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Si sono spenti i riflettori sul cinquecentenario della Riforma. Sono stati tanti gli incontri organizzati, gli articoli scritti (anche sul nostro mensile) per celebrare o, più semplicemente, per ricordare l’episodio dal quale prese il via il 31 ottobre 1517 ed i suoi successivi sviluppi.

Ora sono qui a chiedermi se è stata un’occasione ben utilizzata oppure un’occasione persa per riproporre con forza quello che è il cuore del Vangelo: “la grazia di Dio, salvifica per tutti gli uomini, si è manifestata” (Tt 2:11). È stata sicuramente un’occasione persa per chi ha organizzato eventi limitandosi a ricordare il valore storico, culturale, sociale, politico e religioso della Riforma e per chi ha ritenuto opportuno, con iniziative dall’amaro sapore ecumenico, di coinvolgere esponenti di quella chiesa che, dopo 500 anni dalla Riforma, è ancora ben lontana dal comprenderne e raccoglierne il messaggio.

I riflettori sono stati puntati quindi in diverse direzioni, ma, ora che sono stati spenti, è opportuno illuminare la vera motivazione ed il vero scopo che spinsero Lutero ad alzare la sua voce, anzi ad intingere nell’inchiostro la sua penna in quella lontana notte di fine ottobre.

Una drammatica esperienza giovanile aveva provocato nella mente di Lutero una profonda angoscia per la sua condizione di peccato ed un’acuta paura per il giudizio di Dio. Da quest’esperienza, come sappiamo, nacque la decisione di indossare il saio facendosi monaco agostiniano. Poi lo studio della Parola e la conseguente scoperta che l’uomo peccatore può essere dichiarato giusto davanti alla giustizia di Dio accettando per fede il dono immeritato della grazia di Dio in Cristo lo avevano portato a vivere la gioia di una autentica liberazione dall’angoscia per il peccato e dalla paura per il giudizio.

Quando Lutero uscì allo scoperto, lo fece non perché volesse rivoluzionare il percorso della storia cambiando i connotati della chiesa nella quale viveva la sua esperienza religiosa e neppure perché volesse trasformare la situazione politica e sociale del suo popolo. Lo fece motivato dalla preoccupazione per il destino eterno delle persone. Infatti dal momento che la chiesa aveva messo a tacere la voce della Parola di Dio ed aveva oscurato l’opera di Cristo con l’assurda dottrina delle indulgenze, le persone erano inevitabilmente destinate non ad un purgatorio inesistente e mai esistito, ma all’eterna separazione dalla gloria di Dio. Al popolo veniva presentato cioè un piano di salvezza del tutto contraffatto fondato su un Dio contraffatto, su un uomo contraffatto, su una chiesa contraffatta e su un destino contraffatto. Lutero scoprì, leggendo le Scritture, che, attraverso gli insegnamenti della chiesa cattolica, nessuno avrebbe mai potuto essere realmente salvato ed avere la certezza della vita eterna e della gloria con Dio. A motivarlo furono quindi il suo bisogno di far conoscere la verità, la sua preoccupazione per il destino eterno di ogni uomo e – possiamo dirlo – il suo amore per l’uomo. Egli non si pose inizialmente altro obiettivo che quello di far conoscere Cristo come unica, esclusiva, insurrogabile e insostituibile via di salvezza e di vita eterna. Ed è questo che rende straordinariamente attuale il messaggio di Lutero, perché oggi viviamo in un tempo in cui sono pochi quelli che provano più angoscia per il peccato (tutto è tollerabile e tollerato fino a chiamare il male bene), ancora meno sono quelli che hanno paura del giudizio di Dio e pochi si preoccupano del proprio destino eterno, mentre le preoccupazioni dei più sono rivolte a conservare e prolungare la vita sulla terra non rendendosi conto che è “solo per un tempo”!