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La famiglia di Anna

 

Nella breve introduzione al personaggio di Anna si accenna seppur brevemente al casato (tribù) di Anna. E mi sono chiesto perché questo accenno. Ora poiché la Parola di Dio non ha mai parti superflue, ma è tutta perfettamente inspirata ed utile (2Ti 3:16), ho cercato di capire a cosa accennasse lo Spirito Santo riguardo alla sua tribù, e quale fosse il messaggio rivelato.

 

In Luca leggiamo che apparteneva alla tribù di Ascer (o Aser) che era l’ottavo dei dodici figli di Giacobbe (Ge 30:13). Quando Giacobbe benedisse, prima della sua morte, tutti i suoi dodici figli, predisse per lo Spirito Santo che la discendenza di Ascer sarebbe stata particolarmente benestante:

“Da Ascer verrà il pane saporito ed egli fornirà delizie reali” (Ge 49:20). Anche Mosè, parlando di Ascer, aveva detto: “Benedetto più di tutti i figli sia Ascer! Sia il favorito dei suoi fratelli e immerga il suo piede nell’olio” (De 33:24). All’apparenza sembrerebbe veramente una serie di indicazioni particolarmente positive. Infatti accadde che quando poi Giosuè divise la terra promessa fra le dodici tribù, ad Ascer toccò in sorte il territorio più a nord, quello sulla costa vicino al Mediterraneo, che era (ed è) una terra molto fertile ricca di terreni che sarebbero stati l’ideale per la piantagione di alberi da frutto oppure degli uliveti.

Dio aveva concesso a questa tribù delle benedizioni spirituali, ma aveva aggiunto anche quelle materiali. Come spesso accade anche oggi a noi, con le benedizioni materiali si producono spesso a cascata l’appagamento, l’autocompiacimento, l’irriconoscenza, l’insensibilità ai richiami di vegliare sul nostro cammino che ci provengono dal “datore” di ogni cosa buona, cioè Dio. Questi richiami se inascoltati, possono avere come conseguenza quella di cadere nell’orgoglio. (Pr 10:22; Am 6:13; Ga 6:3). Troviamo qui il forte richiamo della Parola di Dio a non trascurare di ringraziarlo per quanto abbiamo, ricordando che tutto quello che “possediamo” viene da lui, e che solo la sua Grazia ci fa ricchi.

 

Ma cos’era accaduto alla tribù di Ascer?

Quella tribù non aveva ubbidito al comando del Signore di respingere i popoli pagani ed i loro costumi (Gc 1:31), e non aveva neppure assistito le altre tribù di Israele in questo compito quando richiesti. Abbiamo anche da riflettere su come il Signore ci preserva dalle cadute e si preoccupa di noi, tenendo fede alla sua Parola che dice di noi che egli si prende cura di noi come se fossimo “la pupilla del suo occhio” (Sl 17:8). Come non ricordare anche la necessità di non sentirci più buoni di Dio quando ci chiede cose apparentemente forti per la nostra vita (distruggere i “suoi” nemici).

Chi sono oggi i nemici di Dio, cioè i nostri nemici? Sono sempre quelli descritti nella sua Parola, e cioè gli empi e gli ingiusti. Il male è il nemico di Dio per eccellenza e nemici sono anche tutti coloro che trascurano di ascoltare e ubbidire alla sua Parola. Nemici sono anche quelle cose che ci portano lontano da Dio e dalla sua chiesa, ad esempio. Oppure tutto ciò che ci impedisce di avere comunione con lui e con la sua Parola.

 

Forse pensiamo che il Signore esageri nel fare certe richieste, o darci certe indicazioni? Leggiamo ciò che il Signore disse al profeta:

“A chi parlerò, chi prenderò come testimone perché mi ascolti? Ecco, il loro orecchio è incirconciso, essi sono incapaci di prestare attenzione; ecco, la parola del SIGNORE è diventata per loro un obbrobrio, non vi trovano più nessun piacere.” (Gr 6:10).

