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In merito all’articolo “Gesù disse: «Tornerò»” del fratello Rinaldo Diprose (IC n. 11/dicembre 2013; pagg. 524-527) sono giunti due messaggi ai quale lo stesso fratello ha risposto.

Nel primo messaggio sono state omesse, per esigenze di spazio, alcune frasi non essenziali alla comprensione del pensiero del suo estensore. Sono state inoltre apportate alcune opportune correzioni formali.

 

 

A proposito del rapimento

 

“(…) Nelle chiese si insegna che il rapimento della Chiesa avverrà prima del ritorno in gloria di Gesù. Studiando le Scritture, però, mi sono reso conto che questa dottrina è falsa ed errata e, se me lo permettete, ve lo vorrei dimostrare partendo proprio dalle dichiarazioni del fratello Diprose.

 

Paolo pregò Dio che i credenti fossero saldi e irreprensibili nella santità davanti al Padre fino al ritorno del Signore con i suoi santi (1Te 3:13).

Paolo fissa quindi una specie di «limite»: il ritorno di Gesù Cristo.

Ora – mi e vi chiedo – come possono i credenti essere irreprensibili in santità fino al ritorno di Gesù con i santi (che secondo Diprose sono i credenti) se essi vengono portati via prima dalla terra? Paolo sarebbe caduto in una contraddizione! Quindi in 1Te 3:13 la parola «santi» (così come in Za 14:5) deve avere un altro significato. Se l’apostolo dei gentili credeva nel «rapimento segreto» allora avrebbe fissato un altro limite: il «rapimento segreto», non la parusìa.

 

Come venirne a capo? Grazie a Dio il Signore Gesù prima di morire ci descrisse il suo ritorno in Matteo 24 e 25: (…)

 

• «E allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo; e allora tutte le nazioni della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole del cielo con potenza e grande gloria. Ed egli manderà i suoi angeli con un potente suono di tromba; ed essi raccoglieranno i suoi eletti dai quatto venti, da un’estremità dei cieli all’altra» (Mt. 24:30-31).

 

• «Ora, quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i santi angeli, allora siederà sul trono della sua gloria. E tutte le genti saranno radunate davanti a lui; ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri» (Mt 25:31-32).

 

Come leggiamo da queste due Scritture Gesù dice che ritornerà con i suoi ANGELI, non con i credenti!

In Matteo 24:31 leggiamo che gli eletti verranno raccolti dagli angeli per essere portati da Gesù. Già da queste due Scritture tutto il «rapimento segreto» cade miseramente!

Gesù verrà con gli angeli per rapire i credenti. Per salvare il «rapimento segreto» si dice che gli eletti di Matteo 24:31 sono gli Ebrei fedeli, ma ciò è biblicamente errato: da un’analisi del termine »eletto/i» nel Nuovo Testamento si scoprirà che questo termine è dato ai credenti, indistintamente dal loro gruppo etnico.

Altri dicono che il Signore ritornerà con i credenti e con gli angeli, ma Gesù dice in queste Scritture che ritornerà SOLO con gli angeli per raccogliere i credenti.

 

Anche in Apocalisse (19:14) si dice similmente:

«E gli eserciti che sono nel cielo lo seguivano [a Gesù] su cavalli bianchi, vestiti di lino finissimo, bianco e puro».

Questi eserciti non possono essere i credenti perché:

 

1. le parole «eserciti che sono nel cielo» indica che gli eserciti sono «autoctoni», «indigeni» del cielo, quindi sono eserciti che sono propri del cielo, fanno parte del cielo; cosa che i credenti non sono, essendo chiaramente esseri umani;

 

2. nella Bibbia i credenti non sono indicati come gli «eserciti del cielo», anche se noi credenti dobbiamo essere dei soldati di Cristo (2Ti 2:3);

 

3. in Apocalisse 12:7 è scritto:

«E vi fu guerra in cielo: Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone; anche il dragone e i suoi angeli combatterono», quindi l’esercito celeste (o «dei cieli») capeggiato da l’arcangelo Michele è composto SOLO da angeli.

 

Il termine «santo» nella Bibbia non è usato solo per i credenti, ma anche per gli angelo:

«Poi udii un santo che parlava, e un altro santo disse a quello che parlava: ‘Fino a quando durerà la visione del sacrificio continuo e la trasgressione della desolazione, che abbandona il luogo santo e l’esercito ad essere calpestati?’» (Da 8:13). Vediamo da questo testo che il termine «santo» può essere riferito anche agli angeli fedeli a Dio, poiché qualsiasi creatura (celeste o umana) o cosa consacrata a Dio è santa.

