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Leggendo questo titolo, a qualcuno, soprattutto se esperto dei famosi cartoons della Disney, potrebbero venire in mente i piccoli centouno cuccioli dalmata che Crudelia De Mon cercava a tutti i costi di catturare per soddisfare la sua vanità femminile, facendosi fare una pelliccia maculata indubbiamente originale.

No! Non sto pensando a quei cuccioli, seppure la fiaba che li vede protagonisti sia divertente, intrigante, simpatica e soprattutto… a lieto fine. Sto pensando purtroppo ad una realtà molto meno divertente, anzi decisamente drammatica e, per ora, senza fine.

Infatti centouno (con l’aggiunta di ulteriori 800 milioni!) sono i miliardi di euro spesi nel 2017 in Italia in quell’inquietante vortice tritapersone e tritafamiglie rappresentato dal mondo del gioco d’azzardo: dalle slot machines al gratta e vinci, dai vari casinò alle scommesse on-line.

Centouno miliardi e “spiccioli”: una cifra impressionante, scandalosa, che corrisponde a quattro manovre finanziarie del nostro governo; il che significa che la cifra che faticosamente il governo spende in quattro anni per il bene dei cittadini, quegli stessi cittadini la sperperano in un solo anno, anche se poi questo si rivela come un modo, per molti evidentemente meno sgradevole, di pagare le tasse. Solo ora, forse troppo tardi, ci si è resi conto che la ludopatia, cioè la dipendenza dal gioco, è una vera e propria malattia che, se non curata per tempo, può produrre effetti devastanti sul “malato” e, di conseguenza, sulla sua famiglia. L’attuale governo sta cercando di contenere il contagio vietando la pubblicità a qualsiasi forma di gioco, quelli precedenti avevano invece promosso una campagna pubblicitaria per dissuadere dal gioco, evidenziandone i rischi e i pericoli. Ma – mi chiedo – con quale coerenza? Infatti nessuno Stato europeo incassa quanto l’Italia da giochi e scommesse e gli introiti dal gioco d’azzardo sono considerati “ossigeno puro per i conti pubblici”. Quindi la ludopatia, considerata ormai come una vera e propria “piaga sociale”, è per lo stesso Stato che dovrebbe combatterla “ossigeno puro”! Siamo davvero davanti all’istituzionalizzazione della follia!

Ma la follia di Stato nasce dalla follia personale, da quell’ingannevole desiderio di avere denaro e di arricchirsi, senza dover faticare, che spinge tante persone ad usare in modo davvero insensato il proprio denaro, spesso dilapidandolo tutto, finendo sul lastrico o, peggio ancora, fra i tentacoli degli usurai. L’apostolo Paolo ricordò ai cristiani del suo tempo che “… quelli che vogliono arricchire cadono vittime di tentazioni, di inganni e di molti desideri insensati e funesti, che affondano gli uomini nella rovina e nella perdizione. Infatti l’amore del denaro è radice di ogni specie di mali…” (1Ti 6:9-10). Certo, nella Parola di Dio non troveremo indicazioni relative alle forme moderne del gioco di azzardo; non troveremo cioè espliciti divieti a giocare al casinò o alla lotteria o a tuffarci nel variegato mondo delle scommesse. Ma, come figli di Dio, non dobbiamo mai dimenticare che il modo in cui gestiamo le nostre finanze dipende dal livello spirituale della nostra vita. Quindi dobbiamo chiederci quali sono i principi che guidano il nostro rapporto con il denaro. Ci stiamo affaticando “a lavorare onestamente con le proprie mani” (Ef 4:28) oppure le nostre mani “rifiutano di lavorare” come quelle del “pigro” i cui desideri finiscono per ucciderlo (Pr 21:25)? Mi colpiscono molto le parole dell’autore della lettera agli Ebrei: “La vostra condotta non sia dominata dall’amore del denaro, siate contenti delle cose che avete, perché Dio stesso ha detto: «Io non ti lascerò e non ti abbandonerò»” (Eb 13:5).

Secondo questo testo, giocare d’azzardo significa essere dipendenti dall’amore del denaro, essere insoddisfatti di quello che abbiamo e, soprattutto, mancare di fiducia nella cura di Dio verso di noi. Non è quindi in “gioco” soltanto la nostra condotta, è in “gioco” la nostra fede.