Stiamo attraversando un momento in cui guardare al futuro non riempie
certo i cuori di ottimismo e di speranza. Da qualunque angolo si osservi la realtà nella quale siamo quotidianamente immersi, c’è davvero poco e niente per cui essere rallegrati o rasserenati. Guardando il presente non si può non essere preoccupati per il futuro ed è comprensibile il senso di smarrimento, di insicurezza, di confusione provato dalla maggioranza delle persone. In questo contesto siamo chiamati da Dio a portare una parola di speranza e di consolazione.
In un momento storico di grande difficoltà per gli abitanti di Gerusalemme, Dio inviò un messaggio d’incoraggiamento per bocca del profeta Isaia: “Fortificate le mani infiacchite, rafforzate le ginocchia vacillanti! Dite a quelli che hanno il cuore smarrito: «Siate forti! Non temete! Ecco il vostro Dio!…. verrà egli stesso a salvarvi…»” (Is 35:3-4).
Le mani si infiacchiscono quando non si percepisce più l’utilità del nostro
operare, quando si pensa che quello che si fa non serva a niente o quando non si sa più che cosa fare. Le ginocchia vacillano quando il cammino diventa difficile e faticoso, quando non si sa più bene dove
andare e si è presi dalla tentazione di fermarsi. Il cuore è smarrito quando non ha più una guida sicura, quando – tanto per evocare un’altra splendida metafora biblica – è come una pecora senza pastore, quando cioè non ha nessuno che gli indichi il sentiero da percorrere, che si prenda cura di lui e gli trasmetta quel senso di stabilità e di sicurezza di cui ha bisogno.
Il messaggio di speranza e di consolazione che il Signore ci chiama a
portare alle tante mani infiacchite, alla tante ginocchia vacillanti e ai tanti
cuori smarriti che vediamo intorno a noi è lo stesso che inviò agli abitanti di Gerusalemme per mezzo del profeta Isaia. Ma è un messaggio che prima di tutto dobbiamo ricevere per noi stessi, che dobbiamo assimilare e fare nostro!
Come potremmo infatti trasmettere forza agli altri, se le nostre mani sono infiacchite? Come potremmo trasmettere sicurezza se nel cammino noi stessi vacilliamo? E come potremmo dare indicazioni certe e chiare se noi stessi siamo smarriti e confusi?
Il messaggio di speranza e di consolazione ha due punti chiave. Prima
di tutto: “Dio verrà egli stesso”, cioè interverrà in prima persona nella nostra storia, nella nostra situazione, e, in secondo luogo, il suo intervento avrà un solo obiettivo concreto: “salvarci”.
È bello ricordare, a conclusione di questo travagliato 2013 e preparandoci ad iniziare il cammino di un nuovo anno, che la visione del sicuro intervento di Dio, attraverso il ritorno del suo Figlio Gesù, può rendere forti “le mani infiacchite”; può rendere salde “le ginocchia vacillanti” e può donare un orientamento sicuro a chi ha “il cuore smarrito”
L’attuazione di questo intervento divino ha dei tempi che non sono i nostri tempi, dei tempi che richiedono attesa e speranza. Ma questo non deve scoraggiarci, ricordando che, se il nostro sguardo resta posato esclusivamente sulle cose che si vedono, cose che sono spesso fonte di depressione, di insicurezza e paura e di smarrimento e confusione, la nostra vita può diventare non soltanto senza speranza ma anche
senza significato. La visione profetica di ciò che il Signore sta per compiere in futuro non soltanto può ridare forza alla nostra attesa e vigore alla nostra speranza, ma può dare anche un senso alla nostra vita: siamo immersi e serviamo nelle cose che si vedono per prepararci ad accogliere e ad essere consolati dalle cose che non si vedono. Ricordando sempre questa realtà: le cose che si vedono sono solo “per un tempo”; quelle che non si vedono sono “eterne”.