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Romani 9:21-29

 

La riflessione sul versetto 21 e sulle prime tre parti del versetto 22 è già stata pubblicata nel precedente articolo apparso ne IL CRISTIANO di giugno (pagg. 286-289).

 

5. “… ha sopportato con grande pazienza…” (Ro 9:22d).

Il terzo elemento che Paolo introduce è la sopportazione, unitamente alla pazienza di Dio. In greco abbiamo il verbo phero che indica l’atto di trasportare, portare un peso. Unitamente a questo verbo abbiamo il sostantivo macrothumia che indica la magnanimità e la pazienza. È vero che il Signore ha mostrato in diverse circostanze la sua ira, ma ha anche dimostrato moltissime volte pazienza e sopportazione.

 

• Dio non può sopportare il peccato.

 “Tu, che hai gli occhi troppo puri per sopportare la vista del male, e che non puoi tollerare lo spettacolo dell’iniquità, perché guardi i perfidi e taci quando il malvagio divora l’uomo che è più giusto di lui?” (Abacuc 1:13).

Bisogna subito dire che la sopportazione non equivale alla tolleranza. Dio non tollera situazioni inique, ma le “sopporta”, ovvero mostra pazienza in nome del suo amore. Come ben afferma il profeta Abacuc, il Signore non sopporta la vista del peccato e le opere malvagie degli uomini.

L’iniquità mostra uno spettacolo orribile che la santità del Signore non può in alcun modo tollerare.

 

• La malvagità delle azioni dell’uomo.

“«Non sono forse i profumi che avete offerti nelle città di Giuda e per le vie di Gerusalemme, voi, i vostri padri, i vostri re, i vostri capi e il popolo del paese, quelli che il SIGNORE ha ricordato e che gli sono tornati in mente? Il SIGNORE non l’ha più potuto sopportare, a causa della malvagità delle vostre azioni, e a causa delle abominazioni che avete commesse; perciò il vostro paese è stato abbandonato alla devastazione, alla desolazione e alla maledizione, senza che vi sia più chi l’abiti, come oggi si vede” (Gr 44:21-22).

La stessa lezione la possiamo osservare anche in questo brano nel quale viene evidenziata la malvagità delle azioni del popolo di Giuda. Essi avevano offeso il Signore con ripetute disubbidienze e ribellioni a tal punto che “il Signore non l’ha più potuto sopportare”. Bisogna stare molto attenti, come si suol dire a “tirare la corda” con il Signore. Ricordiamoci che nessuno “si può beffare di Dio”. Infatti, visto che il popolo di Giuda moltiplicava i suoi misfatti, Dio dichiara:“Il vostro paese è stato abbandonato alla devastazione, alla desolazione e alla maledizione, senza che vi sia più chi l’abiti, come oggi si vede”. Guai quando si conosce la potenza di Dio nella sua ira.

 

 Il Signore Gesù ha dimostrato sopportazione nonostante l’incredulità e la perversione dell’uomo.

“Quando tornarono tra la folla, un uomo gli si avvicinò, gettandosi in ginocchio davanti a lui, e gli disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio, perché è lunatico e soffre molto; spesso, infatti, cade nel fuoco e spesso nell’acqua. L’ho condotto dai tuoi discepoli ma non l’hanno potuto guarire». Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò?” (Mt 17:14-17).

A proposito di sopportazione, anche il Signore Gesù l’ha dimostrata concretamente. L’interrogativo che infatti egli pone evidenzia il fatto che stava sopportando situazioni che lo deludevano e che lo facevano soffrire come l’incredulità e la perversione che lo circondava. Egli non tollerava queste situazioni, in quanto sempre ha denunciato il peccato. Ma nello stesso tempo sopportava in quanto conosceva perfettamente la debolezza e fragilità umana.

 

• La sopportazione dell’amore.

…soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa” (1Co 13:7).

Inoltre il Signore ci sopporta e mostra pazienza proprio perché egli è amore. Come ben dice Paolo, parlando dell’amore: “sopporta ogni cosa”Se Dio non fosse amore per l’uomo non vi sarebbe più alcuna speranza. Invece il Signore sopporta la nostra fragilità e debolezza, pur riprendendoci e correggendoci quando sbagliamo.

 

 

6. “… dei vasi d’ira preparati per la perdizione…” (Ro 9:22e).

La sopportazione del Signore e la sua pazienza si sono riversate su dei “vasi d’ira preparati per la perdizione”. Queste parole hanno fatto molto discutere, ma l’apostolo non fa altro che evidenziare quella che è la fine ed il destino a cui vanno incontro tutti coloro che sono “figli d’ira”.