È a noi che ancora oggi è rivolta la sua Parola, e quindi domandiamoci: ci piace la sua Parola? Prendiamo piacere in essa, o ne prendiamo una parte (quella buona per noi) e scartiamo il resto? Oppure ci adeguiamo al mondo che ha crocefisso il nostro Signore dicendo: “Non vogliamo che costui regni su di noi!” ( Lu 19:14).

 

Ascer aveva iniziato bene ricevendo molto dalle benedizioni di Dio, ma il suo diventare benestante lo aveva portato ad essere superficiale spiritualmente e a non prendere sul serio la Parola di Dio, così che questa tribù sarebbe ben presto scomparsa dalla scena, trasportata via dall’invasore assiro, esiliata e inghiottita per sempre nelle pagine della storia.

Ma il Signore trova sempre un qualcuno di “fedele” anche in mezzo alle generazioni storte e perverse!

Ecco nel tempio di Gerusalemme si trova proprio una donna della tribù di Ascer! Dio aveva stabilito il suo patto di grazia anche con Ascer e i suoi discendenti, e nonostante l’infedeltà di questa tribù Dio avrebbe conservato un residuo credente e fedele.

Proprio nel mezzo dell’infedeltà della sua gente, la presenza di Anna nel tempio rivolge la nostra attenzione alle meraviglie della fedeltà di Dio.

Sebbene la sua tribù per secoli era stata infedele al suo Dio, ecco che là in mezzo c’era una donna che Dio aveva conservato fedele. In un modo per noi sconosciuto, il Signore aveva visto e apprezzato come la sua famiglia aveva continuato ad essere fedele al Dio del Patto, ed inoltre questa donna aveva continuato a considerare preziosa la presenza di Dio e la sua Parola proclamata nel tempio.

Ma da dove arrivava tanta fedeltà e devozione? E qui vediamo come l’insegnamento della Parola ai figli sia uno dei doni più preziosi che Dio ci da di trasmettere. Anche i suoi genitori erano credenti? Non lo sappiamo ma sappiamo per certo che il nonno di Anna aveva dato a suo padre il nome Fanuel, che significa “il volto di Dio”, che rammentava la lotta di Giacobbe con l’angelo a Peniel (Ge 33:10). E Fanuel, a sua volta, dà a sua figlia il nome di Anna, che significa “oggetto particolare della grazia di Dio”. Ecco quindi dei nomi che esprimono da una parte l’apprezzamento per l’intervento dell’Eterno nella storia del popolo di Dio, dall’altra nomi che parlano il linguaggio della fede. Non è splendido tutto questo?

Sebbene la tribù di Ascer fosse caduta nell’oblio, a causa della sua prosperità materiale e del suo allontanamento dal Signore, Dio ne aveva preservato un resto fedele, in mezzo al quale c’era qualcuno che sarebbe stato designato per l’incontro diretto con il Figlio di Dio nel tempio.

Che meraviglia far risplendere “il volto di Dio” ed essere “l’oggetto particolare della aua Grazia”. Anche in questi piccoli dettagli vediamo l’esempio della fedeltà di Dio riflessa nella fedeltà di Anna.

 

 

La giornata di Anna

 

Che cosa faceva Anna nel tempio giorno dopo giorno? Anna conosceva le Sacre Scritture. Ella sicuramente aveva goduto della fedeltà delle promesse di Dio, una delle quali è ricordata da Mosè il quale affermò che Dio“fa giustizia all’orfano e alla vedova, che ama lo straniero dandogli pane e vestito” (De 10:18). Conosceva la rivelazione di Dio su sé stesso quando è detto che lui è “Padre degli orfani e difensore delle vedove è DIO nella sua santa dimora” (Sl 68:5), come pure: “Il Signore protegge i forestieri, soccorre l’orfano e la vedova ma sovverte la via degli empi” (Sl 146:9).

