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Tensione che produce ansia

Telefoni cellulari, computer, e-mail, Face book, WhatsApp, fast food, treni e auto sempre più veloci, tv con numerosissimi canali che rendono la scelta problematica, centinaia di faccine dette anche emoticon o smiley che facilitano (o impoveriscono) le migliaia di messaggini che sforniamo ogni giorno: oggetti sempre nuovi e ritmi incalzanti che destabilizzano chi è nato in un’epoca dove tutto questo non c’era. La nevrosi è sempre in agguato.

È cronaca di questi giorni: l’ottantanovenne Anne, insegnante in pensione ha deciso di dire di no a tutto questo e ha preso una drastica decisione: è andata in una clinica in Svizzera dove si pratica il suicidio assistito e ha salutato così il mondo con i suoi frenetici ritmi e i suoi orpelli tecnologici. Ho letto questa notizia su qualcuno di questi strumenti della tecnologia moderna ma sinceramente rimane qualche dubbio che sia andata veramente così: ormai non possiamo essere più tanto sicuri di ciò che ci viene propinato come cronaca e anche questo è piuttosto destabilizzante. Rimane però la tensione che si crea quando viviamo in una realtà che conosciamo poco perché molto diversa da quella da noi vissuta in gioventù: una tensione che produce ansia.

Non ho 89 anni, anche se il traguardo degli 80 è ormai vicino, e faccio uso (anche in questo momento) di questi marchingegni frutto della moderna tecnologia; anche se qualche volta mi trovo impreparato, confuso e spiazzato, non mi lascio sopraffare da questi mostri moderni: sono strumenti al mio servizio e non permetto che io diventi un loro dipendente. Non voglio essere un tecnodipendente.

Vivere nel presente

So di avere molti più giorni alle spalle di quelli che sono davanti, ma il passato e il futuro si evaporano, guardano il tempo dal punto vista divino. Conosciamo la frase biblica: “Per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni sono come un giorno” (2P 3:8), frase che l’apostolo ha preso dal salmo 90. Queste parole ci conducono a pensare alla relatività del tempo visto dall’ottica divina dove passato e futuro si fondono in un eterno presente. Pensiamo al passato e al futuro come a due fiumi che sfociano nel mare del presente disperdendosi in esso. Entriamo nell’orbita di questa realtà e viviamo l’oggi senza nostalgie del passato e senza timori per il futuro. E il nostro viaggio continua.

Ho sentito spesso questa frase: “Si stava meglio quando si stava peggio”. dove il meglio appartiene al passato e il peggio al presente. È proprio così? Personalmente ho dei piacevoli ricordi degli anni dell’adolescenza e della gioventù: un periodo in cui stavo senz’altro peggio del presente, ma avevo tanti sogni nel cassetto e tantissima voglia di vivere. Era soprattutto la mia età a rendere migliore ciò che obbiettivamente era peggiore. La frase sopracitata è chiaramente intrisa di nostalgia, di quella “nostalgia canaglia” cantata da Al Bano:

Nostalgia, nostalgia canaglia
Che ti prende proprio quando non vuoi
Ti ritrovi con un cuore di paglia
E un incendio che non spegni mai.

A proposito della nostalgia qualcuno ha scritto:

“Da millenni i vecchi se ne vanno con l’intimo convincimento di essere stati l’ultima generazione sana dell’umanità. La vita era più bella e più giusta prima: quando loro erano ancora pieni di sogni e di energie. In realtà non rimpiangono il mondo antico, ma la giovinezza perduta”.

Personalmente voglio evitare una sofferente nostalgia e ho scelto di vivere, come già scritto, senza nostalgie del passato e senza timori per il futuro.

Come realizzare questo atteggiamento?

Penso a me stesso come Ulisse nel suo viaggio di ritorno verso l’amata Itaca, l’isola in cui era nato e che era rimasta costantemente nel suo cuore: la mia Itaca è quel luogo definito “nuovi cieli e nuova terra”. Come il viaggio dell’eroe omerico anche il nostro è irto di ostacoli che cercano di fermarlo. Uno degli ostacoli di Ulisse è stato il canto ammaliante delle sirene, ammaliante e micidiale. Dietro consiglio della maga Circe Ulisse, per resistere al loro canto, si fece legare all’albero maestro della nave e così ebbe salva la vita e poté proseguire il viaggio. Legato con “legami d’amore” (Os 11:4), al Dio che mi ama sono rimasto fermo e proseguo la corsa verso la meta (Fl 3:14).

Cerchiamo dunque, di rispondere alla domanda:come vivere in un continuo sereno presente?

Gesù e la sua Parola in un eterno presente

Da diversi decenni sono legato a Gesù colui che “è lo stesso ieri, oggi e in eterno” (Eb 13:8) e questo legame mi permette di vivere in uno stato dove il passato e il futuro sono talmente sfumati da essere appena percettibili ed è il tempo presente che emerge con evidenza. Vivere in un costante oggi mi permette di vedere il futuro senza opprimente ansietà: “Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno” (Mt 6:34). Vedo una sottile vena ironica nelle parole di Gesù: “Lasciate che sia il domani a preoccuparsi di sé stesso”; non spetta a voi.

Spesso il passato fa capolino nella mia memoria creando in me un leggero senso di nostalgia per i bei momenti vissuti, in particolare nei giorni iniziali del mio viaggio di fede, giorni in cui “il primo amore” era vestito di speranze e di zelo, quando ho deciso di accettare ciò che è il desiderio di Dio per me. Insieme, quasi all’unisono, emergono anche i tanti momenti di sconfitta, di sofferenza e di disagio: momenti che producono rammarico e dispiacere. Per non lasciarmi irretire dall’ansia o dal rammarico vivo il presente legato a chi è presente nel presente, sempre e comunque. A lui sono legato con le robuste corde della sua parola che è anch’essa in un eterno presente: “La parola del Signore rimane in eterno” (1P 1:25). Desidero immergere il cuore e la mente nell’eternità dove passato e futuro si fondono in un continuo presente. Voglio vivere con serenità il già del tempo presente in attesa del non ancora del futuro dove, in qualche modo, siamo già presenti: “Ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù” (Efesini 2:6)

Trovo un partecipe dispiacere per Anne, la ottantanovenne signora che ha scelto una soluzione estrema perché ha trovato insostenibile il presente ricordando con dolorosa nostalgia il passato1; la sua scelta sarebbe stata sicuramente diversa se fosse stata strettamente legata all’Immortale (1Ti 1:17) che, provenendo dall’eternità, è “vissuto per un tempo” tra di noi e che ha portato l’eternità nel nostro tempo. Egli ci ha dato la possibilità di diventare come lui, immortali: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morirà mai”. Entrare in un eterno presente in stretta relazione con l’Immortale è ciò che ci è stato destinato. Accettiamo la sua grazia e non saremo più dei dis–graziati!

Pensiamo al passato e al futuro come a due fiumi che sfociano nel mare del presente disperdendosi in esso. Entriamo nell’orbita di questa realtà e viviamo l’oggi senza nostalgie del passato e senza timori per il futuro. Il nostro viaggio continua.

Voglio vivere con serenità il già del tempo presente in attesa del non ancora del futuro.

 

  1. Ricordo che il termine nostalgia nella sua etimologia evoca il dolore dal greco (nostos e algos).