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Definire il Vangelo

Il termine vangelo, dal greco “euangelion”, è la parola che meglio descrive il messaggio di Gesù Cristo e, più in generale, quello di Dio: il Dio che si rivela nella Bibbia per salvare i peccatori. Con tale importante questione non ci stiamo riferendo a qualche fredda informazione raccolta frettolosamente qua e là, o ad un insieme di dati che alluderebbero a un lontano e misterioso personaggio della storia passata.

Al contrario, il vangelo riguarda invariabilmente il pensiero, le parole e la vita del più grande “Essere” che sia mai vissuto sulla terra, Gesù Cristo, l’eterno Figlio di Dio: questioni e aspetti che sono vividi ed efficaci più che mai oggi, al tempo presente, e in modi che non saranno pienamente comprensibili alla debole e limitata mente umana; e tutto questo ha a che fare con i bisogni spirituali del genere umano.

Gesù Cristo, come egli stesso ha dichiarato in una visione soprannaturale all’apostolo Giovanni, è il vivente (Ap 1:18) e – attraverso la sua Parola scritta e predicata fedelmente – è attivo più che mai nelle difficili e controverse vicende del nostro pianeta (cfr. Eb 4:12). 

Il vangelo è la dottrina cardine del cristianesimo biblico ed è stato annunciato con la massima chiarezza, sia da Gesù che dagli apostoli. Tuttavia, se si leggono attentamente le Scritture si osserveranno numerose situazioni in cui gli apostoli dovettero confrontarsi con persone che predicavano un altro Gesù, ricevevano uno spirito e un vangelo diversi (cfr. 2Co 11:4).

Esiste forse un vangelo differente da quello annunciato dal Signore e dagli autori biblici ispirati da Dio? No, ed è stato l’apostolo Paolo ad affermarlo con chiarezza: “… non c’è un altro vangelo, però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo” (Ga 1:7).

C’è un solo messaggio che possa essere chiamato “vangelo” secondo la concezione biblica, ma su questo punto è bene non essere superficiali. Occorre la massima attenzione per salvaguardare l’integrità stessa del vangelo, il destino eterno delle anime e il benessere spirituale del cammino pratico del cristiano. La confusione è grande e ciò richiede una “precisione chirurgica”. 

Cos’è il vangelo e in che modo può essere definito? Prima di rispondere a questa domanda, è utile provare ad immedesimarsi con il pensiero di gran parte della gente. Immaginiamo di incontrare un amico con il quale intraprendiamo una piacevole conversazione. Dopo i convenevoli iniziali, poniamo al nostro interlocutore il quesito cruciale: “Chi è Gesù per te?”.  Con ogni probabilità, il nostro amico comincerà ad esprimersi con frasi di questo tipo: “Gesù Cristo è il Figlio di Dio … un uomo buono … il più grande pacifista della storia … è stato ucciso ingiustamente ma è pronto a perdonare perché ama tutti indistintamente!”.

Il problema che si pone di fronte a un simile parlare è questo: fino a che punto i contenuti di tali risposte possono essere identificate con ciò che la Bibbia chiama “vangelo”, il vangelo di Gesù Cristo? Ma c’è di più. L’intera questione può diventare molto più complessa e delicata se a esprimersi in questo modo sono gli stessi evangelici: persone educate nella dottrina cristiana, il più delle volte sin da piccoli (nelle Scuole Domenicali o nei campi biblici) e per molto tempo. 

Il vangelo nel Nuovo Testamento

Il solo modo per conoscere la verità su questo aspetto primario della dottrina cristiana – l’Evangelo – è se diamo spazio all’unica fonte ispirata e autorevole in materia di fede, dottrina e condotta: la Bibbia, la Parola di Dio scritta. Perché è così importante riferirsi alla Bibbia come alla “Parola di Dio scritta”? La Scrittura è determinante per la comprensione del vangelo.

Molti anni fa il Signore mi convinse dell’assoluta sufficienza della Bibbia. Lo Spirito Santo operava nel mio cuore, avevo il sacro Libro tra le mani, potevo leggerlo ripetutamente, sfogliarlo, segnare sugli spazi vuoti delle pagine le mie note personali; presto scoprii attraverso una forte esperienza spirituale che non si trattava semplicemente di un libro.

