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o, ma più in generale significa discernere sempre la situazione che stiamo vivendo ed essere lucidi per scorgere il pericolo.

Gesù ripeté diverse volte questo medesimo imperativo nel discorso riguardante i tempi della fine che troviamo in Matteo 24 e in Marco 13, dove evidenziò i pericoli che sarebbero venuti in seguito e che per noi oggi sono quanto mai presenti.

Se viviamo la nostra vita pensando che non c’è alcun pericolo spirituale per noi, se non abbiamo coscienza del combattimento spirituale, significa che ci siamo addormentati e allora dobbiamo far nostro l’appello al risveglio di Romani 13:11-14.

E mai cessare di vegliare, come delle sentinelle. Dovremmo chiederci continuamente: quello che mi viene proposto è sano?

È lecito?

Mi contamina? Fa progredire o regredire il mio cammino cristiano?

E poi, pregare, cioè tenerci collegati con il nostro Dio attraverso la comunicazione con Lui. Non possiamo spiegare come, ma la preghiera mette in azione il combattimento spirituale, fa avanzare la causa di Dio e arretra il nemico. Quando un credente prega, è un soldato che si tiene in stretto contatto con il suo Comandante, che è il Signore degli Eserciti. Satana non può nulla contro il Signore, perciò possiamo pensare che anche chi è molto vicino al Comandante Supremo sia al sicuro.

Possiamo esser certi che se la nostra vita di preghiera fosse più intensa, vedremmo molte più vittorie.

 

 

Fuggire

 

Giobbe fu un uomo esemplare, tanto che la sintetica descrizione che di lui ci viene presentata nel primo versetto dell’omonimo libro, dice così:

“Quest’uomo era integro e retto; temeva Dio e fuggiva il male”.

Il capitolo 31 del libro di Giobbe riporta alcuni tratti del suo comportamento davvero ineccepibile, una vita di giustizia dalla quale c’è molto da imparare (pur non dimenticando i limiti di Giobbe).

 

Giobbe fuggiva il male, cioè metteva una distanza tra lui ed il male. Del resto, quando ci si avvicina troppo ad un burrone non si può stare tranquilli! E troppe volte noi ci avviciniamo alla fonte della tentazione con leggerezza ed ingenuità, pensando che tanto “non c’è niente di male”. La Scrittura, invece, ci esorta ad assumere non un criterio di verifica negativo, ma positivo, vale a dire, a domandarci: “C’è del bene in questa cosa?”.

Brani come 1 Corinzi 6:12, 10:23,24 e Filippesi 4:8 ci indicano i presupposti che devono essere soddisfatti per essere sicuri che siamo occupati in cose adatte ad un cristiano.

Notiamo ancora che il male da cui Giobbe fuggiva non era soltanto quello commesso, ma anche il peccato di omissione, ad esempio il mancato soccorso dei bisognosi. Questo a ricordarci che fuggire il male significa non solo non commetterlo, ma anche fare il bene con tutte le nostre forze.

 

C’è un tipo di tentazione dalla quale l’inse-

gnamento del Signore per metterci in salvo è sempre lo stesso, proprio quello di fuggire: si tratta dellatentazione sessuale.

 

• “Fuggite la fornicazioneOgni altro peccato che l’uomo commetta, è fuori del corpo; ma il fornicatore pecca contro il proprio corpo” (1Co 6:18).

• “Fuggi le passioni giovanili…” (2Ti 2:22).

 

A queste citazioni potremmo aggiungere un esempio quanto mai efficace: quello di Giuseppe (Ge 39). La moglie di Potifar cercò in ogni modo di sedurlo, ma Giuseppe era assolutamente fermo nel proposito di non commettere un simile male.

Quando poi la tentazione di quella donna divenne un giorno ancora più insistente sino ad afferrare Giuseppe per la sua veste, questi non indugiò, ma fuggì via. Non diede spiegazioni, era necessario solamente correre via senza voltarsi, e Giuseppe fece così.

 

Molti degli esempi di caduta nel peccato di natura sessuale di cui ci parla la Scrittura, mettono in luce che i loro protagonisti hanno tentennato, si sono rilassati e poi è venuta la caduta. Tra questi esempi ci sono i giovani di Proverbi cap. 5-7, e c’è il re Davide, che dalla sua terrazza vede Batsceba, la desidera e poi si unisce a lei. Il meccanismo della tentazione sessuale è tale che una volta dato il via, non si torna indietro, per questo si deve fuggire per tempo.

L’adulterio (o la fornicazione) iniziano nel cuore, e quando il pensiero impuro non viene ripudiato e allontanato conduce al peccato già nel cuore, come disse Gesù (Mt 5:28). Poi, nel caso in cui a questo processo non si pone uno stop, esso progredirà sino a portarci al peccato non più nell’ambito segreto del cuore, ma in quello esteriore delle azioni compiute. Per questo si deve arrestare il meccanismo perverso il prima possibile, e la fuga è la sola garanzia di vittoria. Rimane qualcosa da fare ancora a monte della tentazione, cioè evitare tutte le fonti di potenziale tentazione, che soprattutto attraverso gli occhi arrivano alla mente e al cuore.

