione divina di tutti gli adoratori di Satana e dell’Anticristo (v. 9-12). Dopo una breve parentesi (v. 13), inerente le beatitudini dei credenti, le prospettive di giudizio riprendono allorché un altro angelo, che “usciva dal Tempio” (v. 15), gridò a gran voce e comandò al “figlio d’uomo”: “Metti mano alla tua falce e mieti, poiché è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura!”

Il risultato? La terra sarà “mietuta” (v. 16), ed a ciò si aggiungerà la sua “vendemmia”, che verrà messa in opera da un ulteriore angelo, il quale ha “una falce affilata” (v. 17) ed eseguirà l’ordine di vendemmiare la terra ed i suoi abitanti, ordine che riceverà da un altro angelo ancora, “il quale ha potere sul fuoco” ed uscirà anch’egli dall’altare di Dio (v. 18). Questa “vendemmia” riempirà il “grande tino dell’ira di Dio”, dal quale uscirà sangue per un estensione di circa 300 chilometri e per un’altezza pari a quella del morso di un cavallo (vv. 19-20).

Anche il capitolo 15 di Apocalisse si apre con una meravigliosa visione di angeli, ancora una volta strumenti della giustizia e dei giudizi divini: “Poi vidi nel cielo… sette angeli che recavano sette flagelli, gli ultimi, perché con essi si compie l’ira di Dio” (v. 1).

Poco dopo, a seguito del canto dell’inno di Mosè e dell’Agnello (v. 3-4), l’apostolo Giovanni vide aprirsi in cielo il Tempio del Tabernacolo della Testimonianza (v. 5) e di là vide uscirne quei sette angeli che portavano con loro i sette ultimi flagelli (v. 6). Essi erano “vestiti di lino puro e splendente e avevano cinture d’oro intorno al petto” e ad essi furono dati, da una delle quattro creature viventi “sette coppe d’oro piene dell’ira di Dio” (v. 7).

Questi sette angeli ubbidiranno alla “gran voce” che dal Tempio ordinerà loro di andare e di versare sulla terra le sette coppe dell’ira di Dio (16:1). In effetti, questi sette angeli versano le coppe (v. 2, 3, 4, 8, 10, 12, 17) e per ciascuna di esse sulla terra si verificano malattie e cataclismi, come segno della volontà di Dio di preavvertire l’umanità, mediante giudizi minori e intermedi, in relazione ai suoi futuri e terribili giudizi definitivi.

Ultimo brano dell’Apocalisse, che descrive un angelo nell’atto di essere strumento dei giusti giudizi divini, è quello di 20:1-3, dove un angelo, appunto, scende dal cielo “con la chiave dell’abisso e una grande catena in mano. Egli afferrò il dragone… e lo legò per mille anni e lo gettò nell’abisso, che chiuse e sigillò sopra di lui”.

Si tratta di un angelo al quale Dio ha concesso particolari capacità e poteri, tanto da poter afferrare personalmente Satana, legarlo per mille anni e gettarlo nell’abisso senza alcun aiuto, chiudendo e sigillando l’abisso come se fosse di sua proprietà. Si tratta, naturalmente, di capacità e poteri divini, qui esercitati da un angelo che è stato a ciò delegato dal Signore Onnipotente.