La Bibbia è la Parola di Dio scritta: vivente ed efficace, completamente sufficiente per qualsiasi tempo e in qualunque circostanza, e io lo stavo vivendo. Mentre leggevo le parole di Gesù contenute in Giovanni – “… colui che viene a me, non lo caccerò fuori” (Gv 6:37b) – lo Spirito Santo mi convinse di peccato e mi rivelò potentemente il divino Salvatore. Era tutto reale! In quel momento sperimentai la nuova nascita (cfr. Gv 3:1-21), la mia fede stava poggiandosi su basi solide e oggettive, quelle della rivelazione, il vangelo di Gesù Cristo. 

Il vangelo e la Scrittura non possono essere separati. Uno studioso ha espresso questo concetto in modo convincente: “… mentre la Scrittura non è il vangelo, tutta la Scrittura si relaziona con il vangelo: il vangelo è la ragion d’essere della Scrittura. Il vangelo è il messaggio principale che unisce tutta la Bibbia”. Se vogliamo davvero comprendere cos’è il vangelo dobbiamo necessariamente andare laddove vanno le Scritture, e ciò implica un’indagine onesta e accurata: metteremo da parte i pregiudizi e indosseremo con interesse i panni dell’esploratore che si mette alla ricerca della verità. Non dobbiamo inventarci nulla, dobbiamo conoscere con vivo desiderio ciò che Dio stesso dice a proposito del vangelo. 

Undici definizioni del vangelo

Le seguenti espressioni (o definizioni bibliche) che scaturiscono direttamente dal Nuovo Testamento ci danno un’idea precisa su ciò che Dio intende con il termine “vangelo”:

  • vangelo del regno (Mt 9:35);
  • vangelo di Dio (Mr 1:14; Ro 1:1);
  • vangelo della grazia (At 20:24);
  • vangelo del Figlio suo (Ro 1:9);
  • vangelo di Cristo (Ro 15:19);
  • vangelo della gloria di Cristo (2 Co 4:4);
  • vangelo della vostra salvezza (Ef 1:13);
  • vangelo della pace (Ef 6:15);
  • vangelo del Signore Gesù (2Te 1:8);
  • vangelo della gloria (1Ti 1:11);
  • vangelo eterno (Ap 14:6).

Non dobbiamo pensare di trovarci davanti a messaggi diversi. Piuttosto, si tratta di sfumature che descrivono l’Evangelo rivelato nelle Scritture. Il semplice fatto che ci siano così tante definizioni bibliche del vangelo ne enfatizzano la suprema importanza. Di fatto, la dottrina del vangelo è l’aspetto teologico più importante, il meno compreso, quello più attaccato. Il vangelo non è l’ABC della fede cristiana, non è qualcosa che riguarda i principianti o solo i neoconvertiti. Il vangelo comunica “tanta roba”… tutto!

Sembra esagerato tutto questo?

Se rileggiamo le undici definizioni neotestamentarie alla luce del profondo significato che comunicano ne saremo sopraffatti.

Il vangelo ha a che fare con il regno che un giorno verrà manifestato (regno di Dio, escatologia, eternità).

Il vangelo riguarda Dio e il Figlio suo (teologia propria, Trinità, cristologia).

Il vangelo rivela Cristo e la sua gloria (il Messia rivelato nella storia, incarnato, sofferente, trionfante, il Cristo che viene e che verrà manifestato in gloria).

Il vangelo ha a che fare con la salvezza (soteriologia), con la pace (la morale, vita pratica e rinnovata).

Il vangelo è eterno (durerà per sempre).

Natura e scopi del vangelo

Il vangelo è il messaggio più importante che sia mai stato rivelato al mondo. Più precisamente, è un messaggio legato a una persona, Gesù Cristo, l’eterno Figlio di Dio, la seconda persona della Trinità. Il significato della parola vangelo è “buona notizia”, in contrapposizione allo stato spirituale di disperazione del genere umano (la cattiva notizia). 

