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L’esempio della chiesa di Troas

 

“Trascorsi i giorni degli azzimi, partimmo da Filippi e, dopo cinque giorni, li raggiungemmo a Troas, dove ci trattenemmo sette giorni. Il primo giorno della settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il pane,Paolo, dovendo partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e prolungò il discorso fino a mezzanotte” (At 20:6-7).

 

Questo è il resoconto di fatti avvenuti nel corso di uno dei viaggi missionari di Paolo, durante la visita ai credenti della chiesa locale di Troas nell’Asia Minore.

Si tratta di uno spaccato utile a capire che cosa accadeva il primo giorno della settimana nella Chiesa dei primi giorni.

 

Rileggendo con attenzione il testo, notiamo che Paolo e i suoi compagni d’opera sostarono a Troas per una settimana intera. Il testo ispirato non aggiunge particolari inerenti i primi sei giorni di questa tappa, si sofferma invece sull’ultimo giorno, che era una domenica.

 

I credenti si riunirono di sera, e la riunione si prolungò per le lunghe per una predica fiume di Paolo. Il brano prosegue ricordando la vicenda di un giovane di nome Eutico che, essendosi seduto sul davanzale di una finestra, si addormentò e cadde dal terzo piano, e fu ritenuto da tutti morto. Paolo invece lo raccolse e il giovane venne ricondotto vivo in mezzo alla fratellanza, con grande conforto di tutti.

Questo giovane, visto il lieto fine della vicenda, suscita una certa simpatia e comprensione in quanto si addormentò a causa di Paolo che “tirava in lungo il suo dire” (v. 9).

 

 

Un giorno non festivo

 

Quasi tutti noi viviamo la domenica come giorno di riposo dal lavoro. È invece molto probabile che Eutico fosse stremato dopo una giornata intensa di lavoro e di cammino.

In quel contesto infatti il primo giorno della settimana non era un festivo: non lo era per i Giudei che osservavano il sabato e tantomeno lo era per i Gentili, che non avevano un particolare  giorno della settimana da rispettare.

 

Alcuni hanno cercato di dimostrare che in giorno di domenica i pagani celebrassero il culto alle loro divinità, per esempio il culto del sole, di conseguenza i cristiani avrebbero iniziato a dare importanza alla domenica“cristianizzando” qualcosa di pagano.

Tuttavia non ci sono elementi fondati per sostenere questa tesi.

 

Perciò, tenuto conto che Troas era città “pagana”, è normale pensare che quel giorno fosse un giorno di lavoro, e forse la riunione dei credenti iniziò a sera e nemmeno tanto presto proprio per consentire ai più, terminate le proprie attività lavorative, di essere presenti.

 

Il brano non dice che negli altri giorni di visita di Paolo i credenti non si riunirono, né che quello fu l’unico in cui i credenti celebrarono la Cena del Signore. Sappiamo che alla nascita della Chiesa i credenti “ogni giorno… rompevano il pane nelle case” (At 2:46) e tra le istruzioni sulla Cena trasmesse da Paolo in 1Corinzi non ci sono prescrizioni su giorni e frequenza con cui “rompere il pane”.

 

L’apostolo si limita a indicare quale messaggio viene annunciato attraverso la Cena (“ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice” – 1Co 11:26), senza stabilire né un giorno speciale né quanto tempo debba passare da una volta all’altra.

A Troas questo avvenne proprio di domenica, e questa sottolineatura ha comunque un significato. Come detto non sappiamo se la Cena venisse celebrata anche in altri giorni come fecero all’inizio i convertiti di Gerusalemme, o se in altre località i credenti facessero diversamente, ma quel giorno (domenica) i cristiani di Troas si riunirono con quello scopo specifico. Ed era lo stesso giorno della risurrezione del Signore e delle prime apparizioni ai suoi.

 

 

Riunirsi per “spezzare il pane”!

 

Nelle parole di Atti 20:7 abbiamo senz’altro una testimonianza dell’importanza del memoriale che la Chiesa continua a praticare in ubbidienza al suo Capo.

La comunità di Troas si era riunita proprio “per spezzare il pane”. Anche se era un grande privilegio avere l’apostolo Paolo presente e ascoltarlo, lo scopo del radunamento era un altro: la Cena del Signore.

