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Punto di non ritorno?

Ogni giorno, in modo insistente e con tono angosciante, i media ci presentano la drammatica situazione in cui versa il “giardino” dove viviamo.  L’insistenza degli scienziati e dei politici di incoraggiare una transizione ecologica richiama l’urgenza di un forte cambiamento di quelle abitudini che hanno favorito il drammatico stato in cui versa il nostro pianeta. L’uomo, invece di curare quella creazione considerata da Dio “molto buona”, con il suo insensato modo di vivere ha creato le premesse per la sua devastazione. L’“uomo-custode” è diventato il fattore determinante per la disastrosa situazione odierna. 

La transizione ecologica è un percorso, ormai diventato assolutamente ineludibile (anzi in molti credono che siamo arrivati a un punto di non ritorno), finalizzato a creare un futuro più sostenibile; è un appello a ogni uomo e a ogni istituzione per il raggiungimento di uno stato che non crei ulteriori danni all’ambiente.

Nonostante i tanti appelli, le numerose manifestazioni in cui la giovane Greta Thunberg ne è portavoce, il mondo, sordo a questi appelli, continua nel suo percorso devastante.

Perché tutto questo? Perché questo delirio continua a caratterizzare il nostro vivere?

Tutto ha avuto inizio da quando l’uomo si è allontanato e nascosto dal suo Creatore e in questo allontanamento-nascondimento ha, anno dopo anno e secolo dopo secolo, sfruttato le risorse naturali in modo improprio. Credo che quella che è definita la rivoluzione industriale in cui la società da agricola e artigianale è passata a un sistema in cui la macchina ha (quasi) sostituito l’uomo nel lavoro usando fonti energetiche come i combustibili fossili, sia stata l’inizio di una accelerazione formidabile per il processo d’inquinamento.

Dalla piena comunione al nascondimento

Poi Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbiano dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina… Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono (Ge 1:26, 31). 

Nel sesto giorno creativo il Creatore pose in essere qualcosa di speciale che aveva anche in sé delle peculiarità non presenti in precedenza: la più evidente è che questo nuovo essere, nel duplice aspetto di maschio e femmina, aveva in sé l’immagine divina. In virtù di questa imago Dei all’uomo è dato il privilegio di poter avere una sana relazione con Dio. Inoltre gli è stato dato il compito dominare su quegli esseri a lui inferiori. Questo dominio avrebbe dovuto essere di amorevole cura (“lo lavorasse e lo custodisse”). Così, purtroppo non è stato! 

Il Creatore osserva e dice: “Uomo, dove sei?”

«Ti avevo dato in custodia un magnifico giardino, che cosa ne hai fatto? Il compito affidato doveva essere per te un motivo d’orgoglio, una preziosa occasione per manifestare l’immagine che ho posto dentro di te, invece la bramosia di avere sempre di più, di consumare più energia di quanto effettivamente serve, ti ha spinto a depredare le immense risorse presenti nel “giardino”. Avresti dovuto curare il giardino come io sto curando te: “che cos’è l’uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell’uomo perché te ne prenda cura?” (Sl 8)».

L’amorevole cura del Creatore nei confronti dell’uomo doveva essere presa a modello. 

Il “Dove sei?” di Dio rivolto alla sua creatura è risuonato nel giardino proprio all’inizio dell’avventura umana: “Adamo (uomo) dove sei?”.

Nudo e timoroso dietro a un cespuglio, Adamo rispose e nella sua risposta leggiamo il dramma che si era consumato: “Ho avuto paura e mi sono nascosto”. La paura e la spinta a nascondersi hanno in seguito caratterizzato il cammino dell’uomo e quei suoi comportamenti sbagliati che hanno fatto la sua storia sono un segno evidente di questo disagio. Purtroppo in questo stato l’uomo continuerà a nascondersi dal suo Creatore e la sua voce che reclama un’uscita dal nascondiglio non sarà udita (sentita, ma non udita) rendendo il percorso intrapreso senza soluzione di continuità; è così gli appelli alla pace e alla “transizione ecologica” rimarranno sospesi nel vuoto delle coscienze.

È stata lei! L’uomo nascosto anche dalla donna

“La donna che tu mi hai messa accanto, è lei che mi ha dato del frutto”. Avrete senz’altro notato che la politica dello scaricabarile è sempre presente nei momenti conflittuali: è colpa sua! No, non è colpa mia, ma dell’altro! Questo succede nei feroci conflitti che insanguinano la terra ma anche nei normali rapporti sociali, quelli famigliari e anche, purtroppo, in quelli ecclesiali.

