Tempo di lettura: 8 minuti

Conoscere Dio è possibile

Quando leggiamo i tanti testi biblici che ci parlano di Dio, ci sentiamo come il profeta Isaia che davanti alla visione meravigliosa della sua santità disse: “Guai a me, sono perduto! Perché io sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure” (Is 6:5).

Ci sentiamo come il profeta Ezechiele il quale, quando venne chiamato al ministero profetico, nel descrivere la gloria di Dio che aveva contemplato (“Era un’apparizione dell’immagine della gloria del Signore”), impossibilitato a farlo con parole umane usò sempre uno dei seguenti termini: come (ben otto volte in questo breve brano), pareva (sembrava), sembianza (aspetto). Poi, cadde sulla sua faccia (Ez 1:24-28).

Ci sentiamo come l’apostolo Paolo il quale scriveva: “Oh, profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie! Infatti «chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato suo consigliere?»” (Ro 11:33-34).

Solo il Signore Gesù ha potuto dire: “… nessuno conosce il Padre, se non il Figlio, e colui al quale il Figlio voglia rivelarlo” (Mt 11:27)1. Non c’è alcun dubbio che egli sia la chiave che apre la porta per permettere all’uomo di avvicinarsi al Padre per conoscerlo; non ne esiste un’altra (Gv 14:6). Noi, proprio grazie a Cristo, per la fede esercitata in lui, possiamo conoscere Dio di quel tanto che è sufficiente a determinare un cambiamento radicale nella nostra vita. Inoltre, una volta nati di nuovo, possiamo conoscerlo, di più e meglio, grazie all’illuminazione costante dello Spirito Santo che ci permette di capire quello che leggiamo nella Scrittura. Solo in cielo, nell’eternità, la nostra comprensione di lui sarà perfetta.

Quali sono allora i motivi per cui è importante la conoscenza di Dio?

Eccone alcuni.

Conoscere Dio determina il destino eterno dell’uomo 

Conoscere Dio in Cristo (Gv 17:3) significa avere la vita eterna, far parte del patto che Dio ha stipulato con noi in Cristo Gesù. Dobbiamo però chiederci: che cosa si intende per conoscere? Non ci sono forse tante persone che conoscono Dio e il Signore Gesù Cristo?

I figli di Eli che erano sacerdoti, come tali sapevano molte cose su Dio ma non lo conoscevano. Si legge infatti che: “I figli di Eli erano uomini scellerati, non conoscevano il Signore” (1Sa 2:12). Nello stesso modo l’uomo può sapere molte cose su Dio dal punto di vista intellettivo, ma conoscerlo è tutt’altra cosa. Significa obbedirlo e amarlo: “Da questo sappiamo che l’abbiamo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti… Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1Gv 2:3; 4:7-8).

Nell’Antico Testamento con “conoscere” si intendeva molto di più di una condizione mentale: si voleva piuttosto indicare una relazione intima. Anni fa ho letto diversi libri di Warren W. Wiersbe, già direttore di Back to the Bible (“Voce della Bibbia Internazionale”), ora con il Signore. Libri validissimi. Poi ho avuto modo di conoscerlo di persona, seppur in minima parte: era una persona seria ma nello stesso tempo gioviale; era già anziano ma di spirito giovanile. Quando in seguito ho letto i suoi articoli e i suoi libri è stata tutta un’altra cosa: ce l’avevo presente, ed era come se sentissi la sua voce, come se vedessi i suoi gesti, l’espressione del suo volto e, quindi, potevo penetrare meglio nei suoi libri e capire il senso delle parole che lui aveva scritto.

Ci sono molte persone che conoscono la Bibbia ma, purtroppo, non ne conoscono l’Autore, Dio, e, pertanto, non hanno la vita eterna. Solo chi conosce lui e colui che lui ha mandato, Gesù Cristo, può avere la vita eterna. E noi siamo tra quelli! 

Conoscere Dio è fondamentale per la vita cristiana

La conoscenza di Dio è al centro della salvezza e dell’esperienza spirituale che segue. Questa conoscenza ci occuperà per l’eternità. Com’è diverso, invece, il pensiero dell’uomo! Ieri come oggi, l’uomo si è sempre messo al centro, escludendo Dio. Gli esempi potrebbero essere molti come quelli di alcuni “grandi” della storia quali i costruttori di Babele, Nabucodonosor, Erode, Cesare e, in tempi più recenti, i vari dittatori quali Hitler, Mussolini, Ceausescu, eccetera.

