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Una denuncia coraggiosa

 

Nella parte conclusiva del capitolo sette del libro degli Atti possiamo osservare come Stefano, con tono perentorio, si rivolge ai membri del Sinedrio di Gerusalemme, definendoli “gente di collo duro e incirconcisi di cuore”. Con queste due espressioni Stefano voleva sottolineare la durezza de loro cuore.

 

Il popolo d’Israele era una nazione dal collo duro: “Non è dunque per la tua giustizia che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà il possesso di questo buon paese; perché sei un popolo dal collo duro (De 9:6). Il Signore ben sottolinea, in questo brano, che non è per la sua giustizia che il popolo d’Israele sarebbe entrato in possesso della terra promessa, ma solo a motivo della fedeltà di Dio.

A causa della sua condotta Dio considerava il popolo di Giuda incirconciso esattamente come le altre nazioni:

“L’Egitto, Giuda, Edom, i figli di Ammon, Moab, tutti quelli che si radono le tempie e abitano nel deserto; poiché tutte le nazioni sono incirconcise, e tutta la casa d’Israele è incirconcisa di cuore»” (Ge 9:26).

In questo brano notiamo diverse nazioni nemiche del popolo d’Israele come l’Egitto Giuda e Edom: tutte nazioni verso le quali il Signore aveva annunciato un chiaro messaggio di giudizio. Purtroppo il popolo di Giuda con la sua condotta iniqua non faceva vedere nessuna differenza, ma, anzi, un totale conformarsi alla condotta perversa delle altre nazioni.

 

Nello stesso modo si comportavano i Giudei de Sinedrio, i quali invece di essere compunti nel cuore nel riflettere sulla loro condotta e sul loro modo di pensare, si accanirono contro Stefano.

Il Signore aveva già parlato dell’incirconcisione dell’orecchio del popolo di Giuda, cioè della sua volontà nel non ascoltare la voce di Dio:

“Così parla il SIGNORE degli eserciti: «Il resto d’Israele sarà completamente racimolato come una vigna; ripassa con la mano, come fa il vendemmiatore sui tralci. A chi parlerò, chi prenderò come testimone perché mi ascolti? Ecco, il loro orecchio è incirconciso, essi sono incapaci di prestare attenzione; ecco, la parola del SIGNORE è diventata per loro un obbrobrio, non vi trovano più nessun piacere (Gr 6:9-10).

Il Signore rivolge un chiaro messaggio di giudizio suo popolo il quale viene descritto come una vigna racimolata, ripassata con la mano esattamente come fa il vendemmiatore. Il popolo di Giuda era incapace di ascoltare la Parola di Dio in quanto non voleva ascoltarla.

La stessa riflessione la possiamo fare nei confronti del Sinedrio davanti a Stefano.

Quei Giudei erano incapaci di ascoltare, in quanto non volevano esaminare il loro comportamento.

Avere occhi e non vedere

orecchie e non sentire!

 

L’apostolo Paolo descrive i figli di Dio come di persone circoncise della circoncisione di Cristo:

“…perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità; e voi avete tutto pienamente in lui, che è il capo di ogni principato e di ogni potenza; in lui siete anche stati circoncisi di una circoncisione non fatta da mano d’uomo, ma della circoncisione di Cristo, che consiste nello spogliamento del corpo della carne”(Cl 2:9-11).

 

È straordinario riporre tutta la propria fede nel Signore Gesù in quanto “in lui abita corporalmente tutta la pienezza della deità”. In Cristo abbiamo tutto pienamente, in quanto è il Capo di ogni principato e potenza e in ogni figlio di Dio è avvenuto questo grande miracolo: da incirconcisi di cuore e di mente, siamo stati circoncisi mediante l’opera del Signore Gesù.

Come figli di Dio possiamo veramente seguire il consiglio di applicare il nostro orecchio alle parole della vera conoscenza:

“Applica il tuo cuore all’istruzione, e gli orecchi alle parole della scienza” (Pr 23:12).

Verso chi o cosa è orientato il nostro cuore? Il nostro cuore è completamente orientato, diversamente dai Giudei de Sinedrio, sull’insegnamento della Parola di Dio e di conseguenza il nostro orecchio nell’ascolto della voce del Signore?