 

• Eravamo per natura figli d’ira.

“Dio ha vivificato anche voi, voi che eravate morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati, ai quali un tempo vi abbandonaste seguendo l’andazzo di questo mondo, seguendo il principe della potenza dell’aria, di quello spirito che opera oggi negli uomini ribelli. Nel numero dei quali anche noi tutti vivevamo un tempo, secondo i desideri della nostra carne, ubbidendo alle voglie della carne e dei nostri pensieri; ed eravamo per natura figli d’ira, come gli altri” (Ef 2:1-3).

In questo brano, l’apostolo Paolo ci ricorda che anche noi eravamo per natura figli d’ira. Ovvero non eravamo assolutamente diversi, da un punto di vista naturale, da coloro che ancora oggi rifiutano il Signore. Come più volte Paolo sottolinea, la nostra salvezza ha la sua origine solo nella straordinaria Grazia di Dio. Dio ci ha vivificato, noi che eravamo morti nei nostri peccati, schiavi delle nostre passioni e seguaci di colui che è il “il principe della potenza dell’aria”. Eravamo schiavi dei nostri desideri, figli d’ira, ma Dio nella sua Grazia ci ha fatti rinascere ad una nuova vita. L’unica differenza è che ogni figlio di Dio un giorno ha risposto in modo chiaro e determinato alla chiamata di Dio a ravvedimento.

 

• L’ira di Dio viene sui figli ribelli.

“Fate dunque morire ciò che in voi è terreno: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e cupidigia, che è idolatria. Per queste cose viene l’ira di Dio[sui figli ribelli]”.

Essere dei “vasi d’ira” significa essere ribelli alla chiamata di Dio. L’apostolo sottolinea molto bene anche in questo testo, che l’ira di Dio ha un bersaglio ben preciso: “i figli ribelli”. Come ha ricordato Gesù, chi non crede al Figlio l’ira di Dio rimane su di lui (Gv 3:36). Proprio per questo motivo, il figlio di Dio è chiamato a mostrare del continuo un atteggiamento irreprensibile, non conformandosi ai costumi dei pagani e facendo morire tutto ciò che non onora il Signore.

 

• Due diverse vie e due diverse porte.

“Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano” (Mt 7:13-14).

Come sottolinea Paolo, questi vasi d’ira sono “preparati per la perdizione”. In greco abbiamo il verbo katartizo che indica l’atto di preparare e di equipaggiare. Paolo non dichiara assolutamente che questi vasi d’ira sono stati “creati” per la perdizione, ma “preparati”, cioè destinati alla perdizione, essendo questa la condanna a cui vanno incontro tutti coloro che, come attesta il Signore Gesù, seguono la via larga, spaziosa. Molti sono quelli che seguono questa via, ma inevitabilmente conduce alla perdizione. Il figlio di Dio, per contro, ha deciso di seguire la strada stretta, angusta, sofferente, ma che conduce alla vita eterna.

 

 Essere il profumo di Cristo per coloro che sono sulla via della perdizione.

“Ma grazie siano rese a Dio che sempre ci fa trionfare in Cristo e che per mezzo nostro spande dappertutto il profumo della sua conoscenza. Noi siamo infatti davanti a Dio il profumo di Cristo fra quelli che sono sulla via della salvezza e fra quelli che sono sulla via della perdizione” (2Co 2:14-15).

Anche in questo testo, l’apostolo parla dell’incredulo come di colui che è sulla via della perdizione. Proprio per questo motivo noi abbiamo la grande responsabilità di essere il “profumo di Cristo”, ovvero di mostrare e di manifestare quelle caratteristiche sante proprie del nostro Maestro e Pastore. Ogni figlio di Dio ha trionfato e trionfa in Cristo ed ha il compito di spandere “il profumo della sua conoscenza”, dappertutto.

 

• La fine dei nemici di Cristo è la perdizione.

“Perché molti camminano da nemici della croce di Cristo (ve l’ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l’animo alle cose della terra” (Fl 3:18-19).

Il compito che come cristiani abbiamo ovviamente non toglie nulla a quello che è il piano di Dio verso gli increduli. Con queste parole, Paolo, parlando di coloro che sono “nemici di Cristo”, cioè di coloro che ostacolano la testimonianza e pensano solo alla soddisfazione dei propri desideri, dichiara che “la loro fine è la perdizione”. Pensare solo alle cose della terra, alle ricchezze terrene, escludendo dalla propria vita il Signore Gesù, non può che portare a questa triste fine. Per chi ha scelto di seguire falsi idoli, il proprio “io” e orgoglio, sarà grandemente deluso. Perciò, con le parole di Paolo, non si vuole evidenziare il fatto che Dio abbia destinato alcuni a vita eterna ed altri a perdizione, ma semplicemente si vuole sottolineare il fatto che coloro che sono figli d’ira per scelta deliberata, sono destinati alla perdizione, secondo il piano stabilito da Dio.