 

Per quanto riguarda il rapimento della Chiesa Paolo dice:

«Perché il Signore stesso con un potente comando, con voce di arcangelo, con la tromba di Dio discenderà dal cielo…» (1Te 4:16).

L’apostolo usa in questo brano tre espressioni molto rumorose ((e non a caso questo è stato definito da qualcuno come “il verso più rumoroso della Bibbia”), quindi è impossibile che il rapimento sia «segreto», ma sarà un evento pubblico, che coinciderà con il secondo avvento.

Studiando l’argomento del secondo avvento nel Nuovo Testamento scopriamo che il ritorno del Salvatore e la fine dell’età presente (o «fine del mondo») sarà un evento unico.

Quindi il rapimento della Chiesa avverrà SOLO al ritorno di Gesù Cristo, non prima (…)”.

 

Lettera firmata

 

 

Certezze sui fatti, non sui tempi

 

Comincio con un aneddoto.

Oltre trent’anni fa ho assistito, alla Trinity Evangelical Divinity School (USA), a un dibattito sulla questione del rapimento della chiesa: se tale evento sia da collocare prima, durante o alla fine della grande tribolazione di cui parlano Gesù (Mt 24) e l’Apocalisse. Il dibattito si tenne fra studiosi evangelici, tutti e tre premillenaristi convinti: Paul Feinberg, Gleason Archer e Douglas Moo (chi volesse avere informazioni sulla statura di questi studiosi della Parola può rintracciarle facilmente navigando su internet).

 

Secondo Feinberg il rapimento avverrà prima dei sette anni della tribolazione (pre-tribolazionista); secondo Archer avverrà in mezzo alla tribolazione (mid-tribolazionista); secondo Moo, invece, avverrà al termine della tribolazione (post-tribolazionista).

Il primo a parlare fu il fratello Feinberg, che iniziò la sua presentazione così:

“Io credo che i dati neotestamentari portino alla conclusione che il rapimento della chiesa avverrà prima della grande tribolazione. Però – aggiunse – se dovessi testimoniare la manifestazione dell’anticristo diventerei mid-tribolazionista, se poi dovessi assistere ai giudizi di Dio descritti nell’Apocalisse diventerei post-tribolazionista, senza per questo minare minimamente la mia fede!”

 

Questa dichiarazione, dettata sia dall’umiltà che della saggezza di questo fratello, fece sì che si affrontò il dibattito con grande serenità; non solo aiutò tutti a riconoscere che il Nuovo Testamento non fornisce un quadro sufficientemente articolato sull’argomento da permettere di diventare dogmatici al riguardo.

 

Per quanto mi riguarda, non ho la pretesa di aver compreso tutto delle Scritture profetiche, e peraltro non potrei fornire qui, per mancanza di spazio, un’esposizione esaustiva dei dati inerenti il rapporto fra la “beata speranza”dei credenti e tutti gli altri aspetti degli ultimi eventi. Ma, a questo proposito, desidero fare una dichiarazione di massima, prima di interagire con il fratello secondo cui “è falso ed errato” asserire “che il rapimento della Chiesa avverrà prima del ritorno in gloria di Gesù.”

 

In base al mio studio dei relativi testi, ritengo si possano elencare con certezza gli adempimenti previsti nel contesto del secondo avvento di Cristo (si tratta di tutto ciò che non ha trovato adempimento durante il suo prima avvento o nel periodo fra i due avventi, At 3:19-21), non si può essere dogmatici, invece, su come avverranno tali adempimenti o l’ordine preciso degli eventi.

Le parole di Gesù: “ma quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma il Padre solo” (Mt 24:36), sono di ammonimento.

Ricordiamo che mentre Gesù poteva esigere che i farisei e i sadducei riconoscessero “i segni dei tempi” (Mt 16:1-4), neanche i profeti d’Israele avevano saputo comprendere con certezza quale sarebbe stato il rapporto fra “le sofferenze di Cristo e le glorie che dovevano seguirle” prima dell’avvento di Cristo e la successiva illuminazione dello Spirito Santo (1P 1:10-12).