 

Guardiamo molto attentamente ad un testo nel quale abbiamo una precisa carta d’identità del giusto, il quale tra le altre cose è descritto come colui che si chiude le orecchie per non ascoltare parole di violenza:

“Colui che cammina per le vie della giustizia, e parla rettamente; colui che disprezza i guadagni estorti, che scuote le mani per non accettar regali, che si tura gli orecchi per non udir parlare di sangue e chiude gli occhi per non vedere il male” (Is 33:15).

Quale mirabile descrizione! Colui che è timorato di Dio cammina per le sue vie di giustizia, la sua bocca è irreprensibile in quanto parla rettamente, è caratterizzato da una condotta onesta e non si lascia corrompere.

Ma nello stesso tempo è attento a tutto ciò che ascolta. Dobbiamo ammettere che non tutte le voci che noi ascoltiamo provengono dal Signore ma molto spesso dal maligno. Siamo come quest’uomo il quale addirittura chiude i suoi occhi per non vedere il male?

Purtroppo spesso accade che il credente si comporti come il popolo di Giuda il quale aveva occhi e orecchi ma non vedeva e non sentiva: “Annunciate questo alla casa di Giacobbe, proclamatelo in Giuda, e dite: «Ascoltate ora questo, popolo stolto e senza cuore, hanno occhi, ma non vedono, hanno orecchi, ma non odono” (Gr 5:20.21).

Molto spesso accade che anche il figlio di Dio si comporti nello stesso modo. Ha occhi e orecchi ma non vuole ascoltare la parola di Dio.

 

 

Resistere allo Spirito Santo

 

Stefano inoltre, dichiara che il Sinedrio si opponeva e resisteva allo Spirito Santo:

“Voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo”.

Con questa espressione Stefano stava dicendo che vi era una perseveranza nel continuare a non ascoltare la voce dello Spirito.

Molto spesso i profeti hanno dovuto contrastare quest’opposizione:,“Poiché tu sei mandato… non a molti popoli dal parlare oscuro e dalla lingua incomprensibile, di cui tu non capisca le parole. Certo, se io ti mandassi a loro, essi ti darebbero ascolto; ma la casa d’Israele non ti vorrà ascoltare, perché non vogliono ascoltare me;poiché tutta la casa d’Israele ha la fronte dura e il cuore ostinato. Ecco io rendo dura la tua faccia, perché tu possa opporla alla faccia loro; rendo dura la tua fronte, perché tu possa opporla alla fronte loro” (Ez 3:6-8).

Si tratta di un messaggio veramente molto importante. Il profeta Ezechiele doveva sapere che la casa d’Israele non avrebbe ascoltato, in quanto non voleva ascoltare il Signore stesso. Tuttavia il profeta non si doveva scoraggiare ma se egli avesse trovato una fronte dura, lui doveva rendere la sua ancora più dura.

C’è bisogno di coraggio e di tanta forza per annunciare il messaggio di Dio. Stefano si comporta come profeta davanti ai membri del Sinedrio: denuncia il loro peccato e l’incirconcisione del loro cuore.

Dobbiamo stare attenti a resistere al Signore. La disubbidienza comporta sempre delle gravi conseguenze:

“E se mi resistete con la vostra condotta e non volete darmi ascolto, io vi colpirò sette volte di più, secondo i vostri peccati” (Le 26:21).

Se Israele avesse resistito con la sua condotta, Dio l’avrebbe colpito sette volte di più a seconda dei peccati commessi. Il Signore ha i suoi mezzi per disciplinarci e correggerci. Pertanto dobbiamo stare attenti ed essere sempre pronti ad ascoltare e ad ubbidire alla Parola di Dio.

 

 

Coraggiosi nonostante le persecuzioni

 

Stefano nella conclusione del suo discorso, definisce il Sinedrio figlio di quei padri che avevano perseguitato i profeti del passato.

Se studiamo la vita dei profeti, nella Bibbia, possiamo renderci conto di come la loro vita non fu assolutamente facile. I loro ministero era costellato da pericoli, prove e difficoltà provenienti proprio dal popolo d’Israele.