 

 

7. “…e ciò per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso dei vasi di misericordia …” (Ro 9:23a).

In antitesi ai “vasi d’ira”, abbiamo qui in evidenza i “vasi di misericordia”, verso i quali il Signore ha riversato le ricchezze della sua gloria. Questi “vasi di misericordia” sono tutti coloro che hanno posto fede nella persona del Signore Gesù.

 

• Dal Signore provengono le ricchezze e la gloria.

“A te, SIGNORE, la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore, la maestà, poiché tutto quello che sta in cielo e sulla terra è tuo! A te, SIGNORE, il regno; a te, che t’innalzi come sovrano al di sopra di tutte le cose! Da te provengono la ricchezza e la gloria; tu signoreggi su tutto; in tua mano sono la forza e la potenza, e sta in tuo potere il far grande e il rendere forte ogni cosa” (1 Cr 29:11-12).

Come dichiara in modo chiaro Davide, solo dal Signore proviene ogni fonte di ricchezze e gloria. Egli è circondato di eterno splendore, nella sua mano risiedono la forza e la potenza, Dio signoreggia su ogni cosa. Grandezza, potenza, splendore, maestà, appartengono al Signore come altresì ogni cosa creata. Perciò possiamo essere veramente certi del fatto che il Signore dona ai suoi figli le ricchezze della sua gloria.

 

• Avere gli occhi del cuore illuminati per comprendere le ricchezze divine.

“Non smetto mai di rendere grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione perché possiate conoscerlo pienamente; egli illumini gli occhi del vostro cuore, affinché sappiate a quale speranza vi ha chiamati, qual è la ricchezza della gloria della sua eredità che vi riserva tra i santi, e qual è verso di noi, che crediamo, l’immensità della sua potenza” (Ef 1:16-18).

Nello stesso tempo dobbiamo anche considerare che per comprendere appieno le ricchezze divine, bisogna avere necessariamente “gli occhi del cuore illuminati”. Perché ogni figlio di Dio sia reso capace di poter comprendere queste ricchezze, è necessario essere caratterizzati da uno “spirito di sapienza e di rivelazione”. Questo è l’equipaggiamento necessario che ci è fornito dallo Spirito Santo che è in ogni cristiano. Perciò Paolo può veramente del continuo ringraziare il Signore e pregarlo per i suoi interventi.

Le domande che dobbiamo porci sono:

“Nella nostra vita comprendiamo sempre le ricchezze divine? Le sperimentiamo nella nostra vita? Siamo sempre grati a Dio del fatto che noi siamo come dei «vasi di misericordia» salvati per la Sua Grazia?”

 

 

8. “… che aveva già prima preparati per la gloria…” (Ro 9:23b).

Queste parole aprono un ventaglio di riflessioni ancora sul tema della predestinazione. Anche qui occorre rispondere alla seguente domanda: “Si parla di un decreto fatalistico, oppure di un piano prestabilito da ogni età?”. Infatti, come i “vasi d’ira” sono preparati per la perdizione, i “vasi di misericordia” sono già prima preparati per la gloria. Ovvero l’enfasi non è posta sui vasi di misericordia, quanto su ciò che questi vasi di misericordia acquisiscono con la salvezza; ovvero la gloria. Come il piano eterno di Dio prevede la perdizione per i vasi d’ira, così prevede la gloria per i vasi di misericordia.

 

• Il cristiano è a lode della gloria di Dio.

“In lui ci ha eletti prima della creazione del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, avendoci predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia, che ci ha concessa nel suo amato Figlio” (Ef 1:4-6).

Come possiamo osservare da questo brano, Paolo dichiara apertamente che il cristiano è, secondo il “disegno benevolo della volontà” di Dio, a lode della gloria della sua Grazia, grazie al Signore Gesù. Perciò si parla di elezione e di predestinazione, la quale quest’ultima è abbinata all’adozione a figli, privilegio di cui ogni cristiano ha beneficiato. Come già abbiamo avuto modo di dire, la predestinazione non è abbinata alla salvezza, quanto a ciò che il cristiano ha ottenuto con la salvezza.

