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Un modello di chiesa


Sappiamo bene che se esiste un modello di chiesa che siamo chiamati ad imitare questo è quello che ci viene presentato nel libro degli Atti degli apostoli. Un distaccarsi da quel modello di Chiesa, del resto, significherebbe inevitabilmente distaccarsi dai principi della Parola di Dio, da quanto Dio ci chiede, da come Dio ci vuole. A tal proposito, sono sicuramente molti gli elementi sui quali ci farebbe bene riflettere. Tuttavia, in queste poche righe vorrei considerarne uno. Vorrei riflettere su come quel modello di Chiesa superò gli “ostacoli” che inevitabilmente si presentarono fin da subito nel corso del suo cammino terreno. Oggi molti “ostacoli”, piuttosto che essere superati, diventano dei veri e propri “muri” che minacciano fortemente la comunione all’interno della Chiesa, che fanno perdere efficacia al nostro servizio, che intaccano, purtroppo, anche la nostra testimonianza verso il mondo esterno. Sono consapevole che, affrontare in maniera approfondita questo argomento richiederebbe molto spazio, perciò, senza avere la pretesa di essere esaustivo, vorrei considerare solo un paio di episodi che possono rappresentare per noi un esempio da seguire al fine di superare gli “ostacoli” all’interno della Chiesa.

L’importanza del raccontare

In seguito alla sua conversione, Paolo, dopo aver trascorso un periodo di servizio a Damasco, giunse a Gerusalemme (At 9:19-26). Luca, nel raccontarci questi eventi nel libro degli Atti, ci ricorda nel dettaglio che “quando Saulo fu giunto a Gerusalemme, tentava di unirsi ai discepoli; ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo” (At 9:26). Ora questa “paura” era chiaramente derivante dal fatto che Saulo, prima della sua conversione, era stato uno dei più accessi persecutori della Chiesa. Luca lo descrive come colui che era “sempre aspirante minacce e stragi contro i discepoli del Signore” (At 9:1). Perciò, possiamo ben comprendere la reticenza, la titubanza, la cautela, la difficoltà, la “paura” che provarono proprio i “discepoli del Signore” ad accettarlo nella chiesa di Gerusalemme come uno di loro. Vi era, quindi, un vero e proprio “ostacolo” legato all’accoglienza di Paolo all’interno del gruppo dei discepoli. Come venne superato questo “ostacolo”?

Il libro degli Atti ci informa sul fatto che “Barnaba”, un discepolo del Signore, “prese con sé” Saulo e “lo condusse dagli apostoli, e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come a Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù” (At 9:27). Che cosa accadde in seguito? “Da allora”, ci racconta Luca, “Saulo andava e veniva con loro in Gerusalemme, predicava con franchezza nel nome del Signore” (At 9:28).

L’ostacolo dell’accoglienza di Saulo all’interno della chiesa di Gerusalemme era stato rimosso. Come? Parlando! Barnaba non fece altro che raccontare quello che il Signore aveva fatto nella vita di Saulo e quello che Saulo, in seguito alla sua conversione, aveva iniziato a fare per il Signore. Barnaba parlò con gli apostoli.

Questo confronto, questo dialogo, fu lo strumento mediante il quale un “ostacolo” fu superato. Non assistiamo ad un Saulo e ad un Barnaba che se la presero per la reticenza che i discepoli mostrarono nei confronti del nuovo convertito che voleva unirsi a loro. Saulo e Barnaba non alzarono un muro. Allo stesso tempo, non vediamo nemmeno che gli apostoli e i discepoli del Signore rimasero fermi e intransigenti nelle loro posizioni a prescindere da quello che gli venne riferito. Anche loro non alzarono un muro.

Assistiamo piuttosto alla scelta compiuta dai discepoli del Signore che scelsero di parlarsi, di raccontare (da una parte) e di ascoltare (dall’altra) quello che Dio aveva realizzato. Fu il racconto di quello che Dio aveva operato che convinse gli apostoli, prima, e i discepoli di Gerusalemme poi, che quell’uomo che voleva unirsi a loro non rappresentava più una minaccia e un pericolo per la Chiesa.

Non è questo l’unico caso in cui, nella prima chiesa, degli “ostacoli” vennero superati per mezzo del racconto di quello che Dio aveva effettivamente realizzato in una determinata circostanza. Del resto, quando Pietro fu contestato dai credenti di origine giudea della chiesa di Gerusalemme, per il fatto di essere andato in casa degli stranieri ad annunciare il vangelo (At 11:1-2), quale fu la via che portò al superamento di quel nuovo “ostacolo”? Ancora una volta il parlarsi: Pietro “raccontò loro” tutto quello che il Signore aveva realizzato riguardo quella specifica vicenda (At 11:4-17). Quale fu il risultato? Anche in questo caso, quell’“ostacolo” fu rimosso e la chiesa, come nell’occasione precedente (At 9:28-31), ne trasse un grande beneficio (At 11:18).

Dei valori che non devono sparire

Parlarsi, confrontarsi, essere disponibili al dialogo, essere disponibili a raccontare quello che Dio ha realizzato, essere disposti ad ascoltare quello che ci viene riferito, essere pronti a cambiare le nostre posizioni se Dio ci sta indicando di farlo, essere disposti a non prendersela se in un primo momento ci vengono mostrate delle reticenze e delle cautele nell’accogliere ciò che davanti a Dio siamo certi di dover realizzare. Quelli che abbiamo appena elencato sono tutti dei valori estremamente importanti, che non dovrebbero mai mancare all’interno della chiesa.

Purtroppo, dobbiamo riconoscere che questi valori, dopo essere quasi del tutto scomparsi nella società in cui viviamo, rischiano tristemente di sparire anche all’interno delle nostre comunità. Si preferisce alzare muri piuttosto che superare “ostacoli”, si preferisce proseguire a testa bassa per la direzione che a nostro parere è la migliore ignorando, o peggio ancora mettendo a tacere, chi ha qualcosa da raccontare. Purtroppo ci sfugge che, quando quel qualcosa da raccontare è da parte del Signore, se solo venisse ascoltato e considerato non farebbe altro che apportare del bene per la vita della Chiesa. Riappropriamoci del valore del dialogo, del raccontare, dell’ascoltare, del confrontarci. Se questo accadrà, molti “ostacoli” invece che diventare dei muri invalicabili verranno superati, aprendo la strada ad occasioni di crescita e di sviluppo per le nostre comunità.

Resoconti onesti

Un’ultima considerazione rivolta al valore del racconto. Come abbiamo visto, nelle due circostanze esaminate nel libro degli Atti, chi “raccontò”, lo fece riportando un resoconto fedele di ciò che era realmente accaduto. Chi “raccontò”, non inserì pareri personali o effetti speciali al fine di colpire meglio il sentimento e le emozioni degli ascoltatori.

Molte volte, infatti, potremmo essere tentati di modificare la realtà di ciò che è accaduto, al fine, di volere convincere meglio gli altri delle benedizioni del Signore che ci stanno accompagnando. Ricordiamoci che siamo chiamati a dire la “verità” sempre (Ef 4:25), a farlo mediante resoconti reali e onesti (Ro 13:13) di quello che effettivamente ha realizzato Dio.

La benedizione di Dio quando c’è si percepisce, non c’è bisogno di utilizzare mezzi umani per farla percepire meglio. Racconti alterati, anche solo ritoccati o umanamente migliorati, del resto, non farebbero altro che creare altri “ostacoli” invece che contribuire al loro vero e autentico superamento.