 

A volte noi perdiamo di vista la bellezza e l’importanza di riunirci “per spezzare il pane”: che questo esempio, così come viene riportato, ci possa parlare da parte del Signore.

Se l’aspetto principale del nostro incontro domenicale è la predicazione o il canto, a scapito della Cena che diventa solo un “accessorio”, allora dobbiamo rivedere qualcosa.

Nel primo giorno della settimana, la Persona del Signore, che si rivela a noi attraverso il ricordo della sua opera culminata alla croce, deve essere ciò che ci attrae e ci raduna.

 

Per il mondo è un giorno utile per divertirsi, dedicarsi al proprio hobby, trattarsi bene.

Il Signore non ci prescrive cosa fare o non fare quel giorno: è l’amore per lui che ci deve spingere a voler essere presenti alle riunioni nel suo nome per onorarlo con tutto noi stessi.

Ci sia di esempio l’impegno di credenti di altre generazioni i quali, percorrendo anche molti chilometri a piedi, non volevano mancare anche a due o tre riunioni dell’assemblea locale convocate in giorno di domenica.

 

Così, farò tutto il possibile per evitare un lavoro che di sicuro mi impegnerà nel “primo giorno della settimana” o di mettermi in viaggio se non necessario. So bene che ci sono molti casi diversi e che non sempre tutti possono essere presenti alle riunioni, pur desiderandolo.

Ripeto qualcosa già espresso in precedenza: il Signore non ci dà un nuovo sabato, e noi non dobbiamo cadere nello stesso formalismo degli Israeliti che rispettavano il sabato solo negli aspetti esteriori.

Ma quale benedizione iniziare una nuova settimana con il pensiero che il Signore nella nostra vita viene prima di tutto il resto, quale grazia ribadirlo anche nel caso in cui, dopo una intera settimana trascorsa in precedenza, avessimo perso di vista questa priorità!

 

 

Il primo giorno della settimana: le istruzioni sull’offerta

 

In 1 Corinzi 16:1-2 troviamo la sola esortazione che viene rivolta ai credenti in relazione al giorno della domenica:

 

“Quanto poi alla colletta per i santi, come ho ordinato alle chiese di Galazia, così fate anche voi.

Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi, a casa, metta da parte quello che potrà secondo la prosperità concessagli, affinché, quando verrò, non ci siano più collette da fare”.

In effetti qui non si parla di riunioni della chiesa né di cassette o borse da riempire. C’è però un chiaro ordine che non abbiamo motivo di considerare circostanziato a quell’epoca e a quella chiesa, ma che è pienamente valido anche per noi.

 

Il fatto che in giorno di domenica anche i Corinti si riunivano sembra implicito dalla specifica “a casa”. Sarebbe stato infatti inutile dirlo se quel giorno non fosse stato giorno di consueto radunamento: diventa invece opportuno specificarlo per insegnare che l’offrire denaro non deve essere un gesto che si improvvisaquando ci si incontra, ma una decisione presa nel segreto e nella riflessione di casa propria.

 

A quel tempo la colletta doveva essere destinata a dei fratelli bisognosi di Gerusalemme, e l’apostolo Paolo avrebbe provveduto personalmente a incaricare dei fratelli per portarla a destinazione, andando eventualmente egli stesso con loro.

 

Oggi abbiamo a disposizione molti strumenti di collegamento e di pagamento: così, oltre a mettere da parte del denaro, nel primo giorno della settimana lo possiamo anche raccogliere per un invio immediato, che si tratti di destinarlo a poveri, a bisognosi o al sostegno dell’opera del Signore.

 

L’ordine della Parola è quello di ricordarsi della colletta e di adoperarsi per donare secondo quattro precise raccomandazioni che dobbiamo tenere presenti.

• Dobbiamo fare questo “ogni primo giorno della settimana”.

Si tratta di una cadenza regolare, il che in genere è un aiuto per raggiungere dei risultati soddisfacenti. Infatti, quando decidiamo di fare qualcosa senza porci scadenze ed obiettivi, è molto facile che il nostro impegno si affievolisca fino a svanire del tutto.

Invece una scadenza definita in anticipo ci aiuta a verificare se stiamo rispettando l’impegno oppure no.