 

• Saremo con Cristo manifestati in gloria.

“Quando Cristo, la vita nostra, sarà manifestato, allora anche voi sarete con lui manifestati in gloria” (Cl 3:4).

Come “vasi di misericordia” preparati per la gloria, quando il nostro Salvatore e Signore Gesù Cristo sarà manifestato, anche noi saremo manifestati in gloria, proprio perché essa ci appartiene per la Grazia di Dio.

Come scrive il fratello Samuele Negri nel suo commentario alla lettera ai Romani:

“Chi sono questi vasi di misericordia? Certamente non persone che sono state salvate contro la loro volontà, ma esseri che hanno risposto all’invito di Dio e che sono salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia (Tt 3:5; Ef 2:5, 8). Come è già stato affermato in precedenza, Dio li ha glorificati perché questo è quello che egli ha stabilito per tutti i credenti” (S. Negri, “Commento alla lettera ai Romani” pag. 251 – Edizioni MBG, Rimini).

 

 

9. “…cioè verso di noi, che egli ha chiamato non soltanto fra i Giudei ma anche fra gli stranieri?” (Ro 9:24).

vasi di misericordia a cui accenna l’apostolo non sono soltanto coloro che hanno creduto in Cristo fra il popolo d’Israele, ma anche coloro che sono“stranieri”. In greco abbiamo il sostantivo ethnos, da cui deriva il nostro “etnia”. Con questa parola si intendono le nazioni in senso generale. Ovviamente l’apostolo distingue Israele dal resto delle nazioni.

 

• La richiesta del salmista a Dio di essere liberato dalla mano dello straniero.

“Salvami e liberami dalla mano degli stranieri, la cui bocca dice menzogne e la cui destra giura il falso” (Sl 144:11).

In diverse parti della Scrittura lo “straniero” è visto in un senso molto negativo, come in questo brano. Il salmista, chiede al Signore di essere liberato dalla mano dello straniero, la cui bocca è caratterizzata dalla falsità e dalla menzogna. Ovviamente “non si vuole fare di ogni erba un fascio”, in quanto nell’Antico Testamento abbiamo l’esempio di “stranieri” che erano sinceri e ben disposti, come la prostituta Raab (Gs 6:17).

Tuttavia con la parola “straniero”, spesso si indicano i nemici di Israele: nazioni che desideravano solamente la sua distruzione. Proprio per questo motivo, nell’animo generale degli Ebrei era subentrata una sorta di disprezzo per tutte le altre nazioni, indicate con “cani” o con altri termini dispregiativi.

 

• Un cambiamento straordinario.

“Ma Paolo e Barnaba dissero con franchezza: «Era necessario che a voi per primi si annunziasse la Parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi ritenete degni della vita eterna, ecco, ci rivolgiamo agli stranieri.  Così infatti ci ha ordinato il Signore, dicendo: «Io ti ho posto come luce dei popoli, perché tu porti la salvezza fino all’estremità della terra»” (At 13:46-47).

Il Nuovo Testamento ci mostra un cambiamento assolutamente straordinario. In questo testo, Paolo e Barnaba, proprio ai Giudei che li stavano ascoltando, dichiarano un annuncio solenne che avrebbe sconvolto il mondo di allora.

Il messaggio della salvezza in Cristo non era solo per Israele, ma per tutti quanti. Israele fu il primo a ricevere tale messaggio, ma purtroppo, eccettuate poche persone, il Messia fu rigettato dal suo stesso popolo. Il messaggio della salvezza era stato respinto, rigettato, perciò il Vangelo viene rivolto anche agli stranieri, a tutti coloro che non fanno parte del popolo d’Israele. L’ordine del Signore era perentorio: “Io ti ho posto come luce dei popoli, perché tu porti la salvezza fino all’estremità della terra”.

 

• Gli stranieri, per mezzo del sangue di Cristo, sono stati avvicinati a Dio.

“Perciò, ricordatevi che un tempo voi, stranieri di nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi, perché tali sono nella carne per mano d’uomo, voi, dico, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele ed estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ma ora, in Cristo Gesù, voi che allora eravate lontani siete stati avvicinati mediante il sangue di Cristo” (Ef 2:11-13)

L’apostolo Paolo, anche in questo testo prezioso, dichiara solennemente che noi stranieri di nascita, estranei alle promesse di Dio ed ai suoi patti, siamo stati avvicinati per mezzo del sangue di Cristo. Da un punto di vista di stirpe e nascita, non avevamo diritto a niente.