Nella sua solitudine questa vedova sa che Dio è impegnato a soccorrerla, ella afferra e fa sue le promesse di Dio e si abbandona alla loro realizzazione. Anna sapeva che il Tempio è la “santa dimora” di Dio. La sua propria abitazione, che era stata piena della presenza del marito, ora e da tanto tempo ormai era vuota! Colui che era stato chiamato a farle compagnia e ad amarla, oltre che a proteggerla era morto, ma lei sapeva di avere al suo fianco “colui che protegge e che consola”, il Consolatore per eccellenza, e così trova casa nel tempio stesso.

 

Luca dice che “non si allontanava mai dal tempio”. E perché? Il Signore era diventato il punto focale della sua vita.

Quante persone languono nella solitudine della loro vita (e alcuni anche della vecchiaia), o nella disperata melanconia perché non hanno fatto la stessa esperienza di Anna!

Quanti credenti vivono, anche giovani, gli anni della loro vita nella sconfitta spirituale, magari con una tristezza mortale addosso oppure una rancore nel profondo del cuore!

Che cosa triste vedere uomini e donne, un tempo forse fedeli e zelanti nell’opera del Signore, entrare nell’oblio di una vecchiaia disperatamente lontana dalla gioia e dalla comunione col loro Signore.

Noi (più) giovani facciamo attenzione a non giudicarli, o peggio a condannarli, perché la Parola ci consiglia di badare a noi stessi, facendo attenzione a chi pensa di star ritto che può anche lui cadere. (1 Cor.10:12). Come dire: “mai dire mai!”

 

Forse l’esperienza di Anna può incoraggiare qualcuno a ripensare alla propria vita e a chiedersi se forse non è proprio il nostro avversario che vuole renderci così inutili e soli! (1P 5:8). Satana ha secoli di esperienza nel rendere “sterili” i figli di Dio, e per far questo usa tutte le armi a sua disposizione.

Dobbiamo necessariamente ricordarci che anche se il nostro corpo (tenda) si sta disfacendo però la nostra speranza non deve venire meno (2 Co 5:1 e seguenti). Qualcuno ha volutamente scritto il brano che stiamo commentando proprio per chi forse è in questa situazione. Qualcuno ha scritto che Dio dice ad ogni suo figlio:

“Ricorda c’è sempre speranza e c’è sempre qualcosa da fare per ogni mio figlio! Non trascurare il fatto che un giorno sarai con me, ma fino ad allora servi il tuo Signore senza mormorare”.

 

Continuiamo a meditare sull’esempio di Anna.

Nel tempio, però, lei non avrebbe pianto e ricordato solo “i bei tempi andati”, lasciando spazio ad una rassegnata malinconia. Né lei si sarebbe semplicemente rallegrata godendo di questo nuovo suo “rifugio”, magari guardandosi attorno e invidiando gli altri più giovani e sani intorno a lei. No! Lei si sarebbe impegnata inuna vita di servizio fedele verso il suo Signore, “servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”.

La combinazione “digiuni e preghiere” suona strana alle nostre orecchie. Non è nostra abitudine darci a digiuni e preghiere… ma il fedele Israele sapeva, dalla Parola di Dio, che cosa egli richiedesse specificatamente.

Il digiuno in Israele era appropriato come espressione di dispiacere verso il peccato, e il popolo di Israele si era dato molto a ciò che Dio considera peccato. Quanta superficialità, quanta incoerenza, quanto male c’era in giro. Fra il popolo mancava molto quella devozione verso Dio che egli si aspettava, e il vuoto formalismo la faceva da padrone. Quanto vuote parole sulla bocca dei “pii” israeliti, ma quanto “vuoto” nel loro cuore! Dio non poteva concedere al suo popolo le benedizioni promesse nel Patto, semplicemente perché il popolo non Lo serviva di tutto cuore. (vedere Isaia 1)

Così che fa Anna?

