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Via Evangelista Luca I

Gli Evangeli riportano spesso insegnamenti di Gesù che sono stati impartiti nelle case, spesso durante un pranzo o una cena.

È sorprendente la libertà di Gesù: non c’è bisogno della sinagoga, si può operare e parlare di Dio anche durante un pranzo!

L’Evangelo di Luca, in particolare, raccoglie diverse situazioni di questo tipo tanto che qualcuno ha immaginato che i credenti potrebbero seguire Gesù durante queste occasioni recandosi, appunto, in Via Evangelista Luca nelle varie case in cui Gesù è entrato!

Vorrei, molto semplicemente, cogliere questo suggerimento e seguire Gesù in alcune di queste occasioni per assistere ai suoi atti ed ascoltare le sue parole.

Luca capitolo 5.

Gesù è in una casa a Capernaum. C’è tanta gente sia in casa che fuori (vedi anche Marco 2:1). Gesù sta insegnando a farisei e dottori della legge venuti anche da molto lontano. Ma fuori della casa ci sono quattro persone che accompagnano un paralitico steso su un letto.

Vogliono portare l’amico ai piedi di Gesù, ma non riescono a passare a causa della folla. I quattro sono però molto determinati, a tutti i costi vogliono che l’amico arrivi davanti a Gesù: lo caleranno dal tetto! Non si sa nulla di quest’uomo: forse era paralitico dalla nascita e mentre i bambini giocavano intorno lui non riusciva neppure a parlare o forse era un uomo forte e sano che un incidente aveva paralizzato. In ogni caso – pensavano gli amici – ciò di cui ha bisogno è un corpo nuovo!

Finalmente, dopo aver scoperchiato il tetto della casa, il paralitico viene calato con il suo lettuccio davanti a Gesù. Ora Gesù lo guarirà, si dicono gli amici stanchi e sudati guardando giù dal buco nel tetto. Ma Gesù li sorprende:

Uomo, i tuoi peccati ti sono perdonati”.

Ma come – si saranno detti gli amici – tutta questa fatica per nulla? Quest’uomo ha bisogno di un corpo nuovo per muoversi, per camminare e Gesù parla dei peccati?”.

È così. Gesù, invece di dire: “Ti guarisco”, dice: “Ti perdono”. Gli amici vogliono un corpo nuovo per l’amico perché possa camminare, ma Gesù gli dà la grazia perché possa vivere.

Gesù conosce il vero bisogno dell’uomo. Noi spesso ci fermiamo alle apparenze ma Gesù va al profondo. Poi verrà anche la guarigione e la discussione con gli scribi ed i farisei, ma il paralitico torna a casa felice, glorificando Dio.

Via Evangelista Luca II

Nel capitolo 5 è narrato un altro fatto importante: la chiamata di Levi.

Costui era un pubblicano, una persona cui era appaltata la riscossione delle tasse da parte di Roma che stabiliva l’entità dell’imposta. Spesso però i pubblicani esigevano più di quanto stabilito al fine di arricchirsi (Lu 3:13) per cui il Talmud li definiva rapinatori. Per Levi Gesù ha una sola parola:

Seguimi” (Lu 5:27)

ed “egli, lasciata ogni cosa, si levò e si mise a seguirlo” (Lu 5:28).

È sorprendente!

Poco prima a Simone e Andrea, dopo una pesca miracolosa, era stata fatta almeno una promessa: “sarete pescatori di uomini” (Lu 5:10) che, anche se un po’ oscura, lasciava comunque prevedere qualcosa nell’avvenire. Ma per Levi non c’è nulla. Eppure Levi si alza e segue Gesù. Lo segue perché è lui ed è importante essere suoi discepoli.

Possiamo chiederci perché seguiamo Gesù: perché ci ha promesso la salvezza? la vita eterna? la pace? l’assistenza in questa vita? Sono tutte promesse vere ed importanti ma si rifanno sempre ad un nostro tornaconto.

Non dovremmo seguire Gesù perché è lui? Adorare Dio per quello che è e non solo per quello che ha compiuto per noi?

Lasciata ogni cosa. Di nuovo Levi ci sorprende. Per Simone ed Andrea lasciare le reti, la barca, la pesca era stato impegnativo ma lavoravano in proprio e, se fosse andata male, avrebbero potuto riprendere la loro attività, come infatti fecero dopo la morte di Gesù (Gv 21). Ma per Levi era diverso: dopo questo abbandono clamoroso, non sarebbe mai stato possibile per lui essere assunto nuovamente al servizio di Roma.

Il seguito del capitolo ci mostra Levi non tristemente rassegnato alla perdita dei suoi introiti, ma un uomo felice che organizza un gran banchetto in casa sua cui invita i suoi colleghi pubblicani e tante altre persone: per lui aver lasciato ogni cosa del passato è una situazione stimolante e
gioiosa che tutti devono conoscere.

E, durante questa festa, vengono al solito le critiche di farisei e scribi: “Mangiate e bevete con i pubblicani ed i peccatori”. È una accusa pesante per un rabbi ebreo e per i suoi discepoli. Ma Gesù non si lascia intimidire: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico bensì i malati. Io non sono venuto a chiamare dei giusti ma dei peccatori a ravvedimento” (Lu 5:31).