Eravamo degli incirconcisi, con un cuore incirconciso e con orecchie incirconcise. Ma la Grazia di Dio è rivolta a tutti quanti, Israele e nazioni.

 

• Il compito dell’apostolo Paolo.

“Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato sé stesso come prezzo di riscatto per tutti; questa è la testimonianza resa a suo tempo, e della quale io fui costituito predicatore e apostolo (io dico il vero, non mento), per istruire gli stranieri nella fede e nella verità” (1Ti 2:5-7).

Paolo specifica molto bene l’oggetto della sua missione. Egli è stato da Dio costituito predicatore ed apostolo per istruire una categoria di persone ben precise: “gli stranieri”. L’istruzione comprende appunto sia “la fede che la verità”. Tale compito è ben associato al valore straordinario del sacrificio di Cristo, il quale ha dato sé stesso “come prezzo di riscatto per tutti”. Nessuno ne è escluso. Perciò chiunque crede nel Signore Gesù, sia esso ebreo o straniero, può ben testimoniare che vi è un solo Dio ed un solo Mediatore tra Dio e l’uomo: Cristo Gesù.

 

 

10. “Così egli dice appunto in Osea: «Io chiamerò ‘mio popolo’ quello che non era mio popolo…»” (Ro 9:25a).

In attinenza a quanto sta dicendo, Paolo cita una chiara profezia che si trova in Osea.

 

• La profezia nel libro di Osea.

“Io lo seminerò per me in questa terra, e avrò compassione di Lo-Ruama; e dirò a Lo-Ammi: «Tu sei mio popolo!« ed egli mi risponderà: «Mio Dio!»”(Os 2:23).

Se leggiamo il contesto in cui troviamo tale profezia, possiamo renderci conto che l’unico destinatario è il popolo d’Israele. È una profezia piena di speranza e certezza, in quanto, nonostante l’infedeltà del popolo, giungerà il tempo in cui finalmente verranno ripristinate quell’intima comunione e relazione tra il Signore ed il suo popolo. Dio dirà a Israele: “Tu sei mio popolo” e la risposta sarà “Mio Dio” due parole che evidenziano la determinazione nell’essere sottomessi alla sua volontà.

 

• L’adempimento di una precisa parola del Signore.

“E che armonia c’è fra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come disse Dio: «Abiterò e camminerò in mezzo a loro, sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo»” (2Co 6:16).

Anche in queste parole, l’apostolo Paolo parla di questo connubio nel quale il Signore si impegna ad essere il Dio del suo popolo e quest’ultimo dimostrerà di essere il popolo dell’Eterno. Ma, come possiamo osservare, queste parole non sono solo per Israele, ma per tutti coloro che sono divenuti “il Tempio dello Spirito Santo e del Dio vivente”.

Si può diventare “tempio di Dio” solo quando lo Spirito del Signore dimora in noi perché abbiamo creduto per fede nell’opera del Signore Gesù Cristo.

Perciò anche in questo caso possiamo osservare come parole dell’Antico Testamento che riguardavano esclusivamente Israele, in realtà, hanno una portata ben più ampia e definita. Chiunque ha creduto per fede nell’opera del Messia, sia esso ebreo o straniero, fa parte del popolo di Dio ed il Signore è il suo Dio. 

 

 

11. “… «e ‘amata’ quella che non era amata»…” (Ro 9:25).

La profezia di Osea prosegue anche con queste parole che evidenziano l’immenso amore di Dio. In greco abbiamo il verbo agapao, il verbo più forte ed intenso che indica l’amore nella sua accezione più assoluta. Dio ha amato di un grande amore il suo popolo che, nel contesto di Osea, rimane Israele.

 

• Iddio ha abbandonato la sua “amata” per il suo peccato.

“«Io ho lasciato la mia casa, ho abbandonato la mia eredità; ho dato l’amata mia nelle mani dei suoi nemici. Geremia 12:8 La mia eredità è divenuta per me come un leone nella foresta; ha mandato contro di me il suo ruggito; perciò io l’ho detestata»” (Gr 12:7-8).

Possiamo osservare come, anche in questo testo di Geremia, il Signore definisce il popolo di Giuda “l’amata del Signore” che è data in mano dei suoi nemici a causa della sua malvagità e del suo peccato.

Purtroppo tutto il libro di Geremia è costellato da brani che parlano della ribellione di Giuda e della sua idolatria. Perciò il Signore li ha abbandonati. Ma è chiaro che nell’Antico Testamento queste espressioni ripiene di amore e tenerezza sono rivolte al popolo d’Israele. Ma nel Nuovo Testamento la realtà diventa ancora più ampia e preziosa.