Si unì forse ad un circolo femminile la cui attività preferita era quella di pettegolare sull’uno e sull’altro, o di commentare gli scandali che avvenivano nel contesto della società?

Si chiuse forse in casa propria a lamentarsi di tutto e di tutti, diventando acida e scontrosa? No, questa vedova trova un compito in cui impegnarsi, e cosa fa?

Si impegna a digiunare e a pregare umilmente per i peccati del suo popolo, supplicando che Dio lo perdoni e che gli conceda redenzione dai mali che lo avevano allontanato dalla presenza di Dio stesso, e per i quali Dio aveva interrotta la comunione e tolto il suo “riposo”.

Giorno dopo giorno Anna si dedica ad invocare il perdono e le benedizioni del Signore, e lo fa con una costanza ed una intensità (non solo preghiere ma anche digiuni) da farmi impallidire al suo confronto. Mentre la gente giunge nel tempio per pregare ed il sacerdote entra nel Santissimo per offrire incenso sull’altare d’oro, tutte azioni ripetute chissà quante volte a “mo’ di rito”, questa “vecchia” figlia dell’infedele Ascer invece si impegna, con digiuni e preghiere, ad invocare con forza il Dio di Israele affinché egli abbia misericordia di un popolo che invece meriterebbe un giudizio e una condanna a morte.

Come dice l’apostolo Giacomo, “pregate gli

uni per gli altri, affinché siate guariti; molto

può la preghiera del giusto, fatta con efficacia”

(Gm 5:16).

In Anna dimorava lo spirito di Cristo che vede le debolezze degli altri, sensibile alla fragilità e miseria umana, e si impegna per sostenere i bisogni del popolo nell’unico modo che Dio considera accettevole. Ella, attraverso la preghiera, pone i problemi e le difficoltà nelle mani di Dio e li lascia lì, contando sulla fedeltà dell’intervento della Grazia inestimabile del Signore tre volte Santo, ma anche pieno di amore e misericordia.

 

Da questa carrellata sulla personalità di Anna, sul suo atteggiamento e considerando anche il servizio nel tempio che svolgeva possiamo capire come probabilmente il popolo era stato spinto a considerarla una profetessa. In lei dimorava proprio lo Spirito Santo che spinge le anime dei credenti a guardare verso l’alto, o come dice l’apostolo Pietro: “cercando di conoscere il tempo e le circostanze che erano indicate dallo Spirito di Cristo che era in loro, e che attestava anticipatamente delle sofferenze che sarebbero toccate a Cristo e delle glorie che le avrebbero seguite” (1P 1:11).

 

Non conosciamo nemmeno una parola che provenisse dalle sue labbra, perché nulla delle sue parole ci è stato trasmesso. Forse il suo servizio silenzioso parla più di mille discorsi vuoti e senza coerenza. Anzi, il fatto stesso che fosse una vedova consacrata, anno dopo anno, al digiuno ed alla preghiera parlava come interi volumi ad un popolo che amava rimanere nei suoi peccati. Il suo servizio nel tempio era una condanna dei loro peccati ed un appello vivente al ravvedimento. Ma il suo atteggiamento non era certo di condanna, anzi ci parla e ci presenta un grande incoraggiamento. Abbiamo tanto bisogno di persone che invece di giudicare gli altri li incoraggino, siano disponibili ad ascoltare, sappiano stare vicini nel bisogno, e “magari” preghino con continuità e fedeltà a Dio per loro. Che grazia avere intorno, o vicini un tal genere di credenti, che a me piace chiamare“INTERCESSORI”.

 

I suoi anni non erano stati inutili, anzi. Il fatto che fosse anziana e sola non significava che Anna non avesse uno scopo nella vita, oppure che i suoi servizi fossero superflui. Lei conosceva il suo Dio, conosceva i bisogni del popolo di Dio e questo era abbastanza, forse, per lei da sapere che Dio l’aveva sollevata dalle responsabilità familiari per dedicarsi al servizio del suo popolo.