 

Abbiamo un esempio con il profeta Micaia:

“Allora il re d’Israele radunò i profeti, in numero di circa quattrocento, e disse loro: «Debbo andare a far guerra a Ramot di Galaad, o no?». Quelli risposero: «Va’, e il Signore la darà nelle mani del re». Ma Giosafat disse: «Non c’è qui nessun altro profeta del SIGNORE da poter consultare?». Il re d’Israele rispose a Giosafat: «C’è ancora un uomo per mezzo del quale si potrebbe consultare il SIGNORE; ma io l’odio perché non mi predice mai nulla di buono, ma soltanto del male: è Micaia, figlio d’Imla». E Giosafat disse: «Non dica così il re!». Allora il re d’Israele chiamò un eunuco, e gli disse: «Fa’ subito venire Micaia, figlio d’Imla»” (1Re 22:6-9).

Il re Giosafat, un re che aveva iniziato bene la sua vita spirituale, commette il grosso errore di allearsi con un re pagano e corrotto come Achab. Questo re chiama 400 profeti per chiedere se doveva andare a far guerra a Ramot di Galaad. Tutti i quattrocento i profeti danno il loro assenso, garantendo una vittoria sicura. Tuttavia Achab sa che c’è un altro profeta che non è stato consultato ed è appunto il profeta Micaia. A differenza degli altri 400 profeti, lui era realmente il profeta di Dio che annunciava il messaggio del Signore. Tuttavia, come il testo evidenzia bene, il re Achab lo odiava, proprio per il fatto che annunciava il vero messaggio del Signore. Questo profeta venne messo in carcere a motivo della sua fedeltà.

 

Più volte il Signore mandò i suoi profeti al popolo d’Israele per annunciare i suoi messaggi, ma essi vennerodisprezzati e perseguitati:

“Il SIGNORE, Dio dei loro padri, mandò loro a più riprese degli ammonimenti, per mezzo dei suoi messaggeri perché voleva risparmiare il suo popolo e la sua casa; ma quelli si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti, finché l’ira del SIGNORE contro il suo popolo arrivò al punto che non ci fu più rimedio” (2Cr 36:15-16).

 

Il popolo d’Israele a motivo della sua ribellione, arrivò ad un punto tale “che non ci fu più rimedio”. Ecco perché l’apostolo Giacomo nella sua epistola, afferma in modo chiaro che dobbiamo prendere come modello i profeti, come esempio di sopportazione e pazienza:

“Fratelli, non lamentatevi gli uni degli altri, affinché non siate giudicati; ecco, il giudice è alla porta. Prendete, fratelli, come modello di sopportazione e di pazienza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore(Gm 5:9-10).

Il vero profeta di Dio parlava e parla nel nome del Signore. Ma parlare nel nome di Dio significa annunciare fedelmente il suo messaggio.

La denuncia della persecuzione

nei confronti del Signore Gesù

 

Quando si parla di persecuzione non possiamo non pensare al Signore Gesù, che venne perseguitato dai Giudei del suo tempo:

“Per questo i Giudei perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo; perché faceva quelle cose di sabato”(Gv 5:16).

Dobbiamo tenere conto che la fedeltà a Dio comporta un prezzo, come ci dimostra la vita del Signore Gesù e dei profeti.

Pietro ricordò che il Cristo aveva sofferto ed era stato perseguitato dal popolo d’Israele stesso:

“Ora, fratelli, io so che lo faceste per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma ciò che Dio aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, cioè, che il suo Cristo avrebbe sofferto, egli lo ha adempiuto in questa maniera” (At 3:17-18).

 

Stefano dichiarò con coraggio: “Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto” – e chiaramente, parlando del Giusto, egli si riferiva a Gesù.

Già Pietro aveva denunciato il rinnegamento del Santo e del Giusto da parte di Israele:

“Ma voi rinnegaste il Santo, il Giusto e chiedeste che vi fosse concesso un omicida; e uccideste il Principe della vita, che Dio ha risuscitato dai morti. Di questo noi siamo testimoni” (At 3:14-15).

 

Stefano continuò le sue accuse nei confronti del Sinedrio, definendolo “traditore e uccisore” del Signore Gesù. È certamente molto triste essere traditi ed il Signore Gesù ha dovuto sperimentare anche questa ulteriore sofferenza.

Come aveva anticipato il salmista, egli aveva visto i traditori e ne aveva provato orrore:

“I miei persecutori e i miei avversari sono tanti, ma io non devio dalle tue testimonianze. Ho visto i traditori e ne ho provato orrore, perché non osservano la tua parola” (Sl 119:157-158).