 

• Cristo ha amato la Sua Chiesa da sacrificarsi per lei.

“Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato sé stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile” (Ef 5:25-27).

Infatti, come attesta Paolo in questo brano, il Signore Gesù non ha amato soltanto Israele, ma ha amato la Chiesa, quale realtà che coinvolge sia Ebrei che stranieri uniti in un unico corpo (1Co 12:13).

Il Signore Gesù ha talmente amato la sua Chiesa, il “frutto della fatica della sua anima” (Is 53:11), che ha donato tutto sé stesso per lei. Non solo, ma egli l’ha anche purificata con “l’acqua della parola” per farla comparire davanti a Sé, santa, gloriosa ed irreprensibile.

Ogni figlio di Dio, di qualunque estrazione sociale sia, di qualunque etnia sia, è amato da suo Padre. Ma anche ogni uomo che ancora non crede nel Signore, di qualunque ceto sociale o etnia, è amato da lui.

 

12. “…e «avverrà che nel luogo dov’era stato detto: «Voi non siete mio popolo», là saranno chiamati «figli del Dio vivente»” (Ro 9:26).

Con queste parole, Paolo cita la seconda profezia contenuta nel libro di Osea, nella quale si parla di una radicale trasformazione.

 

• La profezia nel libro di Osea.

“Tuttavia, il numero dei figli d’Israele sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare né contare. Avverrà che invece di dir loro, come si diceva: «Voi non siete mio popolo», sarà loro detto: «Siete figli del Dio vivente»” (1:10).

Come possiamo osservare dal contesto immediato, anche questa profezia, stando al libro di Osea è diretto specificatamente al popolo d’Israele. Infatti il Signore parla della discendenza di Israele che sarà “come la sabbia del mare”, quindi numerosissima. Nonostante il peccato e la malvagità che Israele ha dimostrato, diventando così una “moglie infedele”, il Signore cambierà radicalmente questa situazione, in quanto verrà loro detto: “Siete figli del Dio vivente”. Ma è bello considerare che nella lettera ai Romani queste parole assumono una portata molto più vasta.

 

• Prima non eravamo un popolo, ora siamo il popolo di Dio.

“Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa; 1Pietro 2:10 voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia” (1P 2:9-10).

Come dichiara anche l’apostolo Pietro, prima noi non eravamo un popolo, in quanto ciascuno di noi era rivolto alla propria via, era come una pecora smarrita. Prima non eravamo un popolo e non beneficiavamo della misericordia di Dio. Ma Dio ha avuto grazia, ha mostrato a noi le sue immense compassioni ed in questo modo la Chiesa del Signore Gesù è divenuta il popolo di Dio; quella “stirpe eletta…gente santa…sacerdozio regale” che Dio si è acquistato. Tutto ciò ha un unico scopo ed obiettivo: proclamare le virtù, le caratteristiche di colui che ci ha chiamati “dalle tenebre alla sua meravigliosa luce”.

 

 Il sacrificio del Signore Gesù è per tutti.

“Essi cantavano un cantico nuovo, dicendo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un regno e dei sacerdoti; e regneranno sulla terra»” (Ap 5:9-10).

A proposito di acquisto, non possiamo certamente dimenticare il contenuto di questo straordinario cantico, innalzato dai 24 anziani. Essi evidenziano il fatto che il Signore Gesù è l’Agnello di Dio che si è immolato per ciascuno di noi, acquistando a Dio “gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione”, quindi non solo Israele. Questo popolo costituito e nato dall’opera che il Signore Gesù ha compiuto in modo totale è “un regno e dei sacerdoti”.

Possiamo quindi essere davvero grati al Signore, il quale ha voluto che anche gli stranieri entrassero a far parte del suo meraviglioso piano di salvezza. Questo perché il sacrificio del Signore Gesù, è per tutti.

 

13. “Isaia poi esclama riguardo a Israele: «Anche se il numero dei figli d’Israele fosse come la sabbia del mare, solo il resto sarà salvato»” (Ro 9:27).

Ora, come possiamo notare, l’argomento torna ad essere il popolo d’Israele, e nello specifico “il resto” d’Israele. In greco abbiamo l’espressione upoleimmache indica appunto il resto, l’avanzo, il residuo. Da notare la contrapposizione tra la numerosissima discendenza di Israele, e la salvezza però che solo il restogodrà.

 

 La promessa ad Abraamo.