Viviamo nell’epoca dell’immagine, e spesso i giornali, la televisione e internet sono pieni di immagini provocanti, che esponendo il corpo femminile (ma anche maschile), mirano alla seduzione. Alcune riviste, anche se assolutamente lecite quanto ai contenuti di alcune loro parti, sono piene di immagini di quello stile, ed io mi domando se è saggio farle entrare nelle nostre case.

 

La strategia dell’avversario è sempre la medesima: mescolare il male con un po’ di cose lecite, così da rendere apparentemente meno grave il contatto! Invece bisogna prevenire, se vogliamo trovare sempre il percorso per la via di uscita. Fuggire significa prendere le distanze, prendere misure anche drastiche pur di mettersi al sicuro.

Notiamo ancora che il Signore, indicandoci nella Sua Parola la vita matrimoniale come unico ambito lecito per l’esercizio della sessualità, esorta i coniugi a riconoscerne anche il valore deterrente e protettivo nei confronti della tentazione:

“Non privatevi l’uno dell’altro, se non di comune accordo, per un tempo, per dedicarvi alla preghiera; e poi ritornate insieme, perché Satana non vi tenti a motivo della vostra incontinenza” (1Co 7:5). Un’ulteriore conferma a non esporci alla tentazione!

 

 

Resistere

 

• “Sottomettetevi dunque a Dio; ma resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi”. (Gm 4:7).

• “Del resto, fortificatevi nel Signore e nella forza della sua potenza. Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate star saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti. Perciò prendete la completa armatura di Dio, affinché possiate resistere nel giorno malvagio, e restare in piedi dopo aver compiuto tutto il vostro dovere” (Ef 6:11-13).

 

• “Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare. Resistetegli stando fermi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze affliggono i vostri fratelli sparsi per il mondo” (1Pi 5:8-9).

 

Questi passaggi della Scrittura ci dicono che per vedere il diavolo fuggire da noi, per stare saldi contro le sue insidie, per non esserne divorati…dobbiamo resistergli.

Dunque, un’esortazione diversa da quella di fuggire. Resistere è l’esortazione a tenerci fermi e lottare contro il male, perseverando in un atteggiamento di sottomissione e ubbidienza a Dio, nonostante le sollecitazioni ad abbandonare il posto di battaglia.

 

Quando a causa dell’ubbidienza al Signore ci sentiamo una minoranza e questo si fa sentire pesante; quando non vediamo risultati nel servizio; quando ci sentiamo stanchi, o non apprezzati, non incoraggiati; quando nonostante cerchiamo di allontanarli, certi pensieri cattivi non si allontanano da noi…allora è più che mai il momento di resistere.

Ci sono momenti in cui viene da chiedersi:

“Perché ubbidire a Dio ed essere fedeli? A che cosa serve perseverare? Perché non posso fare come tutti gli altri che si disinteressano?”

 

Resistere implica fare le cose giuste indipendentemente dal vedere dei risultati, ottenerne dei vantaggi o riceverne lode.

Non è facile, ma è possibile se siamo concentrati sul Signore e sulla sua Parola. Viene il momento in cui bisogna spiritualmente “stringere i denti”, ed essere guidati da un pensiero: “Se il Signore mi chiede questo, lo farò”.

 

E come facciamo con i nostri sentimenti e le nostre emozioni, che tante volte giocano nella nostra vita un ruolo decisivo? Non è raro, infatti, che facciamo le cose solo se “ce la sentiamo” e che scegliamo ciò che “ci fa stare bene”.

Dando ai nostri sentimenti tutto questo spazio, permettiamo che essi diventino la nostra guida, dimenticando che molte volte il nostro cuore, con il suo ingannevole discernimento (Pr 3:5), ci porta fuori strada.

I pensieri ed i sentimenti del cuore devono essere giudicati dalla sua Parola (Eb 4:12); quindi se la Parola mi chiede di fare una cosa che non mi sento di fare, devo farla comunque! E resistendo in questo ad un’astuzia del diavolo, il Signore mi darà la pace e la gioia di avere ubbidito.

 

Resistere implica l’applicarci nell’ubbidienza senza smettere di farlo con il passare del tempo. Troppe volte si inizia bene e si finisce male! Mosè con il suo esempio ci indica il segreto per essere perseveranti:

“Per fede abbandonò l’Egitto, senza temere la collera del re, perché rimase costante, come se vedesse colui che è invisibile” (Eb 11:27).

Dobbiamo avere la visione di chi è Dio, colui che seguiamo e che ci chiama ad ubbidirlo.

Quello che i nostri occhi vedono può essere deludente: risultati mancanti, opposizione, cattivi esempi…portiamo perciò gli occhi in alto, a colui che non delude e che non sbaglia mai nelle sue richieste! In questo modo resisteremo al male e resteremo in piedi.

 

Vegliare e pregare, fuggire, resistere: per percorrere la via di uscita dalla tentazione, non occorre altro che mettere in pratica.