Il salmista unisce il tradimento alla disubbidienza della parola di Dio: quando disubbidiamo alla voce di Dio è come se noi lo tradissimo.

Il Signore Gesù annunciò con profonda tristezza che uno dei discepoli l’avrebbe tradito:

“Dette queste cose, Gesù fu turbato nello spirito e, apertamente, così dichiarò: «In verità, in verità vi dico che uno di voi mi tradirà»” (Gv 13:21).

Gesù fu profondamente turbato nello spirito e dichiarò apertamente che uno dei discepoli l’avrebbe vergognosamente tradito: essere traditi da coloro che sono stati vicino a noi, è causa di profonda tristezza.

 

 

Il valore della legge di Dio

 

Stefano prosegue nella sua requisitoria contro il Sinedrio affermando che essi non avevano osservato la legge di Dio: “Non avete osservato la legge promulgata dagli angeli”.

La legge di Dio è sempre stato un elemento determinante nella storia del popolo d’Israele che lo rendeva unico fra tutti i popoli della terra:

“Qual è infatti la grande nazione alla quale la divinità sia così vicina come è vicino a noi il SIGNORE, il nostro Dio, ogni volta che lo invochiamo? Qual è la grande nazione che abbia leggi e prescrizioni giuste come è tutta questa legge che io vi espongo oggi? (De 4:7-8).

Israele adorava l’unico e vero Dio e nello stesso tempo aveva il privilegio di conoscere quella che era la volontà del Signore.

Anche la fedeltà di un re veniva misurata sull’ubbidienza che egli mostrava nei confronti della legge:

“Perciò il SIGNORE assicurò il potere del regno nelle mani di Giosafat; tutto Giuda gli portava doni, ed egli ebbe ricchezza e gloria in abbondanza. Il suo coraggio crebbe seguendo le vie del SIGNORE; e fece anche sparire da Giuda gli alti luoghi e gli idoli di Astarte. Il terzo anno del suo regno mandò i suoi capi Ben-Ail, Obadia, Zaccaria, Natanaele e Micaia, a insegnare nelle città di Giuda. Con essi mandò i Leviti Semaia, Netania, Zebadia, Asael, Semiramot, Gionatan, Adonia, Tobia e Tob-Adonia, e i sacerdoti Elisama e Ieoram. Ed essi insegnarono in Giuda. Avevano con sé il libro della legge del SIGNORE; percorsero tutte le città di Giuda, e istruirono il popolo” (2Cr 17:5-9). In questo brano è scritto chiaramente che Dio assicurò il potere nelle mani del re Giosafat per la sua ubbidienza alla legge.

 

Stefano parla della “legge promulgata dagli angeli”. Questo non significa che l’autore della legge sia semplicemente un angelo, ma essi furono degli inviati dal Signore per la promulgazione di essa.

La stessa rivelazione la troviamo anche nella lettera ai Galati:

“Perché dunque la legge? Essa fu aggiunta a causa delle trasgressioni, finché venisse la progenie alla quale era stata fatta la promessa; e fu promulgata per mezzo di angeli, per mano di un mediatore. Ora, un mediatore non è mediatore di uno solo; Dio invece è uno solo” (Ga 3:19-20). Quando Dio parla noi siamo chiamati ad ascoltare e ad ubbidire senza riserve.

Ecco perché Stefano parla con coraggio ubbidienza alla legge e, anche se le sue parole sono rivolte in modo specifico al popolo d’Israele, in quanto come abbiamo ricordato questa era la nazione alla quale era stata rivelata la legge, l’ubbidienza vale anche per noi. Dobbiamo osservare i comandamenti del Signore non per uno sterile dovere, ma per amore nei suoi confronti. Siamo chiamati ad osservarli e a metterli in pratica per prosperare in tutto ciò che facciamo. Osservare la Parola di Dio significa capire bene ciò che egli vuole da noi e metterla in pratica significa ubbidirla.

Gesù ricordò ai suoi discepoli che l’unica dimostrazione di amore palese che noi abbiamo nella Parola di Dio è proprio l’ubbidienza:

“Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore. Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa” (Gv 15:10.11). Solo se osserviamo i suoi comandamenti dimoriamo nel suo amore e la sua gioia sarà veramente completa in noi.

Questo aveva ben compreso Stefano e questo testimoniò con coraggio ai suoi detrattori