Qualcuno ha scritto: “La Chiesa è l’unica comunità al mondo in cui l’unico requisito richiesto per farne parte è che il candidato non lo meriti”.

Via Evangelista Luca III

Il capitolo 8 di Luca riporta, ai versetti 41-56, la visita di Gesù alla casa di Iairo per la guarigione della giovane figlia.

Questa visita è intrecciata con la guarigione della donna con il flusso di sangue.

Gesù è sempre in Galilea e, improvvisamente, il capo della sinagoga lo cerca, si getta ai suoi piedi e lo implora di venire a casa perché la sua unica figlia di dodici anni è in fin di vita.

Gesù si incammina ma si verifica un fatto nuovo: una donna disperata, con un flusso di sangue inguaribile, viene da dietro a lui e gli tocca la veste – si era detta, piena di fede, che sarebbe bastato questo solo gesto per essere guarita.

Infatti all’istante, il flusso si arresta. Sembra tutto finito, finalmente. Ma Gesù vuole che la donna si manifesti. Non per sgridarla – secondo la legge di Levitico 15:25-27 la donna avrebbe reso impuro Gesù – ma perché potesse essere pubblico il miracolo.

La donna è tremante, si getta ai piedi di Gesù e confessa la ragione del suo gesto, Gesù non la sgrida ma le annuncia la salvezza: “Figliola – solo qui Gesù chiama così una donna – la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace”.

Gesù riprende il cammino ma, quando giunge a casa di Iairo, la bambina è morta. Gesù fa appello ancora alla fede di Iairo – “la bambina non è morta ma dorme” – poi entra in casa con i soli genitori della bambina, Pietro, Giovanni e Giacomo. Avviene il miracolo della risurrezione. “Talità cumì”. Marco, che forse aveva appreso il racconto da Pietro, ricorda le parole aramaiche che Gesù ha usato (Mr 5:41) tanto il fatto è rimasto impresso indelebilmente nella memoria dei discepoli.

Ma l’epilogo è sorprendente (versetto 55)! Non è il caso di andare in giro ad annunciare il miracolo, non servono “Alleluia” e “Gloria a Dio”, bisogna pensare alla bambina, perché ha fame! Spesso, dopo la conversione di una persona, lasciamo la persona sola: ormai il più è fatto! Ora è un credente, il Signore provvederà alla sua vita… Gesù ci insegna invece che bisogna preoccuparsi della persona, anche per eventuali necessità pratiche!

Via Evangelista Luca IV

I vangeli ci raccontano che Gesù aveva una famiglia che amava particolarmente, quella di Lazzaro, Maria e Marta, giovani che forse avevano la sua stessa età. È interessante notare che, nell’ultima settimana della sua vita, Gesù si sia recato proprio a casa loro, a Betania, forse per ricevere il loro conforto, per godere della loro amicizia. La famiglia è ricordata per Lazzaro, e la sua risurrezione, e per le sorelle Marta e Maria.

Sono proprio queste due sorelle che incontriamo la prima volta in Luca 10:38-42. Gesù è invitato per il pranzo e le due sorelle rivelano subito le loro caratteristiche, che ritroveremo più avanti (Gv 12:1-11).

Marta è un tipo operativo, pratico: c’è un ospite e bisogna mettere ordine nella casa, preparare bene la tavola e il pasto.

Maria è invece contemplativa e sta ai piedi di Gesù per ascoltarlo. È probabile che questa differenza di carattere e di atteggiamento, che si rivela in questo momento, avesse già altre volte indispettito Marta: “Io lavoro e lei sogna… ma – pensa –questa volta c’è Gesù che potrà sgridare Maria”.

Ma l’intervento di Gesù non è quello atteso: “Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria e Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta”. Non è un rimprovero duro, del tipo di quelli che Gesù indirizzava agli scribi ed i farisei, ma è una chiarificazione molto affettuosa e comprensiva.

Normalmente ci fermiamo a considerare l’atteggiamento di Maria, a mettere in luce la sua adorazione sincera. Andando al passo dell’evangelo di Giovanni 12 ci soffermiamo spesso sull’offerta dell’olio profumato ma la povera Marta… mi mette in crisi. Marta infatti non stava operando in modo errato, non faceva nulla di sbagliato, anzi stava facendo qualcosa di buono per Gesù. Perché allora il rilievo, anche se molto paterno, di Gesù?

In diverse occasioni diciamo che il servizio per il Signore non è necessariamente solo il predicare ma può anche essere pulire il locale della chiesa, preparare la tavola della cena, piantare i picchetti della tenda di evangelizzazione, ecc. …. incombenze pratiche e non “spirituali”. Qui forse Gesù sottolinea le priorità che dobbiamo sempre avere presenti, ma devo ammettere che queste parole restano per me un po’ un interrogativo.

Ma c’è un altro aspetto molto importante in questo pranzo. Stare ai piedi di Gesù significava assumere il ruolo che, a quel tempo, era tipico per gli uomini: essere alla scuola del rabbi. Maria con il suo atteggiamento, che Gesù approva, sconvolge per sempre questa tradizione: uomini e donne sono uguali davanti a Gesù e possono essere, allo stesso livello, suoi discepoli.