 

Non credo che il rapimento della chiesa, di cui l’apostolo Paolo parla in 1Tessalonicesi 4:13-17 sia da concepire come un “rapimento segreto” come alcuni hanno pensato.

Verso la fine di un suo discorso profetico, Gesù disse questo ai suoi discepoli: “quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina” (Lu 21:28).

Si tratta di un’indicazione di massima che lascia a Dio, come è giusto che sia, di stabilire il momento esatto quando la nostra liberazione avverrà.

 

 

La Chiesa non conoscerà l’ira di Dio

 

Un altro punto fermo è il fatto che “Dio infatti non ci ha destinati a ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo” (1Te 5:9).

Per non sperimentare l’ira di Dio la chiesa dovrà o essere assente durante il periodo dei giudizi divini descritti in Apocaliisse (a partire dal capitolo 6), oppure bisogna prevedere un’azione miracolosa da parte di Dio paragonabile a quella che risparmiò i figli d’Israele dall’essere colpiti dalle piaghe che colpirono gli Egiziani, pur vivendo gli Israeliti in una parte del loro territorio.

 

Quanto alle parole di Gesù riportate in Matteo 24:30-32 e 25:31-32, c’è chi pensa che “gli eletti” menzionati in Matteo 24:31 siano “Ebrei fedeli”. Però apprendiamo da Efesini 2:11-21 che gli Ebrei che hanno riconosciuto in Gesù il Messia promesso fanno parte della Chiesa, insieme con coloro che credono in Cristo provenienti dalle altre nazioni.

Quanto alla parte incredula d’Israele, Paolo in Romani 11:26-27 e il profeta Zaccaria (capp. 12-14) insegnano che riconoscerà Gesù come il Messia promesso, tanto come Servo (nel suo primo avvento) che come Re (nel suo secondo avvento), quando egli si manifesterà personalmente a loro in gloria. In quel momento tutti gli Ebrei in vita si ravvedranno della loro incredulità.

 

Il fatto che, quando il Signore torna in gloria a questa terra, “verrà con tutti i suoi santi” (1Te 3:13) significa che il“rapimento” della chiesa” avverrà cronologicamente prima di tale manifestazione.

 

Qualcuno, per aggirare questa chiara indicazione cronologica, ha suggerito che il termine “santi” in 1Tessalonicesi 3:13 si riferisca ad angeli, non a coloro che sono stati santificati in Cristo.

Senza escludere che sia prevista nel numero dei santi una componente di angeli, non è possibile concepire questa moltitudine ai soli angeli, se non altro perché il termine “santi” viene usato nelle epistole di Paolo per indicare le persone, tanto Giudei quanto Gentili che, per grazia di Dio, vengono santificate dallo Spirito Santo per diventare parte del Corpo di Cristo.

A questo proposito basta leggere Romani 1:1-7, 1Corinzi 1:1-2 ed Efesini 2:19-22. Inoltre faccio notare che il testo di 1Tessalonicesi parla di tutti i santi, quindi ivi inclusi tutte queste persone.

 

 

La parusia

 

Infine, quanto al termine parousia, questa parola, tradotta con “venuta” in brani come Matteo 24, 1Corinzi 15:23 e 2Pietro 3:4,12, si riferisce al secondo avvento di Cristo in tutti i suoi aspetti. Questo non dovrebbe sorprenderci in quanto corrisponde al significato della parola stessa, ossia, “essere presente”.

Quindi, quando si parla della seconda parousia di Cristo, ciò non si riferisce soltanto al rapimento della Chiesa o al momento della manifestazione di Cristo in gloria, quando “ogni occhio lo vedrà” (Ap 1:7), bensì al perdurare della sua presenza.

La prima venuta, o avvento, del Messia durò circa trentatre dei nostri anni.

Nel suo secondo avvento il Messia porterà a compimento tutto ciò che rimane da fare per adempiere le profezie (At 3:21) e per la riconciliazione di tutte le cose con Dio (si veda Cl 1:19-20; Ef 1:10; Ap capp. 6–22). Fra queste cose c’è l’esigenza “ch’egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi” (1Co 15:25; cfr. Sl 110:1).

Il che mi porta a considerare un’altra domanda inviata alla redazione del nostro mensile e che è contenuta nel messaggio riportato qui di seguito.

 

 

A proposito del Regno

 

“Volevamo chiederti un tuo parere, sui seguenti versi: Daniele 7:27 e Apocalisse 3:12; 21:2 e 10.