 

Inoltre, nel donare parte dei nostri beni, in ubbidienza a Dio, nel primo giorno della settimana, è come se riaffermassimo ogni volta che Dio è il Signore sulla nostra vita intera, quindi è Signore anche sui nostri beni.

Non ne faremo quello che piacerebbe a noi stessi, ma li metteremo a sua disposizione in favore degli altri (2Co 8:5; Fl 4:18; Eb 13:16).

 

• Il mettere da parte qualcosa è richiesto a “ciascuno di voi”, cioè a tutti.

Questo ci deve responsabilizzare e farci esaminare personalmente, senza pretendere che siano gli altri a dare, magari chi sta meglio di noi. Siamo tutti bravi a commiserarci e ad assolverci, pur di non rinunciare a tante cose che abbiamo e che custodiamo gelosamente.

Ogni famiglia, tutti quanti dobbiamo dare!

 

• Come accennato in precedenza, è qualcosa da compiere “a casa”.

La colletta non deve essere un’azione improvvisata, di cui magari ci ricordiamo solo quando, entrati nella nostra sala di culto, rivediamo la cassetta che ha quella finalità.

 

È a casa che dobbiamo riflettere su quello che il Signore ci ha concesso, lontano dagli sguardi degli altri che ci potrebbero condizionare (Mt 6:1-4).

A casa abbiamo tempo per pensare con riconoscenza al Signore ai beni ricevuti da lui e poi quantificare la somma di denaro che doneremo, evitando così che, una volta riuniti, ci distraiamo dallo svolgimento dell’incontro collettivo per pensare a noi stessi.

 

• Infine, c’è una indicazione di quantità.

Dobbiamo mettere da parte per donare ciascuno “secondo la prosperità concessagli”.

In effetti è un’indicazione non definita in termini precisi, ma di principio; al tempo stesso è però un’indicazione non banale. Infatti, secondo questo principio, il Signore ci insegna qualcosa che prevede contemporaneamenteequità e generosità.

 

Il Signore infatti ci fa partecipi di denaro e beni materiali perché provvede alle nostre necessità, e così come si prende cura del nostro prossimo si prende cura anche di noi.

“Infatti non si tratta di mettere voi nel bisogno per dare sollievo agli altri” (2Co 8:13).

Però dobbiamo essere generosi (2Co 8:2-4; 9:5-8), perché è così che si manifesta l’amore di Dio in noi (1Gv 3:17).

Del resto, il “dare a colui che è nel bisogno” (Ef 4:28) è uno degli scopi della nostra fatica lavorativa.

Tenuto conto di questi insegnamenti ribaditi in numerosi altri passi, saremo in grado di deliberare nel nostro cuore la scelta giusta per contribuire alla colletta.

 

Rivalutiamo il fatto che quello della colletta non è un gesto di consuetudine e di cortesia, ma una richiesta del Signore chiaramente espressa nella Parola, a cui ubbidire “ogni primo giorno della settimana”.

 

 

Conclusione

 

Spesso la Scrittura ci parla attraverso esempi che conquistano, più che per mezzo di ingiunzioni.

Se speravamo di trovare elenchi di cose da fare o non fare nel primo giorno della settimana, forse siamo rimasti delusi. Ma proprio questo ci deve portare a rafforzare i nostri legami con il Signore, che vuole discepoli che lo amano e non formalisti privi della sua potenza.

Tra gli esempi che parlano al nostro cuore c’è quello delle donne che andarono al sepolcro la mattina in cui Gesù risuscitò.

 

“Passato il sabato, Maria Maddalena, Maria, madre di Giacomo, e Salome comprarono degli aromi per andare a ungere Gesù. La mattina del primo giorno della settimana, molto presto, vennero al sepolcro al levar del sole” (Mr16:1-2).

 

Certo, la loro fatica fu per certi versi inutile, perché ormai il Signore era risorto, ma proprio grazie alla loro premura esse fecero ben presto la felice scoperta.

Noi sappiamo che il Signore è vivente: ma, guardando allo zelo di quelle donne, che facciamo il primo giorno della settimana?

Sarà il Signore il primo che cerchiamo?

Avremo preparato qualcosa per andare a onorarlo?

 

Che siamo noi stessi a far diventare ogni primo giorno della settimana una vera “domenica”, cioè un vero“giorno del Signore”!