“«Io giuro per me stesso, dice il SIGNORE, che, siccome tu hai fatto questo e non mi hai rifiutato tuo figlio, l’unico tuo, io ti colmerò di benedizioni e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; e la tua discendenza s’impadronirà delle città dei suoi nemici»”(Ge 22:16-17)

A proposito della discendenza numerosa, il Signore in più occasioni dichiara ad Abraamo questa promessa. Dopo aver dimostrato la sua fede nei confronti di Dio, essendo addirittura disposto a sacrificare Isacco pur di ubbidire alla sua voce, l’Angelo dell’Eterno lo benedice, promettendogli grandi benedizioni che confluiscono in una discendenza talmente numerosa da essere come “la sabbia del mare”. Non solo, ma la sua discendenza trionferà sui suoi nemici. Dal Nuovo Testamento sappiamo che in realtà la “discendenza d’Abraamo”, da un punto di vista spirituale è quella che ha creduto per fede nel Signore Gesù (Ga 3:29). Tuttavia come abbiamo detto, Paolo parla soprattutto del residuo d’Israele.

 

• Il residuo fedele d’Israele tornerà al Signore.

“Un residuo, il residuo di Giacobbe, tornerà al Dio potente. Infatti, anche se il tuo popolo, o Israele, fosse come la sabbia del mare, un residuo soltanto ne tornerà; uno sterminio è decretato, che farà traboccare la giustizia” (Is 10:21-22).

Vi sono molti passi che parlano del residuo fedele d’Israele, sempre in termini positivi e di speranza. In questo brano, ad esempio, possiamo osservare come venga preannunciato il ritorno al Signore di questo residuo, testo che è appunto citato da Paolo in Romani. Esso sarà salvato proprio per il fatto che, a differenza della maggioranza, tornerà al Signore e si ravvederà dei suoi peccati.

 

• Il residuo d’Israele saccheggerà e dominerà Moab.

“«Ho udito gli insulti di Moab e gli oltraggi dei figli di Ammon; hanno insultato il mio popolo e si sono ingranditi invadendo il suo territorio. Perciò, com’è vero che io vivo»dice il SIGNORE degli eserciti, Dio d’Israele, «Moab diventerà come Sodoma e Ammon come Gomorra: una selva di ortiche, una salina, un deserto per sempre. Il resto del mio popolo li saccheggerà, il residuo della mia nazione li possederà»” (So 2:8-9).

Nello stesso tempo possiamo anche notare come questo residuo venga descritto in termini di trionfo e vittoria. Si parla di Moab e Ammon, di queste nazioni nemiche d’Israele e piene di malvagità. Ebbene, Moab sarà distrutta come Sodoma e Ammon come Gomorra con la conseguenza che il residuo fedele d’Israele li dominerà e li saccheggerà. Queste parole hanno a che fare con il futuro trionfo del vero Israele.

 

• Il residuo d’Israele si conserverà puro per Dio.

“Lascerò in mezzo a te un popolo umile e povero che confiderà nel nome del SIGNORE. Il resto d’Israele non commetterà azioni malvagie, non dirà menzogne, e non si troverà più un linguaggio ingannatore sulle sue labbra; perché essi pascoleranno, si coricheranno, e non vi sarà più nessuno che li spaventi»” (So 3:12-13).

Parlando del carattere di questo residuo, in questo testo è scritto che esso si conserverà puro, non commetterà più azioni malvagie, non dirà più menzogne, sarà un “popolo umile” che confiderà solo nel Signore. Nonostante la loro debolezza, ma godendo della forza che donerà il Signore, essi si potranno coricare senza avere timore di nessuno. Perciò, questo residuo ha delle grandi lezioni da impartire a ciascuno di noi come l’avere un carattere irreprensibile che mostri azioni irreprensibili. Come si è detto prima – non tutto Israele è Israele. Questo “residuo” corrisponde al vero Israele.

 

 

14. “… perché il Signore eseguirà la sua parola sulla terra in modo rapido e definitivo»” (Ro 9:28).

Nel parlare della salvezza di questo residuo, Paolo parla anche del fatto che Dio è pronto ad eseguire ciò che egli decreta, secondo la sua sovrana volontà. Si parla della “sua parola”, che verrà eseguita sulla terra in modo netto e definitivo.

 

• Dio esegue la sua Parola.

“Ma la sua decisione è una; chi lo farà mutare? Quello che desidera, lo fa; Giobbe egli eseguirà quel che di me ha decretato; di cose come queste ne ha molte in mente” (Gb 23:13-14).

