C’è chi affrettatamente o, forse, presuntuosamente si è sbilanciato quattro mesi fa nel prevedere che l’anno 2022 sarebbe stato finalmente l’anno della rinascita, l’anno della vittoria sulla pandemia, l’anno del risorgimento sociale ed economico, l’anno della tanto auspicata attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma da subito abbiamo tutti capito che la musica non era cambiata rispetto ai mesi precedenti, anzi. Così siamo qui ancora a combattere contro il Covid e a fare salti ancor più mortali di quelli fatti fino a qualche mese fa, per arrivare a fine mese. L’aumento esponenziale di energia elettrica, di gas, di benzina e gasolio e, anche se più moderato, di tanti altri generi di consumo ci ha fatto da subito capire che anche il 2022 sarebbe stato un anno sofferto. Poi, a tutti questi problemi, si è aggiunta la follia della guerra, imprevista ma purtroppo assai prevedibile dato il graduale incancrenirsi delle relazioni fra Russia e Ucraina che vivono di fatto una situazione conflittuale da ben otto anni. Così siamo qui ad affrontare nuove crisi, nuove emergenze con la conseguenza di nuove preoccupazioni e nuovi timori sia per il presente che per il futuro.
In questo contesto mi colpisce il fatto che si continui a parlare di “resilienza”, attribuendo quindi agli uomini “la proprietà di resistere agli urti senza spezzarsi”. Si tratta di un termine utilizzato fino a ora in modo quasi esclusivo per indicare la qualità di alcuni metalli. Ma davvero gli uomini sono così resistenti da non lasciarsi spezzare? È, questa, una domanda alla quale possiamo dare una risposta a doppio taglio. Infatti, da un lato, la pandemia e, forse oggi ancor di più, la guerra in Ucraina hanno messo in evidenza la fragilità umana: quante vite, quante relazioni, ma soprattutto quante sicurezze, certezze e speranze sono state spezzate!!
Dall’altro lato, la follia della guerra ha reso evidente la durezza, difficile da spezzare, del cuore umano. E, in questo caso, sì che è possibile parlare di resilienza. “Gli urti”, rappresentati dalla vista di intere città devastate e distrutte, di cadaveri disseminati e abbandonati per le strade, di bambini terrorizzati in lacrime, di madri disperate e in fuga per proteggerli, di anziani costretti a lasciare i luoghi di tutta una vita, non hanno minimamente scalfito il cuore di chi ha provocato queste situazioni di sofferenza, di angoscia, di morte. Tante immagini che hanno spezzato il cuore di molti, non hanno evidentemente intaccato il cuore di chi ha provocato le tragedie da esse testimoniate. La resilienza del cuore è frutto dell’arroganza e dell’orgoglio che provoca la presunzione di onnipotenza. Gli uomini “pensano che le loro case dureranno per sempre e che le loro abitazioni siano eterne, perciò danno i loro nomi alle terre. Ma anche tenuto in grande onore, l’uomo non dura… questo loro modo di comportarsi è follia, eppure i loro successori approvano i loro discorsi” (Sl 49:11-13). Nel corso dei secoli sono stati pochi i dittatori morti sul loro letto, pochi i guerrafondai sopravvissuti alla loro follia, ma nessuna lezione è stata raccolta dalla loro storia, anzi “i loro successori approvano i loro discorsi”.
Soprattutto nelle drammatiche situazioni che stiamo vivendo, la fede ci incoraggia a continuare a fissare il nostro sguardo su Gesù. Egli è sempre pronto a intervenire nella storia, ma ogni suo intervento è possibile soltanto davanti a cuori non resilienti, davanti a cuori spezzati: “egli guarisce chi ha il cuore spezzato” (Sl 147:3); egli è stato “inviato per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato” (Is 61:1). Quanti cuori non resilienti, che si sono lasciati penetrare e aprire della sua Parola, Gesù ha guarito e fasciato nel corso dei secoli e quanti continua ancora oggi a guarire e a fasciare! E a quale terribile giudizio andranno incontro quanti si ostinano ad avere il cuore resiliente!
Ogni autentica ripresa, cioè ogni uscita da situazioni di difficoltà, di crisi e di preoccupazione per riprendere il cammino della vita con nuove forze e nuovo vigore, non può che nascere dalla guarigione interiore provocata dall’ascolto della Parola di Cristo e dall’irruzione della sua presenza nella nostra vita. Quello di cui abbiamo davvero bisogno non è tanto il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), quanto piuttosto il PIRCNR: Piano Individuale di Ripresa da un Cuore Non Resiliente!