Sono rimasto colpito dalle parole con cui un noto storico italiano ha ritenuto opportuno rivolgersi direttamente ai telespettatori, durante un interessante trasmissione dedicata alla caduta del fascismo, per denunciare il diffondersi a livello politico dell’uso di un linguaggio scurrile, volgare, carico di disprezzo. Per fare un esempio, ha ricordato le frasi sprezzanti con cui Goebbels, il numero due di Hitler, aveva bollato noi Italiani (in quel momento storico suoi alleati!) come “zingari inetti traditori e inaffidabili”. Ma, soprattutto, ha sottolineato che parole di identico contenuto dispregiativo sono rimbalzate nelle scorse settimane dalla Casa Bianca, per definire gli Europei “scrocconi e parassiti”.
Ma il mondo politico rappresenta solo la punta dell’iceberg del diffondersi sempre più preoccupante del linguaggio volutamente offensivo e violento nelle relazioni interpersonali a vari livelli. È in rapida via di estinzione il rispetto per la diversità delle idee, delle convinzioni, delle scelte degli altri. L’avversario, cioè colui che ha idee diverse e avverse alle nostre, non è più una persona verso la quale provare ad avere rispetto e tolleranza e con la quale tessere un confronto e un dialogo, è ormai un nemico da combattere. Questo devastante clima di disprezzo si va diffondendo all’interno dei nuclei familiari, con le frequenti e drammatiche esplosioni di violenza di cui la cronaca ci parla quasi ogni giorno; negli ambienti scolastici e di lavoro e, ahimé, anche nelle relazioni all’interno delle chiese locali.
Prima di una necessaria riflessione su come possiamo contrastare questo preoccupante fenomeno, credo sia opportuno sottolineare cosa pensa Dio di ogni forma di disprezzo: “Chi disprezza il prossimo, È PRIVO DI SENNO… Chi disprezza il prossimo PECCA” (Pr 11:12 e 14:21). È un giudizio che non ha bisogno di commenti e che ci richiama con forza a ricordare che il Signore giudica ogni nostra forma di disprezzo come peccato, cioè come trasgressione della sua volontà.
Ma quale è la radice di ogni forma di disprezzo? È un’eccessiva supervalutazione di sé stessi che ci porta a considerare gli altri inferiori a noi. E la megalomania dell’attuale presidente USA ne è la più lampante dimostrazione.
Quando disprezziamo gli altri, lo facciamo sia perché ci riteniamo migliori sia perché vogliamo dimostrare di essere migliori. Per evitare che questa radice trovi spazio nella nostra mente e nel nostro cuore il Signore ci esorta a non avere di sé “un concetto più alto” di quello che dobbiamo avere (Ro 12:3) e “con umiltà” a stimare gli altri superiori a noi stessi (Fl 2:3).
Quale ricchezza riceverebbero le nostre relazioni nella società, nella famiglia e nella chiesa se davvero le vivessimo con la convinzione che non siamo noi i migliori e che anche agli altri il Signore ha donato capacità e idee da non scartare spinti dal pregiudizio e, anzi, da prendere in considerazione con stima e fiducia!
Non illudiamoci: il disprezzo è una mina vagante che può rovinare le relazioni nei contesti nei quali operiamo. Paolo ricorda che questa rovina può abbattersi anche sulla chiesa locale e, nel rivolgere queste parole di rimprovero, ha evidentemente conoscenza di casi precisi in cui il disprezzo aveva prevalso sulla stima e sull’amore: “Ma tu, perché giudichi tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi tuo fratello? Poiché tutti compariremo davanti al tribunale di Dio…” (Ro 14:10).
Come possiamo contrastare il dilagante fenomeno del disprezzo? Liberando il nostro cuore dalla superbia che ci fa considerare come i migliori e vivendo, in ambito familiare, ecclesiale e sociale, l’umiltà e la sobrietà necessarie per avere una considerazione equilibrata di noi stessi e per accreditare gli altri della nostra stima e del nostro amore.