Un anno che passava nella sua vecchiaia non era per lei un’occasione per riflettere sull’inutilità della sua vita, ed un nuovo anno che arrivava era di certo per lei un’altra opportunità per essere profetessa di Dio per il bene del suo popolo, una rinnovata opportunità per implorare il Dio di Israele per la redenzione che egli aveva promesso di inviare.

Per lei si era realizzato ciò che annuncia il Salmo 92:

“Il giusto fiorirà come la palma, crescerà come il cedro del Libano. Quelli che sono piantati nella casa dell’Eterno fioriranno nei cortili del nostro DIO. Porteranno ancora frutto nella vecchiaia e saranno prosperi e verdeggianti, per proclamare che l’Eterno è giusto; egli è la mia Rocca e non vi è alcuna ingiustizia in lui” (vv. 12-15).

 

 

E alla fine…

 

Questa è la donna, dunque, che vide nel tempio, un giorno un piccolo gruppetto di quattro persone: una giovane donna accompagnata da suo marito, ed un vecchio di Gerusalemme,  con un neonato fra le braccia del vecchio.

Lo Spirito del Signore, che abita in lei la rende cosciente che quel bambino, timorosamente appoggiato fra le braccia di quel vecchio laggiù (Simeone), era l’adempimento di tutte le sue aspettative e l’adempimento fedele delle speranze e attese di tutti i profeti vissuti e mandati da Dio prima di lei.

Le sue vecchie e stanche gambe la portano così di fronte a quel gruppo di persone e lei ringrazia a gran voce il Signore. Ecco l’adempimento delle sue fedeli ed incessanti preghiere, e Maria, madre di Gesù e Giuseppe e Simeone ne odono l’annuncio.

Non è stupefacente?

Le preghiere vengono esaudite?

Sì, il Dio fedele risponde all’impegno fedele dei suoi, anche se non sono famosi o importanti.

Quel bambino, come aveva detto Simeone, sarebbe stato “luce per illuminare le genti”

(v. 32) inclusi quei figli di Ascer che erano scomparsi nel vortice delle nazioni.

Era finalmente giunta la redenzione, la liberazione dalla servitù al peccato e da Satana, per la salvezza di molti e per la gloria di Israele.

 

Ecco perché non ci deve fare meraviglia che ella ringraziasse il suo Dio a voce alta davanti a tutti?

Il suo compito dopo l’incontro con il Signore Gesù al tempio non è finito, anche se subito dopo questa donna si volta e se ne va via. Nella Scrittura non viene riportata una sola parola proferita da lei.

Anna si limita a ringraziare Dio e se ne va. Dove se ne va?

A sprecare il suo tempo ora che la salvezza da parte del Signore è arrivata vicina a lei?

Oppure a chiedere al Signore di farla morire, dato che forse non sarebbe stata più utile a nessuno?

No, niente affatto. Luca ci dice che “parlava di quel bambino a tutti coloro che aspettavano la redenzione in Gerusalemme”. Ora che le sue preghiere sono state esaudite, continua ad operare e a dire a tutti ciò che è avvenuto e avverrà. Il suo compito non è finito, anzi sarà una dei precursori di altri fedeli testimoni, come lo sarebbe stato in seguito Giovanni il battista.

Fedeli testimoni che proclamarono ad alta voce che il tempo era arrivato. Il silenzio di Dio era terminato e ora qualcuno parla e si mobilita, non accetta di rimanere nel silenzio.

È sempre lei, quella povera e vecchia vedova che diventa proclamatrice dell’Evangelo. Quante forze avrà potuto avere per farlo a 84 anni?

Eppure va e lo fa.

 

Mi domando quante volte, io che ho la metà degli anni di Anna, sono pronto a proclamare pubblicamente la mia fede, senza timore o preoccupazioni?

A pensarci bene non sono i sacerdoti e i dottori del tempio, esponenti ufficiali della religione, che accolgono il Signore Gesù, ma la Scrittura ci presenta il Signore accolto nel mondo da personaggi oscuri e apparentemente secondari come i pastori, come Anna e Simeone.