Ai tempi dell’apostolo Paolo, quando questi ha scritto la prima lettera ai Corinzi, ad Atene e a Corinto c’erano ben 50 gruppi filosofici in contrasto l’uno con l’altro che presentavano un modo particolare di vivere. Avevano però una cosa in comune: al centro c’era sempre l’uomo con la propria “filosofia” (lett. amore per la saggezza), Con la conseguente esaltazione della saggezza umana. Ed è la stessa cosa anche oggi perché l’uomo è il centro e al centro di tutto, è indipendente da Dio.

Qualcuno ha detto che “Il mondo d’oggi, come ai tempi dell’apostolo Paolo, è preda dell’ammirazione e adorazione dell’opinione umana e dei desideri e delle aspirazioni umani.” Ogni sistema che rifiuta la rivelazione di Dio e mette sul piedistallo quello che l’uomo ha pensato o ha fatto, esclude Dio; egli è il grande escluso. Senza eccezione, la saggezza umana eleva l’uomo, deificandolo, e abbassa Dio, umanizzandolo. Non è quindi un caso se anche oggi si continuino ad affermare tre principi:

  1. L’uomo ha capacità. Egli ha fatto e fa continuamente scoperte in campo medico, scientifico; il progresso tecnologico è in continuo aumento; le capacità nel lavoro progrediscono sempre di più.
  2. L’uomo ha piena fiducia in questa vita e per lui esiste solo questa.
  3. Solo quello che l’uomo capisce con la propria ragione è degno di essere preso in considerazione, per cui l’uomo “gongola” vedendo accrescere le proprie conoscenze. Per cui l’uomo, anche il semplice “uomo della strada”, e le sue conoscenze sono posti al centro.

La Scrittura invece evidenzia come, per avere una vita sana con la prospettiva certa dell’eternità, è Dio che deve essere posto al centro. Pertanto la conoscenza di lui è essenziale. Gesù Cristo è venuto per farci conoscere Dio. Egli, in quanto Parola eterna, perciò in quanto Dio, si è incarnato e “in Lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità” (Cl 2:9). Egli, il Figlio, è lo “splendore della sua gloria e l’impronta della sua essenza” (Eb 1:3). Questa conoscenza di Dio è al centro della vera comprensione della vita cristiana. Come credenti possiamo rimanere nella nostra ignoranza o “scarsa conoscenza” di molti aspetti dello scibile umano ma non di quella di Dio. E se è vero che oggi l’umanità ha forse raggiunto l’apice di ogni conoscenza a tutti i livelli, non ha cercato di raggiungere quello relativo alla conoscenza di Dio.

Quando una persona viene alla conoscenza di Dio, entra in un rapporto personale con lui e la sua vita è contrassegnata da un desiderio genuino di piacere e glorificare Dio in tutto quello che fa. La conoscenza di Dio è dunque fondamentale per la crescita spirituale. Da quando l’apostolo Paolo aveva avuto informazioni sui Colossesi, non cessava di pregare e di domandare a Dio che essi fossero “ricolmi della profonda conoscenza della volontà di Dio con ogni sapienza e intelligenza spirituale” e che camminassero “in modo degno per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e (al vertice del ragionamento) crescendo nella conoscenza di Dio” (Cl 1:9-10). Non siamo liberi di seguire le nostre regole per vivere la vita cristiana.

Se, come credenti, vogliamo crescere, dobbiamo crescere nella conoscenza di Dio.

Conoscere Dio è il livello più alto dell’intelligenza 

“… conoscere il Santo è l’intelligenza” (Pr 9:10b).

“Così parla il Signore: «Il saggio non si glori della sua saggezza, il forte non si glori della sua forza, il ricco non si glori della sua ricchezza: ma chi si gloria si glori di questo: che ha intelligenza e conosce me, che sono il Signore»” (Gr 9:23-24). 

Secondo la logica umana è intelligente chi è più potente o ha un’elevata posizione sociale o una certa posizione economica o una notevole cultura. Il nostro secolo abbonda di uomini potenti, o con una elevata posizione sociale o ricchi o colti. D’altro lato ci sono uomini che, pur non avendo nessuna di queste caratteristiche o avendone solo alcune o, al massimo, alcune a un livello molto basso, hanno però qualcosa in più e di più che li rende veramente intelligenti: la conoscenza di Dio.