 

• «Allora il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutte le potenze lo serviranno e gli ubbidiranno» (Da 7:27).

 

• «Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, e della nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio, e il mio nuovo nome» (Ap 3:12).

 

• «E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scender giù dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21:2).

 

• «Egli mi trasportò in spirito su una grande e alta montagna, e mi mostrò la santa città, Gerusalemme, che scendeva dal cielo da presso Dio» (Ap 21:10).

 

Tutto questo in rapporto al pensiero dei Testimoni di Geova che credono che regneranno sulla terra per l’eternità.

 

 

Dal regno storico al regno eterno

 

La menzione dei Testimoni di Geova nella domanda sul regno richiede che faccia qualche commento riguardo al modo di questo movimento di usare le Scritture. Mi limito ad accennare due esempi del loro uso sleale.

 

Il primo esempio concerne il modo in cui fanno derivare il proprio nome da Isaia 43:11. Tale nome, “Testimoni di Geova [YHWH]” è attribuibile unicamente ai figli di Giacobbe, ovvero a persone appartenenti al popolo d’Israele a cui Dio affidò la rivelazione speciale (Is 43:1-12; Ro 3:1-2).

L’organizzazione che produce la Torre di Guardia e simili pubblicazioni, con sede a New York (USA), ha la pretesa di essere “Israele spirituale”, ma sia al tempo di Isaia che oggi “Israele spirituale” va identificato con il“resto fedele” ovvero “un residuo eletto per grazia” (Ro 11:5), quindi non può essere applicato né alla chiesa cristiana né a movimenti come i Testimoni di Geova.

 

Un altro problema relativo al loro modo di leggere le Scritture è quello di non riconoscere che la rivelazione biblica è progressiva, il che è nella natura delle cose, in quanto la rivelazione è strettamente legata alla storia della salvezza, illuminando quest’ultima (Am 3:7).

 

Nel caso dell’insegnamento sulle fasi della realizzazione del regno di Dio, limitandoci alle profezie di Isaia, possiamo cogliere sia una dimensione storica del regno di Dio sia una eterna, sebbene queste due dimensioni non sono tenute sempre ben distinte nei capitoli che ne parlano come il 2, l’11 e i capitoli 65 e 66.

 

Soltanto dopo la conclusione del primo avvento del Messia, alla luce del suo trionfo e il compimento della salvezza, il Nuovo Testamento distingue fra le varie fasi della manifestazione del regno universale di Dio a partire dalle parole del regno riportate in Matteo 13:1-51.

 

Per ora il regno di Dio cresce nella sfera spirituale per mezzo della predicazione e l’ubbidienza al Vangelo (si veda At 1:1-3; 20:25; 28:30-31).

Per quanto concerne il futuro, Paolo insegna che Cristo, dopo la sua seconda venuta, ridurrà “al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza. Poiché bisogna ch’egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi”, essendo questo uno dei frutti della sua morte e risurrezione.

Poi, dopo questo periodo in cui gli “ubbidiranno i popoli” (Ge 49:10; Sl 110:1), allora Cristo “consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre” 
(1 Co 15:20-25).

 

Similmente la Rivelazione affidata a Giovanni riguardante il tempo della fine prevede, per il tempo successivo al ritorno in gloria di Cristo, prima un regno storico di mille anni e poi, dopo i giudizi finali, il passaggio al regno eterno di Dio (Ap 19:11 – 21:7).

Da affermazioni come quella di Apocalisse 5:10 apprendiamo che, anche se il regno messianico avrà come suo centro il popolo eletto e la città di Gerusalemme (Za cap. 14; Ap 20:9 “la città diletta”).

Anche la Chiesa sarà coinvolta nel regno messianico di Cristo.

Per quanto concerne lo stato eterno, da Apocalisse 21:2 appare chiaro che ci sarà un’interazione perfetta fra “i nuovi cieli e nuova terra in cui abita giustizia”.

Nelle rivelazioni dell’Apocalisse molte cose vengono presentate sotto forma di simboli, come prevede il verboesēmanen (“mostrare” in 1:1). Tutto questo si è reso necessario perché l’uomo non ha ancora visto e quindi non potrebbe concepire il futuro se non sotto forma di simbolo, ma ciò non cambia la sostanza delle cose e delle rivelazioni divine.