La buona notizia (l’Evangelo) consiste nel ribaltamento della condizione di perdizione dei peccatori che, dopo aver ascoltato il messaggio di salvezza ed essersi ravveduti consapevolmente e responsabilmente, ripongono la propria fede in Cristo Gesù e nella sua opera propiziatoria (cfr. Ef 1:13; Gv 3:16; 5:24; Ro 3:25).

Il vangelo raggiunge il suo scopo salvifico quando la giustizia del Figlio di Dio viene imputata al peccatore convertito mediante un atto di amorevole sostituzione. Il vangelo è il potente messaggio in cui tutta l’attenzione viene riposta sul Signore Gesù Cristo, l’unico giusto che è andato volontariamente sulla croce, in accordo con Dio Padre (cfr. Eb 10:5-10), morendo per i nostri peccati, risuscitando con potenza dalla morte e che è apparso numerose volte a più persone facendosi vedere nell’arco di quaranta giorni (cfr. 1Co 15:3-8; At 1:3).

Non c’è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, cioè per quelli che sono andati al Signore per fede sulla base autorevole della Parola di Dio scritta (cfr. Ro 8:1). Questo è il vangelo di Gesù Cristo.

Due episodi illuminanti

Le deboli menti umane possono comprendere solo in parte e in modo imperfetto la reale potenza dell’evangelo. Ciò sarà possibile se ancora una volta si guarderà con devozione alla Scrittura. 

In primo luogo, nella preghiera “sacerdotale” di Gesù scorgiamo con discrezione la profondità del mistero dell’incarnazione, aspetto fondamentale del messaggio evangelico:

“Ora, o Padre, glorificami tu presso di te della gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse” (Gv 17:5).

Le parole di Gesù mostrano “un prima” e “un dopo”, la gloria infinita del cielo contrapposta all’umiliante abbassamento della missione terrena (cfr. Fl 2:5-8). Solo il cielo rivelerà ai redenti la pienezza della gloria del Signore, quella stessa gloria che era sua prima della manifestazione in carne. Ma l’annuncio del vangelo consiste nel far conoscere a tutti questo “prima” e questo “dopo”. Gesù ha lasciato la gloria del cielo per i peccatori di tutti i tempi,  quindi: anche per noi!

In secondo luogo, l’episodio del Getsemani rivela in modo drammatico uno dei momenti più cruenti del suo essere diventato uomo: l’ombra della croce che si avvicinava minacciosamente. La narrativa evangelica fa vivere al lettore l’intensità emotiva di quella notte:

“[Gesù] si staccò da loro circa un tiro di sasso e, postosi in ginocchio, pregava, dicendo: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta» (…) Ed essendo in agonia, egli pregava ancor più intensamente; e il suo sudore diventò come grosse gocce di sangue che cadevano in terra” (Lu 22:41-45).

Il vangelo descrive suggestivamente, facendo quasi toccare con mano, il prezzo altissimo che è stato pagato per la salvezza dei peccatori (cfr. At 20:28; 1Co 6:20; 1P 1:18-19), e ciò ha avuto un impatto notevole sulla umanità del Signore, sulla sua psiche.

Mai capiremo fino in fondo quello che il Nuovo Testamento chiama “il mistero della pietà” (cfr. 1Ti 3:16).

Perché Gesù è venuto?

Luca scrive il suo vangelo con la perizia dello storico e con il fine di offrire salvezza e certezza al peccatore (cfr. Lu 1:1-4). Sin dall’inizio riporta le ragioni principali per cui Gesù è venuto nel mondo e lo fa per bocca di messaggeri celesti.

Un angelo del Signore annunciò ai pastori di Betlemme il grande messaggio del vangelo:

“Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: «Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo, il Signore»” (Lu 2:10).

Ma la scena cresce di intensità quando “… a un tratto vi fu con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nei luoghi altissimi e pace in terra agli uomini che egli gradisce»” (Lu 2:13).

Il vangelo rivela nel suo straordinario messaggio i due obiettivi primari della missione terrena del Figlio di Dio: la gloria di Dio e il bene dell’uomo. Da questo binomio di grazia divina i peccatori scopriranno con stupore il vero senso della vita, Dio stesso, e la pienezza di una vita abbondante (cfr. Gv 10:10b).

E tutto ciò è alla base dell’evangelizzazione che Dio approva.