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Art. 7:
“Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”.

Art. 8:
“Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze”.


Un’occasione per ricordare il nostro impegno nella preghiera per chi ricopre un ruolo di governo e di autorità: “Esorto prima di ogni altra cosa che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni… per i re e per tutti quelli che sono costituiti in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in tutta pietà e dignità” (1Timoteo 2:1-2).

Ma anche un’occasione per riflettere su una Costituzione… incostituzionale, perché non ancora riformata nei suoi due articoli più contraddittori!

La storia ci ricorda che 70 anni fa la Costituzione fu il frutto nell’Assemblea Costituente di un compromesso fra le forze laiche e cattoliche (democristiani, comunisti e qualunquisti con 350 voti), da un lato, e quelle socialiste e liberali dall’altro lato, con 149 voti.

Gli articoli 7 ed 8 furono senz’altro il frutto peggiore di questo compromesso. Prima di tutto perché si è dato valore ad un documento, i Patti lateranensi, stipulato dal governo del disciolto partito fascista contravvenendo così all’art. XII delle Disposizioni transitorie e finali che ne vieta esplicitamente la “riorganizzazione”. In secondo luogo perché si è accettato di garantire alla chiesa cattolica importanti ed esclusivi privilegi culturali, politici, soprattutto economici, dando pieno valore ad un Trattato internazionale, che riconosce alla chiesa romana non solo l’indipendenza all’interno dei confini vaticani, ma anche un’ampia autonomia all’interno dello Stato italiano. Poi, con l’art. 8, se è vero che lo Stato proclama la propria neutralità nei confronti di tutte le religioni, è però costretto ad ammettere che questa equidistanza non ha valore nei confronti della religione cattolica. Per cui – ha scritto giustamente qualcuno – l’art. 8 andrebbe così letto: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge, ad eccezione di quella cattolica, che è più libera delle altre”.

È evidente infatti che l’uguaglianza di cui godono tutte le confessioni a-cattoliche è relativa al loro essere “acattoliche”.

È opportuno anche ricordare che un’intesa si può sempre sciogliere; un concordato al massimo si può modificare.

Proprio da questa evidente contraddizione e da questa persistente sudditanza dello Stato italiano alla chiesa romana, scaturisce la necessità di rimanere fermamente contrari a qualsiasi forma di Intesa che ci renderebbe complici di quella contraddizione, ma scaturisce anche la tristezza per quelle “chiese” che, in ambito cosiddetto “evangelico” e “protestante”, si sono compromesse diventando di fatto complici di un deleterio… compromesso.