L’uomo continua a nascondersi e rifiuta di riconoscere le proprie responsabilità. La cronaca quasi giornalmente ci racconta degli efferati femminicidi. La donna deve essere considerata un dono di Dio per l’uomo (e mia moglie lo è per me), un dono per supplire una sua insufficienza: Dio osserva e vede la sua solitudine. Questa – la solitudine – deve essere considerata frutto di una mancanza. Un dono trascina con sé il senso di gratitudine e di gioia. Il “finalmente” espresso da Adamo è un grido di esultanza, di felice sorpresa: la donna era vista come fonte di gioia. Ma la situazione si capovolse e le foglie di fico rappresentano il nascondimento dell’uno verso l’altra. La comunione interrotta con il Creatore è anche paradigma del rapporto spezzato tra le creature. 

Adamo-marito dove sei? Che fine hai fatto? La donna è ancora un dono o un ostacolo, uno strumento di disagio per te? Riesci a essere per lei ciò che Cristo è per la sua sposa (Ef 5:25-29)? L’uomo dimostra la sua vera umanità amando la donna, non sottomettendola ma rendendosi strumento utile per la sua crescita spirituale! Il marito è stato destinato a prendersi cura della donna in modo particolare e per lei deve essere un “chirurgo plastico” della sua anima: “per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti”.

L’uomo è ancora umano? 

Nascondersi da Dio ha come diretta conseguenza nascondersi dagli altri e viceversa. C’è una diretta e inevitabile connessione tra le umane relazioni con la relazione con Dio. Gesù è stato chiaro su questo argomento: “In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me”; “In verità vi dico che in quanto non l’avete fatto a uno di questi minimi, non l’avete fatto neppure a me” (Mt 25:40, 45). Separato dal suo Creatore l’uomo è ancora umano? Rispondiamo affermativamente: sì, è ancora umano, l’immagine divina è ancora impressa in lui. È ancora uomo, ma spesso non si comporta come tale!

La filosofia è il tentativo umano di comprendere la realtà e in particolare l’uomo. Nella storia del sapere umano troviamo Diogene: vagando per le strade di Atene, fuori dalla botte dove viveva e con la lanterna in mano cercava l’uomo. I filosofi non l’hanno ancora trovato! Dopo che il nichilista Nietzsche ha proclamato la morte di Dio, l’esistenzialista Sartre ha annunciato la morte dell’uomo. Anche se vivo biologicamente, l’uomo è morto perché ha perso quelle caratteristiche che lo rendevano umano secondo i criteri divini. 

Uno strano uomo creato dall’uomo

È dal 1927 che il prestigioso magazine Time elegge l’uomo dell’anno (Charles Lindbergh per primo è stato insignito di questo titolo). È successo anche nel 1982. Ma il “personaggio” in copertina non era un uomo, e nemmeno una donna, non qualcuno ma qualcosa creato dall’uomo stesso: un computer. Sì, paradossalmente l’uomo dell’anno non era un uomo ma una macchina, uno strumento che ha rivoluzionato la vita degli uomini, ma pur sempre una macchina. E il Creatore dall’alto dei cieli grida ancora più forte: “Uomo, dove sei?” La creatura che ha il privilegio di avere in sé l’immagine divina si è persa nei meandri dei suoi “vani ragionamenti”, acidi frutti della sua “intelligenza ottenebrata” (Ro 1) e in questo delirio dice a sé stesso: “Va dove ti porta il cuore”. Il successo editoriale del libro della Tamaro è un evidente segno che l’uomo continua a credere di essere intelligente e buono. Gesù, però, quando parla del cuore umano usa delle espressioni che concedono poco spazio a questa fiducia umana. Gli eminenti filosofi citati (Nietzsche e Sartre) sono la prova di dove può portare il cuore lasciato a sé stesso, senza la guida divina.

Il pastore continua la sua ricerca

Conosciamo la parabola della pecora smarrita: non solo si è smarrita ma è una pecora talmente stupida che si nasconde da colui che la sta cercando. La sua smania di nascondersi ha sempre lo stesso motivo: paura. È dentro gli oscuri meandri delle sue ancestrali paure che l’uomo continua a nascondersi da Dio. Perché il Pastore continua nella sua ricerca? Lo scopo è sempre lo stesso: non ha un bastone in mano per punire la pecora, ma ha un cuore stracolmo d’amore perché desidera che la pecora sia salvata, al sicuro nel suo ovile. 

Mi chiedo, per concludere, quale pastore emerge nella predicazione della chiesa? Un pastore irato pronto per punire? Un pastore che ha un lungo foglio nel quale sono scritte le mancanze della pecora? Ricordo le parole che il pastore ha pronunciate con enfasi: “Perché il Figlio dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto” (Lu 19:10). 

Salvare, non giudicare, liberare non reprimere, abbracciare non abbattere. 

Uomo esci dal tuo nascondiglio, fatti trovare dal tuo Creatore, riprendi il tuo mestiere di “giardiniere”, riprendi il tuo ruolo di marito solo così le cose andranno meglio, fino al giorno in cui il Creatore creerà nuovi cieli e nuova terra.