Tutto questo è in linea con tutto lo stile di Dio. Da sempre Dio non guarda allapparenza ma al cuore. (1Sa 16:7). Dio non si è mai privato di avere nel corso dei secoli chi lo annuncia fedelmente, anche quando unintera classe politica e religiosa è lontana da lui e corrotta dalle cose del mondo.

Il messaggio di Anna è una testimonianza “vivente” della fedeltà di Dio alle sue promesse, attraverso la fedeltà dei minimi, fra il suo popolo che vive in mezzo alle tenebre.

Quella donna è per me un messaggio fatto persona. Proprio perché il messaggio viene da una persona così fedele, nonostante la sua condizione personale, che esso acquista maggiore rilevanza.

La fedeltà è un valore importante. Oggi più che mai in mezzo ad una generazione storta e perversa il valore della fedeltà, nella vita matrimoniale ad esempio, è una chiara testimonianza dei valori di Dio depositati nel nostro cuore e nella nostra mente.

Cos’è per noi la fedeltà? È importante? Oppure anche noi, seguendo l’andazzo di questo mondo, consideriamo fuori moda chi è fedele e persevera?

Chi persevera vincerà. La fedeltà costa, in termini di impegno, sforzi e rinunce, ma è uno dei caratteri che Dio vuole noi assumiamo, proprio per essere sempre più simili a lui (Ef 5:1).

Anna riteneva nel suo cuore la Parola di Dio con perseveranza (Lu 22:28).

Anna era perseverante nelle preghiere, anticipando il “Maestro” della preghiera.

Anna sapeva molto bene che la fedeltà è la caratteristica di Dio e di chiunque coerentemente vuole assomigliare a lui.

Anna era fedele al tempio, e la sua era una presenza costante ed affidabile, assolutamente non formale.

Lei sapeva per esperienza che in Dio poteva trovare rifugio sicuro.

Anna non ha paura di distinguersi dalla sua stessa famiglia o tribù, perché sa che certi valori non solo sono vincenti e paganti. Non era forse lei l’esempio vivente del significato del suo nome “oggetto della grazia particolare di Dio”?

Anna si impegna in una vita di servizio intercedendo in favore del suo popolo e delle sue miserie.

In Anna dimora lo spirito di Cristo, e sa che gli anni che Dio ci concede non sono mai inutili, piuttosto ella agì a tempo e fuor di tempo.

Anna che non cessa di parlare di Cristo, quand’anche fosse l’unica a farlo, e anche se vecchia sa che ci sarà sempre qualcuno che può ascoltare.

Che noi tutti si possa dunque assomigliare ad Anna nella sua fedeltà e nella sua perseveranza, e con lei godere quotidianamente della presenza della “grazia” di Dio e del suo Spirito in noi.

Ognuno di noi vive la grazia dell’Eterno, ed infatti è scritto: “è una grazia del SIGNORE che non siamo stati completamente distrutti; le sue compassioni infatti non sono esaurite; si rinnovano ogni mattina. Grande è la tua fedeltà!” «Il SIGNORE è la mia parte», io dico, «perciò spererò in lui». Il SIGNORE è buono con quelli che sperano in lui, con chi lo cerca” (La 3:21-25).

Personalmente ringrazio il Signore per avermi lasciato, con Anna, un esempio meraviglioso e straordinario di fedeltà e servizio verso Dio stesso, e di amore e benevolenza e di servizio nella preghiera verso il suo popolo. Devo anche ringraziare alcune sorelle che mi hanno spinto a studiare anche qualche “personaggio biblico” femminile e che hanno contribuito guidate dal Signore stesso con consigli, o indicazioni o spunti, a rendere migliori e completare questi pensieri.

Sia benedetto Dio e Dio benedica chi legge affinché come Anna possa essere uno strumento di benedizione a chi gli sta intorno.