Tutto ciò che un uomo desidera è secondario rispetto alla conoscenza di Dio. Per noi credenti egli dev’essere al centro delle nostre vite e controllare le nostre aspirazioni. Infatti dovremmo considerare il conoscere Dio come il più grande tesoro del mondo, il più grande privilegio della nostra vita. Quindi dobbiamo chiederci: è veramente così? Se la risposta è affermativa, perché non dedichiamo più tempo a coltivare questo rapporto con lui? Se conoscere Dio non sarà il centro di tutta la nostra vita cristiana, il nostro viverla sarà molto superficiale e inadeguato, così come la nostra adorazione e l’influenza verso il mondo esterno. 

Conoscere Dio permette di crescere spiritualmente

La vera conoscenza di Dio non si accresce essenzialmente leggendo buoni libri, anche se questi ci possono aiutare (eccome!), o facendo dei corsi, anche se questi ci possono stimolare. La conoscenza di Dio può essere accresciuta solo grazie al nostro rapporto personale con lui per la fede in Cristo Gesù. Questa conoscenza aumenta nella misura in cui cerchiamo il Signore (Gr 29:13) e questo accade quando ci avviciniamo alla sua Parola e la mettiamo in pratica.

Lo Spirito Santo usa la Scrittura per trasformare la nostra vita. Egli illumina la nostra mente per poter capire la Scrittura, che “è vivente ed efficace” e può operare in profondità in noi. In questo modo saremo equipaggiati non solo per poter vivere meglio la vita cristiana ma saremo in grado di poter istruire altri a conoscere Dio. Non c’è alternativa in questa crescita. Noi ascoltiamo la voce di Dio attraverso l’ascolto, la lettura, lo studio e la memorizzazione della Parola di Dio. Qualcuno ha detto che la vita cristiana non è per i “centometristi” ma per i “maratoneti”, per persone che sono aperte ad imparare nel tempo e a perseverare con pazienza nelle azioni di cui sopra. Questa crescita ci permette anche di eliminare le idee sbagliate che abbiamo su di lui, di evitare la tentazione di ritenere che Dio sia come noi anche nel suo modo di pensare. Non è a caso che il salmista Davide riportava queste parole di Dio: “Hai fatto queste cose, io ho taciuto, e tu (rivolto all’uomo) hai pensato che io fossi come te…” (Sl 50:21). 

Conoscere Dio trasmette fiducia, sicurezza e serenità

Il salmista Davide scriveva: “Quelli che conoscono il tuo nome confideranno in te” (Sl 9:10). Egli aveva sperimentato che conoscere Dio significa avere piena fiducia nel suo intervento: come avrebbe potuto sconfiggere Goliat con le sue sole forze? “Tu vieni verso di me con la spada, la lancia e il giavellotto; ma io vengo verso di te nel nome del Signore degli Eserciti…” (1Sa 17:45). E Davide sperimentò lo stesso quando Saul lo voleva uccidere o quando il figlio Absalom voleva spodestarlo dal trono e gli si era accampato attorno. In quest’ultimo contesto molto difficile Davide scrisse: “Io mi sono coricato e ho dormito…” (Sl 3:5-6). Come avrebbe potuto scrivere queste parole se non grazie alla conoscenza di Dio che gli dava piena fiducia, sicurezza e serenità? Ed è stato lo stesso per l’apostolo Paolo in tutte le sue distrette (2Te 1:9, 12; 3:11). Che fiducia, sicurezza e serenità hanno avuto questi due uomini nonostante le difficoltà!

Se viviamo una vita mediocre, se siamo titubanti, timorosi, indecisi, insicuri è perché non stiamo crescendo nella conoscenza del nostro Dio, per questo non ci sentiamo di osare; non abbiamo coraggio. Se conosciamo il nome del Signore, avremo piena fiducia in lui, sapendo che ci si può affidare interamente a lui, che egli non verrà mai meno, che in ogni passo che compiamo per fede ci sarà lui a sostenerci. Quindi possiamo dire che la conoscenza di Dio trasmette fiducia e sicurezza e determina il nostro rapporto con lui e il nostro modo di vivere la vita cristiana. Come vogliamo vivere la vita cristiana: nell’esuberanza, nella decisione, nella sicurezza oppure nella mediocrità, nell’insicurezza?

Che il grido di Osea “il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza” (Os 4:6) possa farci comprendere come il conoscerlo poco frena l’azione che la Chiesa è chiamata a compiere costantemente, e ciò non dovrebbe mai accadere. Invece, facciamo nostre queste altre parole di Osea: “Conosciamo il Signore, sforziamoci di conoscerlo!” (6:3).

NOTA:

  1. Lungi da me l’essere semplicistico, ma questo testo non significa che il Signore scelga solo alcuni ai quali rivelare il Padre. La prova è quanto afferma subito dopo: “Venite a me voi tutti…”