Tutta la Scrittura ci ricorda che il Signore esegue ciò che egli decreta. Come afferma Giobbe, quando il Signore ha preso una decisione, egli esegue la sua Parola e niente e nessuno può impedire tale esecuzione. Come più volte abbiamo sottolineato, questo vale sia per le benedizioni che per i giudizi. Come poteva dire Giobbe, la stessa cosa la possiamo dire anche noi: “Egli eseguirà quel che su di me ha decretato”.

 

• Rientrare in sé stessi prima che sia troppo tardi.

“Raccoglietevi, rientrate in voi stessi, gente spudorata, prima che si esegua il decreto e quel giorno passi come la pula; prima che vi piombi addosso l’ardente ira del SIGNORE, prima che vi sorprenda il giorno dell’ira del SIGNORE!” (So 2:1-2).

Proprio per il fatto che il Signore esegue ciò che egli decreta, questo vale anche per la punizione ed il giudizio. Come ci viene detto in questo testo, è quindi necessario, prima che sia troppo tardi “rientrare in sé stessi”, badare a sé stessi, analizzare ed esaminare il proprio comportamento “prima che si esegua il decreto”. L’ira di Dio come già abbiamo detto è sugli empi e sono loro che la sperimenteranno. Tuttavia l’esortazione di badare a noi stessi e di esaminarci davanti a Dio è sempre valida. Per evitare la giusta disciplina del Signore, è doveroso camminare secondo lo Spirito.

 

 

15. “Come Isaia aveva detto prima: «Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato una discendenza, saremmo diventati come Sodoma e saremmo stati simili a Gomorra»” (Ro 9:29)

Queste parole sono sempre riferite al popolo d’Israele. Dio ha mostrato misericordia e compassione sul suo popolo Israele, in quanto, se lo avesse sempre lasciato fare sarebbe diventato come Sodoma e Gomorra, due tristi città esempio di malvagità.

 

• La profezia in Isaia.

“La figlia di Sion è rimasta come un frascato in una vigna, come una capanna in un campo di cocomeri, come una città assediata. Se il SIGNORE degli eserciti non ci avesse lasciato un piccolo residuo, saremmo come Sodoma, somiglieremmo a Gomorra” (Is 1:8-9).

Ecco la profezia citata dall’apostolo Paolo. Proprio nell’apertura del libro di Isaia, Israele viene immediatamente ripreso dal Signore a motivo del suo peccato e della sua ipocrisia. Esso era come “un frascato nella vigna…come una città assediata”. Cioè non c’era nulla che potesse parlare di trionfo e vittoria.

Perciò il Signore interviene mantenendo un piccolo “residuo” che, come abbiamo visto prima, sono quegli Ebrei che nel corso dei secoli si sono affidati, si affidano e si affideranno al Signore. Se non fosse per l’esistenza di questo residuo, Israele sarebbe stato del tutto simile a Sodoma e Gomorra. Ma come mai il Signore prende l’esempio di queste due città?

 

• La malvagità della città di Sodoma.

“Gli abitanti di Sodoma erano perversi e grandi peccatori contro il SIGNORE” (Ge 13:13).

Sodoma e Gomorra sono due città tristemente conosciute per il loro peccato. Nel testo biblico, si parla solo di Sodoma, ma queste poche parole illustrano molto bene la situazione nella quale si trovavano entrambe le città. I loro abitanti erano “perversi e grandi peccatori contro il Signore”. Le loro azioni erano volte solo a soddisfare i loro perversi desideri e disegni.

 

 Sodoma e Gomorra: due esempi per coloro che vogliono vivere empiamente.

“…se non risparmiò il mondo antico ma salvò, con altre sette persone, Noè, predicatore di giustizia, quando mandò il diluvio su un mondo di empi; se condannò alla distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, perché servissero da esempio a quelli che in futuro sarebbero vissuti empiamente” (2P 2:5-6).

Anche l’apostolo Pietro parla di Sodoma e Gomorra, del loro giudizio di distruzione, in quanto esse sarebbero diventate nel corso dei secoli esempi eclatanti per coloro che come loro vivono empiamente e senza nessun timore del Signore. Così come esempi eclatanti sono “il mondo antico” che venne sommerso dal diluvio tranne otto persone: Noè e la sua famiglia. Anche questi esempi pur tristi che siano, servono da monito per ciascuno di noi.

Il mondo si comporta come Sodoma e Gomorra, in quanto insegue i propri desideri, le proprie soddisfazioni, incurante della volontà del Signore.

Ma il comportamento di ogni figlio di Dio deve essere assolutamente opposto. Anzi il nostro compito deve essere sempre quello di testimoniare di quella luce che abbiamo ricevuto dal Signore.